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Quel di più che viene dal Diavolo

Una delle cose che più colpiscono, o che più dovrebbero colpire, da un punto di vista psicologico, sociologico, culturale e anche filosofico e morale, è quel di più che si nota, da alcuni decenni a questa parte, ma soprattutto negli ultimissimi anni, nelle persone dedite a comportamenti e stili di vita che un tempo non certo lontano erano biasimati e respinti dalla società nel suo insieme, e perfino dai gruppi e dagli intellettuali di orientamento apertamente progressista. Sappiamo cosa accadde quando il giovane professore di lettere Pier Paolo Pasolini, il 29 agosto 1949, pagò tre ragazzi minorenni per consumare dei rapporti di masturbazione: venne sospeso dall’insegnamento e cacciato dal PCI di Udine per indegnità morale e politica. Cinquant’anni prima, sarebbe stata la fine anticipata di una promettente carriera letteraria, e di quel personaggio non si sarebbe parlato più; cinquant’anni dopo, era diventata una cosa relativamente normale; oggi non farebbe neanche più notizia, dato che ormai due uomini possono perfino "sposarsi" in municipio e, secondo certi preti, avrebbero diritto di farlo anche in chiesa, tant’è che presso alcune diocesi si organizzano corsi di "fidanzamento" per omosessuali, e presso certe altre vengono mandato via i parroci che avanzano delle riserve in proposito. A maggior ragione, non importa più a nessuno se due uomini (o due donne) fanno l’amore, più o meno in pubblico; la circostanza che si tratta di un professore non è certo più grave che se quel professore, magari bravissimo, si lascia scappare una frase imprudente sull’omosessualità: dove "imprudente" significa non che egli l’approvi, ma la critichi. Infine il dettaglio di avere rapporti sessuali a pagamento con dei minorenni può essere a sua volta riportato entro limiti modesti, purché non vi sia stata esplicita violenza, perché ormai la società è incline a giudicare normale, a scusare e giustificare qualsiasi aberrazione in questo campo, sotto lo slogan che il sesso è una forma di legittima espressione del propria personalità (fino a qualche anno fa si diceva una forma di liberazione, ma ora la liberazione è un dato acquisito e quindi ha perso la sua specifica connotazione di rottura con l’ordine esistente); che oggi i ragazzini e le ragazzine sono assai più maturi e consapevoli di quelli di un tempo; e che se il rapporto consumato è consensuale, non deve essere considerato un crimine, ma tutt’al più una leggerezza, peraltro scusabile, perché dove c’è il desiderio c’è amore, e l’amore giustifica tutto. A fare scandalo, quindi, oggi non è la pederastia, ossia l’atto di sodomia nei confronti di un bambino, atto che è stato celebrato con alate parole da uno dei padri nostrani dell’ideologia gender, Mario Mieli (suicida a trent’anni di età), ma semmai l’abuso di un minore, in base al ragionamento che la sodomia non è affatto un vizio e tanto meno un’aggravante, e che il solo male è l’abuso in sé, non la pederastia. Infatti, diversamente si ricadrebbe nell’orribile deviazione dell’omofobia, dalla quale con tanta fatica la società è uscita grazie all’opera indefessa dei progressisti, e che è culminata nella legge Cirinnà sulle unioni di fatto, senza distinzione fra eterosessuali e omosessuali.

Oggi, dunque, ciò che fino a una manciata di anni fa era considerato vizio dalla morale laica, e peccato per la morale cattolica, non è più percepito come tale; in molti casi, anzi, dall’adulterio all’aborto e alla pratica omosessuale, è stato depenalizzato, ufficializzato e legalizzato, e sono state varate leggi che consentono di trattare alla stregua di delinquenti quanti non si adeguano e continuano a esprimere apertamente dei giudizi negativi su quelle pratiche. E fin qui, potremmo anche pensare a una naturale evoluzione della morale, anche se sappiamo bene che la società moderna è il laboratorio in cui una élite occulta fa tutti gli esperimenti che vuole, grazie al controllo pressoché totale dell’immaginario collettivo, tramite il cinema, la televisione, la stampa, le case discografiche e le grandi case di moda che orientano l’abbigliamento, quasi tutti da lei acquisiti e fatti lavorare secondo le sue direttive. Potremmo anche pensare, dicevamo, e sia pur con una buona dose d’ingenuità, che se nel 1949 la carriera d’insegnante e di militante politico di un uomo come Pasolini finiva, e lo scandalo era così grande da costringerlo a scappare per sempre da Casarsa del Friuli a Roma, mentre oggi non ci sarebbe nessuno scandalo, e probabilmente nessuna condanna, ma solo materia per il gossip dei settimanali di pettegolezzo (tanto è vero che un professore può presentarsi in classe travestito da donna, coi tacchi alti, la minigonna e le calze a rete, e il suo dirigente scolastico lo difende asserendo che il suo comportamento è in linea con le finalità educative della scuola finalizzate all’inclusione), tutto ciò è il frutto di una naturale evoluzione del costume, della mentalità e quindi anche della legislazione.

Tuttavia, c’è ancora qualcosa che non torna in un simile ragionamento, e cioè un di più di protervia, di arroganza di esibizionismo osceno che le persone viziose, o meglio ex viziose, perché la società odierna ha pressoché abolito il concetto di vizio, ostentano in maniera incessante, capillare, ossessiva, costringendo tutti gli altri a sorbirsene massicce dosi giornaliere, specie attraverso i mass-media, e obbligandoli, tramite un ricatto psicologico, ma anche giuridico, a dichiarare ad alta voce che va bene così, che è tutto lecito e giusto, e che una società veramente civile non potrebbe comportarsi altrimenti. Così, non basta la legalizzazione della sodomia, ci vuole anche la sua glorificazione e la sua spettacolarizzazione mediante le sfilate dei Gay Pride, sempre più orride e sempre più invasive. E non bastano le sfilate dei Gay Pride, che attraversano le città per tirare uno schiaffo sul viso alle persone, e sono ancora la maggioranza, che non approvano, anzi che sono ferite nei loro sentimenti, specie se genitori a spasso coi loro bambini: bisogna anche inventarsi il Baby Pride, per meglio far penetrare l’ideologia omosessuale, perché da tempo si tratta di una vera ideologia, nella testa dei più piccoli. E non basta neppure il Bay Pride, ci vuole l’educazione sessuale a scuola e alla televisione, ad opera di personaggi come Luxuria, che a quanto pare sono i più esperti e titolati per insegnare ai bambini che cos’è la sessualità e come si esplica. E non basta nemmeno questo, ci vuole il matrimonio omosessuale, con il riso e gli invitati, con le lacrime d’obbligo e il pranzo al ristorante, e con tanti fotografi e tanta allegria, perché cosa c’è di più belo che coronare davanti al sindaco il proprio sogno d’amore? E non basta il matrimonio civile, ci vuole anche quello religioso, con la benedizione del sacerdote e il paterno consenso di Dio: ed ecco i preti progressisti andare in chiesa vestiti coi colori dell’arcobaleno, esporre giganteschi fiocchi e striscioni arcobaleno sulla facciata del tempio, usare l’omelia della santa Messa per proclamare ai fedeli questa nuovissima, santa verità: che l’amore è una cosa meravigliosa e che l’importante è amarsi, se poi si tratta di un uomo e una donna che vogliono aver dei bambini, oppure di due uomini o due donne, questo è un dettaglio del tutto secondario, cosa volete che sia. E non basta neppure questo, che pur è già notevole, perché, come tutti possono vedere, ormai non si sposa quasi più nessuno, ormai i giovani vanno semplicemente a convivere, con l’approvazione e il sostegno finanziario dei loro genitori, ma loro no, gli omosessuali vogliono sposarsi, nella maniera più ufficiale e più solenne possibile, le donne col vestito bianco e lo strascico, gli uomini con lo smoking, tutto secondo l’etichetta. E pazienza se per tutta la vita sono stati dei ribelli antiborghesi e iconoclasti, hanno sempre deriso quelli che si sposano con lo smoking e l’abito bianco, ora che possono sposarsi loro, lo vogliono fare assolutamente e lo vogliono fare in pompa magna, secondo tutti i dettami della tradizione e dell’etichetta, così da avere una photo gallery che tenga ben viva, negli anni a venire, la memoria del giorno più bello della loro vita. No, neppure questo è ancora sufficiente: bisogna far sì che tutti, ma proprio tutti, possano godere di tanta gioia, di tanta bellezza, e che tutti l’approvino e la considerino cosa buona e giusta. Ed ecco i programmi televisivi nelle fasce di massimo ascolto, celebrare l’assoluta normalità di un vigile urbano omosessuale, che va per i locali in cerca di affetto, si dichiara al primo uomo che incontra e si sente rispondere, con una nota di vivo rammarico, che volentieri quell’offerta sarebbe stata accolta qualche settimana prima, ma ora non è più possibile, perché ormai si è "fidanzato". Ed ecco le università statali concedere il loro patrocinio alle manifestazioni dei Gay Pride, considerandoli ufficialmente come eventi culturali di tutto rispetto e perciò meritevoli di sostegno economico e intellettuale. Ed ecco, ancora, il prete che non solo fa da testimone di nozze a un capo scout che si "sposa" un municipio con la sua dolce metà del medesimo sesso, ma che biasima il suo superiore, il parroco, per aver biasimato che quella persona non sia coerente con la morale cattolica e non lasci le sue funzioni parrocchiali, tanto che alla fine il buon vescovo, novello Ponzio Pilato, dirime la spinosa questione e prendendo un provvedimento d’autorità e cioè facendo trasferire altrove… il parroco che ha osato difendere la morale cattolica, rifiutandosi di avallare quel comportamento. In altre parole: cosa può esserci di più bello e giusto, per un omosessuale dichiarato e militante, che svolgere funzioni educative all’interno di una parrocchia, accompagnando i minorenni nei campeggi estivi in montagna? Ecco: questi sono esempi di quel di più che abbiamo cercato di delineare. Ci siamo soffermati sul caso della sodomia (e sappiamo benissimo che già il fatto di usare questo termine è indice di un atteggiamento intollerabilmente omofobo e retrogrado), ma avremmo potuto scegliere altri casi e situazioni tipiche. Il concetto crediamo sia chiaro: oggi chi pratica una morale rovesciata rispetto a quella di pochi anni fa, anzi a quella che è sempre stata la morale della nostra cultura, sia civile che religiosa, non si accontenta di aver raggiunto l’obiettivo dello sdoganamento, della legittimazione e della normalizzazione; vuole qualcosa di più ancora, sempre qualcosa di più, in una spirale che sembra non avere mai fine: vuole essere costantemente all’attacco, vuole provocare e offendere i sentimenti altrui, e vuole poterlo fare con impunità assoluta garantita per legge, ottenendo che a subire eventuali condanne siano quanti non sono d’accordo. Si comporta come un bambino viziato e prepotente, il quale, ottenuta la protezione fisica di un adulto compiacente, grande e grosso, sfida in continuazione gli altri bambini, li provoca, li deride, li dileggia, insulta le cose a loro più care, sapendo che essi non potranno reagire in alcun modo, perché, se lo facessero, dovrebbero vedersela con quell’adulto possente e minaccioso, pronto a punirli.

Ora, prima di tentar di spiegare da dove sorga quel di più, ci sembra necessario spendere qualche parola sul come esso sia nato. E in ciò a noi pare che la cultura progressista, attiva da almeno tre secoli e padrona del campo, in regime di monopolio, da settanta anni, abbia svolto il ruolo decisivo. Poeti, scrittori, pensatori, artisti e uomini e donne di spettacolo hanno seminato tenacemente, incessantemente i semi della distruzione della morale e della rivolta contro tutti i valori consolidati (Dio, Patria e Famiglia), in nome di un edonismo sempre più spinto, sempre più individualista e sempre più anarchico. Molti di essi erano afflitti da patologie fisiche o mentali, da anomalie sessuali, da sindromi depressive, da squilibri del comportamento: erano, insomma, degli anormali. Da Sade a Gide, da Kleist a Byron, da Poe a Kerouac, da De Foucault ad Althusser, da Thomas Mann a Fassbinder, da Rimbaud a Pasolini, da Genet a Penna, da Kavafis ad Almodovar, per non parlare dei divi del pop o del rock, di personaggi orribili come Michael Jackson o Marilyn Manson, e chi peggio ne ha, peggio ne metta, coloro i quali hanno forgiato l’immaginario dei giovani sono stati e sono personaggi afflitti da gravi squilibri e patologie, e che invece di cercare la risposta alla propria sofferenza nello sforzo di elevarsi a una più alta comprensione, hanno celebrato sfacciatamente le loro deviazioni e le loro perversioni. È chiaro che, se hanno potuto farlo, è stato perché avevano il sostegno, sempre più forte, dei padroni dell’industria della cultura e dello spettacolo; ma è chiaro anche che se il pubblico li avesse trattati come meritavano, ignorandoli o considerandoli dei malati, essi non sarebbero riusciti a esercitare una così grande influenza, facendo saltare i cerchioni della morale e sovvertendo uno dopo l’altro i valori più sacri. Da sempre l’artista e il pensatore sono uomini in lotta con la propria sofferenza: tuttavia, mentre in una società sana essi vengono apprezzati se hanno saputo trascendere il proprio disagio e conquistare un superiore livello di coscienza, in una società malata essi sono apprezzati proprio perché si scagliano contro la morale e, invece di fare i conti con le loro patologie, le esaltano e le buttano in faccia al mondo intero, vantandosene e aggiungendovi uno sghignazzo che ha qualcosa di satanico. Osserviamo lo sguardo di un cantante come Marylin Manson: che cosa vediamo in esso, se non la diabolica volontà di distruggere la morale e di celebrare il male? E non è forse il fascino del male, ciò che giustifica il successo, la popolarità di simili mostri, specie fra i giovani? Ecco dunque da dove viene quel di più di cui parlavamo; ecco da dove viene la volontà di scandalizzare, di turbare, di insozzare, di profanare che anima i militanti di tante "gloriose" battaglie per la civiltà, il cui scopo è sostituire la vecchia morale con il regno del male, senza peraltro avere il coraggio e la franchezza di dirlo apertamente, se non ammiccando e suggerendo, ma senza fare il passo finale della confessione. C’è davvero bisogno di nominare il regista occulto di questo processo, di questa devastante operazione? È sempre lui, l’antico nemico, che fa il suo mestiere; e lo fa bene. Ma noi, stiamo facendo il nostro?

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Wallace Chuck from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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