Fonte: Fraternità Sacerdotale San Pio X In collaborazione con la rivista La Tradizione Cattolica
“LUCE DALLA TRADIZIONE” A cinquant’anni dal suo inizio, il significato dell’opera di Mons. Lefebvre di fronte alla crisi della Chiesa e al crollo della civiltà occidentale.
Atti del XXVIII Convegno di Studi cattolici Rimini 16,17,18 ottobre 2020
di don Davide Paglierani*
Desidero proporre a voi qualche riflessione a proposito del 50° anniversario della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Ricordo che nei convegni passati, a cui partecipavo, e che poi ho anche organizzato, ricorreva spesso una domanda che molti si ponevano: «Cosa dobbiamo o possiamo fare concretamente nella nostra vita?». Questa non solo è una buona domanda, ma è la domanda fondamentale da porsi e a cui cercherò di rispondere.
Abbiamo cinquanta anni di storia, di sviluppo, di espansione della Fraternità San Pio X, ma anche di lotte. La Fraternità ha lottato al seguito di mons. Lefebvre per la fede, per difendere la vera dottrina e la Verità. Ha lottato per conservare la Santa Messa e il rito con cui la Santa Chiesa da sempre ha celebrato il Santo Sacrificio. In sintesi, possiamo dire che la Fraternità ha lottato per difendere i diritti di Cristo Re che è al centro del pensiero di mons. Lefebvre e su cui si fonda la stessa Fraternità. Occorre ora domandarci: Dove cammina la Fraternità? Queste lotte che la Fraternità ha sostenuto, dove conducono? Sono finite o è necessario continuare a combattere anche per qualcos’altro? La Provvidenza ci lascia in una situazione che tutto sommato è la stessa di venti, trenta, quaranta, cinquanta anni fa. In questi ultimi cinquanta anni, le cause che determinano l’attuale crisi della Chiesa, e quindi la reazione della Fraternità, si sono ulteriormente deteriorate nella loro forma, ma nella loro sostanza sono rimaste inalterate. Se oggi siamo qui, è chiaro che dietro c’è una decisione, un interesse, un’adesione a quei princìpi che la Chiesa ha sempre insegnato. Tutto questo, però, dove ci porta?
Ritorna la domanda: cosa dobbiamo o possiamo fare? Rispondiamo a questa domanda mettendo momentaneamente da parte la questione del combattimento dottrinale e la lotta per difendere la Santa Messa, per tentare di approcciare il tema da un altro punto di vista che possiamo definire quello della battaglia della vita spirituale.
Si parla molto del combattimento dottrinale per la fede e della lotta per difendere la Santa Messa, ma non parliamo sufficientemente della battaglia della vita spirituale, perché ultimamente la battaglia per la Santa Messa, per la fede, per Cristo Re, sono battaglie che permettono o devono permettere lo svolgimento di un’altra battaglia: quella della vita spirituale e quindi della nostra santificazione.
Tutte queste battaglie sono allora dei mezzi per arrivare più lontano, per arrivare al fine ultimo, poiché se non teniamo ben presente il fine ultimo o lo dimentichiamo, allora tutte le battaglie intermedie non hanno un grande valore.
Cosa è la vita spirituale? La vita spirituale è l’inizio sulla terra della vita beata, ovvero la vita eterna. La vita spirituale non è qualcosa riservata alle persone più pie o che hanno una certa predisposizione personale alla preghiera. La vita spirituale è l’inizio sulla terra della vita eterna e, così come la vita eterna è il fine dell’uomo, e quindi necessaria, così la vita spirituale sulla terra è necessaria all’uomo. Nostro Signore Gesù Cristo definisce la vita spirituale con la sua consueta semplicità che sa andare all’essenziale: «È questa la vita eterna: che conoscano te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv. 17,3).
È necessaria, dunque, la conoscenza di Nostro Signore Gesù Cristo per avere la vita spirituale e quindi la vita eterna. Questa conoscenza di Nostro Signore è accompagnata, è alimentata dall’Amore (Carità). Amore e conoscenza crescono alimentandosi l’uno con l’altro: più conosciamo Nostro Signore, più siamo spinti ad amarlo; più lo amiamo e più questo Amore ci spinge a conoscerlo con maggiore profondità. Questa è l’essenza della vita del cristiano. Il Battesimo mette nell’anima di ogni fedele il seme di questa apertura del cuore, questa possibilità di conoscere Nostro Signore attraverso una conoscenza cordiale. Si tratta di una conoscenza in cui interviene l’ Amore, il cuore, appunto. Questa conoscenza, così intesa, trasforma progressivamente l’uomo, liberandolo da tutto ciò che è di ostacolo all’unione con Nostro Signore. Gradualmente l’anima oltrepassa tutte le difficoltà e si purifica fino a che nell’anima stessa c’è posto soltanto per Nostro Signore.
L’anima è divenuta totalmente libera da tutto ciò che le impedisce l’unione, la piena intimità con Nostro Signore ed Egli finisce progressivamente e inesorabilmente per possedere e dominare tutta l’anima. Ecco perché Nostro Signore dice «La Verità vi farà liberi» (Gv. 8,32). Quale Verità vi farà liberi? Non è una verità politica, storica o scientifica, ma è la Verità assoluta, ovvero Egli stesso che, penetrando nell’anima, togliendole tutto ciò che le impedisce la conoscenza cordiale, finisce per possederla e la rende totalmente libera.
Tutto questo è difficile? Certo, non è difficile, ma difficilissimo. Anzi è impossibile senza l’aiuto della grazia e dei sacramenti. È un lavoro che dura tutta la vita, fino all’ultimo istante dell’esistenza terrena e poi si consuma nell’eternità. Perché diciamo che si consuma nell’eternità? Perché c’è una continuità stretta fra la vita spirituale sulla terra e la vita eterna in cui Nostro Signore sarà definitivamente «tutto in tutti» (1Cor. 15,28). Tutte le anime beate sono anime che sono completamente possedute da Nostro Signore, con la differenza fondamentale che questo Bene infinito dell’anima, che è Nostro Signore, in Paradiso sarà inammissibile (non missibile), mentre finché viviamo sulla terra questo Bene è missibile, cioè può essere perso a causa della nostra fragilità umana. La vita spirituale deve svilupparsi e crescere verso il fine ultimo lungo un tragitto difficile, non esente dalla Croce.
Quale è in questo contesto il grande problema dell’uomo moderno, e possiamo dire più in generale dell’uomo decaduto a causa del peccato originale? L’uomo ha la tendenza a rapportare e concentrare tutto su se stesso e non su qualcun altro.
L’egoismo è l’essenza del male causato dal peccato originale: l’uomo ferito dal peccato rapporta tutto a se stesso e non riesce più a rapportarlo a Dio. Ecco perché ha bisogno della redenzione, della grazia, per ristabilire l’unione con Dio attraverso Nostro Signore. L’amore e la conoscenza di Nostro Signore saranno pieni solo nell’eternità: la fede terrena attraverso cui conosciamo Nostro Signore lascerà il posto alla visione beatifica e l’amore terreno per Nostro Signore sarà allora pieno. L’anima vedrà Dio tale e quale Dio si vede, conoscerà Dio tale e quale Dio si conosce, amerà Dio tale e quale Dio si ama. Un’anima che già sulla terra cerca Nostro Signore non solo lo imita tendendo a conformarsi a Lui, ma finisce per vivere in Cristo stesso: vive di Cristo in Cristo, tendendo alla vita eterna. In fondo, la vita cristiana è una vita estremamente semplice, perché è una vita che si avvicina tantissimo alla vita di Dio, ed essendo Dio estremamente semplice, il cristiano è semplice.
L’uomo moderno non riesce più a cogliere questa semplicità, non riesce più a organizzare la sua vita su un unico asse, non riesce più a rapportare tutta la sua esistenza a un unico principio. Il cristiano moderno ha ancora la fede? Crede? Il cristiano moderno vuole ancora una qualche relazione con Nostro Signore e/o con la Chiesa, a condizione di avere una sfera personale nella quale Dio non c’entra, a condizione di avere un margine di libertà in cui decide egli stesso cosa vuole e cosa non vuole. È lui che decide ciò di cui ha bisogno o non ha bisogno; è lui che decide e pone il limite entro cui Dio può chiedergli qualche cosa, può esigergli qualche cosa. In altri termini, è l’uomo stesso a porre dei limiti a Dio, poi poco importa dove questi limiti lo portano. È primariamente questo il grande problema della modernità. Si tratta di un vecchio problema culturale, risalente al protestantesimo, al Rinascimento, ma che esplode nell’età contemporanea in cui la scienza è indipendente dalla fede, la morale è all’interno di una sfera soggettiva, l’educazione dei figli non è ben chiara nei contenuti e nelle forme. Il cristiano moderno finisce così per essere diviso ed essendo diviso diventa spesso depresso, infelice, non sa cosa vuole e se vuole qualcosa la vuole solo come fine a se stesso. Si potrebbe fare una infinità di esempi della nostra vita in cui i diritti di Nostro Signore sono negati in nome di questa sfera di libertà.
Qual è il grande rimedio a tutto questo? Cosa dobbiamo fare? Cosa possiamo fare? Il grande ideale di Cristo Re è un ideale che prima di toccare la sfera civile, la scuola, il lavoro, deve toccare l’individuo. È inutile pretendere di avere una società cristiana se prima gli individui, i cristiani, e noi per primi, non siamo realmente delle anime in cui Nostro Signore regna nel modo che abbiamo sopra descritto. Si tratta primariamente di un problema spirituale e la battaglia finale è una battaglia individuale e spirituale. Dunque, Cristo Re deve regnare nell’anima di ciascuno di noi, non solo con una vernice di Messa tridentina, di proclamazione di chissà quali dogmi tradizionali, ma deve regnare nel profondo dell’intelligenza e della volontà, nei termini che abbiamo sopra descritto. Nostro Signore non è solo una parte della mia vita, della mia giornata, delle mie occupazioni o delle mie preoccupazioni, ma ogni occupazione e preoccupazione si organizza in funzione di Cristo, diventando Egli il pensiero sempre soggiacente a tutti gli altri, che determina non solo ciò che faccio e dico, ma ciò che sono. Non solo lo imito in qualche particolare circostanza, ma cerco già sulla terra di vivere questa mia vita in Cristo che mi prepara alla pienezza della vita eterna.
La vita spirituale, come descritta da Nostro Signore, oggi è impossibile nella “Chiesa conciliare”. È impossibile. AI di là del gravissimo problema dottrinale, dei gravissimi errori, della nuova messa, al di là di tutto ciò che accade oggi nella Chiesa, il più grave di tutti i problemi che riguardano la Chiesa attuale sta nel fatto che la vita spirituale, cioè questa preparazione alla vita eterna, è impossibile. La Chiesa è stata istituita da Nostro Signore con la dichiarata missione «che conoscano te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv. 17,3) ed è stata affidata agli Apostoli con questa precisa missione, e nessun’altra, a cui tutti gli altri elementi si ordinano. Oggi, questa missione all’interno della “Chiesa conciliare” non è più possibile. Ovviamente, questo non significa che nonostante tutto ciò le anime non si possano salvare grazie all’onnipotenza di Dio.
Oggi c’è da chiedersi come un giovane, ascoltando le prediche della Parrocchia o ascoltando il “Magistero” dei Vescovi, possa capire in un modo soprannaturale che Nostro Signore è e deve essere il Re della sua vita, della sua anima, delle sue occupazioni e preoccupazioni. Se Dio ha dei diritti imprescindibili su ogni uomo, come può un giovane di oggi capire tutto questo che è “l’abc” della vita spirituale, che inizia attraverso la conoscenza della divinità di Nostro Signore e che porta alla sua Regalità? Tutto ciò è diventato impossibile nella “Chiesa conciliare”. A cosa servono i sacramenti? I sacramenti sono l’aiuto soprannaturale e necessario, anzi imprescindibile, per permettere all’anima di conoscere Colui che sta al di sopra della sua intelligenza, per poter amare Colui che vuole essere amato con l’amore con cui Lui stesso ama, un amore soprannaturale e divino. Tutto questo è impossibile all’uomo senza l’aiuto dei sacramenti, particolarmente con l’aiuto della Santa Messa, che mi ricordano ogni giorno che Dio si è fatto uomo, mi ha amato fino a dare se stesso per me e mi vuole introdurre in questo mistero di Carità che passa attraverso il sacrificio, la Croce appunto.
Con grande dolore e rammarico dico che tutto questo oggi è impossibile nella vita della “Chiesa conciliare”. Oggi, la nozione di Cristo Re non è quella di cui abbiamo parlato, ma è interpretata in modo diverso: si tratta di un re che regna e promuove la libertà umana di ogni individuo in virtù del concetto di persona, che ormai è posto al di sopra di tutto, anche di Dio. Oggi volenti o nolenti, gli uomini di Chiesa veicolano la supremazia di questo concetto di persona, cosa inammissibile. In questa nuova concezione si cela la negazione della Divinità di Nostro Signore, la negazione della Redenzione e di tutte le conseguenze di questi misteri su di noi. La massa dei cristiani è persa e non è più neanche cristiana, perché non sa più cosa è il cristianesimo. La massa dei cristiani non va più in Chiesa non a causa del Covid o delle mascherine, ma perché non ha più la fede. Il resto dei cristiani che continuano a frequentare la Chiesa ha una nozione del cristianesimo estremamente borghese, un cristianesimo che non chiede più niente e permette di vivere esattamente come il mondo. Si tratta di un cristianesimo che, al massimo, fornisce qualche informazione a livello politico o sociale (ad esempio l’accoglienza), oppure è ridotto alla sfera privata, e quindi praticamente insignificante. È questo il dramma. È questa la crisi della Chiesa.
Perché la Chiesa è arrivata a questo punto? Dobbiamo riflettere bene su tale aspetto soprattutto alla luce di ciò che ci aspetta nel futuro prossimo. La crisi attuale è stata ben preparata e ha radici profonde. Gli uomini di Chiesa hanno cominciato a cedere progressivamente nel combattimento contro il mondo che, si badi bene, non è un combattimento circoscritto solo ad alcuni tempi storici o epoche storiche. Si tratta, invece, di un combattimento fra lo Spirito di Cristo e della Chiesa contro lo spirito del mondo, un combattimento che è nato con la Chiesa stessa e che terminerà, fra alti e bassi, il giorno dell’ Apocalisse. Si può dire che la storia della Chiesa è un susseguirsi di scene distinte di questo duello. Gli uomini di Chiesa hanno progressivamente ceduto a questo spirito del mondo e inevitabilmente anche le idee sono progressivamente mutate. Il primo cedimento è stato morale. Il combattimento della vita spirituale è per sua natura difficile, faticoso, stancante e ha procurato una generazione attuale di uomini di Chiesa stanchi. In essi si è diffusa la convinzione di cercare un nuovo modo di combattere, anzi un nuovo modo di capire il mondo e quindi un nuovo modo di comprendere la teologia, la fede, la spiritualità, alla luce di ciò che il mondo stesso propone. Come una piccola crepa in una diga non immediatamente riparata è l’inizio del suo cedimento, così la convinzione di capire il mondo ha dato inizio al modernismo e con esso è venuta la crisi della Chiesa. Il primo cedimento degli uomini di Chiesa è stato dunque morale, perché stanchi di combattere, ciò che lo stesso Lutero aveva già fatto cinque secoli fa. Non riuscendo a vincere la propria concupiscenza, egli ha costruito una teologia a misura d’uomo, in cui la tentazione e il peccato sono considerati irresistibili per la natura umana, con o senza la grazia divina.
I sacerdoti della Fraternità San Pio X facciano sempre attenzione allo spirito di povertà per tenere lontano lo spirito del mondo. Più passano gli anni, più disponiamo di una diversità di mezzi che possono farci credere che l’apostolato sia diventato più facile, semplicemente perché con un click posso comunicare con il mondo intero. È un’illusione, perché porta a pensare che, ai fini della conversione delle anime, la predicazione e l’esempio della Croce che il sacerdote deve dare siano sostituibili con altri mezzi. Non si prende e si porta la Croce di Cristo semplicemente con un click. La conversione delle anime non avviene semplicemente attraverso un click, ma con la predicazione della Croce e l’esempio di una vita fondata sulla Croce di Nostro Signore Gesù Cristo.
Cosa possiamo o dobbiamo fare, allora? Il segreto della nostra fedeltà a tutto ciò in cui crediamo, abbiamo aderito o lottato, sta nella nostra risposta morale.
Non basta solo difendere la Santa Messa tridentina che giustamente esprime la vera fede. Non basta solo difendere la fede come una verità fine a se stessa, perché diventerebbe una battaglia di idee, uno scontro fra quelli che credono nella divinità o nella regalità di Cristo e quelli che non ci credono più. Bisogna invece combattere per la Santa Messa e per la vera fede perché esse permettono lo sviluppo della vita spirituale che mi conduce a Dio e alla vita eterna, fine ultimo dell’esistenza. L’uomo di fede che crede veramente nella divinità e regalità di Cristo è pronto al martirio, perché la sua fede non è solo un complesso di idee, ma è alimentata dall’amore per questo fine.
Certamente, dopo cinquant’anni di lotta possiamo essere stanchi oppure pensare che ci sarà una Provvidenza divina e intanto metterci in una posizione comoda o di attesa. No! Prima di agire o fare qualcosa, è importante avere chiaro dove dobbiamo andare, la meta del nostro cammino. In questi 50 anni la Fraternità San Pio X ha lottato per conservare il deposito della fede, ma questo non ci deve far pensare che il combattimento sia finito o sia diventato più facile. Pensare così sarebbe un grave errore. La lotta iniziale, per costruire la Fraternità e la sua struttura, continua e continua in un modo sempre più duro e radicale, non solo a livello comunitario, ma soprattutto personale. La guerra non è finita e la battaglia più bella deve ancora venire: è la battaglia di chi cerca Dio e la propria santificazione. E se Dio permette che la guerra duri in questa situazione attuale non è tanto per difendere la Santa Messa tridentina o la fede cattolica, ma perché nella sua imperscrutabile sapienza e bontà, Egli ci spinge verso un ulteriore dono d’amore di noi stessi. Non basta solo partecipare alla Santa Messa o professare la fede cattolica se tutto questo non mi stravolge completamente la vita. La Santa Messa e la fede devono concreatamene cambiare la vita personale. Questo vale sia per i sacerdoti membri della Fraternità, sia per i fedeli, anche se in modo diverso. Ciò a cui tutti, però, dobbiamo fare attenzione è lo spirito del mondo in cui viviamo, perché questo spirito attacca indistintamente tutti, il sacerdote, il religioso, la religiosa, il fedele, la famiglia, il padre, la madre, i figli. Dobbiamo davvero avere l’energia e la cura necessaria per difendere la nostra vita spirituale dagli attacchi dello spirito del mondo e dal suo modo di pensare. Dobbiamo avere il coraggio di vincere la tentazione di “voler essere, almeno un po’, come gli altri” o di “essere un buon cristiano, ma fino ad un certo punto”. Questo modo di pensare, a lungo andare, ci condiziona, comunitariamente e singolarmente. Nella situazione attuale, Dio ci chiede qualcosa in più, una risposta d’amore più radicale, e come tale anche più consolante. Maggiore è la radicalità della risposta e maggiore è la consolazione che ne deriva, perché maggiore è la fedeltà a Nostro Signore e alla Chiesa. Allora in questo modo contribuiremo sempre più alla missione della Chiesa che è quello di spingere le anime verso il fine ultimo, Nostro Signore, e offrire loro tutti i mezzi necessari.
Faccio l’augurio a tutti voi, perché possiate dare a Nostro Signore una risposta sempre più fedele e radicale nella vostra vita.
*Superiore Generale della FSSPX