fonte 7 Marzo 2023 Fonte: fsspx.news
dipinto La Beata Vergine e il Bambino Gesù affiancati da San Domenico e San Tommaso d’Aquino, del Beato Angelico
In occasione del 700° anniversario della canonizzazione del Dottore Angelico, FSSPX.Attualità pubblica dei testi che espongono il posto del Dottore comune nella teologia o nell’insegnamento della Chiesa. Il terzo testo è l’enciclica Studiorum ducem di Pio XI per il sesto centenario della canonizzazione di san Tommaso d’Aquino.
Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.
Con recente Lettera Apostolica confermammo quanto era già stato stabilito dal Diritto Canonico e ordinammo che Tommaso d’Aquino dovesse essere considerato la principale guida negli studi delle discipline superiori.
Ed avvicinandosi ora il giorno, in cui si compie il seicentesimo anno da quando egli fu ascritto nel numero dei Santi, Ci si presenta una bella occasione per inculcare maggiormente la medesima cosa nell’animo dei nostri, e dichiarare loro in che modo potranno profittare alla scuola di tanto Maestro.
Poiché la vera scienza e la pietà, che di tutte le virtù è compagna, sono tra di loro mirabilmente congiunte; ed essendo Iddio la stessa verità e bontà, non basterebbe certo, per ottenere la gloria di Dio e la salvezza delle anime — scopo principale e proprio della Chiesa — che i sacri ministri fossero bene istruiti nella cognizione delle cose, se essi non fossero pure abbondantemente forniti di idonee virtù.
Ora questa unione della dottrina con la pietà, della erudizione con la virtù, della verità con la carità, fu veramente singolare nel Dottore Angelico, a cui venne attribuito il distintivo del sole, poiché, mentre egli porta alle menti la luce della scienza, accende nelle volontà la fiamma della virtù.
E sembrò che Iddio, fonte d’ogni santità e sapienza, volesse mostrare in Tommaso come queste due cose si aiutino a vicenda, come cioè l’esercizio delle virtù disponga alla contemplazione della verità ed a sua volta l’accurata meditazione della verità renda più pure e perfette le stesse virtù.
Perché chi vive integro e puro, e con la virtù tiene a freno le sue passioni, quasi libero da un grande impedimento, potrà elevare alle cose celesti molto più facilmente il suo spirito e meglio fissarsi nei profondi misteri della Divinità, secondo le parole dello stesso Tommaso: «Prima è la vita che la dottrina; perché la vita conduce alla scienza della verità »; se l’uomo avrà messo tutto il suo studio nel conoscere le cose che sono sopra la natura, per questo stesso si sentirà non poco eccitato al vivere perfetto; né una tale scienza, la cui bellezza tutto lo rapisca e a sé lo attiri, potrà mai dirsi arida ed inerte, ma attiva in grado supremo.
Sono questi gli ammaestramenti che questa solennità centenaria ci fornisce, Venerabili Fratelli; ma per renderli più manifesti, Noi pensammo di dover trattar brevemente della santità e dottrina di Tommaso d’Aquino e mostrarvi quali vantaggi possa trarre da un tale argomento sia tutto l’ordine sacerdotale, i giovani del clero specialmente, sia tutto intero il popolo cristiano.
[Grandezza delle virtù morali di san Tommaso]
Tutte le virtù morali furon possedute da Tommaso in altissimo grado e talmente associate e connesse, che, come vuole egli stesso, si unirono nella carità « la quale dà la forma agli atti di tutte le virtù »
Se poi cerchiamo le caratteristiche proprie e particolari di questa santità, ci vien fatto di trovare per prima quella virtù per cui Tommaso sembrò assomigliare alle nature angeliche, la castità, per la quale egli fu degno di esser cinto ai fianchi dagli Angeli di una mistica cintura, avendola egli conservata intatta in un pericolosissimo cimento.
A purezza così esimia andò congiunto il distacco dai beni terreni e il disprezzo degli onori; e sappiamo come egli vincesse, con somma costanza, l’ostinazione dei parenti che lo volevano con tutti i mezzi trattenere nella vita agiata del secolo; e come poi, offerti a lui dal Pontefice Sommo i parimenti sacri, lo scongiurasse a non imporgli quel peso, per lui formidabile.
Ma il principale distintivo della santità di Tommaso è quello che da Paolo è chiamato « il linguaggio della sapienza », quell’unione cioè della duplice sapienza, acquisita ed infusa, come vengono dette; con le quali nulla meglio si accorda quanto l’umiltà, l’amore della preghiera, la carità verso Dio.
Quanto all’umiltà, che Tommaso mise a fondamento di tutte le altre sue virtù, fu manifesta dall’essersi egli posto nelle azioni della vita quotidiana, sotto l’ubbidienza di un fratello laico; né meno essa si rivela dalla lettura dei suoi scritti, dai quali spira ogni riverenza verso i Padri della Chiesa; e « siccome egli ebbe in somma venerazione gli antichi dottori, così sembrò che di tutti egli ereditasse l’intelligenza »
La stessa cosa viene bene chiarita dall’aver egli impiegato, per il trionfo della verità, tutte le forze del suo divino ingegno, senza cercare per nulla la propria gloria. E così, mentre i filosofi si propongono spesso quale méta la propria fama, egli invece si studiò, nell’insegnare le sue dottrine, d’oscurare se stesso, appunto perché splendesse di per sé la luce della verità divina.
Questa umiltà pertanto, congiunta alla purezza del cuore, di cui abbiamo parlato, ed alla grande assiduità nelle sante preghiere, rendeva l’animo di Tommaso docile e tenero tanto a ricevere quanto a seguire gl’impulsi e le illuminazioni dello Spirito Santo, nel che consiste la sostanza della contemplazione.
E per impetrarle dall’alto, egli soleva spesso astenersi da ogni cibo, passare le intere notti in continua preghiera, e di quando in quando con l’impeto d’un’ingenua pietà appoggiare il suo capo al tabernacolo dell’augusto Sacramento, e rivolgere di continuo i suoi occhi e il suo spirito addolorato all’immagine di Gesù Crocifisso, che fu il massimo libro da cui apprese tutto quello che seppe, com’egli stesso confessò all’amico suo San Bonaventura; sicché di Tommaso poteva dirsi quello che si era detto del suo santo padre e legislatore Domenico, che non parlava se non di Dio o con Dio.
Sicché di Tommaso poteva dirsi quello che si era detto del suo santo padre e legislatore Domenico, che non parlava se non di Dio o con Dio.
E siccome egli soleva contemplare tutto in Dio come causa prima ed ultimo fine di tutte le cose, gli fu facile seguire tanto negli insegnamenti della sua « Somma Teologica », quanto nella sua vita, l’una e l’altra sapienza, che egli stesso così definisce:
«Per la sapienza acquisita mediante lo studio umano si ha il retto giudizio delle cose divine secondo l’uso perfetto della ragione. Ma ve n’è un’altra che discende dall’alto e che giudica delle cose divine per una certa connaturalità ad esse. E questa è un dono dello Spirito Santo, per cui l’uomo divien perfetto nelle divine cose, e non solo le apprende, ma in se stesso le sente.»
Accompagnata dagli altri doni dello Spirito Santo, questa sapienza derivata da Dio per infusione in Tommaso, fu in un continuo aumento al pari della carità, signora e regina di tutte le virtù. Poiché per lui fu dottrina certissima che l’amore di Dio deve in noi crescere sempre « a norma del primo precetto: ‘Amerai Iddio tuo Signore con tutto il tuo cuore’; perché tutto e perfetto sono la stessa cosa …»
«Fine del precetto è la carità, come c’insegna l’Apostolo; ora nel fine non si pone misura alcuna, ma solo nelle cose che servono al fine ». E questa è la causa per cui la perfezione della carità cade sotto precetto; perché essa è il fine a cui tutti devono tendere secondo la loro condizione.
E siccome « l’effetto proprio della carità è che l’uomo tenda a Dio unendo a lui il suo affetto, perché egli viva non più a sé ma a Dio stesso », noi vediamo come in Tommaso il divino amore, insieme con quella duplice sapienza, aumentò senza posa, fino ad ingenerare in lui il prefetto oblio di se stesso; tale che, essendogli stato detto da Gesù Crocifisso: «Tommaso, hai scritto bene di me », e domandato: «Qual premio tu desideri per l’opera tua? », Egli rispose: «Te solo, o Signore ».
Ond’è che, stimolato dalla carità, s’impegnava assiduamente a favore degli altri con lo scrivere ottimi libri, coll’aiutare i fratelli nei loro lavori, e si spogliava delle stesse sue vesti per soccorrere i poveri, ed anche restituiva agli infermi la salute, come avvenne nella Basilica Vaticana, dove egli predicò nella solennità di Pasqua, allorché liberò ad un tratto da un inveterato flusso di sangue una donna che gli aveva toccato il lembo della veste.
E dove mai si trovò più chiaro che nel Dottore Angelico questo « linguaggio di sapienza », mentre a lui non bastò erudire le menti degli uomini, ma con ogni studio cercò di eccitare le volontà loro a riamare un tanto amore, che è la causa di tutte le cose? « L’amore di Dio », egli afferma con frase sublime, « è quello che infonde e crea nelle cose la bontà », né mai si stanca, trattando dei varii misteri ad uno ad uno, di illustrare questa diffusione della divina bontà.
«Appartiene » egli dice, « alla natura del sommo bene, che in sommo grado comunichi se stesso; e questo massimamente è fatto da Dio coll’Incarnazione ». E nessun’altra cosa più apertamente dimostra questa potenza non meno del suo ingegno che della sua carità, quanto l’ufficio ch’egli compose dell’augusto Sacramento; e quanto amore egli avesse in tutta la vita verso l’Eucarestia, lo dichiarò nella parola che proferì morendo prima di ricevere il santo Viatico: « Io ti ricevo, prezzo della redenzione dell’anima mia, per amore del quale io studiai, vegliai e lavorai ».
[Preminenza della dottrina di san Tommaso]
Dopo questo breve cenno intorno alle grandi virtù di Tommaso, sarà più agevole comprendere l’eccellenza della sua dottrina, che nella Chiesa ha un’autorità e un valore ammirabili. I nostri Predecessori la esaltarono sempre con unanimi lodi.
Alessandro IV non dubitò di scrivere a lui vivente: «Al diletto figlio Tommaso d’Aquino, uomo eccellente per nobiltà di natali e onestà di costumi, che per grazia di Dio si acquistò un vero tesoro di coscienza e dottrina».
E dopo la sua morte Giovanni XXII sembrò voler canonizzare ad un tempo le sue virtù e la sua dottrina, mentre, parlando ai Cardinali in Concistoro, pronunciò quella memorabile sentenza: « Egli illuminò la Chiesa di Dio più di qualunque altro Dottore; e ricava maggior profitto chi studia per un anno solo nei libri di lui, che chi segua per tutto il corso della sua vita gl’insegnamenti degli altri ».
La fama perciò della sua intelligenza e sovrumana scienza fece sì che San Pio V lo scrivesse nel numero dei Dottori e gli confermasse il titolo di Angelico.
Del resto, quale fatto più chiaramente dimostra la stima che la Chiesa ha fatto sempre d’un tanto Dottore, quanto l’essere stati esposti sopra l’altare dei Padri Tridentini due soli volumi, la Scrittura e la Somma Teologica, perché potessero ispirarsi ad essi nelle loro deliberazioni?
E per non riportare la serie degli innumerevoli documenti della Sede Apostolica su quest’argomento, è sempre vivo in Noi il felice ricordo del rifiorire delle dottrine dell’Aquinate per l’autorità e le premure di Leone XIII; e questo merito di così illustre nostro Precedessore è tale, come dicemmo altre volte, che da solo basterebbe a dargli gloria immortale quand’anche altre cose sapientissime egli non avesse fatto o stabilito.
Seguì il suo pensiero Pio X di santa memoria, specialmente nel Motu proprio «Angelici doctoris » ove troviamo questa bella sentenza: «Dopo la morte beata del Santo Dottore, non fu tenuto nella Chiesa alcun Concilio ove egli non sia stato presente con la sua preziosa dottrina ».
E più prossimo a Noi, Benedetto XV, Nostro compianto Antecessore, più d’una volta mostrò la stessa compiacenza; e a lui spetta la lode della promulgazione del Codice di Diritto Canonico, ove vengono consacrati « il metodo, la dottrina e i principii » dell’Angelico Dottore.
E Noi, mentre facciamo eco a questo coro di lodi date a quel sublime ingegno, approviamo che egli non solo sia chiamato Angelico, ma altresì che gli sia dato il nome di Dottore Universale, mentre la Chiesa ha fatto sua la dottrina di lui, come da moltissimi documenti viene attestato.
[Ragioni di questa preminenza]
E siccome sarebbe troppo lungo esporre qui tutte le ragioni addotte dai Nostri Predecessori intorno a tale argomento, basterà che Noi dimostriamo che Tommaso scrisse animato dallo spirito soprannaturale onde viveva, e che i suoi scritti, ove sono insegnati i principii e le regole di tutte le scienze sacre, sono da giudicarsi di natura universale.
[Modello d’unione della vita intellettuale e dell’amore di Dio]
Trattando egli infatti delle cose divine nei suoi insegnamenti e nei suoi scritti, porse ai teologi un luminosissimo esempio della strettissima relazione che deve correre fra gli studi e i sentimenti dell’animo. E siccome non può dirsi che abbia esatta notizia di un lontano paese chi ne conosca anche la più minuta disposizione, se non vi avrà per alcun tempo vissuto, così nessuno potrà acquistare un’esatta cognizione di Dio con la sola diligente ricerca scientifica, se non sarà anche con Dio in perfetta unione.
E a questo appunto tende tutta la teologia di San Tommaso; a condurci a vivere una vita intima con Dio. E come fanciullo a Montecassino non si stancava di domandare: « Chi è Dio? », così i libri da lui composti intorno alla creazione del mondo, intorno all’uomo, alle leggi, alle virtù e ai Sacramenti, tutti quanti trattano di Dio come autore della nostra eterna salvezza.
Perciò, disputando intorno alle cause che rendono sterili gli studi, come la curiosità, lo smodato desiderio di sapere, l’ottusità dell’ingegno, l’avversione allo sforzo ed alla perseveranza, egli non trova a tali cause altro rimedio che una gran prontezza alla fatica, rinvigorita dall’ardore della pietà, e come derivata dalla vita dello spirito.
Ed essendo i sacri studi diretti da un triplice lume: la retta ragione, la fede infusa e i doni dello Spirito Santo che perfezionano l’intelligenza, nessuno più di Lui ebbe questa luce in abbondanza, perché dopo avere in qualche ardua questione impiegato tutte le forze del suo ingegno, implorava da Dio la spiegazione delle difficoltà con i digiuni e con umilissime preghiere; e Dio soleva ascoltarlo con tanta benignità, che mandò talora gli stessi Prìncipi degli Apostoli ad ammaestrarlo.
Né fa meraviglia se, avvicinandosi alla fine della sua vita, egli raggiunse un così alto grado di contemplazione, che le cose da lui scritte non gli parevano altro che paglia, e diceva di non poter dettare più oltre; così già egli aveva fisso il pensiero nelle verità eterne da non bramare ormai più altro che di vedere Dio. Poiché questo, come Tommaso stesso insegna, è il frutto che deve principalmente cogliersi dagli studi: un grande amore di Dio e un gran desiderio delle cose eterne.
Ma mentre con il suo esempio egli c’insegna come dobbiamo comportarci negli studi di vario genere, così di ogni particolare disciplina ci dà fermi e stabili precetti.
[La sua eminente concezione della filosofia]
E innanzi tutto, chi meglio di lui spiegò la natura e la ragione della filosofia, le sue parti e l’importanza di ciascuna? Ecco con quanta perspicacia egli dimostra la convenienza e l’accordo delle varie membra che formano come il corpo di tale scienza:
«Al sapiente » egli dice « spetta l’ordinare. E la ragione è che la sapienza è principalmente perfezione di ragione, della quale è proprio conoscere l’ordine; poiché, sebbene le virtù sensitive conoscano alcune cose in modo assoluto, l’ordine fra l’una e l’altra non lo conosce che l’intelletto e la ragione.»
«Così, secondo i diversi ordini che la ragione considera, sono diverse le scienze. L’ordine che la ragione, considerando, produce nel proprio atto appartiene alla filosofia razionale (ossia alla Logica) che propriamente considera l’ordine delle parti del discorso fra di loro e l’ordine dei principii sia fra loro stessi, sia rispetto alle conclusioni.»
«Alla filosofia naturale (ossia alla Fisica) spetta il considerare l’ordine delle cose che la ragione umana considera, ma non fa: e così nella filosofia stessa naturale noi comprendiamo anche la Metafisica.»
«L’ordine delle azioni volontarie viene considerato dalla filosofia morale, che si divide in tre parti: la prima considera le operazioni dell’individuo in ordine al fine e si chiama Monastica; la seconda considera le operazioni della moltitudine domestica e si chiama Economica; la terza considera le operazioni della moltitudine civile, e si chiama Politica.»
Tutte queste parti della filosofia sono state trattate diligentemente da Tommaso, ciascuna nel proprio modo, cominciando da quelle che sono più strettamente congiunte alla ragione umana, e gradatamente salendo alle più remote, fino a fermarsi, per ultimo, « al vertice supremo di tutte le cose »
È fermissima dottrina del Nostro quella che riguarda il valore dell’intelligenza umana. « Il nostro intelletto naturalmente conosce l’ente e le cose che appartengono all’ente in quanto tale, e su questa cognizione si fonda la notizia dei primi principii »
Dottrina che distrugge fin dalle radici gli errori e le opinioni di quei recenti filosofi che negano all’intelletto la percezione dell’ente, lasciandogli solo quella delle impressioni soggettive; errori da cui segue l’agnosticismo, così vigorosamente riprovato dall’Enciclica Pascendi.
[Dimostrazione dell’esistenza di Dio]
Gli argomenti con cui San Tommaso dimostra l’esistenza di Dio e che egli solo è lo « stesso Essere sussistente », sono anche oggi, come nel medioevo, le prove più valide, chiara conferma del dogma della Chiesa proclamato nel Concilio Vaticano e interpretato egregiamente da Pio X con queste parole: « Iddio, come principio e fine di tutte le cose, può conoscersi e con certezza dimostrarsi con lume naturale della ragione, per le cose fatte, ossia per le opere visibili della creazione, come dagli effetti si conosce certamente la causa ».
E la sua metafisica, sebbene tuttora, e non di rado, acerbamente impugnata, ritiene ancora la sua forza e tutto il suo splendore, quasi oro che nessun acido può alterare; e bene aggiunge lo stesso nostro Predecessore: « Allontanarsi dall’Aquinate, specialmente in metafisica, non può essere senza un grande danno ».