Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
Dice lo Spirito Santo:
«A chi deve riconoscenza, verso chi ha obbligo di ripagare gli aiuti ed i doni ricevuti, colui che fu beneficato? A colui che lo beneficò.
L’uomo a chi allora deve riconoscenza? Alla carne che si lasciò corrompere dalla seduzione del frutto proibito e di lui, uomo, dio per la grazia avuta dal Creatore, fece unicamente l’uomo destinato al dolore, alla fatica, alla morte, all’esilio dal Cielo, oppure allo spirito che, rinato e rigenerato alla grazia per i meriti del Cristo, ridivinizzato, darà anche alla carne di godere il Cielo?
Veramente l’uomo deve riconoscenza, anzi ubbidienza, allo spirito che lo conduce verso il gaudio eterno. E lo spirito, che è mosso dallo Spirito Santo, deve dare ubbidienza e riconoscenza a Dio.
Se tutti gli uomini sono creature di Dio, soltanto quelli che vivono la vita dello spirito sono “figli di Dio”. Gli altri, ubbidienti soltanto, schiavi soltanto degli istinti e stimoli della carne, sono soltanto figli della carne. Ossia creature animali, non diversamente dalle specie animali viventi sulla Terra, nelle acque, nell’aria, create da Dio nel sesto giorno (Genesi c. I).
Ma mentre tutte le creature animali piacciono al Creatore, essendo che ognuna ubbidisce al compito per cui fu creata, senza violare la legge naturale sua propria nel procreare, nel servire all’uomo e alla natura tutta, l’uomo che viola l’ordine in se stesso col violare la legge divina, e perciò andando contro Dio e volontariamente sottraendo a Dio la gioia di dare ad un uomo ciò per cui lo creò - come privando se stesso del premio eterno, che è il fine per cui fu creato - fortemente spiace a Dio, che da Sé lo rigetta e dal suo Regno, perché è un omicida, un violento contro la sua propria natura.
Non paia un errore. Il peccatore che vive e muore nel peccato è omicida di se stesso nelle sue due nature, così strettamente unite da farne una sola cosa. Non si può uccidere impunemente la natura soprannaturale dell’uomo senza coinvolgere nella morte eterna anche la natura naturale dell’uomo. E non si può vivere da bruti senza uccidere precocemente anche la natura animale: la carne, con le malattie, conseguenze dei vizi.
Quindi l’uomo che viva animalmente è un omicida ed un deicida, uccidendo la vita animale in sé e uccidendo la vita spirituale divinizzata, colpendo l’Amore Creativo che ha eletto sua sede nello spirito dell’uomo (voi siete templi dello Spirito di Dio) sino a quando lo spirito dell’uomo sarà assunto nella sede eterna di Dio: il Cielo.
Dunque l’uomo non è e non deve essere debitore alla carne, dalla quale solo castigo e morte gli può venire. Ma deve essere debitore dello spirito e quello servire, perché è desso spirito che dà alla carne le luci, le voci, le forze, gli aiuti, i soprannaturali gaudi che compensano dai triboli quotidiani; luci, voci, forze, aiuti, gaudi, che vengono allo spirito in grazia dallo Spirito di Dio che in esso inabita.
Questo esser debitore e servo dello spirito è forse una schiavitù per l’uomo? No. È forse una ragione di timore esagerato, di paura continua, di incertezza paralizzante? No.
Quando uno è debole o per età o per malattia, quando uno è cieco, o anche soltanto di vista difettosa, duro d’orecchio, ottuso di mente, si fa aiutare da chi non ha difetti o debolezze. Ugualmente l’uomo si deve far aiutare dalle luci, voci, forze, aiuti dello spirito che trae le sue luci, voci, forze, dallo Spirito di Dio.
Fra i molti doni del Padre Ss. ai suoi figli di adozione, questo della signoria dello spirito divinizzato sulla materia è uno dei più grandi, perché dà modo alla carne di pervenire alla vita gloriosa. Non schiavitù ma elezione al grado più alto che creatura possa raggiungere: l’adozione divina, e quindi la figliazione spirituale da Lui: Dio, per cui possono gli uomini chiamare “Padre” - parlo degli uomini ai quali il Cristo, e la vita in Cristo, ha reso la Grazia e la mantiene viva nell’uomo - Colui che lo stesso popolo eletto non osava chiamare direttamente col suo Ss. Nome e lo chiamava, tremando: “Colui che è – Jeové”.
Ma l’uomo in cui vive Cristo-Grazia può chiamare “Padre” l’Eterno di cui il Verbo Incarnato è Figlio. Perché è ancora il Cristo che chiama, dall’interno dell’uomo, il Padre Creatore di tutti gli uomini. E poiché Cristo è Verità, il suo chiamare “Padre”, dall’interno dell’uomo, per l’uomo e con l’uomo, Iddio, è testimonianza sicura che tutti coloro che vivono e agiscono per lo spirito e perché mossi dallo Spirito Santo che li inabita, sono veramente “figli di Dio”.»