Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
Dice l’Autore Ss.:
«“Il timore di Dio non è dinanzi ai loro occhi”, dice l’Apostolo. E con questa breve sentenza spiega ogni depravazione dello spirito incirconciso.
La maggioranza degli uomini cattolici - parlo a questi e di questi, perché costoro hanno ricevuto i sette mirabili doni del Paraclito e dovrebbero, per questo, conoscere almeno la forza, la pace, la luce che da essi viene e la verità della loro natura - la maggioranza dei cattolici non sa esattamente cosa sia il timore di Dio né come lo si pratichi.
Anche qui ci sono tre categorie. Quella degli scrupolosi, quella dei quietisti o indifferenti, e quella dei giusti. Ma prima di parlare di loro parlerò del dono.
Cosa è il timore di Dio? Paura di Lui, quasi Egli fosse un giustiziere inesorabile che si compiace di punire, un inquisitore che non lascia di notare le più piccole imperfezioni per mandare alle torture eterne? No. Dio è carità, e di Lui non si deve avere paura. Bene il suo occhio divino vede tutte le azioni, anche le minime degli uomini. Bene la sua giustizia è perfetta. Ma proprio perché è tale, Egli sa valutare la buona volontà degli uomini e le circostanze nelle quali l’uomo si trova, quelle circostanze che sono sovente altrettante tentazioni a peccare di superbia e perciò di disubbidienza, ira, avarizia, gola, lussuria, invidia, accidia.
Dio punì duramente Adamo ed Eva, ma nel suo castigo fu subito unita misericordia: la promessa di un Redentore che li avrebbe tolti dalla prigione conseguente alla colpa, essi e i figli loro e quelli venuti dai figli dei figli. Ad Adamo ed Eva, pieni di innocenza e grazia, dotati di integrità e di scienza proporzionata al loro eccelso stato e al loro ancor più eccelso fine - passare dal Paradiso terrestre a quello celeste e godere in eterno del loro Dio - Dio avrebbe ben potuto dare condanna eterna. Perché essi tutto avevano avuto di quanto serve a santificarsi ed essere perfetti contro ogni tentazione, e l’avevano avuto senza aver fomiti di peccato in essi.
Voi uomini, questi fomiti li avete. Il Battesimo e i Sacramenti vi cancellano la macchia di origine, vi rendono la Grazia e vi infondono le virtù principali, o vi cancellano i peccati consumati dopo l’uso della ragione, o vi fortificano della forza stessa di Cristo cibandovi di Lui, o vi sostengono con la grazia di stato. Ma il retaggio del Peccato originale resta coi fomiti, e su questa eredità, su questo residuo del contagio ricevuto dal Progenitore, lavora Satana con più facilità di riuscita che non su Adamo ed Eva.
Dato che uno degli assiomi della divina Giustizia è questo: “A chi più ha ricevuto più viene chiesto”, ad Adamo ed Eva, che avevano tutto ricevuto e non avevano tare ereditarie in loro, ma unicamente la perfezione di essere usciti formati dalle mani di Dio, dal Pensiero di Dio - perché Dio col suo solo Pensiero comandò all’argilla di formarsi secondo il suo disegno, e le molecole dell’argilla, materia inerte e sorda, ubbidirono, perché tutto ubbidisce al comando di Dio, tutto fuorché Satana e l’uomo più o meno ribelle - ad Adamo ed Eva, usciti formati dal Pensiero di Dio e animati dal suo soffio, ad Adamo ed Eva tutto doveva esser chiesto e preteso, e in caso di peccato tutto doveva esser levato, e castigo senza fine doveva essere dato.
Essi conoscevano Dio. Conversavano con Lui nel vento della sera. Egli, oltre essere il loro Autore, era il loro Maestro, ed essi erano le prime “voci” destinate a rivelare ai futuri le verità imparate da Dio. E ciononostante, pur avendo conosciuto la Perfezione, furono curiosi dell’Orrore e ascoltarono l’Orrore non seguendo la Parola di Dio.
Offesero duramente il Padre Creatore, il Figlio Verbo che li istruiva sul Bene e sul Male, sulle cose e animali e piante create, e l’Amore perché, ingrati, dimenticarono, per un lubrico Seduttore che li tentava ad un frutto, a uno solo, tutto quanto la Carità aveva loro dato perché fossero felici.
Ma Dio non comminò l’Inferno ad essi. Non poteva forse fulminarli, là ai piedi dell’albero della Prova che per essi era divenuto l’albero della Concupiscenza? Volontariamente essi lo avevano mutato in tale, e sarebbe stato giusto che perissero, essi, vera mala pianta nata da perfetto Seme - il Pensiero divino - divenuta maligna perché avvelenata dalla bava infernale. Non poteva Dio ordinare all’Arcangelo di colpirli con la sua spada di fiamma là, alle soglie del Paradiso terrestre, perché la loro spoglia immonda non contaminasse la Terra e da quel limite essi precipitassero nell’Abisso dal quale era uscito colui che essi avevano preferito a Dio?
Poteva. E sarebbe stato nel suo pieno diritto. Ma la Misericordia, ma l’Amore temperarono la condanna con la promessa della Redenzione e perciò del premio eterno.
Coloro, tutti coloro che muoiono negli scrupoli e offendono così la Paternità di Dio, il suo Amore, la sua Essenza, credendolo un Dio terribile, insofferente di ogni debolezza nei piccoli suoi figli, intransigente, misurante i piccoli sulla sua Perfezione infinita, dovrebbero riflettere a questo. Chi mai si salverebbe se Dio fosse come essi lo concepiscono? Se misura della perfezione umana dovesse essere la Perfezione divina, chi abiterebbe i Cieli fra i figli di Adamo? Una sola: Maria.
Ma se è stato detto: “Siate perfetti come il Padre mio e vostro”, non è già per sgomentarvi, ma per spronarvi a fare il più che potete. Sarete giudicati - non mi stanco di ripeterlo - non per la perfezione conseguita in misura perfetta prendendo a misura quella divina, ma per l’amore con il quale avrete cercato di fare.
Nel comando d’amore è detto: “Ama con tutto te stesso”. Questo “te stesso” cambia da persona a persona. C’è chi ama come un serafino e chi sa amare soltanto come un pargolo, molto embrionalmente. Ma il Maestro, posto che la maggioranza sa amare come i pargoli - molto embrionalmente - mentre seraficamente sanno amare soltanto creature di eccezione, ecco che vi ha proposto a modello un fanciullo. Non Se stesso. Non sua Madre. Non il padre suo putativo. No. Un fanciullo. Ai suoi Apostoli, a Pietro, capo della Chiesa, ha proposto a modello un fanciullo.
Amate con la perfezione di un fanciullo che crede senza elucubrazioni scientifiche per spiegarsi i misteri; che spera, senza timore paralizzante, frutto di troppo raziocinare, di andare nel bel Paradiso; che ama serenamente Iddio, pensato buon papà, buon fratello, buono e protettore amico, e fa il suo piccolo bene per far piacere a Gesù; e sarete perfetti nella vostra misura perfetta, perfetti nella vostra bontà relativa, come è perfetto Iddio nella sua bontà infinita.
Timore di Dio non è dunque terrore di Dio. Questo ricòrdino i malati di scrupoli, i quali offendono Dio nel suo amore e paralizzano se stessi in un perpetuo tremore. Ricordino che un’azione non buona diventa più o meno peccato a seconda che uno è convinto che sia peccato, o è incerto che lo sia, o non crede affatto che lo sia. Perciò, se uno fa anche un’azione non veramente peccaminosa ma è convinto che essa lo sia, fa cosa ingiusta perché il suo desiderio è di fare cosa ingiusta, mentre se uno fa cosa non giusta ma ignorando che sia tale, veramente ignorando che sia tale, Dio non gli imputa quella cosa come colpa.
Così pure, quando speciali circostanze obbligano un uomo a compiere azioni che il decalogo o altra legge evangelica proibiscono (giustizieri che devono compiere giustizia, soldati che devono combattere e uccidere, congiurati che per non mandare al patibolo i loro compagni e nuocere a interessi superiori giurano di essere loro soli i colpevoli e muoiono per salvare gli altri) Dio giudicherà con giustizia l’imposto omicidio o l’eroico spergiuro. Basta che il fine dell’azione sia retto e compiuto con giustizia.
Timore non è terrore. Però anche timore di Dio non è quietismo. I contrari degli scrupolosi sono i quietisti. Sono quelli che per un eccesso di fiducia, ma fiducia disordinata, non si dànno premura di fare il bene perché sono sicuri che Dio è così buono da essere sempre contento di tutto. E con ogni studio, seduti nella loro staticità sonnolenta, cercano di restarvi, chiudendo la mente alle verità che a loro non piace di sapere, ossia a quelle che parlano di castigo, di purgatorio, di inferno, del dovere di fare penitenza, di lavorare a perfezionarsi.
Sono anime torbide e superbe. Sì, perché i quietisti sono dei superbi. Superbi credendosi già perfetti al punto da essere certi di non peccare mai. Superbi perché, anche se fanno atti di pietà e di penitenza, sono atti esterni, per aver nome e lode di “santi”. Sono senza carità perché sono egoisti. Sul loro altare è il loro io, non è Dio. Sono bugiardi e sovente si fingono contemplativi e prediletti da Dio con doni straordinari. Ma non è Dio che li predilige, sebbene Satana, il quale li seduce per traviarli sempre più. Si credono poveri di spirito perché non hanno santa premura di compiere azioni buone per meritare il Cielo, ma poveri di spirito non sono; anzi sono pieni della golosità e avarizia più grette e profonde, e sono accidiosi. Sono intemperanti perché non negano nulla alla materia, e se uno dice loro: “Non è lecito ciò che fai”, rispondono: “Dio lo vuole per provarci. Ma noi sappiamo uscire dall’illecito con la stessa facilità con cui vi entriamo perché noi siamo stabiliti in Dio”. Sono dei veri eretici, e Dio li abborre.
Infine vi sono i giusti. Essi hanno il dolce, riverenziale timore di Dio. Temono di dare dolore a Dio, e per questo, con tutte le loro forze, cercano di fare ogni azione buona e nel miglior modo a loro possibile. Se cadono in imperfezione o peccato, hanno un ardente pentimento e lo vanno a deporre ai piedi di Dio, e un’ardente volontà di riparazione. La colpa involontaria non li paralizza. Sanno che Dio è Padre e li compatisce. Lavano, riparano, riedificano ciò che l’Insidia multipla, e assalente proditoriamente, ha sporcato, sciupato, abbattuto; fanno ciò col loro amore che invocano sempre più forte dall’Amore divino: “Infondi il tuo amore nel mio cuore”. Costoro hanno il vero timor di Dio.
Cosa è dunque il vero timor di Dio, sempre vivo nel loro spirito? Il timore di Dio è amore, è umiltà, è ubbidienza, è fortezza, è dolcezza, è mitezza, è temperanza, è attività, è purezza, è sapienza, è ascensione. E il vero Modello del timore perfetto di Dio è dato dal Cristo, che amò Dio con un amore che si piegò ilare e volonteroso a ogni desiderio del Padre sino all’ubbidienza di croce, che fu umile sino ad abbassarsi sui piedi del traditore e baciarli, che fu forte contro tutte le insidie, dolce come un pargolo, temperante come un asceta, mite come un agnello, puro come un angelo, più di un angelo, sapiente essendo l’Uomo uno con Dio, contemplatore che ascendeva con lo spirito rapito alle adorazioni perfette che facevano esultare i Cieli ai quali, finalmente, saliva dalla Terra, dall’Uomo, un’adorazione che saziava il fuoco di Dio.
Anche Maria fu un esempio di timore perfetto. Ma Ella fu ciò che fu in vista dei meriti del Figlio. E perciò ancora bisogna dire che Colui che in eterno fu possessore del timore perfetto fu il Verbo di Dio per il quale tutto fu compiuto, anche la meraviglia del Cielo e della Terra: la Vergine Immacolata, Figlia, Madre, Sposa di Dio.
Un solo versetto su tanti ha avuto commento. Ma l’importanza di esso è tale che la Sapienza su esso si è attardata.
Possedete il perfetto timore di Dio, e voi possederete l’amore perfetto, e perciò possederete Dio e sarete da Lui posseduti. In eterno.»