MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

LEZIONI SULL'EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI LEZIONE XXVII


RM-8 5-7

8 gennaio 1950


    Dice lo Spirito Santo[18]:
    «La legge dello spirito ha, per Gesù Cristo, liberato dal peccato e dalla carne, redimendo dalla colpa d’origine, lavando dalle colpe della carnalità sorte per i fomiti lasciati dalla Colpa prima, fomiti che l’uomo non reprime con acuta ed eroica volontà.
    Ma la legge dello spirito non ha soppresso la legge della libertà d’arbitrio. Ove lo avesse fatto, non ci sarebbe più stata giustizia nel dare il premio ai vittoriosi, ché tutti sarebbero stati senza colpa, ma anche senza merito di non aver voluto peccare.
    Il libero arbitrio ed i fomiti lasciati dalla Colpa prima sono un pericolo di morte per la creatura creata ad immagine e somiglianza divina, predestinata alla grazia e alla gloria. Ma sono un pericolo santo, venuto, dato dalla Santità Infinita, permesso dall’Infinito Amore, per poter dare con giustizia ad ogni creatura ciò che essa ha meritato col suo amore o col suo disamore, nel tempo della carne, e con l’aiuto della carne, e con la vittoria della volontà spirituale sulla carne, per amore a Dio e aspirazione al Cielo. Non per evitare l’Inferno, ma per solo moto d’amore all’Amore inesprimibile, inconoscibile, che solo una vita e morte in grazia permetteranno di comprendere e conoscere e possedere.
    Ora nelle turbe dei cristiani, e cristiano-cattolici, molti sono quelli che portano il segno esteriore del cristiano, come gli antichi farisei portavano le filatterie alla fronte e al polso, ma che poi non hanno il segno vero del cristiano nel cuore, come non avevano i farisei la vera legge nell’interno del cuore, regola a quelli e a questi della vera vita di figli di Dio. Hanno il nome e il segno esteriore di cristiani. Ma non ne hanno la vita.
    La vita cristiana è amore. Tutto amore. L’Amore ha dato i comandamenti ai cristiani. E l’amore dei cristiani rende loro possibile la vera esecuzione dei comandi. L’Amore propone, dispone, per premiare. E l’amore dei cristiani accoglie ed esegue per meritare il premio e far contento l’Amore.
    Ma l’amore, movimento che viene dal Generatore di tutto, che è Dio Creatore di tutte le cose create, delle creature della sua Volontà - dallo stelo d’erba al sole, dal sasso opaco e inerte alla stella splendente e trasvolante per i firmamenti, dal verme all’uomo che la Grazia divinizza, dall’animale all’angelo - è spirituale movimento, come purissimo Spirito è Colui che, essendo l’Amore Infinito, lo ha infuso in un con l’essere nelle creature abitatrici del Regno del Cielo dalla creazione loro (gli angeli fedeli) a quelle che vi assursero e assurgeranno (spiriti beati) durante i millenni.
    E l’amore, essendo cosa spirituale, non può essere gustato e posseduto da quelli che la carne domina. La carne usa chiamare “amore” l’appetito concupiscibile per un’altra o molte altre carni. Ma quello non è amore: quello è libidine, lussuria, concupiscenza della carne.
    L’amore lo ebbero, perfetto per quanto può essere nella creatura e a seconda dei suoi meriti e della sua santità, il Figlio dell’Uomo, Maria sua Madre, e Giuseppe il Giusto. Tre gradi diversi di perfezione che splendono, separati dalle altre perfezioni di giusti, da quelle di Giovanni il vergine apostolo di Gesù, a quelle dei giusti di tutti i tempi, ossia a quelle di coloro che camminarono secondo lo spirito, e spirito divinizzato dalla carità che è ancora Dio nell’uomo.
    Costoro, i separati, i segregati, sacri a Dio, possiedono e gustano l’amore. Gli altri: i cristiani secondo la lettera e non secondo lo spirito, possiedono e gustano la concupiscenza della carne, che non è amore ma appetito di piacere carnale. Fra i primi ed i secondi è l’abisso. Fra i primi ed i secondi è l’impossibilità di alleanze e l’incomprensibilità in tutto. Un ponte è sull’abisso, un ponte in ascesa: il nome di Dio.
    I primi, col loro amore compassionevole verso i poveri fratelli, dal limite più alto del ponte chiamano e tendono la mano ai poveri fratelli per far loro varcare l’abisso e portarli sulla via dello spirito con la santa seduzione di quel Nome che accende visioni di gaudi inenarrabili.
    Ma i secondi, o non accolgono l’invito, o dopo poca ascesa, appesantiti dal peso della carne, sedotti dai frutti di essa, che sono dalla parte bassa del ponte che congiunge la Terra col Cielo, precipitano di nuovo verso i palpabili, materiali, carnali frutti della carne, e vi si pascono, lasciando di appetire ai misteriosi, spirituali frutti celesti, insipidi al loro gusto carnale e corrotto, e che corruzione porta al loro spirito perché “la saggezza della carne è morte”.
    Ma i secondi, che credono poter servire Dio e Mammona bilanciando e controbilanciando con pratiche e riti religiosi letterali le azioni sostanziali della carne, e scambiando la divina Misericordia per stolta bontà che è lecito irridere sinché la vita è bella, la salute buona, gli affari e ricchezze floride cose, riducendosi ad un’estrema contrizione per evitare l’inferno, contrizione non sempre concessa di compiere dal Dio schernito per tutta una vita, si credono “saggi” perché sanno godere e pregare, oh! infangate orazioni oggetto di ribrezzo al Purissimo! Questa è “saggezza della carne” e non è pace, e non è vita, e non è terreno e moneta di futura ed eterna pace e vita celeste.
    Ma costoro sono gli amici-Giuda di Dio. Quelli che, come il Traditore, fingono ossequio a Dio e al prossimo, ambi presenti nel Dio-Uomo Gesù, e “Amico” lo chiamano - Lui, sempre presente nel suoi veri figli, in quelli che vivono secondo lo spirito e di spiritual cibo si pascono e gustano quel solo - e poi Dio tradiscono e a Lui sono nemici disubbidendo alla sua Legge d’amore e al Decalogo tutto, ostacolando il suo Volere, opprimendo e crocifiggendo i suoi servi, le sue voci, i suoi strumenti.
    Or la fine di Giuda non fu solo morte della carne, ma morte dello spirito. Egli era già un “morto”, una “spoglia” di Satana, mentre ancora mangiava l’agnello con l’Agnello e mentre il Pane di Vita scendeva in lui. Anzi fu giusto allora, per la sua ipocrisia, che Satana entrò in lui da supremo, eterno padrone. Perché Dio è Verità e non può esservi Dio dove è menzogna, ipocrisia, falsa testimonianza contro un innocente. Tutto ciò era Giuda. Il Pane di Vita non ebbe potere di vincere il sapore del frutto carnale e Giuda, sacrilegamente mescolando l’appetito concupiscibile della carne col frutto soavissimo e santissimo del Sacramento d’amore, segnò il suo decreto di morte eterna.
    Perché amore e odio non possono vivere uniti. Perché Dio e Satana non possono insieme servirsi. Perché non vi è perdono al peccato contro l’Amore, peccato deicida e fratricida. Perché non può venire al regno di Verità l’ipocrita, il menzognero, il calunniatore.
    “I cani, i venefici, gli impudichi, gli omicidi, gli idolatri, chiunque ama e pratica la menzogna, sia fuori dalla celeste Gerusalemme” (Apocalisse c. 22 v. 15). Ora si avvelena e si uccide anche senza altro veleno che la calunnia e il dolore dato al fratello. Ora si è idolatri anche se per idolo si adora l’io proprio credendolo perfetto, o l’idolo di un altro io.
    Io dico che è più facile si salvi un Disma[19], sincero nella sua confessione, che un falso servitore della Legge e di Cristo. Perché Dio ama paternamente il peccatore che si pente. Ma la sua Bontà respinge chi fa frutto concupiscibile anche dei doni di Dio, e mette ragione di interessi carnali anche là dove è solo interesse divino.
    E come Gesù respinse i falsi discepoli, di cui parla Giovanni nel c. 6 v. 22-72 del suo Vangelo, così al Padre non piacciono i falsi cristiani che, onorandolo con forme esteriori, in verità lo combattono col criticare i suoi disegni e i suoi servi e giudicando, da stolti, ciò che solo il tempo e Dio stesso spiegheranno; azione o apparente contraddizione che ha ragione, e divina ragione d’essere, e che sarà sigillo di grazia al servo di Dio e condanna a coloro che vollero giudicarlo e giudicare Dio con esso.»

[18] A partire dalla presente lezione Maria Valtorta, pur continuando a mettere le virgolette in apertura e in chiusura di ogni “dettato”, tralascia di premettere il consueto Dice… L’espressione Dice lo Spirito Santo o Dice il Divinissimo Autore, che mettiamo d’ora in poi, è sulla copia dattiloscritta che la Valtorta rileggeva.

[19] Disma è il nome che per tradizione viene attribuito al buon ladrone nel racconto di Luca 23, 39-43.