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«Donna» che chiude la storia

Si ha l’impressione, studiando la vicenda delle apparizioni mariane — e ci riferiamo alle più famose e riconosciute dalla Chiesa: Rue du Bac, Lourdes, La Salette, Fatima, Cracovia (quest’ultima a santa Faustina Kowalska), ma anche a molte altre – non a tutte -, meno note e non riconosciute, o non ancora riconosciute ufficialmente, che la Vergine Maria, a partire dal XIX secolo, stia moltiplicando i sui appelli all’umanità. Si ha l’impressione, cioè, che la Donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e il capo coronato da dodici stelle, abbia qualcosa di urgente da dire, una parola decisiva da rivolgere all’umanità, in relazione a gravi avvenimenti che si stanno preparando, o che, forse, l’umanità sta preparando a se stessa. Qualunque cattolico sa bene che la Rivelazione si è compiuta con il fatto dell’Ascensione di Gesù e con la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, e che non vi è più nulla da aggiungere al Vangelo, perché la Parola di Dio, che in esso si manifesta agli uomini, è completa e definitiva. E infatti, non vi sono cose nuove nei messaggi mariani. Nondimeno, pur trattandosi di cose già note — dal punto di vista teologico — si ha l’impressione che la pedagogia della Madonna sia quella di insistere, insistere, insistere, nel ricordare ai suoi figli le verità del Vangelo che, pur essendo già note, restano tuttavia largamente disattese. E, in questo senso, le apparizioni mariane del XIX e del XX secolo non sono affatto un di più, di cui il credente possa fare tranquillamente a meno, perché, pur non rivestendo il valore di dogmi, esse alludono a qualcosa che non può e non deve rimane inascoltato. Che cosa?

Per capirlo, possiamo ricorrere alla seguente parabola. Un uomo estremamente buono, un giorno, costruisce un grande palazzo e decide di farne dono alla comunità, con la speciale intenzione di offrire una casa dignitosa e confortevole a tutti quelli che ne hanno bisogno; e, prima di partire per un lungo viaggio, convoca una riunione e spiega bene quali siano i comportamenti idonei a conservare l’edificio in buone condizioni e a garantire la sicurezza dei condomini; lascia inoltre precise istruzioni all’amministratore, esortandolo a vigilare affinché nessuno sottovaluti i pericoli che possono derivare da comportamenti sbagliati, imprudenti o incivili. Alla luce della tragedia della Grenfell Tower nel quartiere di North Kensington, a Londra, il grattacielo di 24 piani andato a fuoco nella notte del 14 giugno 2017, con la morte atroce, tra le fiamme, di oltre un centinaio di persone, possiamo comprendere meglio quanto siano importanti i lavori di manutenzione e di adeguamento per mettere in sicurezza un palazzo di così grandi dimensioni, con 120 appartamenti abitati da circa 600 persone (né i getti degli idranti, né le scale dei pompieri hanno potuto raggiungere i piani più alti), ma anche il senso di responsabilità e la capacità di tenere comportamenti appropriati al fine di tutelare la sicurezza collettiva (l’incendio è partito accidentalmente da un appartamento situato nei primi piani e ha divorato quelli dei piani superiori con velocità impressionante). Ebbene: immaginiamo che, dopo la partenza del benefattore, un poco alla volta gli inquilini del grande palazzo comincino a trascurare completamente le sue sagge raccomandazioni e adottino stili di vita sempre più disordinati, promiscui e pericolosi, i quali, oltre a rendere difficile la coabitazione di tante persone (sporcizia, degrado, prostituzione, spaccio di droga, piccola criminalità), mettono anche seriamente a rischio la loro incolumità; e che l’amministratore, anch’egli del tutto dimentico dei suoi doveri, invece di porre rimedio a un tale stato di cose, si disinteressi di quel che vi accade e trascuri anche di proporre i necessari lavori di manutenzione, nonché di segnalare alle autorità competenti i fattori di rischio, che, in assenza di tali opere, pongono quel palazzo in una situazione fuori legge e fuori controllo, ad alto potenziale di incidenti, anche assai gravi. E adesso immaginiamo che la madre di quel benefattore, la quale non si è allontanata dalla città e da lontano, con discrezione, ma anche con estrema sollecitudine, segue l’andamento delle cose, decida di intervenire, in forma privata, rivolgendosi ad alcuni degli inquilini e incaricandoli di rammentare a tutti gli altri le raccomandazioni fatte a suo tempo dal figlio, e la gravità delle possibili conseguenze qualora esse continuino a restare disattese. Immaginiamo anche che le persone da lei coinvolte, sovente dei bambini o dei ragazzi, facciano il loro dovere e riferiscano ai propri familiari e agli altri conoscenti ciò che la signora ha detto loro, ma che non vengano creduti, o non vengano ascoltati, o che, addirittura, vengano derisi. Immaginiamoci che perfino l’amministratore del condominio, quello al quale compete la maggiore responsabilità, e che aveva ricevuto il preciso mandato dal benefattore, si rifiuti di prendere sul serio quelle raccomandazioni, e che, a un certo punto, diffidi i ragazzi dal parlare ancora, accusandoli apertamente di essere solo degli esaltati e dei fomentatori di disordini. Intanto, i soliti sapientoni si mettono a dire: E perché, poi, la signora avrebbe dovuto rivolgersi a dei marmocchi? Non poteva farlo con delle persone adulte?; per concludere che non c’è nulla di vero, ma che si tratta soltanto di chiacchiere e fantasie. Frattanto, tutti gli inquilini del palazzo, o, almeno, una gran parte di essi, continuano a condurre una vita sempre più disordinata, lasciandosi andare ciascuno all’egoismo più sfrenato: le scale sono sozze, gli ascensori guasti rimangono fuori servizio per giorni e giorni, le bollette non pagate causano il taglio della luce elettrica e, poi, anche del riscaldamento; e a tutto ciò si aggiunge la litigiosità, la prepotenza, e i non rari casi di violenza vera e propria, che spingono quasi tutti a barricarsi in casa, sempre più amareggiati e diffidenti, senza, tuttavia, rinsavire e incominciare a dare, in qualche modo, dei segnali di ravvedimento e di ritorno al vivere civile.

A questo punto, ci sia permesso porre una domanda: che cosa dovrebbe fare, la buona signora, oltre a quello che ha già fatto? Certo, potrebbe disinteressarsi della cosa, e lasciare che accada quel che deve accadere. Ma ella è una persona altruista, generosissima, degna madre di quel nobile figlio: non ce la fa a restare a guardare la rovina del palazzo e ad assistere all’ormai imminente catastrofe che incombe su quei disgraziati. Ella sa che alcuni, anche se pochi, sono innocenti, e non si sono macchiati di alcuna colpa; e sa anche che molti dei violenti, dei disonesti, dei fannulloni e dei poco di buono, sono piuttosto dei disgraziati, che dei malvagi; sa anche, infine, che, dietro tanto abbandono, tanto disordine, tanta miseria morale e materiale, vi sono i piani tenebrosi di un potente avversario, che si tiene celato nell’ombra e che sfrutta ogni debolezza, ogni meschinità, ogni brama scomposta di quelle persone: un personaggio che, per odio contro suo figlio, ha giurato di far andare ogni cosa in malora, in modo che quegli uomini, già destinati a vivere una vita serena e in piena sicurezza, rotolino inesorabilmente, e per propria colpa, verso un destino di sofferenza, squallore e disperazione. E allora ecco che la buona signora, senza lasciarsi scoraggiare dalla nera ingratitudine di quelle persone, ricordando quanto suo figlio le ha amate e ha desiderato, per esse, una vita migliore, non solo non si arrende, ma effettua delle visite sempre più frequenti, sempre più pressanti, sempre più preoccupate, per svegliare, scuotere, ridestare le buone attitudini presenti in quella gente, e per metterla in guardia contro il disastro ormai vicino.

Ecco: questo è, crediamo, il senso delle frequenti apparizioni mariane, nel corso degli ultimi due secoli: apparizioni che, guarda caso, coincidono con la parabola terminale della civiltà moderna, sempre più proiettata verso traguardi puramente materiali e sempre più dimentica della verità, della giustizia, dell’amore, della bellezza, e di tutto ciò che Dio ha donato agli uomini per mezzo di suo Figlio. La Madonna non è un accessorio decorativo della teologia cattolica: la Madonna è il perno del progetto della Redenzione divina; senza il suo Fiat, esso non sarebbe stato possibile. Dio stesso non avrebbe potuto spingere il Suo amore per l’umanità fino al limite estremo, quello di farsi uomo anche Lui e di nascere da un ventre di donna, per vivere dall’interno la condizione delle creature e per mostrare ad esse la via della perfezione. Maria, pertanto – con buona pace della teologia protestante, con la quale quella cattolica non ha niente a che fare — è la Donna che accompagna il progetto di Redenzione dal principio alla fine: da quando esso venne annunciato ad Adamo e ad Eva, dopo la loro cacciata dal Paradiso terrestre, alle profezie finali, contenute nel Libro dell’Apocalisse, nelle quali si parla degli ultimi giorni e del ritorno definitivo di Gesù Cristo sulla terra, per giudicare, insieme al Padre e allo Spirito Santo, i vivi e i morti. A quel punto, verranno cieli nuovi e una terra nuova, e il senso ultimo dell’intera creazione sarà finalmente rivelato; e le domande che gli uomini si fanno da sempre, troveranno la risposta. E tutto questo sarà stato reso possibile da Maria, da quel suo Fiat all’arcangelo Gabriele, che l’ha resa madre di tutta l’umanità.

Scriveva don Lamberto Gregorio Schiatti (1937-2002), sacerdote paolino, scrittore, giornalista, che fu a lungo direttore della Gazzetta d’Alba, nel suo libro La Mamma di Gesù, che, pur essendo stato pensato per un pubblico di giovanissimi, come tutto ciò che viene scritto in maniera intelligente, si presta ad utili riflessioni anche da parte degli adulti (Torino, Edizioni Paoline, 1976, pp. 153-155):

L’apostolo san Giovanni nell’ultima parte della Bibbia, l’Apocalisse, che descrive gli avvenimenti della fine del mondo, narra la gloria di una "Donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle".

La Chiesa applica a Maria questa profezia. Quando si concluderà la storia, quando tutte le creature dell’universo parteciperanno al trionfo definitivo di Dio, dinanzi a tutti i miliardi di uomini che in tanti millenni sono passati su questa terra Maria apparirà come il più grande prodigio della onnipotenza di Dio.

Gli astri del firmamento non sono che fiochi riflessi della sua luce; le più fulgide figure della storia umana non sono che ombre in confronto alla sua grandezza.

La visione gloriosa della "Donna vestita di sole" conclude la storia dell’umanità, iniziata all’alba del settimo giorno nel paradiso terrestre con la promessa della "Donna nemica del serpente".

La presenza di Maria copre l’intero arco della storia umana: dal giardino di delizie in cui nacque l’aspettativa di lei fino all’annunzio di Gabriele a Nazaret; dalla notte santa a Betlemme all’oscurità sconvolta del venerdì santo; dall’alba della Resurrezione alla prima Pentecoste; dall’inizio della Chiesa fino all’ultimo giorno della storia umana, quando nel fulgore della sua gloria di vincitrice del serpente apparirà "vestita di sole con la luna sotto ai suoi piedi e una corona di dodici stelle": è sempre la "Donna" promessa che realizza il provvidenziale piano mediante il quale Dio stesso si è fatto uomo perché tutti gli uomini potessero divenire figli di Dio. […] Maria è veramente la nuova Eva, come Gesù è il nuovo Adamo. I primi uomini peccarono e tutti i loro figli furono condannati all’inimicizia di Dio e alla morte; Gesù, il Figlio di Dio, volle divenire uomo e offrire al Padre celeste una riparazione adeguata e fu per questo Figlio di Maria.

La nuova Eva generò gli uomini non più per la morte, ma per la vita eterna del cielo, perché tutti possono salvarsi diventando cristiani, cioè fratelli di Gesù, il primo resuscitato alla vita.

Maria è madre di tutti, a lei ricorrono i cristiani di ogni tempo e di ogni nazione. Ella consola, soccorre, aiuta, protegge ciascuno come un giorno vegliò sul primo dei suoi figli, Gesù.

E insieme Maria resta l’esempio più fulgido per ogni uomo di buona volontà. Rispondendo con generosa fede alla chiamata particolare di Dio ella compì una missione altissima e ora occupa in cielo il trono più glorioso tra gli Angeli e i Santi.

La nostra vita conduce alla felicità solo se sarà, come la sua, una generosa risposta alla vocazione che Dio dà a ciascuno. La logica di Dio non cambia mai: si giunge alla felicità attraverso la Croce, alla gloria mediante l’umiliazione, per mezzo del dolore nel tempo breve e fuggitivo della vita mortale si giunge alla gioia e al riposo eterno del Paradiso.

L’umile fanciulla di Nazaret esaltata come regina del cielo e della terra, regina degli Angeli, degli Apostoli, dei profeti, regina dei martiri, dei vergini, più santa di tutti i santi, rivela il segreto della sua grandezza nelle ispirate parole con cui un giorno cantò la sua riconoscenza:

L’anima mia magnifica il Signore / … perché Dio ha scelto me, sua schiava, / e per questo tutti i popoli / mi chiameranno beata / perché l’Onnipotente / ha operato in me grandi prodigi!"

Lasciamo che i protestanti si scandalizzino per la venerazione (e non l’adorazione!) che i cattolici rendono a Maria, la Madre di Gesù Cristo. Noi sappiamo che tale culto, non solo è perfettamente conforme alla Tradizione, ma trova anche un solido fondamento nelle Scritture, e che i più grandi teologi lo hanno sempre ammesso e riconosciuto. Se non ci fosse stato il di Maria, il piano della Redenzione sarebbe stato vano. Ed ella ancora si affanna ad ammonirci, per distoglierci dal male e ricondurci a Dio. Ascoltarla, è ascoltare la voce di suo Figlio stesso; rifiutarla, disprezzarla, è rifiutare e disprezzare Gesù. Perciò si deve più che mai pregare il Rosario e invocare il suo aiuto: Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus… ora pro nobis peccatoribus…

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Wallace Chuck from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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