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Chi si lascia guidare dallo Spirito non vuol piacere al mondo

Quelli che si lasciano guidare dallo Spirito si preoccupano di ciò che vuole lo Spirito; quelli invece che non si lasciano guidare dallo Spirito, ma dal proprio egoismo, cercano di soddisfarlo: con questa formula lapidaria, efficacissima, stupenda nella sua concisione, San Paolo traccia la linea di divisione fra gli uomini carnali e gli uomini spirituali, ossia fra l’uomo vecchio, che vive secondo il mondo, e l’uomo nuovo, rigenerato in Cristo. L’uno vuol piacere al mondo e soddisfare i desideri del proprio egoismo; l’altro vuol piacere a Dio e fare la volontà di Dio, che gli è resa nota dal suo abbandonarsi all’azione dello Spirito santo. Di conseguenza, chi si abbandona allo Spirito, vive secondo i desideri di Dio; chi gli oppone resistenza, vive attaccato alla dura scorza del proprio ego, e dispiace a Dio, perché rifiuta la sua chiamata all’amore.

Dice San Paolo nella prima parte di quel meraviglioso capitolo ottavo della Lettera ai Romani, vero e proprio inno di lode alla bontà dello Spirito santo, che, secondo il teologo e mariologo don Carlo De Ambrogio, i cristiani dovrebbero imparare a memoria, tali sono la sua bellezza e la sua profondità dottrinale:

La mia condizione di uomo peccatore mi trascina verso la morte: chi mi libererà? Rendo grazie a Dio che mi libera per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore.

Ma ora, non c’è più nessuna condanna per quelli che sono uniti a Cristo Gesù. Perché la legge dello Spirito che dà la vita, per mezzo di Cristo Gesù, mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Per togliere il peccato, Dio ha mandato suo Figlio in una condizione simile alla nostra di uomini peccatori, e in lui uomo, ha condannato il peccato. Dio ha così compiuto ciò che la legge di Mosè non poteva ottenere, a causa della debolezza umana; e noi ora possiamo adempiere quel che la legge comanda, e lo possiamo perché non viviamo più nella nostra debolezza, ma siamo fortificati dallo Spirito.

Quelli che si lasciano guidare dallo Spirito si preoccupano di ciò che vuole lo Spirito; quelli invece che non si lasciano guidare dallo Spirito, ma dal proprio egoismo, cercano di soddisfarlo. Seguire l’egoismo conduce alla morte, seguire o Spirito conduce alla vita e alla pace. Perché quelli che seguono le inclinazioni dell’egoismo sono nemici di Dio, non si sottomettono alla legge di Dio: non ne sono capaci. Essi non possono piacere a Dio, perché vivono secondo il proprio egoismo.

Voi, però, non vivete così: vi lasciate guidare dello Spirito, perché lo Spirito di Dio abita in voi. Ma se qualcuno non ha lo Spirito donato da Cristo, non gli appartiene. Se invece Cristo agisce in voi, voi morite, sì, a causa del peccato, ma Dio vi accoglie e il suo Spirito vi dà vita. Se lo Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, lo stesso Dio che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, lo stesso Dio che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche a voi, sebbene dobbiate ancora morire, mediante il suo Spirito che abita in voi.

Fratelli, noi non siamo dunque impegnati a seguire la voce del nostro egoismo, ma quella dello Spirito. Se seguite la voce dell’egoismo, morirete; se, invece, mediante lo Spirito, lo soffocherete, voi vivrete. Infatti quelli che si lasciano guidare dallo Spirito di Dio sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto in dono uno spirito che vi rende schiavi o che vi fa di nuovo vivere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di Dio che vi fa diventare figli di Dio e vi permette di gridare: "Abbà", che vuol dire: "Padre", quando vi rivolgete a Dio. Perché lo stesso Spirito ci assicura che siamo figli di Dio. E dal momento che siamo suoi figli, parteciperemo anche all’eredità che Dio ha promesso al suo popolo: saremo eredi insieme con Cristo, perché se soffriamo con lui, parteciperemo anche con lui alla gloria.

Io penso che le sofferenze del tempo presente non siano assolutamente paragonabili alla gloria che Dio ci manifesterà. Tutto l’universo aspetta con grande impazienza il momento in cui Dio mostrerà il vero volto dei suoi figli. Il creato è stato condannato a non aver senso, non perché esso l’abbia voluto, ma a causa di chi ve lo ha trascinato. Vi è però una speranza: anch’esso sarà liberato dal potere della corruzione per partecipare alla libertà dei figli di Dio. Noi sappiamo che fino a ora tutto il creato soffre e geme come una donna che partorisce. E non soltanto il creato, ma anche noi, che già abbiamo le primizie dello Spirito, soffriamo in noi stessi perché aspettiamo che Dio, liberandoci totalmente, manifesti che siamo suoi figli. Perché è vero che siamo salvati, ma soltanto nella speranza. E se ciò che si spera si vede, non c’è più speranza: evidentemente nessuno spera in ciò che già vede. Se invece speriamo in ciò che non vediamo ancora, lo aspettiamo con pazienza.

Allo stesso modo, anche lo Spirito viene in aiuto della nostra debolezza, perché noi non sappiamo neppure come dobbiamo pregare, mentre lo Spirito stesso prega Dio per noi con sospiri che non si possono spiegare a parole. E Dio che conosce i nostri cuori, conosce anche le intenzioni dello Spirito che prega per i credenti come Dio vuole.

Noi siamo convinti di questo: Dio fa tendere ogni cosa al bene di quelli che lo amano, perché li ha chiamati in base al suo progetto di salvezza. Da sempre li ha conosciuti e amati, e da sempre li ha destinati a essere simili al Figlio suo, così che il Figlio sia il primogenito fra molti fratelli. Ora, Dio che da sempre aveva preso per loro questa decisione, li ha anche chiamati, li ha accolti come suoi, e li ha fatti partecipare alla sua gloria.

La legge dell’egoismo è nemica di Dio: non si può seguire le inclinazioni del proprio egoismo e, contemporaneamente, piacere a Dio. C’è un solo modo per piacere a Dio: lasciar andare la zavorra del proprio ego, con tutte le sue brame disordinate, e aprirsi all’azione vivificante dello Spirito, che opera nell’uomo come una rinascita. L’uomo vivificato dallo Spirito, infatti, è divenuto un uomo completamente nuovo: non è più l’uomo vecchio, che viveva soltanto per amore di se stesso, ma è un altro uomo, del tutto nuovo, trasfigurato, luminoso, pacificato, il quale vive solo per amare e rendere gloria a Dio.

L’uomo moderno dovrebbe sbarazzarsi della sua scienza diabolica e operare una contro-rivoluzione copernicana: dall’io a Dio, dall’egoismo alla Grazia; perché, ora come ora, egli ha eretto a valore di legge il cieco inseguimento di tutte le sue brame, l’abbandono sfrenato a tutti gli appetiti, a tutti gli istinti, anche i più turpi e vergognosi; e ha spinto la sua perversione e la sua improntitudine fino al punto di pretendere che il mondo intero, a cominciare dalle aule parlamentari e dai tribunali, riconosca che ogni desiderio è legittimo e che qualsiasi aberrazione, purché trasformata in un "sacro" diritto della persona, diventa un presidio della libertà e della dignità dell’individuo, una bandiera di "civiltà" che deve sventolare su tutti i cieli del mondo.

Questo significa che la civiltà moderna, mano a mano che si è configurata come una marcia dell’uomo verso la sua auto-affermazione, verso la naturalizzazione dei suoi istinti, verso la detronizzazione e il ripudio di Dio, si è fatta strumento del Male: un paradiso alla rovescia, un Eden costruito non dalla mano sapiente e amorevole di Dio, ma dall’orgoglio umano e dall’edonismo più sfrenato, nel quale l’uomo stesso sta rischiando di disumanizzarsi. Perché una cosa è certa: che l’uomo, una volta recisi i suoi legami con Dio, una volta spenta in sé la sete di Dio, una volta decretata la fine di Dio, ha colpito a morte se stesso: sciolto dal suo legame col Creatore, la creatura scivola verso il nulla, brancola nel vuoto, è perseguitata da un vero e proprio desiderio di auto-distruzione, magari travestito da narcisismo e da libertinismo. Ma il libertinismo conduce sempre al nichilismo, e questo al desiderio di morte: perché l’uomo non è fatto per trovare in se stesso le risposte che cerca fin da piccolo, sia istintivamente che razionalmente; non è questo lo statuto ontologico della creatura. La creatura fa le domande, ma non può trovare in sé le risposte, perché queste le possiede solamente il Creatore.

E la strategia più subdola e insidiosa del Diavolo è proprio quella di insinuarsi poco alla volta, strisciando come un serpente nell’erba, facendo meno rumore possibile: così, poco a poco, l’idea che l’uomo possa e debba cercare da solo, e unicamente in se stesso, il senso della propria esistenza e di quella dell’universo intero, è penetrato non solo nella società e nella cultura profane, ma anche nella cultura religiosa e nella società di cui essa è espressione: la Chiesa. Il moderno "credente" è uno strano personaggio, che vorrebbe togliere dal cristianesimo il pungiglione dello scandalo e normalizzare, così, la rivoluzione di Cristo, riducendola alle modeste ed innocue proporzioni di un soporifero modus vivendi tra il finito e l’infinito, in un tranquillo connubio di materiale e spirituale, nel quale il secondo elemento fa di tutto per non disturbare il primo, per non infastidirlo, per non dargli noia.

Che noia, per esempio, questi genitori, questi papà e queste mamme, i quali, con i loro bambini per mano o in carrozzella, sfilano a migliaia e migliaia, silenziosamente, pacatamene, civilmente, per sostenere il diritto della famiglia di non essere equiparata e confusa con delle unioni che famiglie non sono, e tuttavia pretendono i vantaggi, ma rifiutano gli impegni del matrimonio; peggio, che scimmiottano e contraffanno il matrimonio, con un aberrante "sposalizio" fra due persone dello stesso sesso. Che noia, che fastidio: ed ecco che non solo la Chiesa in quanto tale, ma perfino il Papa, hanno preferito ignorare del tutto la cosa; e il Papa, dal balcone dell’Angelus, ha ritenuto di non rivolgere a tutte quelle persone, che difendevano l’idea della famiglia cristiana, neppure un saluto, né, tanto meno, una benedizione. Forse per piacere al mondo? O, più esattamente, per non dispiacere ai tenebrosi poteri di questo mondo, che vogliono la distruzione della famiglia naturale, cristiana, basata sul matrimonio fra uomo e donna e aperta alla generazione, per sostituirla con le cosiddette unioni di fatto e con la delirante filosofia gender, in base alla quale ogni persona ha il "diritto" di decidere ogni giorno, volta per volta, se comportarsi da maschio o da femmina, con buona pace dei proprietari e dei direttori dei locali pubblici, i quali faranno fatica ad attrezzarsi di toilettes che non rechino offesa, né discriminazione omofoba e sessista, a chicchessia, cominciando dai transessuali.

Che cosa strana e impensata! Proprio i pastori del gregge, i quali dovrebbero lottare strenuamente per difendere le pecorelle dalle aggressioni dei lupi voraci, non solo non lo fanno, ma voltano la testa dall’altra parte e fingono di non vedere, di un udire, di non capire, che il gregge loro affidato è sotto attacco, e che il mondo, nel senso giovanneo del termine, ossia come insieme delle potenze luciferine, sta lanciando l’assalto finale contro la città di Dio, animata dallo Spirito e difesa dalla comunione dei santi. Ma, poiché crediamo poco alle stranezze e alle coincidenze casuali, siamo piuttosto propensi a vedere in certi silenzi della gerarchia ecclesiastica (un altro, riguarda la legislazione abortista, che rende possibile l’eliminazione quotidiana di decine e centinaia di nascituri, e ciò con il contributo della finanza pubblica: il che fa di tutti i cittadini, indistintamente, dei complici di tale crimine), così ciarliera, per non dire così ossessivamente ripetitiva, su altre questioni, forse non altrettanto decisive, e certo non altrettanto fondate sulla diretta ed esplicita predicazione di Gesù Cristo (Maschio e femmina Dio li creò; ed essi, sposandosi, divengono una carne sola: queste sono le precise parole di Cristo in materia), un qualcosa di intenzionale.

L’universo intero, come scrive stupendamente San Paolo, soffre e geme come una donna nelle doglie del parto: attende dallo Spirito la sua liberazione, imprigionato com’è nella durezza della materia e nelle spire del peccato; ma, per ottenerla, è necessario che la sua parte ragionevole e dotata di libera volontà, ossia il genere umano, faccia la sua scelta e si lasci permeare dall’azione potente e sapientissima dello Spirito mandato da Gesù Cristo dopo la sua Resurrezione, il quale spinge la sua sollecitudine fino al punto di pregare Dio per l’uomo, al posto di lui, supplendo alla debolezza e alla inadeguatezza delle sue parole. Potrebbe una madre amorevole fare di più per il proprio figlio? Eppure, lo Spirito di consolazione fa proprio questo a vantaggio dell’uomo: prega Dio per lui, con le parole che l’uomo vorrebbe usare, ma che non conosce.

Quale abissale profondità teologica vi è in questa immagine, in questo pensiero! L’uomo, da solo, non saprebbe neanche trovar le parole con le quali rivolgersi a Dio: ma Dio lo previene per mezzo dello Spirito, colmando la lacuna, e lo chiama a sé. Lo chiama fuori dal mondo, verso la vita vera…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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