Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
Dice il Divinissimo Autore:
«Quando ancora tal comando e insegnamento non era stato dato e ripetuto instancabilmente dal Cristo, ma solo era stato dato ad un solo: Mosè, e per un numero molto limitato di volte, Mosè, sentendo prossima la fine del suo tempo mortale, perché il popolo, morto lui, non deviasse fuor dalla via del Signore, raccolse il suo popolo e promulgò la Legge al cospetto degli Anziani e delle tribù, e le maledizioni e benedizioni congiunte alle opere fatte secondo o contro la Legge di Dio, terminando con le parole che Paolo ricorda.
In verità la giustizia viene dall’adempimento della Legge, né, anche nei tempi avanti il Cristo, o del Cristo, v’era scusa per chi non la praticava. Perché i comandamenti erano stati dati chiari, ed erano stati manifestati, da colui che li aveva ricevuti, a tutto il popolo.
Altre volte Dio aveva dato i suoi ordini ai suoi figli. Da Adamo sino a Mosè più volte Dio aveva istruito questo o quello dei suoi figli. Ma mai come sul Sinai gli ordini e le istruzioni furono completi, e non per questo o quel figlio di Dio, ma per tutto il suo Popolo eletto. E perché quelle leggi non si sperdessero, furono scritte dal dito di Dio sulle tavole di pietra più ancora che dalla mano di Mosè sulle tavole della testimonianza, e conservate nell’Arca santa. Non potevano perciò quei d’Israele avere scuse se non praticavano la Legge, non più chiusa in Cielo e nella Mente divina; né più occorreva, perché la credessero celeste, che un uomo, eletto a ciò da Dio, fosse rapito col suo spirito al Cielo per conoscere la rivelazione, o che uno spirito del Cielo scendesse per comunicargli la rivelazione.
La parola di Dio, come dice Mosè, era, dal Sinai, ormai “molto vicina ai membri del Popolo di Israele”, nell’Arca posta nel Tabernacolo che era sempre in mezzo al popolo d’Israele; era, anzi, perché ormai nota, “nella bocca e nel cuore” dei figli di quel popolo, e i giusti tra esso potevano vivere secondo la Legge.
Con più ragione avrebbero dovuto vivere la giustizia della Legge coloro che erano coetanei e contemporanei del Cristo, i quali, oltre la Legge e la profezia di Mosè sul Messia futuro – “Il Signore Dio tuo susciterà nella tua Nazione e tra i figli di essa (e fratelli a Mosè) un grande profeta: ascoltalo. Sarà profeta come te, ma Io porrò la mia Parola nella sua bocca, ed Egli dirà tutto quello che Io gli ho comandato di dire. E se qualcuno non vorrà ascoltarlo, né ascoltare la mia Parola che parlerà in mio Nome, Io ne farò vendetta” (Deut. c. XVIII, v. 15-19) - sentivano queste parole sulla bocca stessa del Cristo: “La mia dottrina non è mia, ma di Colui che m’ha mandato (Giov. c. VII v. 16). Io dico quello che il Padre m’ha insegnato (Giov. VIII v. 28).
Chi non crede in Me è condannato (Giov. c. III v. 18). Sono venuto in nome del Padre mio e non mi accogliete... Io non vi accuserò al Padre perché v’è già chi vi accusa: quel Mosè in cui sperate... che di Me disse: ‘Se non crederete alle sue parole e non le ascolterete, come crederete e ascolterete le mie?’ (Giov. c. V v. 43-47). Voi cercate di uccidermi perché la mia parola non penetra in voi (Giov. VIII v. 37)”.
Ma, secondo la profezia di Isaia, “essi ebbero occhi e non videro, orecchi e non udirono, un cuore duro che non comprese, perché non volle comprendere”; e quindi, benché la Parola stessa di Dio fosse scesa dal Cielo per istruirli e fosse tornata dagl’inferi per persuaderli e ammaestrarli ancora onde convertirli, non si convertirono, non vollero riconoscere Cristo fine e perfezione della Legge, e da questo venne la loro condanna.
Quella stessa condanna che, sulla Terra e fin dalla Terra e oltre la Terra, colpirà di condanna più o meno temporanea e tremenda tutti coloro che non credono nel Cristo e non ne praticano la Legge; non solo, ma, novelli giudei, gli negano il diritto di poter ancora operare opere sante di continua evangelizzazione per mezzo dei suoi eletti, e non accolgono, ma scherniscono e perseguitano le mistiche lampade che Dio di continuo accende perché questo mondo non perisca nelle tenebre e nel gelo spirituale.
Non basta credere nell’esistenza di Dio, del Cristo, dell’altra vita, del premio, e in tante verità di fede che è colpa non credere. Occorre anche credere all’infinita potenza e misericordia di Dio che, come ha mandato il Figlio suo ad evangelizzare il mondo, e il suo Spirito a dare i suoi lumi ed i suoi doni agli Apostoli e discepoli della nuova Chiesa perché la Terra conoscesse il Cristo, Salvatore di quanti in Lui credono, così manda i fuochi e i lumi dello Spirito Santo a quelli che vuole e a quelli che han meritato tal dono, perché facciano fiammeggiare le fiamme della carità e risvegliare e completare le verità nei cuori, onde fede e amore siano alimentati di continuo nella massa degli uomini, che, molte volte, non periscono perché lo vogliono, ma per mancanza di aiuti straordinari che li traggano dalle debolezze e dalla morte dello spirito, come Gesù traeva a salute e a nuova vita i languenti o i morti della carne e dello spirito.
“Voi siete altri cristi”, è detto da bocca ispirata. E per i veri “altri cristi” è da negarsi che possano fare opere di sapienza e salute, come il Cristo le faceva? Non ha Egli detto: “Voi farete opere simili alle mie, e più grandi ancora”? Non ha forse Egli chiamato alla luce e portato nel suo Regno pagani, gentili, greci e giudei? Non hanno forse gli eventi confermato la parola di Paolo: “Non c’è distinzione tra Giudeo e Greco”?; e ancora: “Nessuno che parli per lo Spirito di Dio dice anatema a Gesù... C’è varietà di doni, ma è lo stesso Spirito che opera in tutti, ad utilità comune”?
Dunque, chiunque crede e invoca il Signore - e se lo invoca è perché lo ama - è salvo, vive in Dio, serve Dio nel modo come Dio vuole essere dal suo servo servito; e un ugual premio attende coloro che con varietà di modi, avendo ricevuto da Dio missioni diverse e doni atti ad ogni missione, hanno servito il Signore.
Belli i piedi che si stancano nell’andare evangelizzando. Ugualmente belli gli intelletti ed i cuori dei contemplativi che pregano per coloro che si consumano nella vita attiva. E belli gli spiriti ubbidienti, attenti, umili, che fanno la volontà di Dio, anche se straordinaria, e non divagano il loro spirito né cadono in superbia per essere divenuti orecchio che ascolta il Signore e strumento di privata rivelazione ai fratelli.
Belli i perseguitati per questo. Alla corona dei giusti si aggiunge per essi la corona dei martiri, perché essi hanno sofferto per la giustizia. In verità essi sono beati in tutte le beatitudini.
Essi: poveri di spirito, perché non hanno attaccamento né alle ricchezze né alle lodi, non fanno mercato dei doni di Dio, non fanno bando del loro straordinario servizio.
Sul segreto del Re calano i veli della loro umiltà, dando, nascoste sorgenti di sapienza, ai fratelli bisognosi, senza volere ricevere neppure il plauso della gente che, anzi, è per loro soltanto disturbo. E per questo il Regno dei Cieli è già loro, nel loro cuore, e apre i suoi misteri ai loro sensi spirituali in attesa di accoglierli per sempre, oltre la vita.
Essi: mansueti al volere di Dio, anche se è volere che diviene per essi dolore, possiedono la Terra, ossia operano nel loro nascondimento come ben pochi operano, conquistando innumeri animi a Dio. Sono re e maestri di molti durante ed oltre la vita, e può dirsi di loro ciò che è detto nel Cantico: “Si correrà dietro l’odore dei loro profumi di sapienza diffusa come un balsamo, perché molti ne abbiano guarigione e ristoro spirituale”.
Essi che, poiché il mondo, ove non è tenebre, è almeno fumosa nebbia d’orgoglio, sono afflitti e piangono lacrime amare per l’incomprensione umana, sono dal Re dei dolori e dalla Madre desolata consolati qui ed oltre, mille volte mille per quanto hanno pianto.
Essi che, per fame e sete di giustizia, dovettero gustare cenere, fiele, assenzio e aceto da parte degli uomini, solo saziati nello spirito dallo Spirito d’amore, loro quotidiana manna, siederanno, alla fine, al banchetto nuziale dell’Agnello, e Dio stesso li sazierà rivelandosi ad essi e rivelando tutti i letificanti misteri di Dio.
Essi che, per spirito di misericordia, non si rifiutarono al servizio di Dio - ben sapendo con ciò di dover incontrare e di dover subire la non misericordia umana, che è invida verso gli eletti e se ne vendica in mille modi per fare della loro elezione una croce - trovano e troveranno ogni misericordia presso il Cuore dell’Indistruttibile Misericordia: Gesù, e presso quello della Donna che non odiò gli uccisori del Figlio suo, ma pregò per la loro conversione.
Essi, puri di cuore, non avendo altro sguardo che non fosse per il Signore, per servirlo prontamente sempre - né potevano ascoltare altre voci, né di sensi né di tentazioni, perché tesi solo ad ascoltare il Cielo - già gustano la beatitudine della visione di Dio, della sua conoscenza, grande, sebbene ancor limitata, e puramente attendono l’ora del vederlo quale è, in eterno.
Essi, pacifici, perché figli e servi del Re della pace, compenetrati delle parole del Pacifico, i cui esempi seguono anche verso i loro avversari, veri figli di Dio sono, e saranno così chiamati in eterno ed abiteranno nei suoi tabernacoli, dopo averlo ospitato nel cuore, perché Dio è con l’uomo di pace.
Essi che, per amore alla giustizia, e per essersi adoperati perché essa crescesse in molti, e molti andassero ad essa, soffersero persecuzioni d’ogni specie, né può dirsi che persecuzione sia solo martirio cruento, ma almeno rapido. No. Il padrone del mondo ed i suoi servi, più o meno coscienti d’essere suoi servi, hanno mille modi per perseguitare, modi subdoli, nascosti, lenti, basati su menzogna, calunnia, ingiustizia, e quelli usano sui servi di Dio, con raffinata astuzia, martirizzandoli anche e soprattutto in quelle parti dell’io che nessun carnefice può martirizzare, sulle parti incorporee: la mente e soprattutto lo spirito. Costoro spogliano i servi della giustizia di tutto, sin del diritto di servire il Signore e di lavorare per portare alla giustizia i fratelli, sin del loro buon nome, sin della verità della loro condizione, e li rivestono della veste di scherno con cui i nemici del Cristo rivestirono il Cristo, e li dileggiano con le stesse parole: “Se è vero che sei ciò che dici di essere, di’ al Signore che intervenga e ti aiuti”. Ma ad ogni spogliazione, ad ogni dileggio patito da essi sulla Terra, corrisponde un nuovo ornamento sulla veste di nozze che li attende nel Cielo, un aumento di gloria per questi certi cittadini del Regno e una laude maggiore da parte del popolo dei santi e degli angeli che dall’alto dei Cieli, con giustizia soprannaturale, vedono e giudicano tutte le azioni degli uomini.
I quali, ahimé, non tutti ubbidiscono al Vangelo, legge e dottrina di carità, verità e giustizia. Verità che insegna come Dio non fa distinzione di persona, non bada a censo, cariche o coltura, ma guarda al cuore, allo spirito delle persone. E dato che più vi è umiltà di vita e semplicità di costumi, più, generalmente, vi è anche umiltà di mente e di cuore, semplicità di sentimenti e purezza di fini, così generalmente, come il Cristo prese dei semplici ed umili per farne i suoi Dodici, altrettanto Dio sceglie i suoi strumenti tra i semplici, umili, puri di cuore e d’intenzione.
La povertà dello strumento serve, d’altronde, a far risplendere la potenza e l’azione diretta di Dio. Ma questi strumenti di Dio possono ben gridare al Signore il lamento dei profeti e degli apostoli, ripetuto e riassunto da Paolo: “Chi ha creduto a ciò che noi diciamo?”.
Però non si sconfortino costoro e, per persecuzione, vessazione, oppressione, calunnia, scherno che possano subire da chi ripete i modi dell’antico Tempio e dei grandi per censo e superbia di Palestina verso il Cristo, guardino lo Stesso e lo imitino senza arrestarsi nella missione loro e senza sconfortarsi.
La Parola di Dio fu derisa, calunniata e spenta su una croce. Ma da venti secoli Essa trionfa, empie la Terra, risuona non solo sino agli estremi confini di essa ma, come eco che non si può soffocare e luce che non si può spegnere, Essa è anche là dove Cristo è perseguitato nei suoi figli.
Non la spada né i tormenti, ha detto Paolo, possono separare da Cristo chi ama il Cristo. Non lo poterono i romani pagani coi primi cristiani. Non lo possono gli indemoniati servi dell’Anticristo attuale coi loro sudditi.
È come una mistica lampada chiusa nei cuori, pronta ad esserne tratta e fiammeggiare di nuovo. La alimentano le lacrime dei perseguitati nella fede, di coloro che mai come ora cercano il Cristo e il suo Regno, unica loro pace, unica loro luce nelle tenebre e nelle atrocità che regnano là dove Cristo è proscritto, unica loro speranza di una vita di gaudio dopo l’oppressione terrena.
Nulla è tanto potente quanto la persecuzione a un’idea o ad una religione per farne aumentare la potenza. Lo stesso Cristo, dalla lunga persecuzione morale e dalla feroce persecuzione finale, ottenne quel sigillo di gloria imperitura, per cui regna e regnerà come Santo dei santi anche nella sua natura d’uomo. E come lo trovano quanti lo cercano per amore, e come si presenta a quanti sono oppressi e afflitti, curvi sotto un giogo temporaneo, e si presenta con inaspettati conforti noti a Lui solo, così pure si presenta e si fa trovare col suo severo giudizio a quanti, dagli ebrei del suo tempo a Lui nemici, ai nemici suoi di ora, lo hanno perseguitato e lo perseguitano nei suoi fedeli.
Non solo “tutto il giorno”, ma per tutta la sua vita tra gli uomini, Egli stese le mani, aprì il cuore e versò i tesori della Parola eterna al popolo d’Israele. Ma i grandi di esso non vollero vedere quel gesto, non vollero andare a quel cuore, non vollero attingere a quei tesori.
Anche sulla Croce accettò - perché solo una sua libera accettazione poteva far sì che Egli fosse innalzato in tal modo – di stare a braccia aperte e stese, Sacerdote e Amante che si offriva e che invitava per e il suo Popolo e, benché morto, volle aperto il Cuore, tacito e postumo insegnamento all’umanità tutta dell’immensa carità di Dio e della porta santa che accoglie nel regno della misericordia infinita quanti al Dio-Uomo si volgono con spirito buono.
Ma mentre i popoli hanno accolto l’invito e l’insegnamento estremo del Cristo, Israele, incredulo e ribelle, che non aveva scusa al suo pertinace giudizio sul Cristo dopo tutte le prove da Egli date, dai miracoli alla dottrina, dalla risurrezione all’ascensione, persistette nel suo volontario accecamento meritando la riprovazione di Dio.»