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28 Ottobre 2016Nella religione cristiana esiste una particolarità che non si trova, a quel che ci risulta, in nessun’altra religione, e che è, nello sesso tempo, il suo principale motivo di forza (parlando da un punto di vista laico, e cioè puramente umano; e indipendentemente dalla sua verità soprannaturale, che è tale per i credenti) ma che può essere, nello sesso tempo (e sempre parlando in senso puramente umano) il suo tallone d’Achille. Si tratta di questo: Il Dio cristiano, come ha mostrato Gesù nel corso della sua vita pubblica, non solo non odia il peccatore, ma lo va a cercare e lo considera il suo interlocutore privilegiato: nel senso, come viene ben chiarito nel Vangelo, che non è il sano ad avere bisogno del medico, ma il malato. Naturalmente, Dio cerca ed ama il peccatore non in quanto pecca, ma in quanto vede in lui la possibilità della conversione, cioè del pentimento e del cambiamento di via: non lo ama perché è peccatore, ma perché, in quanto peccatore, ha bisogno di essere amato, perdonato, guidato verso la salvezza. In altre parole, lo ama nonostante sia peccatore, e lo cerca appunto per offrirgli la possibilità di salvarsi, di cui ha un estremo ed urgente bisogno, mediante il pentimento e la conversione al Vangelo. Se Dio amasse il peccatore in quanto tale, vorrebbe dire che amerebbe il peccato: il che equivale a dire che il Dio cristiano è venuto a negare il peccato e a liberalizzarlo, ad approvarlo, cancellando la differenza fra il bene e il male, e affermando che tutto ciò che viene dai desideri e dagli istinti umani è legittimo e, quindi, "buono".
Una simile interpretazione del cristianesimo è assurda, ma è precisamene quel che sta accadendo da alcuni decenni a questa parte, specialmente a partire dal Concilio Vaticano II (che non è stato, necessariamente, la causa di questa deriva, ma che coincide con il suo inizio, o, almeno, con il suo manifestarsi graduale, ma sempre più esplicito). Oggi siamo arrivati al punto che non pochi teologi e un certo numero di vescovi e sacerdoti, oltre a un numero consistente di fedeli laici, proclamano che il peccato non è più peccato; che la Chiesa dovrebbe accettare e santificare ciò che, fino a ieri, e da sempre, e sulla base di quanto affermato esplicitamente nell’Antico e nel Nuovo Testamento, è peccato: tipico esempio, il cosiddetto matrimonio omosessuale. Ora, la domanda che dobbiamo porci è la seguente: come è possibile che dei cristiani, appellandosi proprio allo spirito del Vangelo, possano fare questo, cioè arrivare alla negazione del peccato e alla pretesa che esso sia accettato, riconosciuto e dichiarato non più peccato, ma azione lecita e intrinsecamente dotata di valore etico? Infatti, siamo persuasi che vi sia una logica, e sia pure perversa e distorta, in una simile dinamica; e, del resto, bisogna cercar di capire come una follia possa essere contrabbandata per verità da un numero crescente di cristiani, i quali, almeno in parte, ritengono di essere, e lo dichiarano continuamente, non solo (il che è ovvio) in "buona fede", ma, quel che più conta, perfettamente in linea con i valori del Vangelo e con il messaggio di Gesù.
A nostro modo di vedere, l’equivoco, e il corto circuito dell’intelletto e dell’etica, che si sono creati, hanno questa origine: la confusione fra il concetto (giusto) che Gesù ama, predilige e va a cercare i peccatori, e il concetto (sbagliato, delirane e blasfemo) che li ama così tanto, da non volere, per essi, altro che la loro presente felicità. Gesù non vuole la nostra felicità: vuole il nostro bene; che è cosa ben diversa. Il bene del peccatore consiste nel suo pentimento e nella sua conversione: per questo il Figlio è venuto nel mondo, per questo ha operato e parlato (fino all’ultimo istante: si pensi al colloquio, sulla croce, con il buon ladrone); per questo ha sofferto, è morto ed è risorto. Per questo, e non per "sdoganare", legittimare o, addirittura, benedire il peccato. Gesù è stato chiarissimo, su questo punto. All’adultera, che gli era stata condotta dinanzi perché approvasse la sua lapidazione, egli, dopo averla sottratta alla morte, rimproverando ai suoi accusatori la loro ipocrisia, non le disse che l’adulterio non è peccato, ma le disse, con infinita dolcezza, di tornare a casa e cambiar vita. Ecco il punto: il Dio cristiano vuole la salvezza di tutti gli uomini, e quindi anche dei peccatori: ma non giustificando i loro peccati, bensì promuovendo in essi una conversione. Questo può generare un equivoco, ovviamente da parte di coloro che vorrebbero adattare il Vangelo alle loro passioni terrene: l’erronea credenza che il Dio cristiano, essendo amorevole e misericordioso, non condannerà nessuno, e che nessuno andrà all’inferno; che saranno tutti salvati, indipendentemente dalla conversione. L’equivoco, peraltro, si può generare soltanto fra quanti hanno una concezione non solo buonista del Vangelo, ma anche relativista ed evoluzionista: cioè fra quanti pensano che il Vangelo assolva tutti e che esso si debba, in qualche misura, adeguare ai cambiamenti culturali e morali che si verificano nel corso dell’evoluzione della società. Si tratta di una lettura molto umana, troppo umana, della figura e dell’opera di Gesù Cristo: perché la salvezza che egli annuncia, e che porta, è gratuita, ma non nel senso che non richieda uno sforzo, una cooperazione da parte dell’uomo. L’uomo è chiamato a salvarsi; ma la sua salvezza non gli è offerta incondizionatamente, non gli è assicurata anche contro la sua volontà. Il peccatore che si ostina nel peccato, che non vuol convertirsi, è destinato alla perdizione. Gesù ha detto al buon ladrone: Oggi stesso tu sarai con me in paradiso; non ha detto ad entrambi i ladroni – a quello che si era pentito e che si era affidato alla sua misericordia, e anche a quello che non si era pentito e che si faceva beffe di Lui, sfidandolo a salvare se stesso e loro – che sarebbero stati accolti entrambi in paradiso. Il paradiso, la beatitudine eterna, l’uomo se li deve guadagnare: convertendosi e pentendosi dei suoi peccati. Dichiarare che i peccati non sono tali, perché Dio non vuole la dannazione di nessuno, significa barare al gioco. La dannazione esiste, ed è una possibilità reale, molto concreta: tuttavia non si può addossarne la responsabilità a Dio, bensì unicamente all’uomo.
La stessa cosa non si può dire delle altre religioni, a cominciare da quella diffusa in Palestina al tempo di Gesù, il giudaismo: esse non hanno una pedagogia così misericordiosa, né una pazienza così grande nei confronti del peccatore. Secondo altre religioni, Dio ama chi lo obbedisce, ma odia il peccatore: non ha la pazienza di attendere che si penta e si converta, come farà il padre misericordioso con il figlio prodigo della parabola, dopo che questi si è allontanato con ingratitudine dalla sua casa. Il cristianesimo porta la bontà di Dio fino al limite estremo: fino a sacrificarsi sulla croce Egli stesso, e ad affrontare la morte per mano degli uomini, dicendo queste sublimi parole: Padre, non imputare loro questo peccato, perché non sanno quello che fanno.
La tentazione, chiamiamola così, di servirsi della bontà di Dio per venire a patti con il senso del peccato, per contrabbandare come condotta lecita il peccato, è molto antica: la troviamo attestata già nel Nuovo Testamento, pochi anni dopo la vita terrena di Gesù, ad esempio nella Lettera di Giuda (3-20; traduzione della Bibbia di Gerusalemme):
Carissimi, avevo un gran desiderio di scrivevi a proposito della nostra salvezza, ma sono stato costretto a farlo per incoraggiarvi a combattere per la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte. Si sono infiltrati infatti tra voi alcuni individui — i quali sono stati segnati da tempo per questa condanna — empi che trovano pretesto alla loro dissolutezza nella grazia del nostro Dio, rinnegando il nostro unico padrone e signore.
Ora io voglio ricordare a voi, che già conoscete tutte queste cose, che il Signore dopo aver salvato il popolo dalla terra d’Egitto, fece perire in seguito quelli che non vollero credere, e che gli angeli che non conservarono la loro dignità ma lasciarono la propria dimora, egli li tenne in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del gran giorno. Così Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate all’impudicizia allo stesso modo e sono andate dietro a vizi contro natura, stanno come esempio subendo le pene di un fuoco eterno.
Ugualmente, anche costoro, come sotto la spinta dei loro sogni, contaminano il proprio corpo, disprezzano il Signore e insultano gli esseri gloriosi. L’arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: "Ti condanni il Signore!". Costoro invece bestemmiano tutto ciò che ignorano; tutto ciò che essi conoscono per mezzo dei sensi, come animali senza ragione, questo serve a loro rovina.
Guai a loro! Perché si sono incamminati per la strada di Caino e, per sete di lucro, si sono impegolati nei traviamenti di Balaam e sono periti nella ribellione di Kore. Sono la sozzura dei vostri banchetti sedendo insieme a mensa senza ritegno, pascendo se stessi; come nuvole senza pioggia portate via dai venti, o alberi di fine stagione senza frutto, due volte morti, sradicati; come onde selvagge del mare, che schiumano le loro brutture; come astri erranti, ai quali è riservata la caligine della tenebra in eterno.
Profetò anche per loro Enoch, settimo dopo Adamo, dicendo: "Ecco, il Signore è venuto con le sue miriadi di angeli per far il giudizio contro tutti, e per convincere tutti gli empi di tutte le opere di empietà che hanno commesso e di tutti gli insulti che peccatori empi hanno pronunziato contro di lui". Sono sobillatori pieni di acredine, che agiscono secondo le loro passioni; la loro bocca proferisce parole orgogliose e adulano le persone per motivi interessati.
Ma voi, o carissimi, ricordatevi delle cose che furono predette dagli apostoli del Signore nostro Gesù Cristo. Essi vi dicevano: "Alla fine dei tempi vi saranno impostori, che si comporteranno secondo le loro empie passioni". Tali sono coloro che provocano divisioni, gente materiale, privi dello Spirito.
Ma voi, carissimi, costruite il vostro edificio spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante lo Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna. Convincente quelli che sono vacillanti, altri salvateli strappandoli dal fuoco, di altri infine abbiate compassione con timore, guardandovi perfino dalla veste contaminata dalla loro carne.
Ebbene, l’antica tentazione di abusare dalla bontà e della pazienza di Dio per perseverare nel vizio e nel peccato, e per stravolgere il senso stesso del Vangelo, non solo è rimasta viva fino ai nostri giorni, ma è enormemente cresciuta, fino a presentarsi come un movimento di massa: come il tentativo di rovesciare il senso del Vangelo per giustificare agli occhi di Dio ciò che non è giustificabile, ossia il disprezzo della Sua legge d’amore. E il modernismo, sintesi di tutte le eresie, inteso non solo come movimento teologico, ma come atteggiamento di fondo nei confronti del cristianesimo, è il veicolo principale di questo pericolo diffuso, che, sempre più, si profila come una vera e propria apostasia dalla fede. Oggi tale apostasia è così ampia e generalizzata, così capillare, così proterva e così sfrontata, che riguarda non questo o quello, ma la vita della Chiesa nel suo insieme, il Magistero nel suo complesso, e la stessa fedeltà alla Rivelazione, poggiante sui due pilastri perenni della Scrittura e della Tradizione.
Abbiamo accennato prima al cosiddetto matrimonio omosessuale, come ad un classico esempio di accomodamento, tanto forzato quanto empio, fra il Vangelo e la mentalità dominante nel mondo. La cosa più sconcertante non è che tale volontà di accomodamento sia sorta in qualche sedicente cristiano il quale, per parte sua, si ritiene più "maturo" e "progredito" degli altri, e quindi ritiene di meglio interpretare il vero senso del Vangelo rispetto a quanto non sia avvenuto sino ad oggi; ma che parti consistenti del mondo cattolico, e perfino esponenti del clero, si prestino a una simile manovra; e che la maggioranza, per una ragione o per l’altra, rimanga in silenzio, quando è evidente che, se tacessero gli uomini, sarebbero le pietre stesse a parlare, a gridare la loro indignazione e a manifestare tutta la loro vergogna e la loro profonda umiliazione. In altre parole, il male si è ormai diffuso come un tumore, è andato in metastasi: il veleno modernista si è diffuso in tutto l’organismo e ogni singolo cristiano si sente in diritto di fabbricarsi il suo personale Vangelo, la sua personale idea del bene e del male e la sua personale versione della misericordia di Dio. Certo, il Dio cristiano ci lascia liberi: non vuole schiavi proni a terra, ma uomini e donne che conservano intatta la loro dignità, e che si assumono la responsabilità di scegliere il bene, non per paura o interesse, ma per una spontanea adesione al Suo amore. Perché il bene è Dio, il male è il rifiuto di Dio: tutto qui. Se i cattolici neomodernisti considerassero questa ovvia verità, non cadrebbero nello sproposito di pensare che Dio ci vuol felici secondo la carne. Ma allora sarebbero veri cristiani, non modernisti…
Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash