Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
Dice il Divinissimo Autore:
«Molti, quando si sentono richiamare sulle vie di giustizia per non dare dolore a Dio, rispondono, ed è accusa blasfema: “E di che si lamenta? È Lui che ci ha creati così. Lui poteva crearci intangibili all’assalto del Male, o almeno interdire al Male di assalirci. Lui poteva farci tutti buoni, tutti santi. Invece! Dove è la sua equanime misura di bontà e provvidenza per tutti? Chi è ricco, chi è miserabile, chi è sano e chi è sempre malato; chi è amato da parenti, da sposa, da figli, da amici, e chi è incompreso, sfruttato, tradito, disamato dagli stessi; chi trionfa sempre e chi mai, pur avendo tutti i motivi anche santi per trionfare. Come si può pretendere che chi è vittima della società, della famiglia, degli infortuni o malattie, non divenga ribelle vedendo che molti altri non sono vittime ma trionfatori? E chi fu creato con sangue bollente d’ira o lussuria non deve forse dire: ‘Perché m’hai creato così?’. È Lui, Dio, che vuole così, e al suo volere è inutile opporsi. Non nel Bene, e non nel Male. È Lui che vuole”.
No. Non è Lui. Non cadete nell’eresie di certe sètte ormai ufficialmente cadute, ma in realtà tuttora vive nei cuori con le loro eretiche dottrine, o di altre ufficialmente vive, le quali, dalle loro dottrine avulse dalla Verità, Luce, Sapienza divine - perché avulse, esse sètte, dal Corpo mistico - traggono la conclusione che l’uomo non è stato creato per il Cielo, ma per divenire dannato perché creato in modo che non può che peccare.
Non è così. Non credetelo, se vi vien detto. Non accogliete questo pensiero, se Satana ve lo insinua nella mente. Sarebbe rinnegamento, disconoscimento, disperazione. Rinneghereste Dio, disconoscereste la sua Natura, la sua Paternità, tutti i suoi attributi, cadreste nel peccato di disperazione di salvarvi, e come foglie morte vi lascereste trascinare lungi dalla vera mèta: il Cielo, e per vie di tenebre e fango precipitereste nell’abisso. In quell’abisso in cui è fatale precipitino coloro che non credono, non sperano, non amano più Dio, le sue certe promesse, la sua Legge.
Imitate il Cristo. Nessuno fu più provato di Lui. Nessuno come Lui conobbe la solitudine, l’incomprensione, gli abbandoni. Da quelli celesti a quelli umani. Nessuno patì tutti i dolori: non parlo solo di quelli delle sue estreme giornate terminate nel sepolcro, parlo di tutti i dolori patiti da quando aprì gli occhi in Betlemme. Dolori d’ogni specie. E sempre più grandi. Ma mai Egli rimproverò il Padre per questo oceano di dolori di cui era circondato, e che saliva con le sue onde amare, sempre più saliva a sommergerlo.
Mai accusò il Padre. Sapeva che Egli permetteva questo per esaltarlo poi per i suoi meriti, in misura senza misura, in proporzione al patito. Sapeva che il male, il dolore, ogni solitudine e angoscia che soffriva, veniva dall’Uomo decaduto, da Adamo e dai suoi discendenti che, per esser decaduti, non potevano che dare dolore a Colui che era Dio in veste umana e che tale era per renderli figli di Dio. Lo stesso Satana li muoveva, ed egli lo sapeva, perché conscio della sua prossima sconfitta per la restituzione dello stato di grazia ai redenti, e si vendicava col massimo del suo odio verso l’Amore.
Imitate il Cristo. E non bestemmiate incolpando Dio per le vostre debolezze.
Non vi ha Egli creato tutti uguali? Non vi ha dato, a tutti, ugualmente un intelletto per comprendere, un cuore per amare, una coscienza per vedere il bene e il male, un’anima perché in voi siano spirituali slanci e possibili incontri tra voi e Dio?
Soffrite? Pensate a che e a chi vi fa soffrire. Vedrete che è l’uomo. O perché vi trasmise sangue impuro, essendo stato peccatore, o perché attentò alla vostra integrità fisica, o perché ebbe invidia e odio per voi e vi calunniò o nocque moralmente, è l’uomo che è causa del vostro soffrire.
Vi sentite deboli nello spirito e mortificati per le vostre cadute? Esaminatevi bene. È proprio Dio che vi trasse a quella tentazione, o siete voi che vi ci siete messi, o non avete fuggito i vostri tentatori?
Nell’anima vostra la Colpa, che il Battesimo lava, ed i fomiti, che restano, nonché le vostre colpe, sono proprio tali da fare di voi dei perversi che non possono che essere tali, dei ripudiati che non hanno più somiglianza col Padre, né mezzo di sempre più aumentare questa divina somiglianza?
No. Come un uomo, anche se nasce o diviene deforme, bestiale, mostruoso, non cessa per questo d’esser uomo e, anche se sia lesa l’intelligenza, resta viva l’anima, o suscettibile a tornare viva anche se, per degenerazione psichica, l’uomo cade in peccati da bruto, ma poi se ne pente e invoca le acque della Vita per la sua anima morta, così, e con più ragione, l’anima non perde totalmente mai la sua somiglianza col Padre che l’ha creata, né si spegne totalmente in essa la tendenza al Bene, il richiamo alla sua origine e al suo fine. È anche qui la parte umana dell’uomo quella che, di spontanea e satanica volontà, può volere per l’anima la morte; ma l’anima, ove fosse libera e sola, tenderebbe sempre alla ricerca di Dio, al ricrearsi per essere con Lui.
Chi spontaneamente e premeditatamente uccide la sua anima, finisce quasi sempre a uccidere anche il suo corpo. Violento all’anima, lo diviene anche verso la carne e, avendo rinnegato l’Essere, il Fine, la Fede e l’esistenza, in lui, dello spirito, si uccide, imitando Giuda.
Chi senza premeditazione uccide la propria anima col peccato mortale, ma poscia ha volontà di Vita e, pentito, cerca rigenerazione e confida nella Misericordia, imitando Disma[27], non solo ridà vita al suo spirito ma, per l’umiliazione della caduta, diminuisce in superbia e cresce in umiltà; e quindi la colpa, le sue stesse tendenze, servono, col tenerlo umile, a farlo procedere verso la perfezione, che non può mai essere dove è la superbia, mentre l’esperimentare l’amore di Dio, che perdona al colpevole pentito, lo porta a più vivo amore a Dio, e quindi verso il suo Fine.
Molte volte - e ne è esempio Paolo - dalle grandi miserie, dai vasi di argilla, magari colmi di fango di lussuria e d’odio, Dio trae i suoi vasi di elezione.
Egli è come il vasaio. È il divino Vasaio. Con la stessa materia fa i vasi, tutti i vasi. Con la stessa materia. Nello stesso modo. Vi mette dentro le stesse cose. Dà a tutti una stessa missione e uno stesso fine. Il suo Pensiero sa quali di essi rimarranno fedeli al fine e alla missione e quali no. Ma non è Lui che li vuole tali. È la materia che vuole rimanere fedele o non lo vuole.
E la pazienza divina tutto sopporta. Sa attendere. Fa degli uomini - vasi di elezione o perdizione, di carità o di odio, di verità o di menzogna, di castità o di lussuria - altrettanti mezzi a provare altri uomini nella loro volontà di salute o di rovina, di cupidigia o di amore alla povertà spirituale per distacco da tutto ciò che non è Dio, di ribellione o di mansuetudine, d’ira o di docile pianto nel dolore, d’ingiustizia o di giustizia, di durezza o di misericordia, di triplice concupiscenza o di triplice purezza, d’iracondia o di pace, di persecuzione verso i fratelli o di fedeltà anche durante la persecuzione, per premiare o punire, secondo che merito o demerito esige. E anche per far risplendere la sua Potenza, dando il Regno a coloro che rispondono alle sue luci, ai suoi inviti, ai suoi comandi, e levandolo a chi, autoproclamandosi “dèi e giusti”, non si piegano alle sue Voci, chiamano “tenebre” le sue luci, suggestioni di satana i suoi prodigi.
Così fece Israele verso il Signore e il suo Verbo. E Dio, che voleva punire Israele che della Legge divina aveva ormai la lettera ma non lo spirito, ed era caduto nei perenni peccati di superbia, durezza di cuore, di ribellione e anche, sì, di idolatria - schernendo il Dio vero incarnatosi per amore, uccidendolo per esser loro “dèi” - dopo aver sopportato per secoli con pazienza questi vasi, su cui già scendeva la sua ira a dannarli a perdizione, ripudiando la Sinagoga e i suoi ministri, dalla riprovazione di Israele colpevole del massimo peccato trasse la salute, la misericordia, la gloria eterna per i Gentili, e al posto del Tempio e dell’altare demoliti - come era detto dai Profeti e dal Cristo - e dei vecchi sacrifici, ricostruì il Tempio nuovo, e il nuovo altare e il nuovo Sacrificio perpetuo e santissimo, come eterno e santissimo ne è il suo eterno Pontefice: il Cristo, Figlio di Dio.
Al qual Tempio, altare e sacrificio, tutti i popoli erano ammessi, e lo sono, perché ogni uomo è creato da Dio, ha la stessa origine, lo stesso fine, gli stessi diritti di figlio presso il Padre, che è misericorde e compassionevole verso tutti coloro che si volgono a Lui.»
[27] Disma, come a nota 19.