MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME X CAPITOLO 647



DCXLVII. Gamaliele si fa cristiano.

   1 novembre 1951.

   647.1Devono essere passati degli anni, perché Giovanni mostra di essere ormai nella piena virilità, più robusto di membra, più maturo nel volto, con i capelli, la barba e i baffi di un biondo molto più scuro.
   Maria, che sta filando mentre Giovanni riordina la cucina della casetta del Getsemani — di recente imbiancata nelle pareti e verniciata là dove vi sono cose di legno: sgabelli, porta, una scansia che fa anche da mensola per la lampada — non appare mutata per nulla. Il suo aspetto è fresco e sereno. Ogni traccia lasciata sul suo volto dal dolore per la morte del Figlio, per il suo ritorno al Cielo, per le prime persecuzioni contro i cristiani, è scomparsa. Il tempo non ha inciso le sue tracce su quel volto soave. E l’età non ha avuto potere di alterarne la fresca e pura bellezza.
   La lampada, accesa sulla mensola, getta la sua luce palpitante sulle piccole e solerti mani di Maria, sullo stame candido ravvolto sulla conocchia, sul filo sottile, sul fuso che prilla, sui biondi capelli raccolti in nodo pesante sulla nuca.
   Dalla porta aperta un raggio limpidissimo di luna penetra nella cucina, stendendo come una striscia d’argento dalla soglia sino ai piedi dello sgabello su cui è seduta Maria, che è così coi piedi illuminati dal raggio lunare, e le mani e il capo illuminati dalla luce rossastra della lampada. Fuori, sugli ulivi che circondano la casa del Getsemani, degli usignoli cantano il loro canto d’amore.
   All’improvviso essi tacciono, come si fossero spaventati, e dopo pochi momenti uno scalpiccio di passi si fa udire, si avvicina sempre più, sinché si ferma sulla soglia della cucina, facendo scomparire contemporaneamente la bianca striscia lunare che prima inargentava i rozzi e scuri mattoni del pavimento.

   647.2Maria alza la testa e la gira verso l’uscio. Giovanni, a sua volta, guarda verso la porta, e un «oh!» pieno di meraviglia esce dalle loro labbra, mentre, con un unico moto, accorrono ambedue verso l’uscio, sul cui limitare è apparso, e si è fermato, Gamaliele. Un Gamaliele ormai vecchissimo, spettrale tanto è magro nelle sue vesti bianche, che la luna, che lo investe alle spalle, fa quasi fosforescenti. Un Gamaliele schiacciato, stritolato dagli avvenimenti, dai suoi rimorsi, da tante cose, più ancora che dall’età.
   «Tu qui, rabbi? Entra! Vieni! E la pace sia con te», gli dice Giovanni che gli è di fronte e molto vicino, mentre Maria è qualche passo indietro.
   «Se tu mi guidi… Sono cieco…», risponde il vecchio rabbi con voce tremula più per un pianto segreto che per età.
   Giovanni, sbalordito, domanda, e la commozione e la pietà sono nella sua voce: «Cieco?! Da quando?».
   «Oh!… Da molto! La vista cominciò ad indebolirmisi subito dopo… dopo… Sì. Dopo che non seppi riconoscere la Luce vera venuta ad illuminare gli uomini, sinché il terremoto non lacerò il velo del Tempio e scosse le potenti muraglie, come Egli aveva detto. Veramente duplice velo, che copriva il Santo dei santi del Tempio e l’ancor più vero Santo dei santi, la Parola del Padre, il suo eterno Unigenito, celato dal velo di un’umana, purissima carne, che solo la sua Passione e la sua gloriosa Risurrezione svelarono anche ai più ottusi, io per il primo, per ciò che realmente era: il Cristo, il Messia, l’Emanuele. Da quel momento le tenebre hanno cominciato a scendere sulle mie pupille e a farsi sempre più dense. Giusto castigo per me. Da qualche tempo sono totalmente cieco.

   647.3E sono venuto…».
   Giovanni lo interrompe chiedendogli: «Forse per chiedere un miracolo?».
   «Sì. Un grande miracolo. Lo chiedo alla Madre del Dio vero».
   «Gamaliele, io non ho il potere che aveva il Figlio mio. Egli poteva rendere vita e vista alle pupille spente, parola ai muti, movimento ai paralizzati. Ma io no», gli risponde Maria. E prosegue: «Ma vieni qui, presso la tavola, e siedi. Sei stanco e vecchio, rabbi. Non affaticarti di più», e pietosamente, insieme a Giovanni, lo conduce presso la tavola e lo fa sedere su uno sgabello.
   Gamaliele, prima di lasciarle andare la mano, gliela bacia con venerazione, poi le dice: «Non ti chiedo, o Maria, il miracolo del vedere di nuovo. No. Non chiedo questa cosa materiale. Ciò che ti chiedo, o Benedetta tra tutte le donne, è una vista d’aquila per il mio spirito, perché io veda tutta la Verità. Non ti chiedo la luce per le mie pupille spente, ma la luce soprannaturale, divina, la vera luce che è sapienza, verità, vita, per la mia anima e il mio cuore lacerati ed esausti per i rimorsi che non mi dànno tregua. Non ho alcun desiderio di vedere con gli occhi questo mondo ebraico, così… sì, così ostinatamente ribelle a Dio, che con esso fu ed è tanto pietoso, quale in verità non meritammo che lo fosse. Sono anzi lieto di non averlo a vedere più, e che la mia cecità mi abbia liberato da ogni impegno col Tempio e col Sinedrio, ingiusti tanto, e verso il Figlio tuo e verso i suoi seguaci. Ciò che desidero vedere, e con la mente, il cuore, lo spirito, è Lui, Gesù. Vederlo in me, nel mio spirito, vederlo spiritualmente come certo tu, o santa Madre di Dio, e Giovanni, tanto puro, e Giacomo, sinché ebbe vita, e gli altri, per aiuto nel loro grave e ostacolato ministero, lo vedete. Vederlo per amarlo con tutto me stesso e, per questo amore, poter riparare alle mie colpe e avere perdono da Lui, per avere la vita eterna che ho demeritato di avere…». Curva il capo sulle braccia, appoggiate sulla tavola, e piange.

   647.4Maria gli posa una mano sulla testa scossa dai singhiozzi e gli risponde: «No, che non hai demeritato di avere la vita eterna! Tutto perdona il Salvatore a chi si pente dei suoi errori passati. Persino al suo traditore avrebbe perdonato se egli si fosse pentito del suo peccato orrendo. E la colpa di Giuda di Keriot è immensa rispetto alla tua. Considera. Giuda era l’apostolo accolto dal Cristo, istruito dal Cristo, amato dal Cristo più di ogni altro, se si pensa che, pur non ignorando nulla di lui, Cristo non lo cacciò dal gruppo dei suoi apostoli, ma anzi, sino al momento estremo, ricorse ad ogni espediente perché essi non capissero ciò che egli era e ciò che tramava. Mio Figlio era la Verità stessa e non mentì mai, per nessun motivo. Ma quando vedeva in sospetto gli altri undici, ed essi l’interrogavano sul­l’Iscariota, senza mentire riusciva a deviare i loro sospetti e a non rispondere alle loro domande, imponendo di non domandare e per prudenza e per carità verso il fratello. La tua colpa è ben minore. Anzi non può neppur chiamarsi colpa. Non è incredulità la tua, ma anzi eccesso di fede. Tu tanto credesti nel Fanciullo dodicenne che ti parlò nel Tempio che, ostinatamente ma con retta intenzione, venuta dalla tua assoluta fede in quel Fanciullo sulle cui labbra avevi sentito parole di infinita sapienza, hai atteso il segno per credere in Lui e vedere in Lui il Messia. Dio perdona a chi ha una fede così forte e fedele. Più ancora perdona a chi, pur essendo ancora in dubbio sulla vera Natura di un uomo accusato ingiustamente, non vuole prender parte alla sua condanna perché la sente ingiusta. Il tuo spirituale vedere la Verità è andato sempre più crescendo da quando lasciasti il Sinedrio per non consentire a quella sacrilega azione. È ancor più cresciuto quando, stando nel Tempio, vedesti compiersi il segno, tanto atteso, che segnò il principio del­l’era cristiana. È aumentato ancora quando, con quelle potenti, angosciate parole, pregasti ai piedi della croce del Figlio mio, ormai gelido e spento. S’è fatto quasi perfetto ogni volta che, o con le parole, o col ritirarti in disparte, difendesti i servi del Figlio mio e non volesti prender parte alla condanna dei primi martiri. Credilo, Gamaliele, ogni tuo atto di dolore, di giustizia, di amore, ha accresciuto in te il tuo spirituale vedere».

   647.5«Non basta ancora tutto ciò! Ecco, io ebbi la rara grazia di conoscere tuo Figlio sin dalla prima sua pubblica manifestazione, al momento della sua maggiore età. Avrei dovuto vedere sin da allora! Capire! Fui cieco e stolto… Non vidi e non compresi. Non allora, e non altre volte in cui ebbi la grazia di avvicinarlo, fatto ormai Uomo e Maestro, e udire le sue sempre più giuste e potenti parole. Cocciutamente attendevo il segno umano, le pietre scosse… E non vedevo che tutto in Lui era un segno sicuro! E non vedevo che Egli era la Pietra angolare predetta[154] dai profeti, la Pietra che già scuoteva il mondo, tutto il mondo, ebraico e gentile, la Pietra che scuoteva le pietre dei cuori con la sua parola, con i suoi prodigi! Non vedevo su di Lui il segno palese del Padre suo in tutto quanto faceva o diceva! Come può Egli perdonare a tanta ostinazione?».

   647.6«Gamaliele, puoi credere tu che io, che sono la Sede della Sapienza, la Piena di Grazia, e per la Sapienza che in me ha preso Carne, e per la Grazia che mi ha dato, essendo piena, la pienezza della conoscenza delle cose soprannaturali, posso consigliarti bene?».
   «Oh! sì che lo credo! Proprio perché credo che tu sei ciò, vengo a te per aver luce. Tu, Figlia, Madre, Sposa di Dio, che certo sin dal tuo concepimento ti colmò delle sue luci sapienziali, non puoi che indicarmi la via che devo prendere per aver pace, per trovare la verità, per conquistare la vera Vita. Sono tanto conscio dei miei errori, tanto schiacciato dalla mia miseria spirituale, che ho bisogno di aiuto per osare di andare a Dio».
   «Quello che tu giudichi ostacolo è invece ala per alzarti a Dio. Hai demolito te stesso, ti sei umiliato, eri un monte potente, ti sei fatto valle profonda. Sappi che l’umiltà è simile a fertilizzante del terreno più arido per prepararlo a dare piante e messi opime. È scalino per salire. Anzi, è scala per salire a Dio, il quale, vedendo l’umile, lo chiama a Sé per esaltarlo, per accenderlo della sua carità e illuminarlo delle sue luci perché egli veda. Per questo io ti dico che tu sei già nella Luce, sulla Via giusta, verso la Vita vera dei figli di Dio».

   647.7«Ma per avere la Grazia devo entrare nella Chiesa, avere il battesimo che monda dalla colpa e ci fa nuovamente figli adottivi di Dio. Io non sono contrario a ciò. Anzi! Ho distrutto in me il figlio della Legge, non posso più aver stima e amore al Tempio. Ma esser nulla non voglio. Quindi devo riedificare sulle rovine del mio passato l’uomo nuovo e la fede nuova. Penso però che apostoli e discepoli siano diffidenti e prevenuti verso di me, il grande rabbi dalla dura cervice…».
   Giovanni lo interrompe dicendo: «Ti sbagli, o Gamaliele. Io per il primo ti amo e segnerei come giorno di grazia somma quello in cui potessi dirti agnello del gregge di Cristo. Non sarei suo discepolo se non mettessi in pratica gli insegnamenti del Cristo. Ed Egli ci comandò amore e comprensione per tutti, e specialmente per i più deboli, malati, sviati. Ci ordinò di imitare i suoi esempi. E noi lo vedemmo sempre tutto amore per i colpevoli pentiti, o i figli prodighi che tornavano al padre, o le pecore smarrite. Dalla Maddalena alla Samaritana, da Aglae al ladrone, quanti ne redense, con misericordia! Avrebbe perdonato anche a Giuda, per il suo supremo delitto, se egli si fosse pentito. L’aveva perdonato tante volte! Io solo so quanto lo amasse, pur conoscendolo in ogni sua azione.

   647.8Vieni con me. Io farò di te un figlio di Dio e fratello al Cristo Salvatore».
   «Tu non sei il Pontefice. Pontefice è Pietro. E Pietro sarà buono come te? Egli è, lo so, molto diverso da te».
   « Era. Ma da quando ha visto come egli fu debole, sino ad esser vile e rinnegatore del suo Maestro, non è più ciò che era, ed ha misericordia per tutti e con tutti».
   «Allora conducimi subito da lui. Vecchio sono, e già troppo ho tardato. Mi sentivo troppo indegno e temevo che tutti i servi di Gesù mi giudicassero nello stesso modo. Ora che le parole di Maria e tue mi hanno confortato, voglio entrare subito nel­l’Ovile del Maestro, prima che il mio vecchio cuore, affranto da tante cose, si fermi. Conducimi tu, perché ho licenziato il servo che mi condusse qua, perché non sentisse nulla. Tornerà all’ora di prima. Ma allora io sarò già lontano. E in due modi. Da questa casa e dal Tempio. Per sempre. Prima io, figlio ribelle, andrò alla casa del Padre, io, pecora spersa, al vero Ovile del Pastore eterno. Poi tornerò nella mia casa lontana per morirvi in pace e in grazia di Dio».

   647.9Maria, con un moto spontaneo, lo abbraccia e gli dice: «Dio ti dia pace. Pace e gloria eterna perché te lo sei meritato, mostrando il tuo vero pensiero ai potenti capi d’Israele senza paura delle loro reazioni. Dio sia con te sempre. Dio ti dia la sua benedizione».
   Gamaliele cerca di nuovo le mani di Lei. Le prende tra le sue, le bacia, si inginocchia pregandola di posare quelle mani benedette sul suo vecchio capo stanco.
   Maria lo accontenta. Fa anzi di più. Traccia un segno di croce sul capo chino. Poi, insieme a Giovanni, lo aiuta a mettersi in piedi, lo accompagna alla porta e sta a guardarlo andare, guidato da Giovanni, verso la vera Vita, lui, uomo umanamente finito ma soprannaturalmente ricreato.

[154] predetta, in: Salmo 118, 22-23; Isaia 28, 16.