Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
Dice il Divinissimo Autore:
«Se la venuta al Regno di Dio - Regno di Amore, Giustizia e Purezza - fosse stata solo per gli israeliti ed ebrei della Diaspora[28], non avrebbe rifulso che, essendo Gesù l’Uomo-Dio, Re universale e di infinito Potere, tutta l’Umanità poteva aspirare, meritare, ottenere il Regno di Dio in sé prima, il Regno di Dio presso Dio poi.
Se questa chiamata ed eredità al Regno fosse rimasta circoscritta al solo Popolo ebreo - cosa che solo avrebbe potuto verificarsi per un miracolo folgorante di Dio, capace di frantumare l’errato mondo di idee che, cocciutamente, gli ebrei difendevano da ogni cosa atta a farlo cadere e disperdere - come avrebbe potuto dirsi che Dio è Padre infinitamente buono per tutte le creature dotate d’anima spirituale? Le altre, tutte le altre, sparse per i continenti allora conosciuti e in quelli ancora ignoti, come avrebbero potuto, alla fine dei secoli, dire che Dio era buono e paterno per tutti gli uomini? Essi erano incolpevoli d’esser nati in altre patrie, in altre religioni. Se una colpa c’era, era quella degli ebrei che avevano un odio accanito e un ribrezzo schifiltoso per ogni incirconciso, fosse anche moralmente molto più giusto di essi.
Mai, per questo ribrezzo ingiustificato e contrario al comando d’amore verso il prossimo che non è solo formato dai compatrioti e correligionari, mai Israele aveva cercato di far conoscere il vero Dio a quelli che molti dèi adoravano, e neppure a quelli che, per essere particolarmente virtuosi tra i pagani, tanto sentivano esservi un Dio vero - diverso dai falsi dèi, Unico, Santo, Creatore in modo ben diverso di quanto dicessero le mitiche leggende, Tutore e Movente di tutto il Creato - da innalzare un’ara al Dio Ignoto e conservarla là, per secoli, quasi ad invocarlo. E, senza un comando preciso del Verbo Incarnato – “Andate ad evangelizzare tutte le genti battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando quanto vi ho insegnato” - neppure i migliori di Palestina, gli eletti, gli ammaestrati per tre anni da Lui con la parola e l’esempio, avrebbero rimosso le pietre pesanti delle loro concezioni ebree, che giudicavano “abominio e impurità” tutto quanto non era Israele, accomunando nel disprezzo i Samaritani coi Fenici, coi Romani, con quanti non erano della Sinagoga d’Israele.
Gli Atti degli Apostoli testimoniano su questa persistente ottusità ed avversione anche tra gli Apostoli. Gesù, il Maestro che per tre anni aveva loro spiegato che il suo Regno non era di questo mondo, che aveva rifiutato ogni loro insinuazione a farsi “re”, che aveva rimproverato i loro sogni di umana gloria, sino a far di un di essi il suo traditore per la delusione di un delirio svanito, sta per tornare al Padre. E mentre benedicendoli ancora sta per lasciarli, dopo che già una volta da Lui (Giov. c. XX v. 22) hanno ricevuto lo Spirito Santo per poter capire le cose soprannaturali e le cose spirituali - per poter così assolvere comprendendo i misteri dei cuori e delle carni - ancora gli chiedono: “Ricostruirai ora il regno d’Israele?” (Atti c. 1 v. 6). Ancora non avevano capito, tanto erano Israele antico, che il Messia era Re d’un regno spirituale ed eterno.
E anni dopo, quando già Saul era Paolo, e Pietro era Pontefice e ripieno di Spirito Santo da tempo, ancor così viva era la prevenzione verso i Gentili che Dio, a far persuaso Pietro di non respingere il centurione Cornelio di Cesarea, dovette operare un duplice miracolo (Atti c. X v. 11-16 e c. X v. 25-33) e una conferma, sia per Pietro che per gli altri Apostoli e fratelli di Giudea, pronti a rimproverare Pietro per il suo operato (Atti c. X v. 44-48 e c. XI v. 2 e versetti 15-17).
Queste cose, certe perché sono contenute in un completamento del Vangelo che i Padri della Chiesa hanno ritenuto accettabile e di fede, sono prova di come era forte, anche nei migliori del vecchio Israele e nei santi della nuova Chiesa di Cristo, la prevenzione contro i Gentili.
Ma Gesù, Redentore di tutti i giusti di volontà e di spirito, volle, col chiamare al Regno tutti gli uomini, dare testimonianza e prova che tutti gli uomini sono predestinati al Cielo, per quanto sta a Dio, essendo Egli, di tutti gli uomini, Padre amoroso e provvido.
Non cercavano la giustizia i Gentili, la vera Giustizia; ma non già per sprezzo di essa, bensì perché non sapevano che vi fosse, né alcuno insegnava ad essi che essa era. Ma, conosciuto che essa era, l’abbracciarono, e con un eroismo di fede che stupì il mondo e lo fece cristiano.
Veramente che il fango del paganesimo fu lavato dai fiumi di sangue dei martiri che, per la massima parte, erano Gentili convertiti al Cristo; e il fumo dei roghi, su cui ardevano gli eroi di Cristo, purificarono il mondo, mentre le fondamenta della Chiesa furono date dalle ossa dei confessori, cementate dalle loro ceneri e sangue. E i loro stessi nomi testimoniano quanto popolo di martiri confessori del Cristo abbiano dato i Gentili.
E come Gesù, chiamando al Regno tutti gli uomini, testimonia che il Regno fu predestinato a tutti gli uomini perché venisse poi donato a quelli che con le loro virtù se lo fossero meritato, così i Gentili, eleggendo di spontanea buona volontà di voler far parte di questo Regno di Dio, nell’uomo prima, nel Cielo poi, testimoniano che ogni uomo può appartenervi, purché lo voglia, a prescindere dal suo passato.
All’opposto, Israele, che pur conosceva la Giustizia e la Sapienza da secoli, e che, ove avesse voluto, era stato in grado di completare, perfezionare, accogliere la vivente Sapienza e la vivente Giustizia - Gesù, Sapienza e Giustizia divine e incarnate - non volle cercare questo completamento, questa perfezione; anzi, in luogo di accogliere Colui che veniva per farli veramente giusti e sapienti, respinse, conculcò, uccise il Cristo Santo e Sapiente e, persistendo nel suo mal volere, i suoi continuatori.
Non volle essere giusto, Israele. Mai. Né verso il Maestro, né verso il Taumaturgo, né verso il Messia, né verso il Verbo Incarnato, né verso l’Innocente. Condannò come blasfeme e sataniche le parole e le azioni del Maestro e Taumaturgo, derise e chiamò simulatore e sacrilego il Messia, non volle riconoscere il Verbo la cui divinità era palese anche a chi non la volesse ammettere, e a Colui che meritava ogni onore, come Uomo giustissimo e come Dio vero, dette la Croce.
Così, sempre così fa il perpetuo Israele, ossia l’immortale classe dei farisei e scribi, verso i giusti, i servi di Dio, gli eletti di Dio. Il nemico di tutto quanto è santità e bene, nemico di Dio, nemico dei servi di Dio, agita i suoi veleni, le eredità della Colpa d’Adamo, contro gli uomini, e li fa concupiscenti, ossia invidiosi, astiosi, mentitori, ingiusti verso i santi che servono Dio, nel modo che Dio li ha chiamati a servirlo.
Israele, l’antico e il nuovo, ha la lettera della giustizia, ma non ha lo spirito della giustizia. Non lo ebbe 20 secoli or sono, e non lo ha ora.
La lettera, anzi una valanga di lettere: “i pesi” insopportabili posti sulle spalle dei “piccoli”, mentre sulle loro di “potenti” non ne mettono; i “serrami” posti perché sia impossibile alla gente entrare nel Regno dei Cieli; le “decime” che vengono pagate per palese ossequio alla Legge e che non pesano ai ricchi mentre sono gravame ai poveri, per i quali non v’è giustizia e carità, ossia le cose più essenziali della Legge e, per giustificare la durezza, l’egoismo, l’avarizia, è definito “corban” il denaro che meglio sarebbe speso per soccorrere una miseria; tutte queste cose, di cui il Cristo parlò ai suoi amici e nemici con l’imparzialità propria di chi è veritiero e staccato da ogni pensiero umano, erano e sono la “lettera” e non lo “spirito” della Legge, e sono impedimento ad entrare nella giustizia.
Così Israele non entrò nella giustizia e, rimanendo fasciato e mummificato nelle formule che s’era date, sepolto e fatto cieco dalle macie che si era appesantite sull’intelletto e sullo spirito, rimase privo, come un cadavere della vita, della fede perfetta: quella di Cristo e in Cristo; e ciò che avrebbe dovuto essere “Luce”, “Pietra angolare”, anche e soprattutto per esso, gli divenne pietra d’inciampo.
Quella pietra di cui Isaia aveva parlato e predetto e di cui anche il Cristo, profetizzato dal vecchio Simeone “rovina e risurrezione di molti e segno di contraddizione”, dice: “La pietra che riprovarono è divenuta pietra angolare... e chi andrà contro questa pietra si sfracellerà, e coloro che saranno colpiti da questa pietra (cadere della stessa sopra costoro) saranno stritolati”.
Chi sono coloro che si sfracellano per andare contro la Pietra-Gesù-Chiesa? I nemici di Cristo che è Pietra-Chiesa-Capo della Stessa.
Ancora non s’è visto che un vero, grande oppositore della Chiesa Cattolica Apostolica Romana abbia avuto vittoria. La storia di venti secoli dimostra che chi alzò la mano prepotente sulla Chiesa e le andò contro, per odio, rimase sfracellato nei suoi sogni di perversa gloria, come dimostra che le condanne ecclesiastiche non sono “lettera”, ma realtà che Dio sottoscrive col suo Volere, e che i colpiti da esse non possono che conoscere rovina nel tempo e nell’eternità.
Chi sono coloro su cui la Pietra cade stritolandoli? Coloro che invocarono su essi quella Pietra stritolatrice urlando: “Il suo Sangue ricada su noi e sui nostri figli”.
E quel Sangue ricadde. E stritolò il Tempio e l’Altare, i sacerdoti, i potenti, e anche i minimi d’Israele, e con essi stritolò il loro stolto orgoglio nazionale, le loro durezze spietate verso i minimi, le loro errate deduzioni e convinzioni sul Regno e sul Messia-Re. Tutto stritolò. Per secoli. Né ancora è finito lo stritolamento. Sinché dall’orgoglio e dalla cocciuta cecità d’Israele - tali anche se la Pietra caduta su Israele ha polverizzato e sparso come polvere l’orgoglioso Israele - non si alzerà umile il grido invocante perdono, il grido di conoscimento e riconoscimento che da 20 secoli l’Eterno attende per perdonare ad Israele il suo orrendo peccato di deicidio e per riammetterlo alla visione salvatrice del Cristo: “Benedetto Colui che viene nel Nome del Signore! Osanna al Cristo Figlio di Dio per generazione eterna e al Figlio di Davide per generazione umana dalla Vergine, germoglio della radice di Jesse, fiore, giglio inviolato venuto da questa radice, dal quale, sopravvenendo sulla vergine e immacolata corolla lo Spirito del Signore, è venuto l’Emmanuele!”.
Sino a quel momento peserà la condanna su Israele, mentre per quelli, di qualunque luogo siano, che credono nel Cristo o, quantomeno, appartengono, per desiderio buono, per giustizia praticata, per carità esercitata verso il prossimo e verso il Dio intuito, se anche non conosciuto, all’anima della Chiesa, non vi sarà che conferma delle loro speranze e premio delle loro virtù.»
[28] Diaspora, che significa dispersione, sta ad indicare gli israeliti disseminati nel mondo, fuori della terra promessa, come è detto all’inizio della Lettera di Giacomo.