Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
22 febbraio 1946.
391.1Devono, forse per consiglio degli stessi abitanti di Engaddi, avere anticipato la partenza, perché è assolutamente notte e la luna, che si avvia al plenilunio, illumina di una luce vivissima la città. Le stradette sono nastri d’argento fra i cubi delle case e le muraglie dei giardini, che sembra mutino la calcina in marmo scultoreo per l’effetto del magico raggio lunare. Le palme e gli altri alberi prendono un fantomatico aspetto, avvolti nella fosforescenza della luna. Le fontane, i piccoli rivoli d’acque, sono cascatelle e collane di diamanti. E dai fogliami gli usignoli sfilano collane di note d’oro, unendo i loro prodigi alle voci delle acque, che nella notte sembrano sempre più nette nel loro suono.
La città dorme. Ma qualcuno è con Gesù che parte. E sono gli uomini delle case dove erano ospitati Gesù e gli apostoli, e qualche altro abitante si è unito a questi. Il sinagogo cammina al fianco di Gesù. Oh! non vuole rinunciare ad accompagnarlo neppure quando Gesù lo prega di farlo, prima di inoltrarsi nella aperta campagna. E vanno, diretti alla via che conduce a Masada, non la strada bassa, quella che costeggia il mar Morto e che sento definire malsana e pericolosa a farsi di notte, ma alla via dell’interno, tagliata nella costa, quasi sulla cresta dei colli che bordeggiano il lago.
Splendida l’oasi nella notte lunare! Sembra di camminare in un paese di sogno. Poi l’oasi, la vera oasi, cessa, e diradano i palmizi. Ed è il monte vero e proprio, coi suoi alberi d’alto fusto, i suoi prati, i suoi fianchi spaccati da caverne come quasi tutti i monti palestinesi. Ma qui direi che spesseggiano, e le loro bocche strane, quali longitudinali e quali piatte, quali diritte e quali sbieche, quali rotonde a mezza costa, quali ridotte a fessura, hanno paurosi aspetti al chiaro di luna.
391.2«Abramo, la strada è più in basso. Perché torni a salire, allungando la via e prendendo questo sentiero impraticabile?», ammonisce uno di Engaddi.
«Perché ho da mostrare al Messia una cosa e chiedergli di fare ancora una cosa da unirsi ai grandi benefici che ha fatto per noi. Ma se siete stanchi, tornate a casa o attendetemi qui. Andrò da solo», risponde il vecchio sinagogo, che arranca ansando sul sentiero difficile ed erto.
«Oh! no! Veniamo con te. Ma ci fa pena la tua fatica. Il tuo cuore affanna…».
«Oh! non è il sentiero!… È un’altra cosa! È una spada che mi si rigira nel cuore… è una speranza che lo gonfia. Venite, figli miei, e conoscerete quanto dolore, quanto dolore era nel cuore di quello che confortava ogni vostro dolore! Quanta… non disperazione, questo no, ma… ammissione che non c’era da illudersi d’avere mai più gioia, era in quello che sempre vi diceva di sperare nel Signore che tutto può… Vi ho insegnato a credere nel Messia… Vi ricordate come, quando potevo ormai farlo senza dargli danno, parlavo sicuro di Lui? Voi dicevate: “Ma la strage di Erode?”. Eh! sì! Una grande spina in cuore! Ma mi apprendevo con tutto me stesso alla speranza… Dicevo: “Se Dio a tre, neppur d’Israele, mandò la stella per invitarli ad adorare il Fanciullo Messia e li guidò con essa alla povera casa che ignoravano i rabbi d’Israele, i principi dei sacerdoti e gli scribi, se con un sogno li avvertì di non ripassare da Erode, per salvare il Fanciullo, non avrà, con ancor maggior potenza, avvisato il padre e la Madre di fuggire, portando in salvo la speranza di Dio e dell’uomo?”. E la fede nella sua salvezza cresceva, invano attaccata dal dubbio umano e dalle parole di altri…
391.3E quando… e quando il più grande dolore di un padre mi prese… quando dovetti condurre ad un sepolcro un vivente… e dirgli… e dirgli… “Sta’ qui finché durerà la tua vita… e pensa che, se amor di materne carezze o altro motivo ti spingesse verso le case, io dovrei maledirti, colpirti per il primo, e relegarti dove neppur più il mio desolato amore ti potrebbe dare soccorso”, quando dovetti far questo… ancor più mi abbrancai alla fede in Dio, salvatore del suo Salvatore, e dire a me e al figlio mio… al figlio mio lebbroso… capite?, lebbroso… dire… “Chiniamo il capo alla volontà del Signore e crediamo nel suo Messia! Io Abramo… tu Isacco, immolato dal male, non dal fuoco, offriamo il dolore per avere il miracolo…”. E ogni mese, ad ogni neomenia… nel venire qui di nascosto, carico di cibarie… di vesti… di amore… che dovevo deporre lontano dalla mia creatura… perché dovevo tornare presso di voi… miei figli… e presso l’acciecata sposa, l’inebetita sposa, fatta cieca ed ebete dal tremendo dolore… tornare nella mia casa senza più figli… senza più pace di reciproco consapevole amore… nella mia sinagoga e parlarvi di Dio… delle sue grandezze… delle sue bellezze sparse nel creato… e avevo negli occhi l’aspetto corroso del mio maschio… e neppure potevo difenderlo quando coglievo mormorazioni a suo carico, in cui era detto che era un ingrato, o un delinquente fuggito di casa…, e ogni mese, dicevo, nel fare questo pellegrinaggio di padre al sepolcro del figlio vivo, a lui, per sostenergli il cuore ripetevo: “C’è il Messia. Verrà. Ti guarirà…”. Lo scorso anno, alla Pasqua a Gerusalemme, mentre ti cercavo, nel breve tempo che stavo lontano dalla moglie cieca, mi fu detto: “C’è proprio. Era qui ieri. Ha guarito anche dei lebbrosi. Gira tutta la Palestina guarendo, consolando, ammaestrando”. Oh! tornai così lesto che parevo un giovane che vada alle nozze! Neppure ho sostato a Engaddi, ma sono venuto qui e ho chiamato il mio fanciullo, il mio maschio, il mio seme che muore, dicendogli: “Egli verrà!”.
391.4Signore,… Tu hai fatto ogni bene nella città nostra. Parti non lasciando uno che sia malato ancora… Persino le piante e gli animali ci hai benedetto… E non vorrai… Mi hai già guarito la moglie… ma non avrai pietà del frutto delle sue viscere?… Un figlio alla madre! Rendi un figlio alla madre, Tu, il Figlio perfetto della Madre d’ogni grazia! In nome di tua Madre, abbi pietà di me, di noi!…».
Piangono tutti insieme al vecchio che è stato potente e straziante nel suo dire…
E Gesù lo raccoglie fra le braccia, mentre egli singhiozza, e gli dice: «Non piangere più! Andiamo dal tuo Eliseo. La tua fede, la tua giustizia, la tua speranza meritano questo e più ancora. Non piangere, o padre! E non tardiamo oltre a liberare dall’orrore una creatura».
«La luna cala. Difficile è il sentiero. Non potremmo attendere l’aurora?», dicono alcuni.
«No. Le piante da resina sono folte intorno a noi. Coglietene dei rami, accendeteli e andiamo», ordina Gesù.
Salgono ancora per un sentiero stretto e penoso; sembra il letto disseccato di qualche acqua alluvionale. Le torce crepitano fumose e rossastre, mandando un grande odore di resine per l’aria.
391.5Una caverna stretta di apertura, quasi celata da macchioni ubertosi, nati presso i margini di una sorgente, si mostra al di là di uno stretto pianoro, spaccato in mezzo da un crepaccio in cui si riversa la sorgente.
«Là è Eliseo, da anni… in attesa della morte o della grazia di Dio…», dice il vecchio sottovoce, indicando lo speco.
«Chiama la tua creatura. Confortalo. Che non abbia paura, ma fede».
E Abramo chiama forte: «Eliseo! Eliseo! Figlio mio!», e ripete il grido, tremando di paura per il silenzio che solo gli risponde.
«È morto forse?», dicono alcuni.
«No! Morto, ora, no! Al termine della tortura! Senza una gioia, no! Oh! il mio maschio!», geme il padre…
«Non piangere. Chiama ancora».
«Eliseo! Eliseo! Perché non rispondi al…».
«Padre! Padre mio! Come vieni fuori del tempo solito? Forse la madre è morta, e tu me lo vieni a…». La voce, prima lontana, si è avvicinata, e uno spettro sposta i rami che occultano la soglia, un orrendo spettro, uno scheletro, seminudo, corroso… il quale, vedendo tanta gente con fiaccole e bastoni, chissà cosa crede e arretra gridando: «Padre, perché mi hai tradito? Io non sono mai uscito di qui… Perché mi porti i lapidatori?!». La voce si allontana, mentre dell’apparizione non resta per ricordo che i rami che ondeggiano.
«Confortalo! Digli che qui è il Salvatore!», incita Gesù.
Ma l’uomo non ha più forza… Piange desolato…
391.6Gesù parla Lui: «Figlio di Abramo e del Padre dei Cieli, ascolta. Si compie ciò che il giusto tuo padre ti profetizzava. Qui è il Salvatore, e con Lui sono i tuoi amici d’Engaddi e gli apostoli del Messia, venuti a godere della tua risurrezione. Vieni senza paura! Vieni avanti fino al crepaccio, ed Io pure verrò, e ti toccherò, e sarai mondato. Vieni senza timore al Signore che ti ama!».
I rami tornano a scostarsi e il lebbroso guarda fuori spaurito. Guarda Gesù, forma bianca che cammina sull’erba del pianoro e che si ferma ai limiti del crepaccio… Guarda gli altri… e specie il vecchio padre che, come affascinato, segue Gesù a braccia tese, con gli occhi fissi sul volto del figlio lebbroso. Viene avanti, rassicurato. Zoppica forte per le piaghe ai piedi… stende le braccia con le mani corrose… Viene di fronte a Gesù… Lo guarda… E Gesù protende le sue bellissime mani, alza gli occhi al cielo, raccoglie, pare raccogliere in Sé tutta la luce delle infinite stelle e raggiarne lo splendore purissimo sulle carni impure, marciose, cadenti, che le fiaccole, agitate perché facciano più luce, fanno apparire ancor più tremende nella luce rossa dei rami accesi.
Gesù si sporge sul crepaccio, tocca col sommo delle sue dita il sommo delle dita lebbrose e dice: «Voglio!», e lo dice con un sorriso di una bellezza non descrivibile. Ripete: «Voglio!» altre due volte. Prega e comanda con quella parola…
Poi si stacca, si arretra di un passo aprendo le braccia a croce e dice: «E quando sarai purificato predica il Signore, perché a Lui appartieni. Ricorda che Dio ti ha amato perché fosti un buon israelita e un figlio buono. Abbi una sposa e dei figli e crescili al Signore. Ecco che è annullata l’amarissima amarezza tua. Benedicine Iddio e sii beato!».
Poi si volge e dice: «Voi, delle torce! Venite avanti e vedete ciò che può il Signore per coloro che lo meritano». Abbassa le braccia che, così aperte e impaludate dal manto, facevano ostacolo alla visione del lebbroso, e si scosta.
391.7Il primo grido è quello del vecchio, inginocchiato dietro a Gesù: «Figlio! Figlio! Figlio quale eri nei tuoi vent’anni! Bello come allora! Sano come allora! Bello, oh! bello più di allora!… Oh! una tavola, un ramo, qualcosa per venire da te!», e fa per lanciarsi.
Ma Gesù lo trattiene: «No! La gioia non ti faccia violare la Legge. Prima deve purificarsi. Guardalo! Bacialo con gli occhi e il cuore, forte ora come lo fosti per tanti anni. E sii felice…».
Infatti questo è un miracolo completo. Non è solo guarigione, ma restaurazione di ciò che il male aveva distrutto, e l’uomo, sui quarant’anni, è intatto come nulla mai avesse avuto; soltanto resta di una forte magrezza che gli dà un aspetto ascetico di una bellezza non comune e soprannaturale. Ed egli agita le braccia, si inginocchia, benedice… non sa che fare per dire a Gesù che lo ringrazia. Infine vede dei fiori fra l’erba, li coglie, li bacia e li getta oltre il crepaccio ai piedi del Salvatore.
391.8«Andiamo! Voi di Engaddi rimanete col vostro sinagogo. Noi proseguiamo verso Masada».
«Ma non sapete… Non ci vedete…».
«So, so la via. Tutto so! E le strade della Terra e quelle dei cuori per le quali passano Dio e il Nemico di Dio, e vedo chi accoglie questo o Quello. State! State con la mia pace! D’altronde fa presto giorno e con rami accesi faremo luce fino all’alba. Abramo, vieni, che ti dia il bacio di addio. Il Signore sia sempre con te, come lo fu fino ad ora, e coi tuoi, e con la tua città buona».
«Non tornerai più in essa, Signore? Per vedere la mia casa felice?».
«No. La mia strada sta per giungere alla sua mèta. Ma in Cielo tu sarai con Me e i tuoi con te. Amatemi e crescete i piccoli nella fede del Cristo… Addio a tutti. Pace e benedizione a tutti i presenti e alle loro famiglie. Pace a te, Eliseo. Sii perfetto per riconoscenza al Signore. Venite voi, miei apostoli…».
E si mette in testa del piccolo corteo che alza rami accesi e procede, e gira un masso sporgente e scompare con la sua veste bianca; poi scompaiono uno per uno gli apostoli, si allontana il loro scalpiccio, si dilegua il rossastro dei rami fiammeggianti…
Restano sul pianoro padre e figlio, seduti sui margini del crepaccio, in contemplazione l’uno dell’altro… E dietro, in gruppo, con bisbigli ammirati, quelli di Engaddi… Attendono l’alba per tornare al paese con la notizia della prodigiosa guarigione.