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Per una ricostruzione dell’estetica contemporanea

Se l’estetica è l’ontologia dell’arte (come l’ha definita Merleau-Ponty nel saggio L’occhio e lo spirito del 1960), dobbiamo chiederci se un’estetica sia ancora possibile in una cultura, come quella occidentale contemporanea, che da tempo ha voltato le spalle a ogni forma di ontologia, cioè a ogni forma di scienza dell’essere. Pare che la filosofia contemporanea abbia rinunciato alla ricerca dell’essere, per ridursi, come voleva Wittgenstein, ad analisi del linguaggio. Pertanto è necessario rimuovere le macerie di un materialismo che ha spento nell’uomo la coscienza della sua tensione verso l’assoluto; di un nichilismo che lo ha portato ad aggrapparsi a degli enti che si dissolvono tra le sue mani, quanto più tenta di stringerli a sé; di un titanismo che lo ha condotto a cacciare gli dei dai loro troni e a deridere l’idea del sacro, gonfio di una superbia che non è se non l’altra faccia della sua inquietudine, della sua angoscia, della sua disperazione. Ricostruire il pensiero contemporaneo, ricostruire l’estetica contemporanea sono operazioni possibili solo dopo che siano state sgomberate almeno le rovine più ingombranti.

La prima nozione che è necessario rifondare è quella dell’essere: cuore della filosofia (e della religione), chiave di volta di tutto l’edificio del nostro abitare-nel-mondo provvisti di un significato e di una meta finale. La seconda nozione che deve essere recuperata è quella della verità: di una verità che trascenda le piccole verità parziali e che al tempo stesso le fondi e le giustifichi, offrendo ad esse una solida base da cui tendere a un livello sempre più alto di essere, cioè di verità.

L’arte, in tutto questo processo, potrebbe svolgere un ruolo importantissimo: potrebbe, cioè, aiutarci nella riscoperta della bellezza presente ovunque, di questo mistero ineffabile che proclama lo splendore del mondo; e sarà tanto più fedele a sé stessa e tanto più preziosa nella sua funzione di ponte fra il sensibile e l’intelligibile, quanto più saprà lasciar trasparire la bellezza intrinseca delle cose, la loro numinosità originaria.

Anche se non è compito dell’estetica dire agli artisti come essi debbano orientare il loro slancio creativo, è però suo compito quello di riflettere sulle condizioni che rendono possibile un’arte a misura d’uomo, ossia un’arte che esprima gioiosamente, luminosamente il giusto rapporto fra gli enti e l’essere, fra ciò che l’uomo è e ciò che la sua parte migliore aspira ad essere (o a ritrovare). Di arte, quindi, c’è oggi più che mai bisogno, immersi come siamo in un’epoca di confusione e disorientamento generalizzato; e più che mai l’opera del poeta, dell’artista, del musicista è preziosa e necessaria per aiutarci a ricostruire le basi di un armonioso rapporto fra l’uomo e il mondo in cui vive, fra l’uomo e l’Essere da cui proviene e a cui vuol fare ritorno.

Se è vero, come dice il protagonista del celebre Diario di un curato di campagna di Georges Bernanos, che "tutto è grazia", ecco allora che l’opera d’arte ci appare come un doppio dono: perché alla gratuità del suo essere, che è parte della gratuità dell’Essere che a noi si dona, si aggiunge la gratuità dell’intenzione del donatore. Quel donatore – l’artista, appunto – che potremmo chiamare il donatore secondo, poiché il donatore primo è, ancora una volta, l’Essere in quanto tale. E proprio come l’Essere, donandoci gratuitamente lo splendore del mondo, ha tratto fuori dal nulla del non-essere quella incomparabile ricchezza di cui noi siamo parte, così l’artista, donandoci gratuitamente lo splendore dell’opera, trae fuori dal regno delle possibilità reali, ma inespresse, quel lampo di bellezza, quel soffio di vita che ci stimola a coglierne il messaggio riposto, stendendo come un ponte divino fra il divenire e l’essere, fra la nostra finitezza e quell’Assoluto al quale bramiamo, come – dice il salmista – la cerva assetata nel deserto brama i rivi delle acque.

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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