MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

LEZIONI SULL'EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI LEZIONE XXXVI


RM-8 28-30

25 aprile 1950


    Dice lo Spirito Santo:
    «Tutte le cose tornano a bene di chi ama Dio, perché Dio predispone tutte le cose perché siano mezzo di bene per i suoi santi. Anche quelle che, per la loro natura, sembrano ai superficiali mezzo di dolore e pericolo di male, potendo con la loro sostanza portare l’anima all’accasciamento, al dubbio o alla ribellione.
    Ma non sono le cose in se stesse che possono portare a queste conseguenze. È il carattere non formato alla legge morale anche naturale, ed è l’anima non formata alla legge divina, ossia priva della buona volontà di servire Dio in ogni cosa che Egli proponga, quello che può fare delle cose predisposte da Dio a scopo di bene un mezzo anche di caduta in imperfezioni o colpe più o meno gravi. Se si pensasse il contrario, ossia che Dio predispone le cose a fine non di bene, tanto varrebbe dire che anche la predestinazione alla grazia è un male, perché sovente diventa il talento non fatto fruttare della parabola, tanto che all’infingardo, dal giudizio ingiusto verso il suo padrone, lo stesso leva il talento per darlo ad altri capaci di farlo fruttare.
    Ma è forse Dio che impedisce che gli uomini, tutti gli uomini predestinati alla grazia, usino, in maniera giusta e a seconda di come è loro concesso di poter fare, di questo tesoro? No. Tanto che Egli, anche a coloro che non sanno del Dio vero, mette in cuore una legge naturale e una coscienza, per cui possano vivere in modo da appartenere, se non al Corpo, all’Anima del Corpo mistico, e quindi poter godere dei benefici della Grazia.
    Dio sa quali sono, o quali furono, o quali saranno - e da sempre sa - quelli che non lasceranno inerti i misteriosi aiuti di Dio perché l’uomo pervenga al suo fine. E sa pure quali furono, sono o saranno, quelli che in maniera più o meno completa trasformano se stessi, o si trasformarono o si trasformeranno, nella somiglianza e immagine dell’Uomo Dio, mediante l’amore, l’ubbidienza alla voce della coscienza e ai dettami della legge morale.
    Veramente che all’ultimo giorno, al Gran Giudizio, si vedranno, tra coloro che saranno alla destra del Figlio dell’Uomo, molti di quelli che gli uomini giudicavano non eletti al Regno perché non appartenenti alla Chiesa, mentre saranno alla sua sinistra molti che, per essere stati almeno in apparenza - ché solo Dio sa la verità delle cose - membra vive del Corpo mistico, gli uomini giudicarono certi coeredi del Cielo. E grande sarà lo stupore di quelli che giudicarono, come delle due categorie di giudicati.
    E gli eletti per misteriose operazioni di Dio, secondate dalla loro retta coscienza, diranno: “Come noi qui, se non ti abbiamo conosciuto né servito come Tu dici, sfamandoti, dissetandoti, accogliendoti e visitandoti?”.
    E il Giusto Giudice, che morì per dare a tutti quelli di buona volontà la Vita eterna, risponderà: “Perché mi avete conosciuto senza saperlo, e senza saperlo servito mediante la carità data al prossimo vostro. Me avete sovvenuto, perché anche un sorso d’acqua dato per amore ad un assetato è stato amore dato a Me”.
    E chiederanno i reietti: “Come ci puoi chiudere il tuo Regno se noi fummo dei tuoi?”.
    Ed Egli risponderà: “Come chiudeste il vostro cuore ai bisogni dei fratelli, così Io vi chiudo le porte del Regno. Ciò che non faceste al minimo tra voi, a Me non l’avete fatto, e con maggior gravità di colpa, perché voi sapevate di Me, del mio Vangelo e della Legge. Andate dunque lungi da Me, operatori d’iniquità, perché è mio fratello chi mi somiglia e voi, sotto ipocrita maschera, non mi somigliate essendo senza l’Amore che è mia Natura”.
    Ecco in che sta la somiglianza: nell’amore. Amore perfettissimo nel Primogenito tra i fratelli. Amore che mirò a divenire il più perfetto possibile nei fratelli al Cristo nella carne e nella fede. Chi non vive nell’amore e praticando opere d’amore, non è fratello del Cristo che amò sino a morire per i suoi fratelli, e quindi non è suo coerede.
    I predestinati alla gloria li ha poi anche chiamati. Ed i chiamati non rimasero né rimangono sordi alla chiamata, né si stancarono di seguirlo. Ma anzi, con eroismo, andarono e vanno dietro le sue orme per la via erta della perfezione. Né si accasciarono o sconfortarono se l’amore di elezione del Signore per loro fu una sequela di prove e di pene. Né si credettero e credono meno amati se Dio permise che uomini ed eventi si accanissero su di loro. Né si sconfortarono se la debolezza della carne o una flessione dello spirito li fecero cadere o li fanno cadere. Anzi, conoscendo Colui che li ha chiamati, il suo Amore, la sua Misericordia, lo sentono Padre e Fratello anche nelle ore di tempeste dolorose, e fidando nei meriti infiniti del Cristo, nel quale fermamente credono o credettero, compirono e compiono il loro cammino sino al Cielo dal quale venne la chiamata.
    Nessuno può uscire da questa regola se vuol rimanere nel grado di gloria a cui Dio lo ha predestinato. Nessuno, per amato che sia, può cadere in quietismo dicendo: “Tanto Dio mi vuole là e ci penserà Lui a condurmi là”. Ognuno deve lavorare per far fruttare e non lasciare inattivi i doni divini.
    Adamo ed Eva, che pure erano innocenti pieni di Grazia e d’altri doni, dilapidarono tanto tesoro e per secoli e secoli scontarono la loro infedeltà e il loro stolto giudizio che, poiché erano tanto amati da Dio, non necessitava aver tanti timori e assoluta ubbidienza.
    Gesù, Uomo per nascita da Donna, e Maria, ambedue come il primo Adamo e la prima Eva innocenti, colmi di doni e amatissimi dal Padre, furono fedeli custodi e attivi nell’usare con giustizia i doni avuti e, così come sarebbe avvenuto per tutti gli uomini se fossero rimasti innocenti e pieni di Grazia, non conobbero corruzione di carne, ma con essa unita all’anima senza macchie di sorta entrarono nel Regno eterno, alla completa glorificazione, senza attendere la fine dei secoli per giubilare anche con la carne del perfetto giubilo dei risorti e glorificati dopo l’ultimo Giudizio.»