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17 Ottobre 2015Alcuni esperimenti di tipo parapsicologico eseguiti dal biochimico cecoslovacco Milan Ryzl (nato a Praga il 22 maggio 1928 e morto a Sacramento, in California, il 9 luglio 2011), in materia di telepatia e chiaroveggenza, danno molto da pensare.
Una volta egli chiese a un soggetto medianico, una donna dotata di buone facoltà extra-sensoriali, di visualizzare le prossime ore, fino al suo ritorno a casa, dopo aver condotto una serie di esperimenti in laboratorio: lei lo fece e riferì che tutto si era svolto senza alcuna difficoltà. Dopo di che, egli stesso la riaccompagnò a casa, percorrendo 25 km. in motoretta, da una estremità all’altra della periferia di Praga, con la donna seduta dietro di lui, in posizione da amazzone, cioè di traverso sulla sella: cosa proibita dal severo codice della strada cecoslovacco Il percorso era pieno di vigili e di semafori, e Ryzl non fece assolutamente nulla per tentare di eluderli: al contrario, rallentò e si fermò parecchie volte sotto il naso degli agenti, nessuno dei quali, apparentemente, si accorse della cosa e nessuno dei quali li fermò per elevare una contravvenzione, neanche una sola volta, nemmeno negli incroci più trafficati, con la moto ferma. Questo esperimento ricorda un po’ quello che il mago inglese Aleister Crowley fece, una volta, a Città del Messico: attraversò tutta la città abbigliato in modo stranissimo, ma nessuno parve accorgersene e nessuno si fermò ad osservarlo.
Comunque, quello di Ryzl fu, a ben guardare, un doppio esperimento: la cosa stupefacente non è solo che i sospettosi vigili di Praga non fermarono la sua motoretta, ma che la sensitiva avesse previsto un rientro a casa senza alcun fastidio: fu come se la visione precognitiva avesse posto gli eventi futuri sotto una sorta di campana protettiva. Avendo "visto" che sarebbe tornata a casa senza inconvenienti, la donna e il suo accompagnatore poterono usufruire dell’ombrello protettivo offerto loro dalla visione anticipata del futuro: come se agli eventi reali fosse stata interdetta la possibilità di porsi in contrasto con ciò che era stato visto dalla medium in stato di chiaroveggenza. Il che, naturalmente, solleva degli interrogativi affascinanti, e anche un po’ inquietanti: il fatto di conoscere il futuro consente anche di poterlo modificare? E che cosa vuol dire modificare il futuro? Forse che il futuro è già scritto, da qualche parte, anche se noi, ancora (a meno che possediamo delle facoltà medianiche) non lo conosciamo? Strane domande; ancor più strane le risposte che si possono avanzare per tentare una spiegazione.
Un successivo esperimento di Ryzl, o meglio, una serie di esperimenti, permettono di approfondire questa linea di ragionamento. A dei soggetti dotati di facoltà di chiaroveggenza veniva chiesto di prevedere e di scrivere su un foglietto il numero 1 o 2, per indicare una delle due porte dalle quali lo sperimentatore sarebbe uscito dalla sala. Nessuno conosceva il contenuto del foglietto, tanto meno lo sperimentatore: Ryzl usciva da una delle due porte, dopo che il medium aveva predetto da quale egli sarebbe uscito; poi si controllava se la predizione era stata esatta. La percentuale di previsioni esatte si dimostrò molto alta. A questo punto, Ryzl volle complicare l’esperimento: che cosa sarebbe accaduto se egli avesse barato al gioco, e fosse uscito, deliberatamente, dalla porta "sbagliata", ossia da quella che non corrispondeva alla previsione del medium?
Non solo: per essere certo di ingannare il sensitivo, egli disse, con il pretesto di aver fretta, che non c’era bisogno che questi scrivesse in anticipo il numero sul foglietto: il sensitivo doveva dire a voce alta da quale porta egli sarebbe uscito, dopo di che egli sarebbe uscito, dopo aver estratto a caso un numero fra 1 e 2, ma, in realtà, scegliendo apposta la porta diversa da quella indicata dal numero. In questo modo, il medium non avrebbe potuto né "leggere" il numero scritto, né "leggere" nella mente dello sperimentatore, il quale si sarebbe comportato in maniera opposta a quella indicata dal numero, ma lo avrebbe fatto all’ultimo momento, dopo che il medium aveva espresso a voce alta la sua previsione. Ebbene, accadde una cosa molto strana: quello stesso medium che, in precedenza, aveva "indovinato" un’alta percentuale di casi, ora appariva incerto e confuso e parlava di una sorta di "nebbia" che gli impediva di scorgere con sufficiente chiarezza da quale porta sarebbe uscito lo sperimentatore.
Che conclusioni trarre da tutto ciò? Si direbbe che il futuro possa essere previsto, e, in un certo senso, modificato dalla previsione stessa (i due viaggiatori sulla moto che non vengono fermati dai vigili urbani); ma che la capacità di previsione — meglio sarebbe dire: di visione anticipata — si arresti, qualora si tenti di indagare troppo a fondo sul mistero della precognizione stessa: quasi che non sia lecito, allo sguardo dell’uomo, spingersi oltre una certa soglia; e, in particolare, che non sia consentito "giocare" con il futuro, manipolandolo a piacere.
Ha scritto Sergio Conti nel libro «Alla frontiera dell’ignoto» (Firenze, Salani, 1980, pp. 70-71; 75):
«Una delle implicazioni più sconcertanti dei fenomeni precognitivi è il problema morale che essi suscitano. Se possiamo dimostrare mediante episodi oggettivi e inconfutabili che il futuro può talvolta essere precorso, giungiamo alla conclusione che esso già esiste e che di conseguenza tutti gli avvenimenti e gli atti della nostra esistenza sono già determinati. Il che non si concilia con il concetto del "libero arbitrio" e con la responsabilità morale che viene attribuita ad ogni uomo nelle azioni che compie. […]
Molti studiosi hanno cercato di risolvere questo scottante problema.
Il filosofo americano William James, fisiologo e medico, docente all’Università di Harvard, che fu tra i fondatori della Società Americana per la Ricerca psichica (1885), avanzò l’ipotesi – in questo seguìto anche dal Bozzano – che la precognizione non offra la visualizzazione di un "futuro sicuro", ma solo quella di un "futuro probabile". Questa tesi sarebbe dedotta dall’esame dei casi in cui le predizioni si sono avverate solo in parte, o hanno lasciato aperta un’alternativa o non si sono verificate affatto.
Tuttavia, come giustamente osserva il Dèttore, non è questa un’interpretazione molto sostenibile: l’esame dei casi non la conferma appieno, inoltre l’idea di probabilità evidenzia un’incertezza limitata alle nostre conoscenze, e pertanto relativa. Non si può invece individuarla in una realtà assoluta.
Se la tesi di James e di Bozzano fosse esatta dovremmo accettare l’idea non più di un"futuro predeterminato", ma addirittura di più, forse di infiniti, "futuri" ognuno dei quali avrebbe qualche possibilità di attuarsi. Il fatto che una persona agisca in un modo o in un altro può portare a differenti conseguenze. E poiché, per ogni individuo, ciò avviene una infinità di volte nel corso della vita, questi "futuri predeterminati" costituirebbero una quantità infinita, la cui attuazione, dovuta a mero caso, ricondurrebbe ad uno stato di pura coincidenza. In definitiva sarebbe impossibile prevedere il futuro: non esisterebbe alcuna predeterminazione e il fenomeno precognitivo sarebbe pura illusione. Ciò produce una contraddizione in termini, poiché oggettive verifiche hanno invece provato l’esistenza di questo traumatizzante fenomeno.
Come risolvere allora il problema del libero arbitrio nei confronti della possibilità, provata, di poter prevedere gli avvenimenti?
Forse un elemento determinante lo ha portato Milan Ryzl traendo delle conclusioni assai valide da una serie di sperimentazioni da lui condotte, in sede di laboratorio, con dotati sensitivi nel corso di anni di studi. […]
Probabilmente, conclude Ryzl, non ci muoviamo verso un futuro già esistente, ma certi avvenimenti non sono prevedibili. Quelli che dipendono dalle nostre decisioni personali, forse già esistenti, non possono essere selezionati dalle nostre facoltà extrasensoriali. Le nostre volontà, le nostre decisioni creerebbero una sorta di barriera che rende il futuro opaco.»
I problemi e gli interrogativi sollevati dagli esperimenti di Ryzl, sono, come dicevamo, formidabili. Già il fatto che si possa "vedere" il futuro è, per la nostra forma mentis, sconvolgente: è come se venisse posta in crisi tutta la nostra concezione del reale. A ben guardare, però, il fatto che il futuro possa essere conosciuto in anticipo, non intacca, di per sé, il libero arbitrio dell’uomo: si tratta, semplicemente, di una "visione dall’alto", come sarebbe quella di un alpinista che, giunto in cima a una montagna, riesce ad abbracciare con lo sguardo anche l’altro orizzonte: quello che, dal versante di partenza, rimaneva nascosto alla sua visuale.
Il fatto di poter influire sul futuro, dopo averlo "visto" (ovviamente, in anticipo: ché tale è la visione del futuro) pone già delle domande molto più complesse, anche da un punto di vista filosofico. Se la medium di cui si serviva Ryzl per i suoi esperimenti non avesse visualizzato il proprio ritorno a casa, constatando che si svolgeva in modo assolutamente normale, è lecito pensare che le cose, poi, si sarebbero svolte in modo diverso, e che qualche vigile avrebbe fermato i due viaggiatori a bordo della motoretta. In questo senso, parrebbe che il futuro possa essere modificato. Ma, se può essere modificato, ciò implica che il futuro esista già, e che sia univoco: e allora, non è forse una contraddizione logica il fatto di poter esercitare una modificazione su di esso? In alternativa, bisognerebbe supporre che esistano più futuri possibili, forse perfino infiniti futuri: e che, di fatto, si realizzi quell’unico futuro che un insieme di circostanze finiscono per rendere attuale. Ma tali circostanze possono essere sovvertite dalla previsione medesima? Si può "vedere" il futuro e poi decidere di ingannarlo, scegliendo una diversa linea di comportamento?
È quello che ha cercato di fare Ryzl con l’esperimento delle due porte; o meglio, è quello che ha tentato di fare con la seconda serie di esperimenti, quella in cui egli agiva, deliberatamente, in maniera contraria a ciò che il medium era stato indotto ad anti-vedere. Egli aveva fatto in modo che il medium lo "vedesse" uscire da una delle due porte, mediante la chiaroveggenza; e poi aveva deciso di uscire dalla porta opposta a quella estratta a sorte. Ed eccoci in presenza di almeno due futuri possibili: quello antiveduto dal medium e quello attuato, poi, dallo sperimentatore. Ma il medium non era riuscito a vedere più nulla, o, se aveva creduto di vedere, aveva sbagliato la sua previsione. Il futuro, infatti, altro non è che il prolungamento del presente: nella dimensione ordinaria dello spazio-tempo, il futuro è unico ed univoco; non ce ne possono essere due o più di due. Parlare di futuri possibili è, dunque, una specie di gioco intellettuale, una mera astrazione: nella dimensione reale, non c’è posto per più di una serie di avvenimenti.
Ciò non esclude, peraltro, che, in una ulteriore dimensione del reale, ove lo spazio e il tempo non si configurino in maniera rigida e separata, ma facciano parte di un continuum più ampio, sottratto alle leggi della fisica a noi note, possano esistere, effettivamente, numerosi futuri contemporanei: non, propriamente parlando, dei futuri possibili, bensì dei futuri reali, che si svolgono, però, l’uno simultaneamente all’altro, ciascuno su di un proprio livello di realtà. Si tratta, ovviamente, della teoria degli universi paralleli. Secondo tale teoria, tutto ciò che esiste e che noi percepiamo in forma separata e distinta, appartiene ad una realtà molto più grande e complessa, in cui c’è posto per infinite possibilità di cose, di combinazioni, di sviluppi; una realtà in cui passato e futuro s’incrociano e si sovrappongono, si mescolano e generano una infinita serie di sequenze simultanee, dove accadono tutti i fatti possibili e anche il loro contrario, in una sorta di caleidoscopio cosmico che non si esaurisce mai, perché infinite, appunto, sono le combinazioni cui ogni fatto può dare luogo, e ogni più piccolo evento — a sua volta – si suddivide e si moltiplica, per così dire, in un numero incalcolabile, inimmaginabile, inconcepibile di nuove sequenze di eventi, che differiscono l’una dall’altra, almeno inizialmente, forse per dei particolari assolutamente insignificanti e quasi impercettibili. Un potente calcolatore elettronico potrebbe improvvisare miliardi e miliardi di variazioni su un certo tema, qualora venisse appositamente istruito: ed è con questa similitudine che potremmo immaginare la struttura degli universi paralleli.
Tutto questo è troppo per la nostra mente? E, soprattutto, che cosa abbiamo da ricavare, in termini di chiarezza intellettuale e di progresso spirituale, da simili astratte e vertiginose speculazioni? Ben poco, probabilmente. Una filosofia è seria quando aiuta a comprendere meglio il reale, perché solo da una retta comprensione del reale possono scaturire scelte veramente libere e responsabili: dopo di che, a ciascuno tocca assumersi la responsabilità esclusiva delle proprie scelte. Universi paralleli o no, chiaroveggenza o no, la vita non è un gioco per prestigiatori: è una cosa seria. Sapere che il futuro non ci condiziona è, certo, molto importante: altro non ci occorre per vivere una vita buona…
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