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19 Febbraio 2017Lo scenario del controllo totale: un codice a barre sottocutaneo, applicato a ciascun individuo

Lo scopo del potere si è sensibilmente modificato dopo l’avvento della modernità. Nelle epoche pre-moderne, esso consisteva semplicemente nell’esercitare il dominio; e, nel farlo, si giustificava, sì, con una missione superiore, ma questa non derivava da una investitura dal basso (tranne nella democrazia greca), bensì con un ordine assoluto di origine divina, del quale i detentori del potere erano gli strumenti. Nel corso della modernità, invece, il modello dell’ordine assoluto è stato sostituito da quello di un ordine relativo: logico mutamento derivante dal passaggio da una civiltà teocentrica ad una civiltà antropocentrica, perché i valori di origine divina sono assoluti, quelli di origine umana no. E tuttavia il potere, anche nella civiltà moderna, ha bisogno di una giustificazione estrinseca: nessun potere si dichiara fine a se stesso, nessun detentore del potere ammette francamente di volere il potere per il potere. E la giustificazione del potere, nel mondo moderno, è diventata la capacità di offrire soluzione ai problemi umani. Inutile dire che, impostata così la questione, il potere moderno ha tutto l’interesse a suscitare sempre nuovi problemi collettivi, o, quanto meno, a suscitare la sensazione che dei problemi vi siano, e che siano anche potenzialmente pericolosi (il che non è la stessa cosa, ma gli effetti sono identici: la comparsa di uno stato di ansia nell’opinione pubblica e la domanda di trovare una soluzione al problema).
Insomma, nelle società moderne il potere sente il bisogno di giustificarsi davanti ai cittadini: perché i cittadini, a differenza dei sudditi delle società pre-moderne, hanno non solo dei doveri, ma anche dei diritti (almeno teoricamente) e il primo di essi è quello di sapere perché lo Stato chiede loro determinate cose, ad esempio perché chiede sacrifici finanziari sotto forma di nuove tasse. Il potere, oggi, pertanto, è interessato a creare una impressione di complicità fra se stesso e l’opinione pubblica: è un potere "buono" per definizione, in quanto legittimato dal consenso, e, soprattutto, è un potere efficiente, la cui ragion d’essere sta nella capacità di risolvere i problemi dei cittadini. Tanti più problemi, tanto più potere; e si sa che il mondo moderno è estremamente complesso, il che significa che produce sempre nuovi problemi: ma non bisogna spaventarsi: il potere è lì, intelligente, rapido, dotato delle necessarie competenze, basta lasciarlo fare ed esso risolverà tutti i problemi.
Quando si dice il potere, non si intende necessariamente quello dello stato, ma ogni forma di potere, a cominciare da quello più importante di tutti, il potere finanziario.
Ma facciamo un altro esempio, più semplice da comprendere: quello del potere sanitario. La salute appare intuitivamente, a chiunque, come il bene primario: dalla salute dipende la vita, e la vita è il bene essenziale, rispetto al quale tutti gli altri sono disposti in ordine decrescente. La vita delle persone, ahimè, è minacciata dalle malattie, e, nella società moderna, la prima di tutte, in ordine di diffusione e pericolosità, è il cancro, ossia la proliferazione inarrestabile delle cellule tumorali, che sono cellule impazzite. Ma niente paura: c’è il potere sanitario a cercare la soluzione: si tratta solo di dargli sempre più potere, ossia sempre più denaro e sempre più monopolio giuridico. Più denaro, per mettere a punto le strategie contro il cancro; monopolio giuridico, per mettere al bando tutte le terapie alternative, le quali hanno la spiacevole caratteristica di non fare riferimento al potere sanitario, nonché eliminare la stessa libertà di curarsi o non curarsi, perché, anch’essa, ha la fastidiosa caratteristica di risultare fuori controllo rispetto al potere sanitario. Per potere sanitario intendiamo tutto l’insieme della sanità pubblica e privata, beninteso quella "ufficiale", ossia l’unica che il potere legislativo riconosce come tale, avendo squalificato come "ciarlataneria" o peggio, come truffa pura e semplice, tutte le altre forme di medicina, a cominciare da quelle naturali, con le quali peraltro si curavano abitualmente i nostri nonni e bisnonni, e con le quali si curano tuttora milioni di persone nel mondo non occidentale. Di tale insieme fanno parte, e parte essenziale, le grandi industrie farmaceutiche, le quali, come tutte le altre industrie, basano la loro attività sul marchio controllato, cioè impongono alle loro merci, che sono i farmaci, un prezzo che non ha niente a che fare con il loro valore reale, ossia con i costi di produzione, ma che è molte volte superiore, e ciò con buona pace di quanto è nell’interesse della salute e della vita delle persone. Una industria non è un ente di beneficenza, e di certo l’industria farmaceutica non lo è. Ad esso non importa se la gente vive o muore, ad esempio a causa di una epidemia, ma importa soltanto di vendere le proprie merci al prezzo più alto possibile. Ora, è chiaro che esiste un complesso intreccio di interessi, non sempre puliti, fra le industrie farmaceutiche, la ricerca e la sperimentazione scientifica, la sanità pubblica e privata e la stessa formazione universitaria del personale medico: sono le tessere di un unico mosaico, e quindi sarebbe fatica improba quella di separare ciò che, nella sanità pubblica e privata, è strettamente e rigorosamente scientifico, ciò che appartiene alla sfera della politica sanitaria, e ciò che attiene agli interessi privati delle case farmaceutiche e di quei medici, ricercatori e docenti universitari che lavorano e gravitano nella loro stessa sfera d’azione. Quando si tratta di decidere la somministrazione obbligatoria di un vaccino all’intera popolazione, o alla popolazione infantile, di uno Stato, sono coinvolti tutti i livelli del sistema: quelli politici e legislativi, quelli strettamente scientifici e di ricerca, quelli dell’industria farmaceutica e quelli del personale sanitario pubblico e privato. Fatto sta che, tornando all’esempio della lotta contro il cancro, il sistema chiede, da molti anni, sempre più denaro e sempre più potere, per mettere fuori legge qualsiasi terapie alternativa e qualsiasi farmaco non riconosciuto come tale dall’establishment medico ufficiale. Dobbiamo quindi aspettarci, nel prossimo futuro, una stretta inesorabile contro chiunque osi insinuare dei dubbi sulla bontà di quel che sta facendo la medicina ufficiale nella cosiddetta lotta contro il cancro, e nei confronti di chiunque osi presentare al pubblico delle terapie alternative, al di fuori del circuito accademico e del mercato farmaceutico. Vi sono già dei chiari indizi in questo senso, primo fra tutti la campagna di diffamazione e l’ondata di denunce contro coloro i quali praticano le "cinque leggi biologiche" teorizzate dal dottor Hamer e, in generale, contro la Nuova Medicina germanica.
Lo scopo del potere, dunque, è il controllo degli individui e delle comunità; questa è una caratteristica del potere moderno, mentre in precedenza, come abbiamo detto, lo scopo era il dominio. La differenza fra le due cose è che il dominio è dominio e basta, mentre il controllo si basa su forme raffinate di condizionamento, manipolazione e di ricerca del consenso; sarebbe impossibile, infatti, controllare tutti i cittadini, non solo nei loro comportamenti (attuali), ma anche nei loro pensieri e sentimenti (potenziali), senza il ricorso massiccio alla manipolazione dell’informazione, al loro condizionamento intellettuale e psicologico, e alla creazione di un certo livello di consenso, che, per quanto artificiale, è il connotato tipico delle società moderne, nelle quali il cittadino vuole coltivare l’illusione di contare qualcosa, ossia che il potere non sia dispotico e arbitrario, ma che sia l’espressione della sua volontà, della volontà generale. E pazienza se la cosiddetta "volontà generale" non è, come pensava Rousseau, più o meno la stessa cosa della volontà di ogni singola persona, sommata a quella di tutte le altre. Prima di tutto, la volontà generale si riferisce ai cittadini, non alle persone; ma le persone sono innanzitutto persone, poi anche cittadini, per cui il loro essere persone non si risolve interamente nell’essere cittadini; ma ciò, al potere, non interessa. Al potere interessa solo il cittadino, non la persona, entità elusiva, e potenzialmente sovversiva, perché mai del tutto controllabile (ecco perché le società moderne si sforzano di far scomparire le persone, riducendole solo a cittadini-produttori-consumatori, ossia a numeri nella massa). In secondo luogo, la volontà generale è, come l’opinione pubblica, una cosa astratta, artificiale, ingannevole: può essere tutto e anche niente. Quanta ragione aveva Léon Bloy allorché, intervistato da un giovane giornalista (la sola intervista mai concessa dal grande scrittore francese), e questi cominciò col dirgli: Tutti pensano che…, lo interruppe bruscamente, dicendogli: Giovanotto, lo tenga bene a mente: Léon Bloy non è "tutti"!.
Il potere moderno, dunque, punta al controllo dei cittadini, se possibile al controllo totale. L’ideale sarebbe quello di fare in modo che tutti siano controllabili sempre, in qualsiasi luogo e in ogni momento: anche se uno andasse sulla Luna, anche se un altro si facesse ibernare in un frigorifero, il potere vorrebbe sempre sapere dove sono, a che punto sono, in quale condizione si trovano, qual è il loro stato di salute, quale il loro grado d’intelligenza, quale la loro attuale professione, il loro patrimonio, la loro disponibilità finanziaria, quali le loro opinioni politiche, filosofiche e religiose; con chi parlano al telefono, cosa scrivono su internet, chi li contatta, quali relazioni hanno con chiunque altro, sessuali, affettive, professionali, ideologiche, o di qualsiasi altro tipo. L’ideale sarebbe sapere tutto, e poter disporre di qualsiasi dato in qualsiasi momento, per qualunque eventualità (legale o, eventualmente, anche illegale: perché, in un mondo dove tutti sono totalmente controllati, quis custodiet custodes?).
Non è un caso che la prima società in cui si è stabilito il potere moderno – quello tecnologico e finanziario -, ossia la società inglese, abbia anche prodotto le prime riflessioni su come il potere possa arrivare ad esercitare il massimo del controllo sui cittadini. NelPanopticon di Bentham (cfr. il nostro articolo: Nel "Panopticon" di Jeremy Bentham il volto poliziesco e totalitario dell’utilitarismo, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 17/07/2013, e ripubblicato suIl Corriere delle Regioni il 02/05/2016) le proposte erano ancora rudimentali e il controllo che si poteva ottenere – in quel caso, sui detenuti di un penitenziario – era ancora assai artigianale e imperfetto. Ma la tecnologia elettronica odierna mette a portata di mano ciò che, nel XVIII secolo, poteva sembrare solo un (macabro) sogno. Oggi è possibile inserire un microchip sottocutaneo e chiunque può essere immediatamente identificato, e conosciuto tutti ciò che lo riguarda. Ma come ottenere il consenso a una simile invasione della sfera privata, in un contesto socio-culturale dominato dalla chiacchiera sulla difesa della privacy? Semplice: presentando ciò non come una limitazione della privacy e una violazione della sfera privata, ma come una opportunità vantaggiosa, o come una somma di opportunità vantaggiose, che vengono offerte al cittadino, per cui restarne esclusi diverrebbe no solo scomodo, ma anche pericoloso. Opportunità, comodità, sicurezza: ecco le tre parole chiave dell’indottrinamento ideologico con le quali il potere moderno punta a ottenere il consenso affinché i cittadini chiedano di essere sempre più strettamente controllati. Con un microchip si potrà fare acquisti senza bisogno di denaro contante: come con una carta di credito. Si potrà essere curati, in caso di incidente stradale, grazie ai dati sanitari inseriti nel microchip, a cominciare dal gruppo sanguigno: dati necessari e da conoscere urgentemente, in caso si presenti la necessità di una trasfusione di sangue. Si potrà essere rintracciati in caso di smarrimento, di rapimento, e così via: i bambini non si perderanno più, e non vi sarà più bisogno di telefonare a trasmissioni come Chi l’ha visto? per sapere che fine hanno fatto il nonno o la zia, allontanatisi di casa in stato confusionale. E via di seguito.
Un autore, peraltro criticatissimo – e certamente criticabile, per molti aspetti – che ha avuto, comunque, il merito di parlare per tempo di queste cose, e di prospettare questi scenari, è stato il giornalista inglese David Icke, del quale riportiamo una riflessione che si riferisce alla prossima sostituzione del denaro contante con il microchip sottocutaneo in funzione di carta di credito. Si tenga presente che quando egli scriveva queste cose, nel 1995, non esisteva ancora la moneta unica europea, e tutto il quadro complessivo del potere mondiale e della manipolazione mentale si presentava in forme più blande e più incerte, al punto che si poteva perfino dubitare che un disegno di controllo totale esistesse. Oggi, a distanza di più di vent’anni, la situazione si è alquanto aggravata, e alcune cose che potevano sembrare fantascientifiche, sono divenute realtà, o sono in procinto di realizzarsi.
Scriveva, dunque, David Icke, in uno dei primi fra i suoi numerosi libri, … e la verità vi renderà liberi (titolo originale: And the Truth Shall Set You Free, Ryde, Bridge of Love Publications, 1995; traduzione dall’inglese di Ilaria Piccioli, Macro Edizioni, 2001, pp. 300-302):
Per valuta globale non si intende vero e proprio denaro. Si tratterà esclusivamente di creduto, di cifre sullo schermo di un computer. L’idea è quella di sostituire tutto il denaro cartaceo e le monete, e anche le carte di credito, con un codice a barre inserito sotto la cute di ogni essere umano. L’inserimento di questo codice a barre verrebbe programmato tenendo conto di tutti i dettagli che ci riguardano, compresi i nostri patrimoni finanziari. Andrete in un negozio e pagherete ciò che volete comprare tenendo il vostro codice a barre, che probabilmente sarà inserito nel polso, sopra una fonte luminosa alla cassa. Questa leggerà il codice a barre, verificando se avete abbastanza credito, e aggiornerà il vostro estratto conto, eliminando la cifra che avete appena speso.
Ciò offre un enorme potenziale di controllo. Oggi se andate in un negozio e il computer rifiuta la vostra carta di credito, potete pagare in contanti. Ma cosa accadrà quando i contanti non esisteranno più e il computer dirà di no al vostro codice a barre?Non avrete i mezzi per acquistare niente. E, naturalmente, quelli che manifesteranno contro la dittatura (allora) globale fascista/comunista, scopriranno che il computer non vuole saperne di loro. Vi pare esagerato? Assolutamente no. La tecnologia già esiste e si tratta solo di spingere la pubblica opinione ad accettarla. Ci diranno che questo sistema porrà fine a ogni evasione fiscale (niente contanti per evitare le tasse), segnerà la fine delle truffe sulle carte di credito e contribuirà a combattere la "guerra alla droga", insomma un classico scenario problema-reazione-soluzione, visto che l’élite controlla il mercato globale degli stupefacenti. Le carte di credito sono un passo avanti lungo la strada che ci condurrà all’inserimento del codice a barre e al declino del denaro contante, proprio come le carte d’identità dotate di microchip sono ulteriori passi avanti verso il microchip sottocutaneo che ci terrà in contato permanente con un computer centrale, a meno che non apriamo gli occhi e non diciamo basta.
Il giorno in cui ho completato la bozza di questo capitolo, o che così credevo, ho cominciato a leggere il giornale il londinese "Times" del 6 gennaio 1995 e riportava un articolo di Paul Penrose, intitolato "Le carte di credito elettroniche saranno la valuta comune europea?". Tutto quello che avevo scritto quel giorno e che avevo delineato in "The Robot’s Rebellion", era lì davanti a me. L’articolo sosteneva che i migliori cervelli delle banche dell’Unione Europea stavano progettando il denaro del futuro e che l’introduzione della progettata valuta europea si sarebbe rivelata assai costosa per governi e aziende, a causa di tutte quelle nuove banconote e monete. Quindi c’era un problema. Quale poteva essere la soluzione, allora? Poteva forse essere semplicemente…? Oh, certo che poteva. Cito testualmente:
"Una soluzione originale è quella di eliminare gradualmente tutti i contanti. In questo scenario, il denaro elettronico [credito] registrato in un microchip inserito in una carta di plastica diventerebbe la simbolica valuta comune di un’Europa unita. Nel superstato federale del prossimo millennio, probabilmente non si sentiranno frusciare le banconote degli Euro, ma si sentirà solo il bip dell’elaboratore acceso mentre vengono modificati i dati da esso leggibili".
E, certamente, qualche imperfezione verrà riscontrata in questo sistema, una volta che esso sarà introdotto e che scompariranno i contanti. La soluzione a questo "problema" sarà l’essere umano con codice a barre. Per accelerare la realizzazione della banca centrale mondiale e della valuta unica mondiale si provocherà un tracollo globale e una generale confusione monetaria, ricorrendo ai metodi più consumati. Perché ciò funzioni e perché l’opinione pubblica sia ingannata, l’élite avrà bisogno di trovare un capro espiatorio per il tracollo, in modo che i banchieri e i politici possano apparire all’orizzonte in groppa ai loro bianchi destrieri per offrire la soluzione.
Aggiungiamo solo, a queste riflessioni, una piccola, inquietante domande: che succederà se il potere troverà il modo di inserirci un particolare microchip a nostra insaputa, ad esempio nel corso di una terapia obbligatoria contro questa o quella epidemia; e se esso ci verrà inserito non sotto la pelle del polso, ma nel cervello, al fine di avere il controllo totale anche dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e della nostra volontà?
Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash