MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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LEZIONI SULL'EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI LEZIONE XVII


RM-5 1-21

14 febbraio 1948


   Dice il Divinissimo Autore:
   «Quanto Dio stabilisce è sempre perfetto, sia riguardo al tempo che al modo e alla persona.
   Ecco dunque che, promesso all’inizio del castigo, il Cristo viene all’ora perfetta. I secoli si tramandano con voce sempre più chiara, con particolari sempre più netti, la voce della divina promessa di un Messia Redentore e della Donna senza concupiscenza, che punirà il Prevaricatore partorendo il Vincitore del Peccato e della Morte.
   Molti i simboli e le voci che ripetono nei secoli la promessa. Ma una parola divina non è stata ancora capita nella sua verità.
   Nel 9° della Genesi è detto: “... porrò il mio arcobaleno nelle nubi e sarà il segno del patto fra Me e la Terra. E quando avrò accumulate le nubi (i castighi) nel cielo, nelle nubi comparirà il mio Arcobaleno ed Io mi ricorderò del mio patto... del patto sempiterno stabilito fra Dio e ogni carne che è sulla Terra”.
   Arcobaleno: segno di pace. Arcobaleno: ponte fra Cielo e Terra.
   Maria, pacifico ponte che ricongiunge Cielo e Terra, Amatissima che con la sua sola presenza ottiene misericordia ai peccatori. E Dio, nei secoli avanti il Cristo, quando le prevaricazioni degli uomini accumulavano le nubi dei divini castighi sull’Umanità dalla dura cervice e dallo spirito superbo, contemplando nel suo Pensiero Colei che ab eterno era stabilita Arca della Divina Parola, Fonte della Grazia, Sede della Sapienza, pacifica gioia del suo Signore, disperse le nubi dell’inesorabile castigo, concedendo tempo all’Umanità in attesa della Salvezza.
   La voce della Vergine non ancor nata: “Pace! Pietà! Signor mio!”. Il suo amore perfetto, la sua perfetta ubbidienza, già noti a Dio prima che la Stella purissima fosse, sacrificio d’odor soave che placava l’ira del Signore. E, nei secoli dopo il Cristo, pace e misericordia è, per l’Umanità, Maria. E coll’accrescersi dei peccati e l’aumentare dei nembi dell’ira divina e dei fumi satanici, sempre è Maria quella che dirada le nubi, che disarma le folgori, che getta il suo mistico ponte all’Umanità caduta nell’abisso perché essa risalga, per via soave, al suo Bene.
   “Porrò il mio arcobaleno fra le nubi... e mi ricorderò del mio patto”.
   Oh! veramente l’Arcobaleno di pace, la Corredentrice è fra le nubi, sopra le nubi, dolce astro che splende al cospetto di Dio per ricordargli che Egli ha promesso misericordia agli uomini ed ha dato il Figlio suo perché gli uomini abbiano perdono. Vi è non come dolcezza pensata, ma come realtà vera, completa, con la sua anima senza macchia e la sua carne senza corruzione. Né si accontenta di esservi adorante e beata. Ma attiva si mostra, e chiama, richiama l’Umanità alla Salvezza.
   L’ora di Maria. Quest’ora.
   L’arca di Noè non salvò tutti gli uomini, ma coloro fra gli uomini che Dio trovò giusti al suo cospetto. Anche nell’ora attuale, ora che sorge e dovrà scorrere tutta, e più inoltrerà e più sarà cupa di nembi, l’Arca di Dio non potrà salvare tutti gli uomini, ma [non potrà salvarli tutti] perché gli uomini, molti uomini, non vorranno salvarsi, trovare salute per mezzo dell’Arca di Dio.
   L’arcobaleno, dopo il diluvio, fu visto dai soli giusti rimasti vivi sulla Terra. Ma nell’ora presente, invece, l’arcobaleno, il segno di pace, Maria, in un sovrabbondare di misericordia sarà visto da molti che giusti non sono. La sua voce, il suo profumo, i suoi prodigi, saranno noti a giusti e a peccatori, e beati quelli, fra questi ultimi, che, come per l’Arcobaleno di Dio l’ira di Dio non si scatena, così per esso alla giustizia, alla fede nel Gesù in cui è salvezza, si volgeranno.
   Cristo, dunque, è venuto al tempo stabilito per ristabilire l’ordine turbato dalla Colpa d’origine e i legami di figliolanza fra Dio e gli uomini. Vittima stabilita, è venuto a morire non già per i giusti soltanto, ma anche e soprattutto per i peccatori.
   Tutti erano peccatori almeno del peccato ereditario. Solo Maria era senza peccato. Le opere sante dei giusti, pur essendo benedette dall’Eterno, non davano agli spiriti dei giusti l’eredità del Regno di Dio.
   Essere giusti era grave fatica perché la Grazia non era negli spiriti. La Legge era causa di peccato più che di salvezza, perché per troppi del popolo di Dio la Legge era ormai “cagione d’ira”, tanto era manomessa e violata. La Sapienza era falsata nelle sue voci, adattate dagli uomini a predicare ciò che non era da farsi a gloria di Dio, ma a beneficio degli avidi maestri.
   Un caos più grave, perché spirituale, era succeduto alla semplice, perfetta Legge del Signore, e gli spiriti si smarrivano in esso quando non si perdevano del tutto, dandosi la morte spirituale. Un’idolatria peggiore di quella del vitello d’oro era nelle coscienze dei più. Ogni potente d’Israele era “vitello d’oro”, e da se stesso si idolatrava e voleva essere idolatrato dalle folle.
   Il Tempio era un nome. I riti una rappresentazione mimica. L’invisibile divina Presenza nel Santo dei Santi non era creduta altro che dai semplici, dai piccoli fra il popolo che aveva nome di santo. Ancora i Sacerdoti e i Rabbi insegnavano che Dio era nel suo Tempio, magnifico sulla sua gloria, parlante ai suoi ministri. Ma essi ben sapevano che Dio aveva già abbandonato il Tempio dove non Lui era adorato, ma gli interessi dei Principi dei Sacerdoti, degli Scribi e dei Farisei. Essi sentivano il vuoto successo alla Presenza. L’insanabile vuoto. Perché nulla delle industrie degli uomini può colmare il vuoto di Dio. Ogni opera è vana a colmare, a nascondere almeno, il vuoto di un altare dal quale Dio se ne è andato. Nulla. E nulla può illudere e dare pace a chi ha dentro alla sua coscienza la conoscenza che Dio non è più presente, che Egli ha abbandonato i superbi al loro destino, alle loro concupiscenze, alle loro idolatrie.
   E in quell’ora Gesù è venuto. Se Dio misurasse le cose alla misura degli uomini, mai ora meno propizia di quella avrebbe dovuto essere scelta per l’avvento dell’ora di Misericordia. Ma non era soltanto ora di Misericordia. Lo era anche di Giustizia. Giustizia per Israele, non più meritevole d’essere Popolo di Dio. Un altro popolo doveva essere eletto in suo luogo: quello cristiano.
   La fine del Tempio era venuta. La Legge nuova, perfezione dell’antica, si imponeva, predicata agli uomini direttamente da Dio. La Carità di Dio si mostrava nella sua pienezza agli uomini.
   Carità non vuole dire ingiustizia, benché sia tutta misericordia. Carità vuol dire tutto compiere per amor degli uomini. Questo è anche il precetto che Gesù vi ha dato.
   Ma Egli, Perfezione, non si è limitato a insegnare che non vi è più grande amore di quello di colui che muore per i suoi amici. Egli è morto. E non solo per gli amici, per i giusti e i volonterosi di giustizia: anche questi ultimi sono amici di Dio, sebbene ancora deboli, informi di spirito. Egli è morto anche per i suoi nemici. Dalla Croce non ha pregato per gli amici, ma per i nemici.
   Sapienza eterna e infinita, il Cristo sapeva come per l’uomo il peccato fosse entrato nel mondo insieme alla morte e si fosse esteso a tutti gli uomini, come era anche prima della Legge. Se non ci fosse stato peccato non ci sarebbe stata necessità di un codice contro il peccato. Esso è fermentato nelle sue diverse forme dalla superbia, gola e avarizia, che insanirono i Progenitori sino a renderli ribelli a Dio. E dopo la violenza fatta all’ordine di Dio, a Dio perciò, seguì la violenza fatta all’innocenza violata e distrutta per dar luogo alla malizia, e a questa seguì la violenza fatta al fratello, con il fratricidio compiuto da Caino, e l’omicidio di Lamec, e la libidine dei figli di Dio verso le figlie degli uomini, e la superbia dei costruttori di Babele, e l’avidità dei popoli e delle tribù, e i molteplici peccati di Sodoma e Gomorra, rifioriti sempre più forti nei secoli.
   E Cristo, morendo, prega per i nemici di Dio perché abbiano il perdono e tornino nella giustizia. Gesù è il ristabilitore dell’ordine.
   Se su una bilancia si mette un peso sproporzionato al peso equilibratore, la bilancia pende da una parte; ma se si ristabilisce l’equilibrio, i due piatti della bilancia si mettono su una sola linea.
   [10]Ecco: per il delitto di uno, molti perirono. La bilancia di Dio pendeva tutta dalla parte della Giustizia. Ma: per il sacrificio di Cristo, la Grazia e la Vita vengono date a tutti coloro che credono in Gesù. E in tal modo l’equilibrio non solo è ristabilito, ma dato che il sacrificio dell’Uomo-Dio è di valore infinito e infiniti sono i meriti del Cristo Salvatore, mentre la colpa di Adamo pur nella sua gravità non è mai senza limiti - e lo dimostra il fatto che poté essere riparata, mentre se fosse stata infinita non lo avrebbe potuto essere e le due infinità, quella della Grazia e quella della Colpa, si sarebbero fronteggiate senza potersi combattere, e una vincere, ché due forze uguali restano tali l’una in opposizione all’altra - la bilancia di Dio pende dalla parte della Misericordia, e misericordia e perdono traboccano dal piatto colmo del Sangue divino, effuso per la salute del mondo.
   Tutto effuso. Tanto più effuso più abbondante era il peccato, perché la Grazia, abbondando, vincesse il peccato e la Vita vinca la Morte, morendo per rendere la Vita agli spiriti immortali degli uomini: la Vita, ossia il Regno di Dio in voi e per voi qui, e oltre la vita, nel Regno dei Cieli.»

[10] Dice il Consolatore: “Interpreta così: Come per opera di un solo uomo (Adamo) il peccato è entrato nel mondo e per il peccato entrò la morte, così a tutti gli uomini si è estesa la morte per Adamo nel quale tutti peccarono”. (Ai Romani c.5 v.12). Così è stato scritto da Maria Valtorta su un pezzetto di carta, messo tra le pagine della Lettera ai Romani, nella Bibbia che lei usava.