La Crisi Che Travaglia Gli Uomini Di Chiesa, Non Deve Portare Allo Scoraggiamento Riguardo Alla Chiesa

fonte doncurzionitoglia.wordpress.com 02/09/2023

[Premessa: riguardo al Card. Bergoglio si condivide la posizione espressa dal prof Radaelli  nel suo Manifesto N.d.R.]

Autore don Curzio Nitoglia

Mai scoraggiarsi difronte alle crisi che attraversa l’elemento umano della Chiesa

La crisi religiosa, che travaglia gli uomini di Chiesa, non deve portare i fedeli al pessimismo e allo scoraggiamento

Infatti, come Gesù, solo la Chiesa ha parole di vita eterna”, essendo essa il Corpo Mistico di Cristo. Perciò, non dobbiamo temere e disanimarci: alla fine la Chiesa di Cristo risorgerà, come Gesù risuscitò dal Sepolcro

La situazione ecclesiale odierna è desolante, ma non disperata. Per il cristianesimo non esiste la disperazione, vi è la desolazione del Golgota, del Sabato Santo e del Sepolcro, alla quale segue immancabilmente la gloria e il trionfo della Pasqua di Risurrezione. 

Come Cristo la Chiesa non muore, può sembrar morta, ma non lo è, anche se viene fatta seppellire dai Sommi Sacerdoti, anzi più ci si avvicina alla fine apparente e più si è prossimi alla Risurrezione reale. 

Bergoglio oltre il Vaticano II

A questo proposito, vedi l’intervista di Eugenio Scalfari a papa Bergoglio, Repubblica, 1° ottobre 2013. In essa, Francesco risponde a Eugenio Scalfari: “Il Vaticano II, ispirato da papa Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare”. 

Si noti questa “contraddizione nei termini” di papa Bergoglio: “l’umiltà e l’ambizione”. Non è casuale, ma essa è stata voluta, Bergoglio quale ammiratore della modernità fa sua la “coincidenza degli opposti” di Spinoza e la “contraddizione per principio” della dialettica di Hegel, per cui ambizione e umiltà coincidono proprio perché s’oppongono e si contraddicono.  Egli esprime chiaramente la volontà di compiere il Vaticano II, che sarebbe restato incompiuto, ossia di fare il “Vaticano III” senza indirlo, dibatterlo e promulgarlo: questo è il primato della prassi sulla teoresi e il superamento non solo dell’immutabilità del dogma, ma anche della pastorale tramite l’azione, l’incontro, il dialogo e il “camminare insieme”.

Motus in fine velocior”: un peso che cade nel vuoto più s’avvicina al fondo e più aumenta di velocità. Ora, la velocità sfrenata con la quale avanza la Rivoluzione religiosa nell’ambiente ecclesiale per opera dei Sommi Sacerdoti a partire dal 1962 è sempre più alta, sino a sorpassare abbondantemente la barriera del suono con le esternazioni di Francesco. Perciò, mi sembra che questa sia l’ultimo atto dell’opera di “auto-demolizione” del potere sociale del Papato per opera d’un Papa stesso. Se Francesco non fosse Papa, la sua azione non sarebbe universalmente e intensamente deleteria, se agisse al suo posto una persona privata e senz’autorità, le conseguenze del suo agire sarebbero limitate, private e senza autorevolezza.  

Questo, perciò, era il piano della Massoneria: “Un Papa secondo i nostri desideri, che non sia iscritto alla Setta, ma ne abbia lo spirito e faccia lui la Rivoluzione in cappa e tiara”. Dio ha permesso che si avverasse, ma da ogni male permesso, il Signore sa trarre un bene maggiore.   

Papa Bergoglio ogni giorno, come una valanga inarrestabile, parlando come dottore privato, durante le omelie della sua messa privata, concedendo interviste e soprattutto agendo in maniera sovvertitrice dell’ordine sociale e religioso e della dignità papale, demolisce ciò che dopo il Concilio Vaticano II, miracolosamente, era rimasto – pur se malamente – ancora in piedi. 

Egli vuole fare il Vaticano III senza convocare, celebrare, dibattere e confermare un Concilio, nemmeno “pastorale”; tutto ciò sarebbe troppo “dottrinale” e “teoretico” per il suo spirito “pragmatico”. Il rimprovero che Küng, Schillebeckx, Metz, Boff, Gutierrez, Martini muovevano a Paolo VI, a Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI (aver bloccato lo spirito del Vaticano II) è condiviso in pieno da Francesco, il quale riprende la loro obiezione e asserisce di volere portare sino alle ultime conseguenze il “Vaticano II” operando, senza teorizzare (non dico “dogmaticamente” ma neppure “pastoralmente”), una sorta di “Vaticano III pratico”. 

La stessa dottrina dell’ermeneutica della continuità tra Vaticano II e Tradizione della Chiesa – espressa ma non provata da Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e soprattutto da Benedetto XVI – è contraddetta e sfatata da Francesco con fatti e con detti. 

Oramai la Sovversione è talmente sicura di aver vinto la battaglia che non sente neppure più la necessità di camuffarsi, siamo veramente al “redde rationem” finale. Il Mondialismo espone e opera alla luce del sole ciò che sino a qualche anno fa faceva segretamente e dietro le quinte.

L’Anticristo finale nella divina Rivelazione

San Paolo – nella Seconda Epistola ai Tessalonicesi (II, 6-7) – ha rivelato la venuta dell’Anticristo finale: “Voi conoscete Colui, che lo trattiene, di modo che egli si manifesterà al suo preciso momento. Infatti, il Mistero d’Iniquità già opera internamente. Solo quando Colui, che ora lo trattiene, sarà tolto di mezzo, allora l’uomo d’iniquità si manifesterà, ma il Signore Gesù lo ucciderà con un soffio della sua bocca”. 

I Padri ecclesiastici interpretano questi due versetti in maniera moralmente unanime e il Dottore Comune o Ufficiale della Chiesa (San Tommaso d’Aquino) fa sua la loro interpretazione. L’Anticristo finale si manifesterà, ma vi è un “ostacolo”, un “katéchon”, “Colui, che lo trattiene”, che è il potere spirituale e sociale del Papato. Quando questo potere non avrà più la forza socialmente sufficiente per trattenere l’Anticristo e sarà stato ridotto a influire solo sulle singole anime, allora questi apparirà, però sarà ucciso da Cristo stesso, il quale veglia tutti i giorni sino alla fine sulla sua Chiesa. 

San Paolo chiama l’agire degli anticristi iniziali (che operano durante il corso della storia e agiscono già nell’epoca in cui l’Apostolo scrive, nel 53 ossia appena 20 anni dopo la crocifissione di Gesù) e dell’Anticristo finale, che si manifesterà verso la fine del mondo, “Mysterium iniquitatis”. Ma, al momento stabilito e permesso da Dio, quando il Papato dopo essere stato attaccato da tutti i fronti avrà perso, momentaneamente, la sua forza sociale di restaurazione, allora apparirà l’Anticristo finale. Il liberalismo, che vuol ridurre il Cristianesimo a puro fenomeno individuale, negando la Regalità sociale di Cristo, è uno dei pilastri della “contro-chiesa” e apre le porte all’Anticristo finale.

Questi due versetti di san Paolo s’applicano perfettamente a quel che sta succedendo oggi. È chiaro che il Mistero d’iniquità, operante segretamente durante la storia della Chiesa sin dall’epoca apostolica, si collega al Vaticano II, ove, tramite la collegialità, l’ecumenismo e la libertà delle false religioni, la potenza sociale restauratrice e antisovversiva del Papato e della Chiesa è notevolmente scemata. Già allora Paolo VI parlò di “auto-demolizione della Chiesa”, dello “spirito di satana entrato nel Tempio”. A partire da allora, pian piano si è manifestato il Mistero d’Iniquità in tutta la sua ferocia e virulenza (e lo vediamo oggi sotto i nostri occhi) sino al futuro Regno dell’Anticristo finale, che tuttavia sarà annientato da Cristo. 

Però, non dobbiamo preoccuparci eccessivamente. Era scritto, previsto e Dio l’ha permesso per trarre dal male un bene maggiore. Dopo aver fatto ultimare la sua Rivoluzione in cappa e tiara, dopo la “grande apostasia” (2 Tess., II, 3), apparirà l’uomo d’iniquità, ma Gesù lo annienterà. “Nolite timere pusillus grex, Ego vici mundum!” (Lc., XII, 32). La vittoria finale, dopo tante sconfitte intermedie, appartiene a Dio e alla sua Chiesa. E così sarà. “Verbum Domini manet in aeternum!”.

La teologia della prassi e il culto dell’uomo nel vaticano II e nel post-concilio 

Occorre sapere che papa Bergoglio s’è formato alla scuola della filosofia della prassi. Uno dei suoi principali rappresentanti è senz’altro Ludwig Feurbech, che studiò filosofia a Berlino con Hegel. La sua opera più conosciuta è L’essenza del cristianesimo del 1847, nel 1851 pubblicò Lezioni sull’essenza della religione e nel 1857 Teogonia (l’origine di Dio). Egli s’inscrive appieno nel solco della filosofia moderna che è «antropocentrica: il suo centro di riflessione non è […] Dio, ma è l’uomo. Però, sino a […] Feuerbach nessuno aveva spinto l’antropocentrismo sino al punto di negare Dio. […]. La tesi fondamentale di Feurbach è l’identificazione dell’uomo con Dio. […] Egli fa dell’uomo l’essere supremo, identificandolo con Dio». La nuova religione immanentistica e antropocentrica di Feurbach consiste nella «divina trinità nell’uomo: l’unità di ragione, amore e volontà».

Ora, questo spirito lo troviamo già nel Concilio Vaticano II e papa Bergoglio lamenta che – dopo aver aperto le porte alla modernità – il Vaticano si sia fermato un po’ e abbia ritardato l’opera della Rivoluzione in cappa e tiara, ma afferma che lui la porterà a termine, “umilmente e ambiziosamente”. 

Già durante “l’omelia nella 9a Sessione del Concilio Vaticano II”, il 7 dicembre del 1965, papa Montini giunse a proclamare: «La religione del Dio che si è fatto uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Cos’è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Tale poteva essere; ma non è avvenuto. […]. Una simpatia immensa verso ogni uomo ha pervaso tutto il Concilio. […]. Noi, più di tutti, abbiamo il culto dell’uomo». 

Vi è una lotta evidente, esplosa in tutta la sua violenza durante il Vaticano II, tra la Chiesa di Cristo e la “contro-chiesa” o “sinagoga di satana” (Apoc., II, 9), che si serve della modernità immanentista per sovvertire la mentalità dei fedeli e dei chierici inclini al progressismo modernizzante e modernista, i quali potranno diventare in futuro i capi della Sinarchia di una “contro-chiesa” infeudata alla “Repubblica universale” massonica e al “Tempio universale” giudaico, tramite l’ecumenismo, che dovrà portare alla riunione dei cattolici con i massoni o “fratelli” separati e ebrei o “fratelli” maggiori/peggiori.

Tutto ciò è avvenuto mediante una silenziosa e sotterranea Rivoluzione religiosa (Concilio Vaticano II, 1962-65) e culturale (maggio 1968), non cruenta e militare, grazie alla quale l’uomo ha cercato di prendere il posto di Dio (e apparentemente vi è riuscito) per distruggere poi, nichilisticamente, l’uomo stesso quale animale razionale. 

Ma, non basta, bisogna passare ora alla piena e perfetta realizzazione di quanto è stato posto in atto imperfettamente nel Vaticano II con un Vaticano III fatto, appena appena detto e soprattutto non elaborato dottrinalmente. 

L’ultimo assalto alla Chiesa?

Infine, Bergoglio s’accinge (e lo dice chiaramente) all’ultimo passo, il quale è il traguardo finale che la “sinagoga di satana” (Apoc., II, 9) s’era prefissa da almeno 200 anni: la costituzione di un unico “Tempio universale” mediante l’ecumenismo, ossia un amalgama di tutte le religioni a scapito dell’unica vera religione, quella fondata da Gesù su Pietro ed i suoi successori. Purtroppo, avendo, con il Modernismo, infiltrato i propri suppositi nella Chiesa, la Setta infernale è riuscita a far compiere l’ultimo passo della Rivoluzione anti-divina proprio dagli uomini di Chiesa, soprattutto durante e dopo il Concilio Vaticano II, che ha raccomandato pastoralmente l’Ecumenismo, la Libertà delle false religioni, la subordinazione del cristianesimo al giudaismo e la Collegialità, cioè proprio quegli errori condannati costantemente dal Magistero dogmatico e infallibile della Chiesa. La “rivoluzione in cappa e tiara” si è avverata nel 1965 e perdura ancor oggi, anzi con Francesco è divenuta una valanga inarrestabile – tramite gesti, fatti e detti esortativi quotidiani non magisteriali neppure solo pastorali, ma ampliati e globalizzati dai mass media – che solo l’Onnipotenza e la Giustizia di Dio potrà bloccare prima che giunga al compimento del Vaticano III. 

La contro-chiesa sa che non può giungere al dominio del mondo senza avere corrotto anche il potere spirituale, il quale viene da Dio. Infatti, non si può reggere e governare perfettamente la Società civile, se questa non è sorretta da quella soprannaturale. Stato e Chiesa devono cooperare. La “contro-chiesa” ha combattuto la dottrina della cooperazione tra potere temporale e spirituale ed ha distrutto il potere temporale della Chiesa (che la aiutava a diffondere il Vangelo nella Società civile, senza essere infeudata a nessun potere umano) per sostituirsi alla vera Chiesa e diventare una “contro-chiesa”, il nuovo “contro-potere” o la “demonio-crazia” preternaturale, che viene dal basso e dagli inferi e lotta contro la “teocrazia”.  Oltre il potere economico, sociale e politico occorre avere nelle mani anche quello religioso, senza il quale tutto il resto vacilla e poi crolla. Avendo macchinato contro la vera Religione, la Sinarchia deve darci un suo surrogato, una “contro-chiesa” e una “contro-religione”. La religione non è qualcosa di posticcio o puramente accessorio che aiuta lo Stato a governare meglio, ma è essenziale al funzionamento del potere civile e al suo perdurare. La Chiesa l’ha sempre insegnato, la “contro-chiesa” l’ha capito e l’ha negato, ma ha sempre cercato di metterlo in pratica alla rovescia 1°) avversando la vera Religione; 2°) propinando agli uomini una falsa religiosità; si rivela così vera “scimmia di Dio” come il diavolo (Tertulliano).

Questa è l’ora decisiva dello scontro tra due entità dal quale arriverà al suo completamento la “città del diavolo, composta da coloro che  per amore disordinato di sé disprezzano Dio” oppure rinascerà la “città di Dio, formata da coloro che per amor di Dio sentono umilmente di se stessi” (S. Agostino, De civitate Dei, XIV, 28).

Senza una “contro-chiesa” (“Il Tempio”), la Setta (“La Repubblica”) non può riuscire a costruire un “super Governo Mondiale”, come senza la grazia divina l’uomo non può edificare la Civitas Dei o la Res Publica  Christiana

Adesso il problema ultimo da risolvere è sapere se la Sinarchia sia all’altezza di portare sino alle ultime conseguenze la Sovversione annichilatrice nella Chiesa e della Chiesa di Roma, fondata da Gesù su un solo Pontefice: Pietro. Possiamo rispondere con certezza: “Può tentarlo e l’ha tentato, ma inutilmente!”. Infatti, le membra della Chiesa sono umane; tuttavia, il principio della Chiesa è Cristo vero Dio e vero uomo che l’ha fondata; il suo fine è Dio e il cielo verso cui tende; infine, i suoi mezzi sono soprannaturali nella loro essenza: i Sacramenti, che conferiscono la vita soprannaturale. Contro questa realtà, assistita divinamente perché fondata e istituita da Dio stesso, nulla può la Sinarchia, la “contro-chiesa” e la “sinagoga di satana”. Gesù l’ha promesso formalmente: “Le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa!”(Mt., XVI, 18). “Ecco, Io sto con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20).

Certamente abbiamo toccato il fondo, ma la “contro-chiesa” non ha fatto i conti con l’oste (il Padreterno) e i conti saranno più che salati, saranno infuocati. Solo un immane castigo sarà pari alla gravità dell’apostasia strisciante e pratica che viviamo sotto i nostri occhi (“abyssus abyssum invocat”). 

 Risposta a un’eventuale obiezione

A coloro che, obiettano e di non dover mai criticare il Papa nemmeno come dottore privato rispondo con la S. Scrittura e la Tradizione. Infatti, 1°) S. Paolo nell’Epistola ai Galati (II, 11) afferma: «Ho resistito in faccia a Pietro, poiché era reprensibile». Secondo la Patristica (S. Agostino) perfezionata dalla Scolastica (S. Tommaso), S. Pietro 2°) non peccò contro la Fede ma, 3°) peccò venialmente di fragilità nell’osservare le cerimonie legali dell’Antico Testamento, per la troppa diligenza di non scandalizzare i giudei, provocando così lo scandalo dei pagani. Quindi secondo la Rivelazione vi fu una resistenza pubblica di Paolo verso Pietro primo Papa, che non errò nella Fede (v. Tertulliano, il peccato di Pietro fu uno “sbaglio di comportamento non di dottrina” (De praescr. haeret., XXIII). In breve, non si può negare la resistenza lecita di Paolo a Pietro e quindi al Papa, infatti, è divinamente Rivelata “Resistetti in faccia a Cefa, poiché era reprensibile […] alla presenza di tutti”, (Galati, II, 11, 14). 

d. Curzio Nitoglia