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Ce l’hanno con la Tradizione perché odiano la logica

La contro-chiesa bergogliana ha cambiato ragione sociale, ma si guarda bene dal dirlo; mentendo, giura e spergiura di essere più che mai fedele al Vangelo, ma di voler tornare al "vero" Vangelo, al Vangelo "autentico", che il clero, evidentemente, aveva nascosto, falsificato, capovolto per millenovecento anni, fino al Concilio Vaticano II. Fingono, ad esempio, i neopreti, di rispettare e onorare tutti i concili, ma la verità è che il solo concilio che onorano e rispettano è il Vaticano II: Logico: se si onora e rispetta il Vaticano I, ad esempio, non si può, allo stesso modo, onorare e rispettare il Vaticano II; tanto meno se si onora e rispetto il Concilio di Trento. Perciò la loro è una battaglia — non dichiarata, s’intende — contro la Tradizione: vogliono sfrondare la religione cattolica della Madonna, dei Santi, degli Angeli e di tutto ciò che non è, come per Lutero, sola Scriptura; ma anche la Scrittura, la girano e la rigirano come va bene a loro: per farle dire ciò che Gesù non si è mai sognato di dire, anzi, esattamente il contrario. Tutto questo rivela il loro obiettivo di fondo: demolire la logica. Il cattolicesimo non è solo una fede religiosa; è una fede religiosa basata sulla Rivelazione e sostenuta dalla ragione. Come hanno mostrato grandissimi pensatori come sant’Agostino e san Tommaso, il cristianesimo non è contro la ragione, ma, al contrario, la ragione è sua alleata. La ragione, fin dove essa può arrivare, conferma punto per punto le verità della fede cattolica; tutto ciò che dice la Chiesa, o meglio, tutto quel che diceva prima di essere illuminata sulla via di Damasco, cioè del Vaticano II, è perfettamente logico e razionale; non c’è una sola proposizione della fede cattolica che vada contro la ragione o contro la logica. Perfino i dogmi supremi e più misteriosi, quello della Trinità e quello dell’Incarnazione, non sono affatto illogici o irrazionali; semplicemente, vanno oltre la logica e la ragione umana. Ma fin dove li si può comprendere, e cioè molto parzialmente, sono perfettamente degni di quel pensiero che va da Aristotele a San Tommaso d’Aquino, a Romano Guardini.

Bisogna avere ben chiaro questo aspetto, se si vuol capire la gigantesca truffa di cui sono vittime centinaia di milioni di credenti, oggi. Li stanno truffando, sostituendo una fede taroccata alla fede vera, mediante una serie di giochetti linguistici, spacciati per "nuova teologia", mentre sono solo un misero guazzabuglio di trucchi semantici, di calcolate ambiguità, di paroline magiche che dicono e non dicono, che dicono tutto e il contrario di tutto, mentre l’obiettivo finale è sostituire alla logica le emozioni. Ciò che rendeva nobile, bella e severa la teologia cattolica (usiamo purtroppo l’imperfetto, visto che è quasi scomparsa) era il suo rigore logico: figlia del tomismo, nipote dell’aristotelismo, rivelava una capacità di raziocinio squadrata, poderosa, mirabile. I neoteologi dei nostri giorni cinguettano, balbettano, squittiscono, snocciolano slogan da Baci Perugina: inclusione, accoglienza, misericordia, solidarietà: tutti concetto massonici spacciati per cattolici, e tutti specchietti per le allodole aventi lo scopo di distrarre l’attenzione dei gonzi, mentre sfilano loro il portafogli dalla giacca. Il portafogli, fuor di metafora, è la fede: la fede che da millenovecento anni la Chiesa ha insegnato, tramandato, difeso contro tutto e contro tutti. Ebbene, ora ad essa il neoclero ha sostituto una fede posticcia, che dell’antica conserva solo il nome, mentre di essa, in realtà, ha cambiato tutto, dalla prima all’ultima riga. È un’altra cosa, ed è un’altra ragione sociale. Non si tratta più di diffondere il cattolicesimo, ma l’indifferentismo religioso: fa’ quel che vuoi, segui il dio che preferisci. È il motto della cosiddetta abbazia di Thelema, del mago satanista Aleister Crowley. E il signor Bergoglio, che s’inginocchia a baciare i piedi degli uomini, offrendo il deretano alla venerazione dei simil-cattolici, si serve di un gesto di esagerata umiltà per far passare il suo diabolico messaggio: smettetela di adorare Dio, scordatevi di Gesù Cristo come Figlio di Dio; baciatemi le chiappe, se proprio avete voglia di adorare qualcosa o qualcuno. Più passa il tempo, più quella frase di Bergoglio, che pareva solamente infelice, Dio non è cattolico, si sta rivelando l’obiettivo finale del suo pontificato: lasciate perdere il cattolicesimo.

Un giorno, anche per poter vistare una chiesetta settecentesca che sorge in un piccolissimo paese di collina, e che è sempre chiusa, tranne che per la santa Messa del sabato sera, ci siamo andati e così ci è capitato di udire un sacerdote che parlava, nell’omelia, come Enzo Bianchi o come don Paolo Scquizzato: se la prendeva, in particolare, con il culto dei Santi e di Maria, con i pellegrinaggi, con tutte le forme di devozione popolare. Una suora ci ha poi detto che egli è solito sgridare le pie donne che portano i fiori freschi per l’altare della Vergine, accusandole di fare sporcizia e di sprecare energie in cose inutili. Durante l’omelia di quel sacerdote, una parte dei fedeli approvava con entusiasmo, quasi come fosse una tifoseria allo stadio; un signore che conoscevamo di vista, seduto accanto a noi, ci ha rivolto uno sguardo complice, dicendo: Visto che prete in gamba è il nostro? Abbiamo scosso la testa e gli abbiamo dato una fiera delusione, dicendo che la sua predica non ci piaceva affatto. Poi, terminata la Messa e usciti tutti quanti, abbiamo atteso che quel sacerdote venisse fuori dalla sacrestia e lo abbiamo affrontato. Gli abbiamo domandato conto di quel che aveva detto, dei concetti che aveva espresso. È stato molto abile, molto diplomatico; ha assunto immediatamente un’aria di finta umiltà e si è perfino scusato se aveva offeso la nostra sensibilità. Gli abbiamo risposto che non era questione di sensibilità, ma di verità; e che egli, con tali prediche, stava dando scandalo alle anime. Poi ci siamo rivolti al vescovo, il quale ha risposto come Ponzio Pilato, dandoci ragione ma, al tempo stesso, dicendosi impossibilitato a intervenire. Abbiamo infine parlato con altre persone che avevano assistito alla santa Messa da lui abitualmente celebrata, e anche con alcuni suoi parrocchiani, e abbiamo avuto la conferma che costui, da anni, da sempre, parla in quel modo ed esprime quelle idee. Come i protestanti, ce l’ha con la Tradizione: il culto a Maria è in cima alla lista delle cose che vorrebbe estirpare. Inutile dire che molta gente va alla santa Messa con sofferenza, specialmente gli anziani, i quali, se potessero e se ne avessero i mezzi, andrebbero alla Messa in un altro paese, perché, per loro, ogni domenica è come sottoporsi a un martirio. Questa, ripetiamo, è esattamente la strategia che seguivano i luterani e i cripto-luterani, tutti gli aspiranti eretici che, nel 1500, volevano introdurre il protestantesimo di soppiatto; tutti quei preti cattolici che avevano scelto, in cuor loro, di stare dalla parte dell’eresia luterana e non della Chiesa cattolica, ma non osavano farlo apertamente, e adattavano, perciò, una strategia graduale e capillare, abile e prudente al tempo stesso.

A questo proposito riportiamo una mezza paginetta del libro di Adriano Prosperi, Tribunali della coscienza, libro ingiustamente celebre (presso i lettori radical-chic), a tesi precostituita, malevolo verso il cattolicesimo fin dal titolo, per non palare dei titoli dei singoli capitolo (un esempio: La crudele Inquisizione), o degli altri suoi libri: Il seme dell’intolleranza. Ebrei, eretici e selvaggi: Granada, 1492), che snocciola, nelle sue oltre 700 pagine di testo e di note, una quantità di fatti, più o meno tendenziosamente confezionati, per sostenere che la Chiesa è sempre stata brutta e cattiva, oscurantista e repressiva, nemica dell’uomo e della civiltà; ma che, nondimeno, può esser letto con profitto, se si sa con chi si ha a che fare e come maneggiarlo (da: A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino, Einaudi, 1996, p. 120, ove parla della situazione a Bologna verso il 1540, nel clima di preparazione del Concilio tridentino):

Nelle confraternite cittadine, dove continuava a esprimersi la dimensione sociale della vita religiosa, la nuova religiosità cristocentrica entrò in un urto clamoroso con le forme tradizionali di culto della Madonna e dei santi. Proprio nell’oratorio di Santa Maria della Vita, lo speziale bolognese Girolamo Rainaldi (o Rinaldi) il 14 gennaio 1543 omise di proposito nella lettura del mattutino il passo dove s’invocava l’applicazione ai fedeli dei meriti della Madonna, con grande scandalo dei presenti. Arrestato e processato immediatamente, il Rainaldi, dopo qualche tentativo di difesa, dichiarò francamente: "La mia intentione si è che si habbia a recorrer a Christo solo e non ad altri". Non erano problemi che riguardavano solo Bologna. In un’altra città — Siena — in un’atra confraternita dedicata alla Madonna, il giovane orefice Pietro Antonio doveva scandalizzare i presenti durante una preghiera comune per la vigilia d’ognissanti del 1544 sostenendo che Cristo era il solo mediatore e che "i santi non si dovevano invocare".

La tecnica è sempre quella: si attacca il culto dei santi e della Madonna, per escludere la Tradizione; si lascia la sola Scrittura; poi si storicizza anche la Scrittura e ne risulta una scrittura con la minuscola, un libro come tutti gli altri; e infine si riduce Cristo alle dimensioni di un uomo, e sia pur nobile e pio. L’ultimo passo è la divinizzazione dell’uomo; davanti all’uomo, sì, che è cosa buona e giusta inginocchiarsi e baciargli i piedi; ma Dio è solo un simbolo dell’assoluto. Tutto questo non è molto logico; ma appunto la logica è il bersaglio di costoro. Essi vogliono spostare la "fede" sul piano delle emozioni: stanno creando una religione, o meglio una contro-religione, fatta di emozioni, a pelle, una religione di pancia, dove quel che conta sono i brividi di trasporto che i gesti clamorosi e le frasi spettacolari di Bergoglio, di Paglia, di Galantino, di Sosa Abascal, e dei vari Enzo Bianchi e don Scquizzato, provocano nel pubblico (cioè, volevamo dire dei fedeli). Una religione adatta alle masse post-moderne: abbastanza conformiste da bere qualsiasi cosa, purché sia proclamata dall’alto; e abbastanza indifferenti alla logica, alle regole, ai sacrifici e alla disciplina, anche di tipo intellettuale, da applaudire calorosamente chiunque si scagli contro la fede tradizionale, in none — si capisce — di un Vangelo più autentico. In fondo, la madre di tutte le battaglie è proprio questa: ripristinare la logica, il sano buon senso, il principio di non contraddizione. Ciò che essi temono più di ogni altra cosa: perché per questa via si arriva a mostrare che non c’è contraddizione tra la devozione popolare e la teologia dei grandi pensatori; che non c’è alcuna distanza tra la fede semplice e profonda di una anziana donna illetterata, e ciò che la ragione mostra esser vero e attendibile nella conoscenza del reale. E allora, i loro bei castelli di carte pseudo-illuministi si squaglierebbero come nebbia al sole.

Un caro amico e lettore, che da tanti anno ha la bontà di seguirci nel nostro itinerario intellettuale, ci ha recentemente inviato questa lettera-manifesto, che merita di esser meditata da chiunque ami non solo la verità, ma anche la ragione, quale strumento adeguato per avvicinarsi ad essa:

Caro Amico, il tuo errore di fondo è un errore di "dipendenza dalla logica".  Sei un drogato logico-dipendente. Questo è il peccato di origine, il difetto della tua psiche, che a causa di questa fastidiosissima inclinazione malata ti ha portato ad interessarti di filosofia, la quale poi non ha fatto che aggravare il tuo male.

E ti chiudi sempre più nel tuo circolo vizioso e pretendi che la logica abbia un senso, che esista "in re" quello che gli scolastici chiamavano "ars directiva ingenii". Ma va là!  Ti manca del tutto la capacità di arzigogolare, di esprimere qualche bel giro di parole, qualche fumisteria, Non sai usare i termini in senso equivoco, né fare il gioco dei tre bussolotti. Ma che filosofo sei ? Che pretendi? Non ti accorgi che ti avviluppi continuamente in discorsi incomprensibili, che ti rinchiudi sempre più e sempre più ti intestardisci nell’illusione che le parole abbiano un senso, che esistano i "concetti", che il discorso abbia bisogno di una qualche coerenza? . In questo modo ti avviti su te stesso e ti rendi incapace di contemplare il mondo nella sua varietà e nelle sue infinite  sfumature. Sii un po’ immaginifico, riscopri il potere della parola creatrice, ritorna alle pure antiche fonti sofistiche, esercitati in qualche bel paralogismo. Sulle orme di Bacone (Francesco, non Ruggero) getta nel cesso il vecchio "organon" e datti a una nuova logica più creativa e moderna, funzionale al "regnum hominis".

I tuoi discorsi stancano. Impara dai teologi moderni che  sanno costruire vertiginose torri di fumo, variopinti caleidoscopi facendo girare pietruzze colorate, parole nuove, paroline e paroloni da rigirarsi sulla lingua come caramelle, con magari qualche voce greca o ebraica, per girarci un po’ intorno ed emanare profumo di arcana sapienza.

Svézzati dalla malefica abitudine di pensare con logica, Pensa che belle sono le parole in libertà, sii un po’ tu pure futurista. Non incazzarti e non farmi incazzare. Impara dai pretacchioni e dai voltagabbana. Cristo non tira più, la premiata ditta ha cambiato ragione sociale, ma si guarda bene dal dirlo esplicitamente. Vuol mantenere la clientela – la quale non deve accorgersi di mangiar merda al posto di cibo buono.

Non fa una grinza. Filosofi, saggisti, giornalisti: volete far carriera? Leggetela e mandatela a mente.

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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