La Riforma luterana, conseguenze sociali e politiche: un bilancio cattolico.

Fonte vanthuanobservatory.org 14/06/2017

Autore Stefano Fontana

Difficoltà del bilancio “cattolico”
Il problema principale del titolo di questa conversazione sta nella conclusione: un bilancio cattolico. Oggi sembra improponibile un bilancio cattolico della Riforma protestante e questo svela che il bilancio della riforma protestante che la Chiesa sta facendo in occasione dei 500 anni dalla Riforma è, per molti versi, già permeato di caratteri protestanti, ossia ha perduto molti significativi tratti cattolici. Al punto che parlare di un bilancio cattolico sembra “stonare”, venire considerato inadeguato e fuori tempo.
Il primo motivo è l’idea stessa di eresia. Il concetto è in crisi anche nel mondo cattolico, parallelamente alla crisi del concetto di dogma. La prima – l’eresia – viene intesa positivamente come un contributo alla discussione, l’espressione di una lecita libertà di opinione nel pluralismo. Il secondo viene inteso invece come una rigida astrazione formale che finisce per impedire il dialogo.
Il secondo motivo consiste nel ritenere che il confronto con la Riforma si debba fare non sulle affermazioni dottrinali di Lutero – ossia sui contenuti teologici – ma sulle intenzioni di Lutero stesso che, secondo molti autorevoli interpreti cattolici di oggi, erano buone. Egli – si dice e si scrive – voleva rinnovare la Chiesa, poi purtroppo si sono verificati tanti incidenti storici di incomprensione, a carico anche della Chiesa cattolica, che hanno compromesso il sano orientamento originario.
In terzo luogo si tende a dire che, nel dialogo con i protestanti bisogna dare il primato non tanto alla dottrina quanto alle cose da fare, attuare un percorso insieme, condividere delle esperienze.
Il dato più interessante di queste difficoltà a tirare un bilancio cattolico della Riforma e delle sue conseguenze è che esse sono dovuto al fatto che la logica protestante è già penetrata nei ragionamenti dei cattolici. Infatti, tutti e tre i punti ora visti[1] – una Chiesa senza dogmi, il primato della coscienza, il primato della prassi –sono già principi luterani.

La dottrina della Riforma
Questo mio intervento riguarda le conseguenze sociali e politiche della Riforma. Può però essere utile premettere una breve presentazione dei contenuti teologici della nuova religione luterana. Li riassumiamo sinteticamente[2].
La natura umana è intrinsecamente inquinata e quando l’uomo la segue fa sempre il male. La salvezza è dovuto solo al sacrificio di Cristo (salvezza per Sola Gratia).
I comportamenti umani non servono alla salvezza in quanto l’uomo mette la sua malizia in tutto quello che fa.
La Salvezza consiste nel solo atto di fede (salvezza per Sola Fide).
Nello stabilire la regola della fede, il posto centrale spetta alla Scrittura, separata dalla Tradizione e dal Magistero della Chiesa (principio della Sola Scriptura).
Per Lutero la fede è un atto di fiducia in Cristo che non imputerà i nostri peccati. Lutero esclude la salvezza come passaggio ontologico dallo stato di peccato allo stato di grazia. Questo passaggio per lui è impossibile, dato che considera la natura umana come  irrimediabilmente corrotta e insignificanti le risposte umane. Cristo, quindi, non cancella veramente i peccati, non c’è il passaggio dalla morte alla vita dell’anima mediante la grazia. La salvezza consiste nel fatto che Cristo decide di non imputarci i peccati, che però ci sono e rimangono. Ecco perché il cristiano è giusto e peccatore nello stesso momento, cosa impossibile nella visione cattolica. Ne consegue anche che per Lutero la salvezza è una certezza ed è impossibile perderla: se c’è la fede c’è anche la salvezza. Ne consegue anche che la giustificazione riguarda ugualmente tutti e non ci sono diversi livelli.
Torniamo un momento sul concetto luterano della fede. La fede è sia l’atto di fede sia le verità credute in quanto rivelate da Cristo. Per Lutero, invece, la fede è solo l’atto soggettivo, spogliato da qualsiasi intenzione di conoscenza oggettiva. Per il cattolico la fede non è solo una esperienza personale e soggettiva ma è una conoscenza. Dio in Cristo ci ha rivelato delle conoscenze sia trascendenti che  naturali e questo fa parte della fede. Lutero, invece, non è interessato a conoscere Cristo, ma a fare esperienza soggettiva della sua salvezza, a sentirsi salvato. L’intento teoretico e conoscitivo viene qui meno e quindi la fede luterana non ha bisogno della ragione, che del resto è considerata da Lutero una “meretrice”. Per questo la grande filosofia e teologia luterana ha sempre separato la ragione dalla fede. Basti pensare a Kant oppure a Schleiermacher[3], a Barth o a Bultmann.
L’aspetto soggettivo della fede luterana è molto evidente anche nella dottrina del libero esame della Scrittura.
La fede come atto soggettivo, la fede come fiducia priva di ragioni, la fede come atto pratico (fare esperienza della salvezza di Cristo) e non conoscitivo (conoscere il Logos di Dio) è logico che conduca anche alla fede come atto – senza la tradizione, la Chiesa, il Magistero – di interpretazione della regola della fede che consiste nella Sola Scriptura. In questo senso il Protestantesimo si è ben sposato col soggettivismo storicistico della filosofia moderna.
La Riforma luterana emancipa il soggetto dai contenuti oggettivi della fede. E’ una religione senza dogmi (e quindi anche senza eresie). Emancipa il soggetto anche dai contenuti oggettivi della ragione, che non può conoscere nulla di importante per la salvezza. Alla conoscenza – sia per fede nella rivelazione sia tramite la ragione – la Riforma sostituisce l’interpretazione. Ecco perché la Riforma prevede un rifiuto del principio di realtà e la riplasmazione della realtà a partire dal soggetto. E’ questo il principale aspetto gnostico del
Luteranesimo: non esiste più una verità in sé, ma solo per me[4]. Da Hegel, per il quale verità e realtà erano il “sistema”, ai totalitarismi del Novecento fino alle teorie del gender e al transumanesimo di oggi, si riscontra ilmedesimo principio luterano del primato della coscienza soggettiva. Per la religione cattolica, in accordo con la filosofia classica e realistica, la coscienza richiede di essere illuminata dalla verità, come la libertà richiede di essere riempita di senso dalla realtà. Per il luteranesimo la coscienza ha invece il primato.

Il potere politico come puro potere
Se la fede è non solo atto soggettivo di affidamento e fiducia ma anche contenuto, allora essa mantiene un rapporto con la ragione. Se la fede mantiene un rapporto con la ragione, allora la Chiesa mantiene un rapporto con l’autorità politica che affida se stessa appunto alla ragion politica. Nel Luteranesimo tutto questo non c’è più, per molti motivi, alcuni dei quali già detti. Per Lutero non esiste la Chiesa come corpo storico. Per lui la Chiesa è invisibile, costituita da tutti i credenti che nella fede hanno fiducia in Cristo. Tutti gli aspetti
storici e pubblici della Chiesa vengono eliminati, a cominciare dalla gerarchia ecclesiastica e, prima ancora, dai Sacramenti. Teniamo presente che i Sacramenti nel cattolicesimo hanno un significato non solo personale ma anche pubblico, storico e addirittura cosmico. Con essi si attua la nuova creazione iniziata da Cristo sulla Croce e con la sua resurrezione. La prima forma di presenza pubblica della Chiesa non è la Caritas ma i Sacramenti. Togliete ad una società politica i sacramenti ed essa si affloscia su se stessa.
Se non esiste la Chiesa come corpo storico non si pone il problema del suo rapporto col potere politico.
Questo però accade anche per un altro motivo: il potere politico non deve rispondere ad un ordine razionale e naturale delle cose, dato che la ragione è una meretrice e la natura è corruzione. Non esiste quindi unproblema del rapporto Stato-Chiesa per delle carenze strutturali in ambedue i soggetti.

Si noti che se la natura viene considerata malvagia e la ragione incapace e dannosa, allora non ci può essere un ordine naturale delle cose, ossia un diritto naturale e, quindi, una legge morale naturale. Si noti anche che non può esistere una Dottrina sociale della  Chiesa[5], non solo perché una Chiesa nel protestantesimo non c’è, ma anche perché manca il rapporto tra la fede da un lato e la ragione politica dall’altro.
Se il potere politico non è a servizio di un ordine naturale delle cose che la ragione politica non può scoprire in quanto corrotta e la fede non può rivelare in quanto soggettiva, allora su cosa si fonda il potere politico? Si fonda solo sulla forza. E’ bene richiamare qui la dottrina luterana dei due regni: interiormente l’uomo è libero da ogni legge o autorità in quanto soggetto solo a Cristo; esteriormente l’uomo è schiavo e, in quanto irrimediabilmente malvagio, deve essere tenuto a bada dal potere politico: “L’asino ha bisogno di botte e il
popolo dev’essere retto con la forza”. Il potere luterano è potere “puro”. ossia pura forza[6]. Esso non è soggetto a regole. Il protestante ne ha paura e nello stesso tempo lo ignora, in quanto ininfluente per la salvezza. Non vi collabora, ma quando è costretto a farlo sa che ciò non ha nessuna relazione con la libertà interiore, lo fa senza partecipazione, esteriormente. Il fedele protestante dissocia la sua vita di fede dalla sua vita pubblica ed oggi, per esempio, parlando in generale, i protestanti accettano pacificamente tutte le leggi e le politiche contro la vita, la famiglia e la procreazione. Lutero aveva affidato ai Principi la gestione esteriore della Riforma.
Non si deve con ciò pensare che la Riforma luterana abbia influenzato solo i regimi assolutistici o totalitari.
Essa ha influenzato anche la democrazia moderna vuota di valori. Non è all’origine solo di Hobbes ma anche di Rousseau[7].
Se non c’è un ordine naturale della comunità umana, la convivenza politica nasce o da un contratto o dal potere costituito. Per Rousseau nasce dal contratto, per Hobbes nasce dal potere politico che impone una norma. Il risultato però non cambia. Che ad esercitare il potere sia il Leviatano o la Volontà Generale, sempre di un potere arbitrario si tratta. Se la fede abbandona la ragione a se stessa, la ragione finisce per perdere fiducia in se stessa. Da sola, infatti, non è sufficiente reggersi. La visione cattolica delle cose certamente non nega il peccato originale. Lo considera seriamente, come un indebolimento ma non come un annichilimento della natura e della ragione. Perciò esse hanno bisogno della natura e della grazia anche per essere se stesse. Per Lutero, invece, il peccato originale comportava  l’annichilimento della natura e della ragione e quindi esse non erano più in grado di entrare in un rapporto intimo con la fede, ma solo in un rapporto esteriore. Tale annichilimento della natura e della ragione lo troviamo pienamente nella politica moderna, sia essa di tipo totalitario (Hobbes) sia di tipo democratico (Rousseau), ambedue determinate e influenzate dalla Riforma protestante.

Secolarizzazione e relativismo
Con la Riforma, l’assetto di una società cristiana viene meno anche come possibilità oltre che come realtà.
Essa è stata quindi il maggior fattore di secolarizzazione, ossia di emancipazione del secolare dal religioso, di esclusione di Dio dalla pubblica piazza, di ininfuenza della religione nei confronti della politica. Tra la fede – fatto di coscienza, intimo e individuale – e la storia delle nazioni e degli Stati, non c’è alcun legame. Il filosofo protestante della storia Karl Lowith[8] sostiene che tra la fede e il progresso umano non c’è nessuna relazione. Il teologo protestante Karl Barth[9] invita a fuggire l’impegno politico perché lo Stato serve solo a contenere il male con il male. La logica protestante non vede nelle realtà secolari una ordinazione a quelle trascendenti, da cui trovano luce e spinta finalistica. La natura non è ordinata alla soprannatura, lo Stato non ha come scopo il bene comune e quindi non è  tenuto a tendere al sommo Bene come a proprio fine ultimo. Il potere temporale non è in relazione ordinata, distinta ma non separata, al potere spirituale. La verità è scissa al proprio interno: tra verità razionale, verità morale e verità religiosa non ci sono relazioni (vedi per esempio Kant) e questo comporta la progressiva secolarizzazione della verità e la corrosione progressiva del suo senso. Quando si separa la fede dalla ragione allora si separa anche la ragione dalla morale, sicché la secolarizzazione confluisce nel relativismo soggettivo. La Riforma luterana ha prodotto il relativismo soggettivo e la società secolarizzata di oggi è per moltissimi versi figlia di Lutero.
Sul piano del pensiero però c’è ancora di più. La filosofia moderna nasce dal primato della coscienza[10]. In ciò essa è debitrice della Riforma luterana e del pensiero filosofico che ne seguì. All’origine del pensiero moderno c’è il dogma, assunto e mai dimostrato, del primato del pensiero sull’essere, della coscienza sulla realtà. Assunto come postulato e mai dimostrato perché per dimostrare qualcosa che è, il pensiero deve uscire da se stesso, viceversa dimostra solo se stesso e non la realtà. Il primato della coscienza è un principio interno al pensiero e quindi assunto dal pensiero come tale, senza argomenti fondanti, perché tutta la capacità argomentativa del pensiero inizia con quell’assunto. La filosofia moderna è un progressivo distacco dall’essere come esterno al pensiero ed è l’elaborazione del “principio di immanenza”, l’inclusione della realtà e della verità dentro la coscienza. Il primo grande sistema filosofico luterano è quello di Kant, la sua organizzazione coerente e piena avviene col sistema di Hegel. Anche il marxismo, come aveva ben visto Del Noce, è frutto di questa volontà della modernità di riplasmare la realtà dopo averla negata, e dal suo fallimento non può che risultare Nietzsche ossia il nichilismo contemporaneo. Se oggi siamo ben oltre Nietzsche dobbiamo, in fondo, ringraziare la Riforma luterana.

Luteranesimo nel cattolicesimo
Ho aperto questo mio intervento indicando alcuni elementi per cui oggi l’idea di un “bilancio cattolico” sulla Riforma luterana stona. Concludevo dicendo che questa stonatura denota che il pensiero luterano è ampiamente entrato anche nel cattolicesimo. Ho poi messo in evidenza le conseguenze sociali e politiche della riforma protestante e a nessuno sfugge come anche i cattolici oggi la pensino così, ossia in conformità con quelle conseguenze. La penetrazione del Luteranesimo nel cattolicesimo è quindi evidente.
L’esistenza di un ordine della natura – diritto naturale, legge morale naturale – che comprenda anche la società umana, oggi viene negato anche dai cattolici. Altrimenti non si spiegherebbero gli appoggi a leggi contrarie a questo ordine. La negazione dell’ordinazione dell’ordine naturale a quello soprannaturale e quindi la dottrina della regalità sociale di Cristo, viene negata oggi anche dai cattolici che accettano una secolarizzazione e una laicità di origine protestante. La dottrina del potere “puro” oggi viene accettata anche da molti cattolici se fanno coincidere vigenza e validità della legge, oppure legalità e legittimità delle tasse o che, come fondamento della società e della politica, riescono al massimo ad arrivare alla Costituzione. Il primato della coscienza individuale viene oggi ammesso anche dai cattolici, se la decisione di coscienza è oggi posta come fondamento dei diritti anche da parte dei cattolici. Il primato della prassi sulla  teoria e della pastorale sulla dottrina – di chiara derivazione luterana – sono oggi fatti propri anche in ambito cattolico, come testimonia l’attuale pastoralismo[11]. Del resto, la filosofia moderna[12] che, come abbiamo visto, è filosofia luterana, è oggi accettata nelle istituzioni accademiche e formative cattoliche: il primato della coscienza e la sostituzione del paradigma ermeneutico al paradigma metafisico è ormai cosa fatta.
La Chiesa cattolica sta celebrando i 500 anni della Riforma protestante. Le parrocchie e le diocesi organizzano pellegrinaggi ai luoghi natali di Lutero, che da eresiarca è elevato a riformatore e paragonato dal cardinale Kasper a San Francesco[13]. Si dice che questa commemorazione farà progredire l’incontro tra la fede cattolica e la fede protestante, incontro favorito dal fatto che oggi le società non accettano più le religioni confessionali. Questa commemorazione è quindi finalizzata a superare le differenze confessionali[14]. Però
l’obiettivo sembra improprio, non solo perché il cardinale Müller ha detto che non c’è niente da festeggiare, ma perché la penetrazione del Luteranesimo nel cattolicesimo è, purtroppo, già avvenuta e in modo molto consistente.

Stefano Fontana
Circolo culturale J.K. Chesterton
San Giovanni in Persiceto – 12 giugno 2017
[1] Mi sono intrattenuto su questi tre aspetti in: Stefano Fontana, La gnosi protestante e la dottrina luterana del potere puro, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” XIII (2017) 2.
[2] Cf Pio M. Idowu FI, Lutero e la dottrina della giustificazione sola Fide, “Fides Catholica”, XI (2016) 2, pp. 123-142.
[3] Ermanno Pavesi, Schleiermacher, profeta di una Chiesa come massa liquida, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” XIII (2017) 2.
[4] Roberto Coggi OP, Ripensando Lutero, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2004.
[5] Giampaolo Crepaldi, Lutero ovvero l’impossibilità di una Dottrina sociale della Chiesa, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” XIII (2017) 2.
[6] Ermanno Pavesi, “L’asino ha bisogno di botte e il popolo dev’essere retto con la forza”. L’antropologia di Lutero e la sua concezione del potere civile, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa”, XIII (2017) 2.
[7] Danilo Castellano, Martin Lutero, il canto del gallo della modernità, Edizioni Scientitiche Italiane, Napoli 2016.
[8] Karl Löwith, Significato e fine della storia. I presupposti teologici della filosofia della storia, Il Saggiatore, Milano 2010.
[9] Karl Barth, Fede e potere. Il capitolo 13 della Lettera ai Romani, Castelvecchi, Roma 2014.
[10] Stefano Fontana, Filosofia oggi. Breve storia del pensiero da Socrate a Ratzinger, Fede e Cultura, Verona 2017.
[11] Stefano Fontana, La nuova Chiesa di Karl Rahner. Il teologo che ha insegnato ad arrendersi al mondo, Fede e Cultura, Verona 2017; Giampaolo Crepaldi, La Chiesa italiana e il futuro della pastorale sociale, Cantagalli, Siena 2017.
[12] Antonio Livi, La deriva irrazionalistica della teologia cattolica e le sue radici luterane, “Fides Catholica” , XI (2016) 2, pp. 89-121.
[13] Walter Kasper, Martin Lutero. Una prospettiva ecumenica, Queriniana, Brescia 2016.
[14] Crf Luca Diotallevi, Fine corsa. La crisi del cristianesimo come religione confessionale, EDB, Bologna 2017.