fonte doncurzionitoglia.wordpress.com 12/13/15 giugno 2023
SECONDO MONSIGNOR HENRY DELASSUS
Autore don Curzio Nitoglia
PRIMA PARTE
Il “problema dell’ora presente”
Il giudeo/americanismo è realmente il problema dell’ora presente. Infatti, mentre il vecchio giudaismo/rabbinico (del I/II secolo d. C.), tramite il giudeo/cristianesimo, ha rappresentato il tentativo fallito (grazie alla reazione degli Apostoli e dei Padri apostolici ed ecclesiastici del II/VI secolo) di soffocare la Chiesa di Cristo, giudaizzandola; al contrario in Usa (sin dal XVIII secolo) il giudeo/cristianesimo puritano ha prevalso e ha invaso anche l’Europa (specialmente dalla fine delle due guerre mondiali, 1918 e soprattutto 1945).
La dichiarazione conciliare “Nostra aetate”
Anzi, esso è addirittura penetrato in ambiente cattolico con la Dichiarazione Nostra aetate del Concilio Vaticano II (28 ottobre 1965) e l’insegnamento post/conciliare di Giovanni Paolo II iniziato a Magonza (17 novembre 1980) dell’«Antica Alleanza ‘‘mai revocata’’», che si protrae sino a oggi, essendo stato ripreso esplicitamente da Benedetto XVI (17 febbraio 2010, Discorso alla sinagoga di Roma) e quasi privatamente da Francesco (cfr. Lettere al Rabbino capo di Buenos Aires e di Roma).
L’ebraismo in America
L’ebraismo in America, dopo l’«affare di Damasco» (1840) e il «caso Mortara» (1858), ha fatto blocco e ha esercitato una notevole pressione sul governo statunitense, affinché s’impegnasse per fargli ottenere, nel vecchio Mondo, la piena libertà come già l’aveva ottenuta in America.
Gli Stati Uniti rappresentano – perciò – il ‘‘braccio armato del giudaismo (una volta) disarmato’’ (ed ora non più, sin dalla fondazione dello Stato d’Israele nel maggio 1948), contro l’intransigenza dottrinale e l’intolleranza dogmatico/teologica (e, conseguentemente, politico/sociale) dell’Europa (una volta pienamente) cristiana.
La “tradizione” puritana americana
Tutto ciò è stato possibile poiché l’intera “tradizione” puritana americana era ed è profondamente imbevuta di giudaismo postbiblico. Infatti, gli Stati Uniti non hanno conosciuto il cosiddetto medioevo o cristianità europea teologicamente anti/giudaica. L’America, perciò, è nata senza linfa medievale ed è priva d’antigiudaismo dottrinale. Il puritanesimo americano fornisce una lettura millenaristica e carnalmente materiale (più che genuinamente letterale) dell’Antico Testamento, vedendo negli Stati Uniti il “precursore” del “messia” che sarebbe lo Stato d’Israele.
L’America è la “nuova Sion” …
Anzi, l’America è una sorta di nuova Sion o ‘‘neo Terra Santa’’ che – prima, nel secolo XVIII – doveva accogliere gli ebrei dispersi (dal 70/135 d.C.) e, quindi, discriminati teologicamente nel vecchio mondo e – poi, nel XX secolo – doveva preparare la nascita della nuovissima Sion (lo Stato d’Israele, 15 maggio 1948).
… Sue Differenze con La “vecchia Europa”
Mentre l’Europa, pur se laicizzata, con la Rivoluzione francese ha emancipato (cercando di assimilare) il singolo ebreo, ma non l’ebraismo come popolo o religione; l’America – invece – ha concesso piena libertà (religiosa, sociale e politica) all’ebraismo, non cercando un’emancipazione assimilatrice, ma volendo farlo ridiventare una Nazione. Perciò, gli Stati Uniti sono all’origine del sionismo (in senso stretto) come idea nazionale e politica e non solo come semplice sentimento, o aspirazione religiosa e ideale, che sogna e desidera – romanticamente e velleitariamente – la “Patria perduta”, come ogni israelita ha fatto dal 70 d.C. fino al XX secolo (in senso largo). Gli Stati Uniti rappresentano, perciò, la superpotenza mondiale al servizio (scientificamente organizzato e studiato) della nascita del giudaismo come Nazione politicamente organizzata e militarmente superdotata al fine di ottenere il dominio temporale mondiale partendo dalla Palestina.
Come l’America ha fatto lobbying o pressing sull’Europa e la Russia (poi Urss e ora di nuovo Russia), tra la prima e la seconda guerra mondiale e poi nella cosiddetta ‘‘guerra fredda’’, affinché concedessero pieno riconoscimento al giudaismo come popolo, religione e Nazione; così recentemente (con le guerre del Golfo persico 1990/2003) ha fatto pressione sul vicino, medio ed estremo Oriente, affinché lo Stato d’Israele, fosse riconosciuto pienamente (sia religiosamente sia politicamente). Tuttavia, mi pare che quest’ultimo passo (che avrebbe dovuto essere definitivo) non sia riuscito; anzi, proprio oggi, nel momento del massimo potere, l’America sembra cominciare la sua parabola discendente (come l’Europa nel 1914). Dal settembre 2001, alla sconfitta della seconda guerra in Iraq (2003), con la battuta d’arresto in Afghanistan e la situazione creatasi in Siria, Turchia e Libano (2012/2013), l’America si scopre un ‘‘gigante con i piedi d’argilla’’, come tutti gli Imperi mondani che si son succeduti nella storia dell’umanità, che sta affrontando la sua ultima battaglia: la guerra (forse atomica e mondiale) contro la Russia di Putin per interposta potenza ucraina (2014/2023), avendo già perso quella economica contro i “BRICS” (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica).
Il sionismo anti/europeo
Il sionismo rappresenta l’antidoto all’intransigenza dottrinale della vecchia Europa. Esso è una sorta d’americanismo puritano/millenarista trapiantato in Palestina vista come “trampolino di lancio” per sottomettere e possedere il mondo intero. Lo Stato d’Israele non è soltanto un rifugio per gli ebrei (una volta) dottrinalmente discriminati, ma è, soprattutto, una superpotenza militare e nucleare, che esercita una pressione deterrente, non solo psicologica ma anche fisica, contro l’intransigenza teologica antigiudaica, che era propria della Cristianità europea e il nazionalismo popolare arabo del movimento Baath.
Il “millenarismo gioachimita giudaizzante”
Il pensiero millenaristico di Gioacchino da Fiore è fondamentale nella genesi del millenarismo giudaico/americano. In piena Cristianità medievale (XII secolo), confessionale e quindi teologicamente discriminatoria nei confronti dei non cristiani, il gioachimismo proponeva com’alternativa, una filosofia millenaristica della storia, secondo la quale nella terza era dello Spirito gli ebrei come elemento primario (oggi si direbbe come ‘‘fratelli maggiori’’) si sarebbero uniti (primeggiando ontologicamente e non solo cronologicamente) ai cristiani come elemento secondario (oggi – dopo il discorso di Giovanni Paolo II del 13 aprile e 31 dicembre del 1986 – sono detti comunemente ‘‘fratelli minori’’, minoritari e minorati ontologicamente). Ebrei e cristiani avrebbero, così, formato un’unica società, “popolo di Dio” o “chiesa pneumatica”, con il primato ontologico – proprio del vecchio giudeo/cristianesimo ebraizzante del II secolo – degli israeliti odierni sui cristiani.
Il gioachimismo è un ecumenismo ante litteram, dato il suo carattere essenzialmente irenico e giudaizzante. Esso è in rottura totale con la Fede cattolica (come notarono subito s. Bernardo di Chiaravalle e, poi, s. Tommaso d’Aquino) soprattutto per quanto riguarda i rapporti tra “Nuova” e “Antica Alleanza” (già, secondo Gioacchino da Fiore, «mai revocata»; Giovanni Paolo II non ha fatto che ripetere nuovamente un errore vecchio quanto il diavolo), inverate dalla “terza Alleanza dello Spirito”. Inoltre, i discepoli di Gioacchino, tra il XIII e il XV secolo, hanno esplicitato il pensiero del maestro in senso ancor più giudaizzante: l’ebraismo, per essi, è ancor maggiormente benedetto da Dio nella terza era, pur restando tale. Da Israele nascerà un secondo ‘‘messia’’ (persona militante o idea universalmente dominante). Roma sarà rimpiazzata da Gerusalemme, che sarà il centro di una nuova ‘‘fede’’ cristiana più spirituale e pura. Il mondo sarà trasformato sotto la guida degli ebrei come Nazione dominante e preponderante (era già scritto nel secolo XIII da pensatori giudaizzanti, senza dover attendere i Protocolli dei Savi di Sion nel XIX secolo).
L’antico Fariseismo talmudico
Come s’evince, il puritanesimo degli antichi farisei, antitrinitario e anticristiano (175 a.C./II secolo d.C.), tramite il gioachimismo medievale (XII/XV secolo), si fonde col protestantesimo puritano americano (XVII/XXI secolo), che giunge a rinnegare la SS. Trinità e la divinità di Cristo. Il puritanismo farisaico gioachimita è il creatore dell’ideale o dello spirito americano. Esso è una specie di talmudismo per i goyim o di protestantesimo calvino/anabattista giudaizzante, fondato sui due dogmi principali: a) la totale libertà dell’uomo (Liberalismo: libertario, liberista e libertino); b) la supremazia della Nazione eletta: l’America (o la ‘‘nuova Terra Santa’’) e la ‘‘nuovissima Sion’’ (o lo Stato d’Israele) sul resto del mondo.
Questo spirito giudaico/americano è – purtroppo – penetrato “come fumo di satana nel Tempio di Dio”, con il Concilio Vaticano II, “epoca d’incertezze” e di “autodemolizione” (come ha detto Paolo VI nel 1968 e 1972, perseverando tuttavia nell’imporre il medesimo Concilio). Quindi tali parole non sono un ripensamento, ma la “prova/provata” che Paolo VI sapeva benissimo cosa fosse in realtà il Vaticano II: ‘‘Incertezza, autodemolizione’’, ed ha voluto coscientemente continuare a ‘‘demolire’’ e ‘‘confondere’’, imponendolo a tutti anche sotto pena di severe condanne, se qualcuno avesse osato porre domande sulla sua reale “continuità con la Tradizione”.
SECONDA PARTE
La “Rivoluzione conservatrice” atlantica
Non mi sembra che l’alternativa al pericolo α) della modernità (ad intra) e β) dell’islamismo (ad extra), sia la ‘‘Rivoluzione conservatrice’’ angloamericana (teorizzata da Burke-1790/Kirk-1953).
Edmund Burke & Russel Kirk
Infatti, Edmund Burke (1729-1797), ripreso da Russel Kirk (1918-1994), riteneva che la Rivoluzione francese (progressista) fosse essenzialmente diversa dalla seconda Rivoluzione inglese (del 1688) e da quella americana (o guerra d’Indipendenza 1776-1783), che, invece, sarebbero state: “tradizionali e conservative”. Secondo tale linea di pensiero, gli Usa continuerebbero il retaggio classico (greco/romano) e cristiano/medievale, l’America sarebbe, così, l’inveramento della Cristianità europea e rappresenterebbe una sorta di pre/modernità o pre/illuminismo, poiché non coscientemente illuminista.
Russel Kirk &l’amministrazione del Presidente Ronald Reagan
Tale corrente di pensiero (“Movimento Conservatore americano”, di matrice kirk/iana) è venuta prepotentemente alla ribalta nel 1980 con l’amministrazione Ronald Reagan, specialmente nella sua ala ‘‘neo-con’’ e neo-liberista, continuata da George Bush padre e da Gorge W. Bush (figlio). Russel Kirk, secondo Respinti, “ci offre l’immagine di un’America che difende i valori della tradizione classica e cristiana, secondo i veri princìpi sostenuti dai padri Fondatori della sua nazione”.
Friedrich von Hayek
Un altro discepolo culturale di Kirk è Friedrich von Hayek, che distingue nettamente il liberalismo buono angloamericano, poiché conservatore, da quell’europeo cattivo, perché progressista e razionalista.
Karl Popper e Michael Novak
Altri pensatori discepoli spirituali di Burke e ‘‘confratelli’’ di Kirk sono Carlo Popper e Michael Novak). Lo stesso Kirk spiega che la Rivoluzione francese fu una Rivoluzione totale, mentre quella angloamericana fu una Rivoluzione difensiva, non aggressiva; anzi la Rivoluzioni inglese e americana avrebbero impedito lo scoppio di rivoluzioni più cruente e radicali nel loro suolo, proprio perché essenzialmente conservatrici.
Kirk (in occasione di tre conferenze tenute nel 1989 in Italia, e riportate nel libretto succitato a cura di Marco Respinti) definisce la Guerra d’Indipendenza americana come ‘‘Rivoluzione impedita’’ o ‘‘incompiuta, non fatta’’, poiché ha difeso i diritti consuetudinari (o le “tradizioni”) della gloriosa Rivoluzione inglese del 1688 ed ha impedito il nascere di un radicalismo rivoluzionario simile a quello francese. Anzi, Kirk afferma che mentre la Rivoluzione francese fu fatta in odio al cristianesimo, quella americana fu fatta con spirito di “forte attaccamento… alle Chiese e ai principi morali cristiani”. Infatti, spiega il Kirk “in America, nessun colpo venne inflitto contro la fede cristiana. Degli uomini che firmarono la Dichiarazione d’Indipendenza, la vasta maggioranza era composta di cristiani praticanti, dell’una o dell’altra denominazione”. Il Nostro esalta “il rigido Calvinismo di Jonathan Edwards” un ministro congregazionalista del Massachusetts, che difese la dottrina strettamente calvinista sul peccato originale e la fede fiduciale, poiché “insegnava la pravità della natura umana”. Infine, i coloni americani sono difesi da Burke e quindi Kirk poiché “sostennero di resistere a innovazioni pericolose da parte di re Giorgio III d’Inghilterra”.
Per quanto riguarda l’ex presidente statunitense George W. Bush, Maurizio Molinari, nel suo George W. Bush e la missione americana, (Bari, Laterza, 2004) spiega che la “compassione” o religiosità sentimentale del presidente americano è “un’eredità dei Pellegrini che giunsero nel Nuovo Mondo fuggendo dalla Vecchia Europa” (p. 37).
Questa idea di “compassione è proprio ciò che distingue l’illuminismo inglese da quello francese, dove invece l’accento è posto sulla Ragione e sulla separazione assoluta tra Stato e Religione” (p. 40). Infatti, l’illuminismo angloamericano insiste sui sentimenti o l’esperienza, mentre quello francese è razionalista; il primo è per la separazione tra Chiesa cattolica e religione (ove la Chiesa romana non è la vera religione), ma non tra Stato e religiosità (ossia, lo Stato americano è fondamentalmente permeato di una vaga religiosità compatibile con la secolarizzazione); mentre, il secondo nega e scinde la religione dallo Stato. Quindi, la religiosità americana e neo/conservatrice è incompatibile con il Diritto Pubblico Ecclesiastico o la filosofia politica cattolico/romana. Inoltre, Bush jr. è influenzato ideologicamente dai neoconservatori, che si distinguono “per posizioni in gran parte trotzkiste. Si tratta di figli di emigrati ebrei dall’Europa dell’Est (…), ostili all’Urss di Stalin (che aveva fatto assassinare Trotzkyj) […]. L’espressione neoconservatore si trasforma presto in quella degli alfieri della Guerra Fredda (…) a favore della linea dura con l’Urss [stalinista e anti-trotzkista]” (p. 46). Dal punto di vista ecclesiologico, Bush “è metodista”, ma “in termini teologici, potrebbe essere definito un ‘‘pietista’’, in quanto considera la religione più una questione di cuore che di intelletto: ma, comunque si voglia definire la sua fede, questa comporta un rapporto diretto tra credente e Dio, non prevede preti o altre figure di intermediari” (p. 164). I suoi maestri spirituali sono “i padri fondatori del conservatorismo compassionevole (…), a fianco dell’eredità dei padri fondatori…, ci sono i filosofi delle libertà personali, John Locke per la politica e Adam Smith per l’economia” (p. 171).
In breve, Bush si rifà al protestantesimo sentimentale e antiromano, al liberalismo deista inglese di Locke, al liberismo “a/sociale” di Smith, e il suo anticomunismo (o meglio della “sua” amministrazione) è, in realtà, pilotato dai trotzkisti, in funzione antisovietica, per esportare la rivoluzione o il caos permanente nel mondo intero (piuttosto che instaurare la dittatura del proletariato in una ‘‘nazione/guida’’), proprio come stava avvenendo in Medio Oriente. Come si vede le sue origini teologiche, economiche, politiche e filosofiche sono incompatibili con la sana filosofia realista dell’essere, con la dottrina sociale della Chiesa, con il dogma cattolico. Egli anche ove sembra ‘‘materialmente’’ buono (anticomunismo) è ‘‘formalmente’’ perverso (filo/trotzkismo). Dunque non mi sembra lecito presentarlo come l’antemurale della civiltà cristiana o europea, né dal punto di vista teologico (di ordine soprannaturale), né da quello filosofico/economico/politico (di ordine naturale).
TERZA PARTE
Pio XII “anti/americanista”
Cattolicesimo tra liberismo e socialismo
Pio XII al contrario di Burke, Kirk e neoconservatori attuali, aveva capito molto bene quest’opposizione irreconciliabile tra spirito (non è una questione di razza ma, d’idee) liberal/americanista e cattolicesimo; tra comunismo (trotzkista o stalinista, sostanzialmente eguali, accidentalmente diversi) e cristianesimo.
Scomunica il comunismo
Infatti, dopo aver scomunicato il comunismo ateo e materialista nel 1949 ed essersi schierato apertamente contro il pericolo di una giunta social/comunista a Roma nel 1952; aveva allontanato da sé Alcide De Gasperi, per non aver voluto allearsi (come gli aveva chiesto) con le destre contro la sinistra, e poi anche monsignor Montini, troppo vicino alla mentalità laicista e democristiana di De Gasperi.
Pacelli condanna il liberismo
Inoltre, papa Pacelli condanna l’altro errore opposto al collettivismo totalitarista del comunismo; ossia, l’individualismo liberale/libertario e consumista dell’occidente americanizzato, definito da Pacelli ‘‘puro automatismo’’ e solo esteriormente o apparentemente ‘‘mondo/libero’’, mentre realmente e interiormente rende l’uomo ‘‘schiavo’’ della moda, del benessere, del peccato e dell’amoralità relativista.
Pio XII non ha simpatizzato col Patto Atlantico (nel 1950, in occasione della guerra contro la Corea), attirandosi le ire di Roosevelt.
L’ultima crociata indetta nel 1950
All’inizio degli anni Cinquanta, Pacelli lancia la Chiesa alla conquista attiva della società civile (eleggendo a modello s. Gregorio VII, Innocenzo III e beatificando Innocenzo XI che aveva contribuito a fermare nel Seicento i turchi a Vienna, salvando così l’Europa intera e canonizzando poi Pio X il Papa antimodernista), ammaestrando positivamente il mondo; è l’epoca dei grandi raduni di massa, con le ‘‘consegne ai militanti’’, nei quali milioni di persone vanno “a Roma a vedere Pietro”, organizzati dal professor Luigi Gedda e da padre Lombardi.
Pacelli invita i fedeli a risvegliarsi dalla letargia spirituale che li ha avviluppati e a dedicarsi, anima e corpo, all’apostolato militante. Nel 1950 proclama il dogma dell’Assunzione di Maria in cielo, vedendo e proponendo la Madonna come ultimo rifugio, prima dell’inevitabile castigo, se l’umanità non si scuoterà dal letargo. Nel 1951 proclama la ‘‘crociata della purezza’’ (in un mondo che scivolava verso l’amoralità e l’impudicizia) e canonizza Maria Goretti come martire della castità, proponendola come modello al mondo e specialmente alla gioventù. Nel 1954 indice l’anno mariano, anno di preghiera e penitenza (che non ha nulla a che vedere con le odierne “giornate della gioventù”, molto più simili – purtroppo, ma è la realtà e «contro il fatto non vale l’argomento» – ai baccanali pagani, ricolmi di musiche sfrenate afro/americane, orge e droghe). Ogni mese Pio XII riceve e invita a raccolta tutti i ceti sociali: le famose categorie di ‘‘arti e mestieri’’ che erano ancora il nerbo dell’Italia (non ancora americanizzata) del risparmio, dell’austerità, della morigeratezza, della frugalità e della fede, nel dopoguerra; spronandoli a impregnare se stessi, la propria famiglia, la loro categoria e, quindi, la società di spirito cristiano per realizzare il regno sociale di Gesù Cristo. Pio XII cura il rapporto serio e non istrionico con le masse, è il Papa degli immensi raduni e non degli show o peggio ancora delle mascherate, sceglie con accortezza e serietà i mezzi di comunicazione di massa per far giungere a tutti il Vangelo, non edulcorato, annacquato o travestito e deformato in vago filantropismo carnevalesco.
1955: il mondo diserta la crociata cattolica anti liberal/comunista
Purtroppo Pio XII si accorge nel 1954-55 che il mondo (passato lo smarrimento e la riflessione dei primi anni del dopoguerra) non vuole ascoltare più la voce della Chiesa, oramai è scivolato nel consumismo, conformismo e relativismo occidentale (l’altro errore del dopoguerra specularmente ma non egualmente, o nello stesso grado di malizia, opposto all’orrore del comunismo “intrinsecamente perverso”; così come prima della guerra, era stato condannato il neopaganesimo tedesco, che non aveva abolito la religione imponendo l’ateismo di Stato, la famiglia e la proprietà privata, come invece aveva fatto il bolscevismo comunista). La città del benessere dell’uomo occidentale e americanizzato, è oramai più seducente di quella di Dio, che Pacelli si era sforzato di edificare positivamente e attivamente (dal 1945 al 1954) sul mondo devastato materialmente e spiritualmente dal secondo conflitto mondiale.
Testimonianza, preghiera, silenzio interiore e penitenza
Purtroppo, il consumismo e l’edonismo soppiantano l’austerità e la semplicità del cattolicesimo romano, il mondo non vuol ascoltare né tanto meno mettere in pratica i consigli della ‘‘voce del Pastore’’, allora Pacelli si ritira (dal 1955) sino alla sua morte (1958) nel silenzio, nella preghiera e penitenza, continua sempre ad ammonire affinché il mondo eviti il pericolo imminente della catastrofe, ma ha capito che oramai esso “non vuole che Cristo regni su di lui”; si vede Pio XII in fotografia con gli agnellini, i passerotti che volano e si posano sulla sua mano, come s. Francesco che parlava agli animali quando gli uomini non volevano ascoltarlo, limitandosi e cercando sempre di dare la testimonianza di una vita retta; si accontentava di camminare per le strade delle città, in silente preghiera, col suo saio che predicava implicitamente povertà, castità e umiltà. Il Papa è ‘‘spaesato’’ in questo mondo del benessere e del consumismo e capisce perfettamente che esso corre verso la perdizione (massa damnata quae ruit in perditionem). Gli appare il Sacro Cuore (1954), vede il miracolo del sole (1950) che si era avverato a Fatima nel 1917 e chiede a Gesù: Jube me venire ad Te! L’ultima sua Enciclica, sarà una cupa ma realistica visione o meglio profezia (di sventura) apocalittica sulla Chiesa nel mondo, viandante e pellegrina nella notte spirituale tra le ombre della morte delle anime. L’umanità relativista e edonista non ha oramai più le forze per sollevare la pietra tombale che ha fabbricato con le sue mani e si è posta sul capo.
d. Curzio Nitoglia
Fine