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«Ma il Figlio dell’uomo troverà la fede sulla terra?»

La tentazione dello sconforto, perfino della disperazione, è grande. È impossibile che un cattolico, che sia sensibile e pensoso della sua fede, non solo come esperienza personale, ma come fatto collettivo, non si senta estremamente preoccupato, diciamo pure angustiato e angosciato, per quello che sta succedendo in questi anni: per la deriva della Chiesa, apparentemente inarrestabile, verso l’eresia e l’apostasia generalizzate. E, del resto, come può essere la fede, per il cattolico, esclusivamente un’esperienza personale? La fede è fatta di preghiera, di vita interiore, di confidenza in Dio, ma si alimenta dei doni soprannaturali della Grazia: e tali doni, ordinariamente, è la Chiesa a dispensarli, per mezzo dei Sacramenti, officiati dai suoi ministri. Chi non crede questo, non è cattolico, ma protestante: siamo tutti sacerdoti, dunque non c’è bisogno di sacerdoti; possiamo interpretare liberamente la Scrittura, dunque non serva un’autorità che la interpreti in modo certo e univoco. Ma se siamo cattolici, abbiamo bisogno dei sacerdoti: di sacerdoti veri, come minimo; e, se possibile, di sacerdoti santi. Abbiamo bisogno di sacerdoti per ricevere i sacramenti, e anche per ascoltare la liturgia della parola. C’è una certa sopravvalutazione, da un po’ di anni a questa parte, e sempre per influsso del luteranismo, della liturgia della parola rispetto alla liturgia eucaristica. Sono entrambe importanti: tuttavia, è indubbio che la Messa è la Messa perché vi si celebra la santa Eucarestia, e non perché il sacerdote legge un brano del Vangelo, né perché il sacerdote, partendo da quel brano, tiene la sua omelia ai fedeli. No: il fatto essenziale della Messa è il Sacrificio eucaristico; ed esso è anche il fatto centrale nella vita del cristiano: niente Eucarestia, niente vita interiore cristiana. La vita cristiana si alimenta del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo, così come la vita corporea si alimenta dell’acqua e del cibo. Senza l’Eucarestia, l’anima si rattrappisce, il contatto con Dio si affievolisce, si sfilaccia, si spezza. Noi cattolici abbiamo bisogno dell’Eucarestia per tenerci sempre uniti a Cristo: Fate questo in memoria di me; e abbiamo bisogno di veri sacerdoti, per poter ricevere le sacre Specie. Ma che fare se i veri sacerdoti sono sempre di meno, e i falsi sacerdoti sempre di più? E che succede se non solo i sacerdoti, ma i pastori, i vescovi, cardinali, e perfino il capo dei pastori, il papa — non diciamo il sommo Pastore, che è sempre e solo Gesù Cristo — vengono meno ai loro doveri, e incominciano ad ammannirci una dottrina che non è più la vera dottrina, una pastorale che non è più la vera pastorale, una liturgia che non è più la vera liturgia? Che succede se, dopo averci confusi e traviati con false dottrine, ci assolvono, nel sacramento della Penitenza, mentre siamo tuttora in peccato mortale, e ci danno la santa Comunione, quando siamo indegni di riceverla? Situazione terribile, inaudita: l’anima si smarrisce davanti a un tale pensiero; eppure è necessario riflettere a questa eventualità, perché basta guardarsi intorno per vedere e per capire che, in una situazione del genere, possiamo venirci a trovare da un momento all’altro. Alcuni di noi vi si sono già trovati.

Ormai ne abbiamo sentite, e continuiamo a sentirne, ogni giorno, di tutti i colori, e proprio da parte di chi detiene il più alto magistero: che Dio non è cattolico; che Gesù Cristo si è fatto diavolo e serpente; che l’apostolato è una sciocchezza e addirittura un peccato; che la dottrina è cosa cattiva se crea divisioni; che il diavolo non esiste; che i divorziati risposati possono, a certe condizioni, accostarsi tranquillamente all’Eucarestia, pur non avendo mutato in nulla la loro condizione; e che una donna che ha abortito può essere assolta con una certa facilità, senza bisogno del vescovo, ma così, su due piedi, da un prete qualsiasi, come se fosse entrata in confessionale per accusarsi di aver rubato la spazzola della sua vicina. Dunque, non solo la predicazione della dottrina è inquinata da forme gravissime di errore e di confusione teologica; ma il fedele si trova esposto al pericolo concreto di una celebrazione sacrilega della Messa e dei sacramenti, il che pone degli interrogativi inquietanti sulla loro legittimità. Il Magistero ha sempre insegnato che la personale indegnità del ministro non inficia la validità del Sacramenti; e questo è giusto. Ma oggi la situazione è del tutto nuova: il sacerdote potrebbe essere indegno non dal punto di vista morale, anzi, da quello potrebbe essere anche irreprensibile, ma da quello della sua ortodossia. Potrebbe essere un modernista, un massone, un sincretista un panteista, un ateo travestito da sacerdote cattolico. Potrebbe essere un relativista e un indifferentista, per il quale Gesù Cristo, Krishna e Buddha pari sono, e la via della salvezza passa in egual misura per ciascuna religione. In questo caso, i Sacramenti amministrati da costui, sono ancora validi? Se l’intenzione con cui tali "ministri" celebrano la santa Messa e amministrano i Sacramenti, è una intenzione esplicitamente eretica e non cattolica, o magari anticattolica — perché la massoneria, ad esempio, ha quale scopo dichiarato, da secoli, la distruzione del cattolicesimo e della Chiesa — in quale posizione viene a trovarsi, oggettivamente, il fedele che ad essi si rivolge, che cerca in essi la guida, che prende per buone e per vere le loro indicazioni? Se un escursionista segue la guida alpina sui sentieri della montagna, fidandosi di lei, e invece questa lo sta conducendo lontano dalla meta che gli aveva permesso, lo sta ingannando, lo sta portando chissà dove, secondo i suoi piani segreti, oggettivamente quell’escursionista è lontano dalla meta che voleva raggiungere. Non è colpa sua, ma è così: non si può dire che sia giunto dove voleva, anzi, se ne è allontanato completamente. Questa è una situazione drammatica, cui solo Dio, nella sua infinita sapienza e misericordia, può porre rimedio: ma, umanamente parlando, quell’uomo è stato traviato, non è più nella verità, è nell’errore e nel pericolo. Gravissima è la colpa della falsa guida, che lo ha in tal modo manipolato; quanto a lui, la bona fides, per quanto grande, non basta a far sì che egli sia al sicuro, tutt’altro. Del resto, forse qualche segnale c’era stato; forse ha avuto il tempo e il modo di comprendere che a guida lo stava ingannando. Perché l’ha seguita ugualmente? Perché non gli ha chiesto, con fermezza, dove lo stava conducendo? Perché non ha preteso di farsi indicare con chiarezza la meta, nonché la giustezza della via che stavano seguendo? È stata solo timidezza, la sua, o un eccesso di fiducia, un’ingenuità, o è stata colpevole neghittosità, inerzia morale, pusillanimità e incapacità di assumersi delle responsabilità, compresa la responsabilità di se stesso? Se ci si accorge che colui che ha promesso di condurci, si sta allontanando dalla meta, non abbiamo forse non solo il diritto, ma il dovere di fermarci e di esigere chiarezza, di pretendere che egli dichiari apertamente le sue intenzioni?

La situazione è resa più grave dal fatto di essere pressoché inedita. Forse si è verificata in un lontano passato (al tempo dell’eresia ariana); mai, però, a quel che sappiamo, l’apostasia stata così generalizzata e così abilmente dissimulata. Gli ariani dichiaravano il loro arianesimo, combattevano apertamene la dottrina cattolica sulla natura di Gesù Cristo; il clero modernista e relativista non ha questa franchezza, e tenta di stravolgere la dottrina e di cambiare la Chiesa, senza dichiarare le sue vere intenzioni. Sostiene, anzi, di stare semplicemente aggiornando le "forme" della vita religiosa, senza intaccare per niente la sostanza; tutt’al più, dichiara che sta "approfondendo" la fede, che sta capendo meglio la Rivelazione. Meglio di chi, meglio di che cosa? Meglio di quanto la Chiesa, col suo Magistero infallibile, l’avesse compresa fino ad oggi? Ecco, questa sarebbe un’affermazione eretica; e i modernisti sono così abili e sfuggenti che la fanno e non la fanno, la fanno e poi la negano, lanciano il sasso e poi nascondono la mano; oppure tacciono, mentre altri la fanno: e non intervengono per correggerli. Chi tace acconsente. Perché il papa non è intervenuto, quando Sosa Abscal ha affermato che il diavolo è solo un’immagine simbolica? E quando il medesimo personaggio ha dichiarato che noi non sappiamo cosa disse realmente Gesù? Avrebbe dovuto: da pastore della Chiesa, da custode del Depositum fidei, avrebbe dovuto. Era, ed è, il suo compito. Ma non l’ha fatto. Ma perché meravigliarsi, dato che, nella Amoris leatitia, che è una enciclica sua, non una intervista del generale dei gesuiti, ha affermato che, forse, quel che Dio ci domanda è si essere in peccato: cioè di vivere un’altra relazione stabile, dopo aver rotto il matrimonio? Lo ha detto: si rilegga quanto scrive al § 303: [una coppia di adulteri] può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo. Questo è far dire a Dio che Egli approva i nostri peccati: ciò è abominevole. Del resto, vale sempre il richiamo al solo modello valido per il cristiano: Gesù Cristo. Qualcuno se lo immagina Gesù che, interrogato da un divorziato risposato, gli dice, per tranquillizzarlo: non è proprio quello che dovresti fare, ma , in questo momento, è il massimo che puoi fare, e lo stai facendo con generosità, te ne rendo atto; forse resterai stupito, interrogando la tua coscienza, nello scoprire che il Padre, tenendo conto dei limiti oggettivi e la complessità della situazione in cui ti trovi, ti chiede di fare proprio ciò che stai facendo. Sì, decisamente: qui siamo in presenza d’una blasfemia.

Situazione non solo drammatica, dunque, ma anche inedita: non si sa come fare, perché non era mai capitato che il Magistero, infallibile per definizione, deviasse così vistosamente dalla sana dottrina; né che un grandissimo numero di pastori deviasse e facesse deviare la massa dei fedeli. Fino ad oggi, anche se, talvolta, moralmente indegni, i membri del clero non erano mai stati fonte di scandalo dottrinale; non avevano mai tentato di stravolgere apertamente il Vangelo. Per esempio, non era mai capitato che facessero l’apologia del peccato impuro contro natura; né che un vescovo cattolico, come è successo in Spagna, ordinasse sacerdoti due omosessuali dichiarati. Profanazione del sacramento dell’Ordine, immenso scandalo e, quindi, pericolo per le anime, sul piano della morale. D’altra parte, non si può chiedere alla gran massa dei fedeli di essere talmente ferrati nelle sacre Scritture, talmente buoni conoscitori della Tradizione, da saper riconoscere se una omelia è eretica o no, oppure se un atto liturgico è conforme o difforme dalla vera prassi della Chiesa cattolica. Certo, quando i devoti del dio indù Ganesha, quello con la testa di elefante, sono entrati nella chiesa cattolica di Ceta, cantano inni in suo onore, i fedeli cattolici lì presenti saranno rimasti sbalorditi, si saranno chiesti cosa stava succedendo; però, pensando che tutto ciò avveniva con il consenso del loro parroco, avranno finito per convincersi che non c’è niente di male se una divinità pagana entra in pompa magna in una chiesa; siamo in tempi di ecumenismo e dialogo interreligioso, dopotutto: i cattolici se lo sentono dire e ripetere da cinquant’anni, da quando è stata pubblicata la Nostra aetate (1965). I fedeli tendono a fidarsi dei loro pastori; perché non dovrebbero? Finora, avevano ragione a fidarsi: i preti sono lì per questo, per custodire la vera dottrina e amministrare i Sacramenti in maniera conforme all’insegnamento di Gesù.

Sfogliando un libro di catechismo di quelli seri (basta guardare la data: lo sono sicuramente quelli anteriori al 1965), Gesù amico di Fosco Vandelli (Libreria Editrice Fiorentina, 1958, vol. II, p. 188), troviamo un capitolo intitolato La guida sicura, cioè la Chiesa, e leggiamo:

Parlando della Legge cristiana nei riguardi di quella Mosaica, abbiamo detto che è stata perfezionata da Gesù, il quale ci ha insegnato ad osservarla con maggior perfezione e cioè con profonda convinzione e con sincero amore, non solo nelle manifestazioni esteriori, bensì anche nell’intimo dell’anima nostra, con i pensieri e con i desideri.

Però anche un altro perfezionamento Gesù ha apportato alla Legge, non in se stessa (ché non ce n’era bisogno), ma assegnandole una SICURA INTERPRETE, che ce la spieghi e l’applichi con INFALLIBILE AUTORITÀ.

Questa autorità Gesù l’ha conferita alla Chiesa docente, composta […] dal Papa e dai Vescovi, uniti con lui, cioè che da lui dipendono ed in comunione con lui agiscono ed insegnano.

Questo potere la Chiesa l’ha esercitati fin dai tempi apostolici, emanando varie prescrizioni; le quali furono poi raccolte nel Codice di Diritto Canonico.

Queste parole piene di fiducia, purtroppo, oggi non sono più possibili. Il cristiano è chiamato ad un compito arduo, ma necessario: rimanere fedele al Deposito della fede anche senza la Chiesa docente, e, se necessario, perfino contro di essa; perché non è più la vera Chiesa, ma un’altra cosa. Il nemico è penetrato dentro la fortezza e ne ha avvelenato le sorgenti: la dottrina cattolica, pertanto, è ormai, in larga misura, inquinata da idee e atteggiamenti eretici. È un fatto che Gesù ha promesso a Pietro che le porte degli inferi non prevarranno sulla sua Chiesa: ma qual è la vera Chiesa? Gesù ha detto che, dove ci sono due o tre riuniti nel suo nome, lì c’è anche lui. E allora quella è la vera Chiesa; non necessariamente la Chiesa istituzione, traviata da cattivi pastori. Si deve tenere a mente la domanda di Gesù: Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà ancora la fede sulla terra?…

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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