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28 Luglio 2015Siamo proprio sicuri che le streghe non siano mai esistite? Che i processi alle streghe siano stati solo e unicamente delle manifestazioni d’isteria collettiva? Che nessun pericolo abbia mai gravato sulla vita dei nostri antenati e sui valori della civiltà europea, se non quelli creati dalle menti fanatiche di giudici superstiziosi e di inquisitori con tendenze sadiche?
Il dibattito su questi interrogativi, un tempo piuttosto vivace, ormai si è quasi spento; tacitamente, la cultura oggi dominante – di cui sono un riflesso i libri di testo scolastico — ha ritenuto che si possa e si debba rispondere in senso negativo a ciascuna di esse. Il discorso è chiuso, dunque, una volta per tutte, e ogni tentativo di riaprirlo equivale a una deprecabile forma di revisionismo?
Riportiamo una pagina dello storico del folklore americano Bill Ellis (B. Ellis, «Il grane libro del Diavolo, delle streghe e dell’occulto»; titolo originale: «Lucifer Ascending. The Occults in Folklore and Popular Culture», The University of Kentucky; traduzione dall’inglese di A. Attanasio e altri, Roma, Newton Compton, 2005, pp. 18-20):
«Il moderno dibattito sulla "realtà" della stregoneria risale ai primi decenni del secolo passato, e il più diretto catalizzatore fu l’influente "Le streghe nell’Europa occidentale" di Margareth Murray (1921), il primo di una serie di libri del periodo postbellico che tentarono di ricostruire le origini di una religione precristiana attraverso documentazioni storiche (Sir James George Frazer con "Il ramo d’oro" e Jessie L. Weston con "From Ritual to Romance" ["Dal rituale al romanzo"] tentarono lo stesso esperimento). La Murray sosteneva che le documentazioni dei processi alle streghe riflettevano gli sforzi della cristianità di soffocare i tenaci resti di una sotterranea religione della natura. Le confessioni e le accuse conservate nelle documentazioni di questi processi presentavano, secondo il suo punto di vista, le prove dell’esistenza di una setta della fertilità che si riuniva regolarmente per venerare un dio o una dea attraverso frequenti rituali orgiastici.
La sua tesi fu oggetto di dure critiche da parte del reverendo Montague Summers in "Storia della stregoneria e della demonologia" (1926); questi obiettò che le prove, nei processi, erano spesso estremamente affidabili e che le streghe accusate erano parte di una cospirazione oscena e sovversiva. "Miss Murray — sosteneva — non sembra sospettare che la stregoneria era in realtà un’eresia disgustosa e malsana… Null’altro che… l’adorazione di Satana… È pura verità che la cristianità del Medioevo aveva non un rivale ma un nemico, l’eterno avversario della Chiesa militante contro cui essa combatte ancora oggi, l’oscuro signore di quella città che si trova agli antipodi della Città di Dio, la terribile ombra di distruzione e disperazione". Inoltre Summers affermò che "l’orribile setta di Satana", non del tutto annientata dai cacciatori di streghe, era ancor più che attiva. Gruppi clandestini di veneratori del diavolo, affermava, ancora celebravano la "messa nera", una cerimonia blasfema che spesso includeva il sacrificio di bambini e il cannibalismo. "In molte città, sia grandi che piccole — concludeva — si radunano, ma nessuno sospetta che compiano tali esecrabili riti".
Di contro, la Murray in "The Godo f the Witches" ("Il Dio delle streghe") sviluppò e rafforzò le sue argomentazioni in merito alle streghe come rappresentanti di una demonizzata religione della natura. Le sue ragioni trovarono un gran seguito in ambito accademico e il lemma "Stregoneria" che scrisse per l’"Encyclopaedia Britannica" fu ristampato per molti anni senza revisioni. Tra i suoi seguaci figurava Pennethorne Hughes, che parafrasò la tesi della Murray in "Witchraft" ("Stregoneria"), un libro in brossura più volte ristampato. Un sostenitore ancora più influente fu Gerald Gardner: egli scoprì che le tradizioni "Wica" (più tardi corretto "Wicca") erano ancora attive nella regione inglese del New Forest, e scrisse in proposito dei popolari libri, decisivi per la fondazione del Movimento Neopagano. Tuttavia, la fede che la Murray riponeva nelle prove fornite dalle documentazioni processuali, fu sfidata da un gran numero di storici razionalisti come H. R. Trevor-Roper e Norman Cohn. Essi ritenevano molto più plausibile che queste "confessioni", prodotte sotto tortura o sotto minaccia di morte, riflettessero molto più quello che i cacciatori di streghe volevano sentire, che quello che le streghe avevano realmente fatto. Essi affermavano, inoltre, che la mania delle streghe fosse semplicemente un revival delle prime persecuzioni degli Ebrei e degli eretici, e mostrasse solo le recondite paure delle autorità.
Una simile posizione fu respinta, naturalmente, dai crociati dell’antiocculto che avevano sostenuto, come Summers, che le accuse di stregoneria nel 1600 erano troppo frequenti per essere considerate semplicemente isteriche illusioni. Il predicatore evangelico Nick Cruz mise in guardia dal pensare "che tutte queste streghe processate durante il Medioevo fossero davvero povere vecchiette innocenti… La stregoneria stessa è ed è sempre stata un orribile miscuglio di paganesimo, blasfemia e crudeltà". Jess Pedigo nel suo autorevole libro del 1971 dal titolo: "Satanism: Diabolical Relion of Darkness" ("Satanismo: la diabolica religione dell’oscurità"), sostenne che alcune confessioni estorte alle donne indicavano l’attrazione che l’occulto esercitava su di loro. Pedigo prosegue affermando: "È forse possibile che le numerosissime congreghe di streghe e di seguaci delle chiese sataniche attualmente sparsi negli Stati Uniti stiano scontando il disonore, l’ostracismo da parte della società, la persecuzione dei loro pari, per niente? Nessun potere, nessuna esperienza, nessuno scalpore o ricompensa che superino la norma?"»
Ellis prosegue affermando che, fra i due «estremi» dell’assoluto diniego e dell’assoluta credenza nella stregoneria come base per i processi del XVI e XVII secolo, una posizione intermedia, e, secondo lui, alquanto ragionevole, è quella tenuta da studiosi come Carlo Ginzburg e Gustav Henningsen, i quali avrebbero trovato le prove del fatto che, almeno in Italia, esistevano società di «sciamani» altamente organizzate, nelle quali si praticavano riti simili ai sabba descritti in seguito nel corso dei processi contro le streghe. Egli si riferisce, rispettivamente, alle monografie «I benandanti: stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento» (Torino, Einaudi, 1974) e «Storia notturna: una decifrazione del Sabba» (idem, 1995), scritte entrambe dallo storico italiano Carlo Ginzburg; e al libro «The Ladies from Outside: An Archaic Pattern of the Witches’ Sabbath», in B. Ankarloo — G. Henningsen, «Early Modern European Witchraft: Centres and Peripheries» (Clarendon Press, Oxford, 1990) dello storico tedesco Gustav Henningsen. La sua — e, in buona sostanza, la loro — conclusione, tuttavia è che furono le autorità cristiane a interpretare tali organizzazioni, sostanzialmente innocue, come se fossero nettamente ostili rispetto al cristianesimo e intrinsecamente assai pericolose: meritevoli, pertanto, di essere combattute a fondo.
Tanto rumore per nulla, insomma: il pericolo non era affatto reale, ma risiedeva nella contorta psicologia degli inquisitori e, in genere, nei pregiudizi e nell’intolleranza della mentalità cristiana. Una tesi molto politicamente corretta: anche troppo, forse. Una tesi che non tiene minimamente conto del fatto che la stregoneria esiste anche al giorno d’oggi, agli inizi del terzo millennio; che è possibile studiarla, censirla, analizzarla, non su antichi testi polverosi, ma attraverso indagini dirette, interviste, verbali di processi penali di questi ultimi anni; e che esiste nella duplice forma dell’attività individuale, svolta dea singolo stregone e dalla singola strega, praticanti dei riti magici più o meno innocui, più o meno inquietanti, e di quella delle associazioni collettive, ma segrete, che sono note alla polizia e alla magistratura di numerosi Stati: associazioni dichiaratamente demoniache e dedite ai riti della magia nera. Sarebbe ben strano, dal punto di vista sociologico oltre che storico, se ciò che esiste oggi, all’ombra dei grattacieli, non fosse esistito nel XVI e nel XVII secolo, in un’epoca in cui molte persone, anche colte, non credevamo alla sfericità della Terra e condividevano una dimensione magica della realtà.
Altro discorso è se i poteri delle streghe siano reali e, quindi, se siano materialmente e oggettivamente pericolosi. Su ciò sono ammissibili differenti puti di vista: è uno di quei casi, in verità non molto frequenti, nei quali gli storici si trovano in presenza di questioni che non sono decidibili sulla base delle loro conoscenze e competenze; di questioni che implicano una cultura più vasta, anche di tipo occultistico, e che, comunque, non possono essere decise soltanto in base ad argomenti positivi, verificabili e perfettamente documentabili. Non stupisce che ben pochi studiosi abbiano osato inoltrarsi su di un terreno così sdrucciolevole, nel quale una eventuale caduta può significare il ridicolo e un’ombra incancellabile su di una limpida e onorata carriera accademica; né stupisce che, dovendo pur dire qualcosa, la maggioranza di essi abbia preferito abbracciare l’opinione oggi di gran lunga prevalente, ossia che quei poteri magici non sono reali, né, quindi, si possono considerare oggettivamente pericolosi per la società.
Le cose, però, non sono così semplici e chiare come la cultura materialista oggi imperante pretenderebbe. Le culture umane hanno sempre creduto nella magia, ed esistono numerose testimonianze relative agli effetti clamorosi e scientificamente inspiegabili dei rituali magici, praticati da persone che si tramandano simili arti. Tutto questo dovrebbe renderci estremamente cauti, prima di liquidare con una scrollata di spalle la questione della effettiva pericolosità delle streghe che furono arrestate e processate, a migliaia, nel millecinquecento e nel milleseicento. Gli inquisitori peccarono per eccesso di zelo — e, quel che è peggio, di mancanza di umanità -, ma esiste la possibilità che noi commettiamo un errore di segno uguale e contrario: quello dello di abbracciare, pregiudizialmente, uno scetticismo radicale, motivato dal solo fatto di non ammettere altro all’infuori d’una visione scettica e relativistica del reale.
Molti studiosi odierni s’immaginano che le congreghe di streghe somigliassero molto a quelle che, ai nostri giorni, si mostrano alla luce del sole: donne biancovestite, simpatiche e gioiose, buone conoscitrici delle erbe e del mondo naturale, che si riuniscono qualche volta l’anno, per esempio nel solstizio d’estate, magari all’ombra di quale "menhir" o di qualche "dolmen", per celebrare dei festosi riti agrari, per eseguire danze folkloristiche e per intonare canzoni melodiose, di chiara matrice New Age; il tutto tra i "flash" dei fotografi, inviati da qualche giornale per immortalare, nella luce ancora incerta dell’alba, questo suggestivo "revival" di credenze antichissime, e per intervistare le maghe, più che mai desiderose di spiegare quanto sia innocua la magia e quanto sia preziosa per preservare certi elementi della cultura tradizionale e per custodire una relazione rispettosa fra gli esseri umani e la loro grande madre Terra.
Peccato che la "vere" streghe non siano affatto così: che non lo siano oggi, come non lo erano in passato. La vera strega somiglia molto di più alla Canidia descritta dal poeta latino Orazio: una creatura malvagia e crudele, pronta a sacrificare la vita di una creatura innocente, di un bambino, di una ragazzina, per propiziarsi il benvolere del Maligno e per acquisire, attraverso il versamento del suo sangue, dei poteri super-umani, con i quali esercitare il massimo danno possibile nei confronti di altre persone, sino a condurle ad una morte dolorosa e, in apparenza, inspiegabile. Fatti del genere succedono ancora ai nostri giorni; e, di fatto, sono ritenuti possibili, e addirittura normali, presso numerose popolazioni e fasce sociali, anche all’interno delle nostre società. La vera strega è un essere umano che ha ceduto la propria anima al Diavolo, mediante un apposito patto, in cambio del miraggio di acquisire potere, denaro e piacere, abbattendo qualsiasi ostacolo le si frapponga.
Naturalmente, una persona di opinioni razionaliste e materialiste potrà sempre obiettare che il Diavolo non esiste: è nel suo diritto; solo che, così facendo, si preclude la possibilità di capire come vi siano molte altre persone che ci credono, fino al punto da essere pronte a commettere dei crimini esecrabili, pur di ottenere i suoi favori. Di fatto, quella persona resterebbe alquanto meravigliata nell’apprendere che non solo individui rozzi e ignoranti, ma anche professionisti stimati, finanzieri, uomini politici, donne in carriera e perfino membri dell’alta gerarchia ecclesiastica, non esitano ad affiliarsi a sette a sfondo esoterico, e perfino apertamente sataniche, per spianarsi la strada verso il successo, la ricchezza e il godimento sessuale. Padrona di non crederci: è un problema suo. Eppure, in questa incredulità vi è una logica ineccepibile: se non si crede più al bene, come credere al male? Senza più Dio, c’è posto per il Diavolo? Il fatto è che il Diavolo crede, lui sì, all’umana debolezza…
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