Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
TERZO GIORNO:
O glorioso S.Giovanni, che aveste la gloria di essere il primo martire della nuova alleanza, sottoponendo colla maggior allegrezza il vostro capo al taglio micidiale, otteneteci, vi preghiamo, di essere sempre come voi disposti a sacrificare anche la vita per la difesa della verità e per la gloria di Gesù Cristo, affinché spezzando questa vita fragile ed infelice, ci assicuriamo dopo la morte la vita eterna e beata in compagnia di voi o Precursore beatissimo del Messia, non che di tutti gli Angioli e di tutti i Santi nella gloria del Paradiso
Pater, Ave, 7 Gloria, Magnificat
Maria Valtorta: L'Evangelo come mi è stato rivelato
Cap. CXLVIII. Gesù visita il Battista presso Enon.
27 aprile 1945
1 Una chiara notte di luna, così nitida che il terreno si svela in tutti i suoi particolari e i campi, col grano di pochi giorni, sembrano tappeti di una felpa verd'argento rigati dai nastri scuri dei sentieri e vegliati dai tronchi degli alberi tutti bianchi dal lato lunare, tutti neri a ponente.
Gesù cammina sicuro e solo. Va molto velocemente per la sua via finché trova un corso d'acqua che scende gorgogliando verso la pianura in direzione nord-est. Lo risale fino ad un posto solitario presso una costa selvosa. Piega ancora, inerpicandosi per un sentiero, e giunge ad un ricovero naturale nel fianco del colle. Entra e si curva su un essere giacente, che appena si intravede nel chiarore lunare che illumina il sentiero ma che non penetra nello speco.
Lo chiama: «Giovanni». L ‘uomo si desta e si pone seduto, ancora offuscato di sonno. Ma presto si rende conto di Chi lo chiama e balza in piedi, per poi prostrarsi a terra dicendo:
«Come mai è venuto a me il mio Signore?».
«Per fare contento il tuo ed il mio cuore. Mi desideravi, Giovanni. Eccomi. Alzati. Usciamo nella luce lunare e sediamo a colloquio sul masso presso la grotta».
Giovanni ubbidisce con l'alzarsi e l'uscire. Ma quando Gesù è seduto, egli, nella sua pelle di pecora che male lo copre nel corpo magrissimo, si pone in ginocchio di fronte al Cristo, respingendosi indietro i capelli lunghi e scomposti, che gli sono ricaduti sugli occhi, per vedere meglio il Figlio di Dio.
Il contrasto è fortissimo. Gesù pallido e biondo, dai capelli soffici e ravviati e la breve barba al basso del volto, l'altro tutto un cespuglio di peli nerissimi dai quali appena emergono due occhi incavati, direi febbrili, tanto brillano nel loro nero di giaietto.
2 «Sono venuto a dirti "grazie". Tu hai compiuto e compi, con la perfezione della Grazia che è in te, la tua missione di mio Precursore. Quando l'ora sarà, al mio fianco entrerai in Cielo, perché tutto avrai meritato da Dio. Ma nell'attesa sarai già nella pace del Signore, amico mio diletto».
«Molto presto entrerò nella pace. Mio Maestro e Dio, benedici il tuo servo per fortificarlo nell'ultima prova. Non mi è ignoto che essa è prossima ormai e che ancora una testimonianza io devo dare: quella del sangue. E a Te, più ancora che a me, non è ignoto che sta per giungere la mia ora. La tua venuta è stata la misericordiosa bontà del tuo cuore di Dio che l'ha voluta, per fortificare l'ultimo martire di Israele e il primo martire del nuovo tempo. Ma dimmi solo: molto avrò da attendere la tua venuta?».
«No, Giovanni. Non molto di più di quanto decorse dalla tua alla mia nascita».
«Ne sia benedetto l'Altissimo. Gesù... Posso dirti così?».
«Lo puoi, per il sangue e per la santità. Quel Nome, che anche i peccatori dicono, può essere detto dal santo di Israele. Ad essi è salvezza, a te sia dolcezza. Che vuoi da Gesù, tuo Maestro e cugino?».
«Io vado a morire. Ma come un padre si preoccupa dei figli suoi, io dei miei discepoli mi preoccupo. I miei discepoli... Tu sei Maestro e sai come per essi è vivo in noi l'amore. L'unica pena del mio morire è la tema che essi si perdano come pecore senza pastore. Raccoglili Tu. Io ti rendo i tre che sono tuoi e che mi furono perfetti discepoli in attesa di Te. In essi, e specie in Mattia, è realmente presente la Sapienza. Altri ne ho. E a Te verranno. Ma questi, lascia che io te li affidi personalmente. Sono i tre più cari».
«Ed Io cari li ho. Va' tranquillo, Giovanni. Non periranno. Né questi né gli altri che hai, veri discepoli. Io raccolgo la tua eredità e la veglierò come il tesoro più caro venuto dal perfetto amico mio e servo del Signore».
3 Giovanni si prostra fino a terra e, cosa che pare impossibile in un così austero personaggio, piange con forti singhiozzi di gioia spirituale. Gesù gli posa la mano sul capo: «Il tuo pianto, che è gioia e umiltà, ha riscontro in un canto lontano, al suono del quale il tuo piccolo cuore ha balzato di giubilo. Sono, quel canto e questo pianto, lo stesso inno di lode all'Eterno che "ha fatto grandi cose, Lui che è potente negli spiriti umili". Anche mia Madre sta per intonare di nuovo il suo canto, già cantato allora. Ma, dopo, anche per Lei verrà la più grande gloria, come per te dopo il martirio. Ti porto anche il saluto di Lei. Tutti i commiati e tutti i conforti. Lo meriti. Qui non è che la mano del Figlio dell'uomo che sta sul tuo capo, ma dal Cielo aperto scende la Luce e l'Amore a benedirti, Giovanni».
«Non merito tanto. Io sono il tuo servo».
«Tu sei il mio Giovanni. Quel giorno, al Giordano, Io ero il Messia che si manifestava; qui, ora, è il cugino e il Dio che ti vuole dare il viatico del suo amore di Dio e di parente. Alzati, Giovanni. Diamoci il bacio d'addio».
«Non merito tanto... L'ho sempre desiderato, per tutta la vita. Ma non oso compiere questo atto su Te. Sei il mio Dio».
«Sono il tuo Gesù. Addio. La mia anima sarà vicino alla tua fino alla pace. E vivi e muori in pace, per i tuoi discepoli. Non posso darti che questo, ora. Ma in Cielo ti darò il centuplo perché tu hai trovato ogni grazia agli occhi di Dio».
Lo ha alzato e lo ha abbracciato baciandolo sulle guance ed essendone baciato. Poi Giovanni si inginocchia ancora e Gesù gli impone le mani sul capo e prega con gli occhi volti al cielo. Pare lo consacri. É imponente. Il silenzio si prolunga per qualche tempo così. Poi Gesù si accomiata con il suo dolce saluto:
«La pace mia sia sempre con te», e riprende la via fatta prima.
Cap. CXLIX. L'eredità del Battista. L'ora della morte per gli apostoli. L'amore di Dio in Giovanni.
28 aprile 1945
1 «Signore, perché non prendi riposo nella notte? Questa notte io mi sono alzato e non ti ho trovato. Il tuo posto era vuoto», dice Simone Zelote.
«Perché mi cercavi, Simone?».
«Per cederti il mio mantello. Temevo che Tu avessi freddo nella notte serena ma molto fresca».
«E tu non avevi freddo?»
«Io mi sono abituato in molti anni di miseria ad essere mal coperto, mal nutrito e male alloggiato... Quella valle dei morti!... Che orrore! In questo momento non era il caso. Ma un'altra volta che scendiamo a Gerusalemme, perché certo ci andremo, vieni, mio Signore, verso quei luoghi di morte. Vi sono tanti infelici là... e la miseria corporale non è la più grave... Ciò che più rode e consuma là è la disperazione... Non trovi, mio Signore, che vi è troppa durezza verso i lebbrosi?».
É l'Iscariota che risponde, prima ancora di Gesù, allo Zelote che perora in favore dei suoi antichi compagni. L'Iscariota dice: «E vorresti allora lasciarli fra il popolo? Peggio per loro se sono lebbrosi!».
«Non ci mancherebbe che questo per fare degli ebrei dei martiri! Anche la lebbra a spasso per le vie con le milizie e le altre cose!...», esclama Pietro.
«Mi sembra che sia misura di giusta prudenza tenerli relegati», osserva Giacomo d'Alfeo.
«Sì. Ma andrebbe fatta con pietà. Tu non sai cosa sia essere lebbrosi. Non puoi parlare. Perché, se è giusto aver cura dei nostri corpi, non abbiamo la stessa giustizia per le anime dei lebbrosi? Chi parla loro di Dio? E Dio solo sa quanto ne hanno bisogno di pensare ad un Dio e ad una pace in quella loro atroce desolazione!». «Simone, hai ragione. Io andrò da loro. E perché è giusto e per insegnarvi questa misericordia. Fino ad ora ho guarito i lebbrosi incontrati per caso. Fino a questo momento, ossia fino a quando sono stato cacciato da Giuda, Io mi sono rivolto ai grandi di Giuda come ai più lontani e ai più bisognosi d'essere redenti per essere aiuto del Redentore. Ora, convinto della inutilità di questo mio tentativo, lo abbandono. Non ai grandi, ma ai minimi, alle miserie di Israele Io vado. E fra esse saranno i lebbrosi della valle dei morti. Non deluderò la fede che hanno in Me questi evangelizzati dal riconoscente lebbroso».
«Come sai, Signore, che io ho fatto questo?».
«Come so quello che pensano di Me amici o nemici di cui scruto il cuore».
2 «Misericordia! Ma Tu sai proprio tutto di noi, Maestro?», grida Pietro.
«Si. Anche che tu, e non tu solo, volevi allontanare Fotinai. Ma non sai che non ti è lecito allontanare dal bene un'anima? Non sai che per penetrare in un paese occorre essere di una pietà tutta dolce anche per coloro che la società, non santa perché non immedesimata con Dio, chiama e giudica indegni di pietà? Ma non turbarti perché Io so questo. Abbi solo pena che il tuo cuore abbia movimenti che Dio non approva e sforzati di non averli più. Ve l'ho detto. Il primo anno è finito. Nel nuovo Io progredirò, e con nuove forme, per la mia via. Voi dovete nel secondo anno pure progredire. Altrimenti sarebbe inutile che Io mi stancassi a evangelizzare, e a superevangelizzare voi, miei futuri sacerdoti».
3 «Eri andato a pregare, Maestro? Tu ci hai promesso di insegnarci le tue orazioni. Lo farai in questo anno?». «Lo farò. Ma voglio insegnarvi ad essere buoni. La bontà è già preghiera. Ma lo farò, Giovanni».
«E anche a fare i miracoli ci insegnerai in questo anno?», chiede l'Iscariota.
«Il miracolo non si insegna. Non è il giuoco di un giocoliere. Il miracolo viene da Dio. Lo ottiene chi ha grazia presso Dio. Se voi imparerete ad essere buoni avrete grazia e otterrete miracolo».
4 «Ma Tu non rispondi mai alla domanda nostra. L'ha chiesto Simone, l'ha chiesto Giovanni, e mai ci dici dove sei andato questa notte. Uscire così solo, in paese pagano, può essere pericoloso».
«Sono andato a far felice un animo retto e, poiché è un morituro, a raccogliere la sua eredità».
«Si? Era tanta?».
«Tanta, Pietro, e di molto valore. Frutto del lavoro di un vero giusto».
«Ma... io non ti ho visto nulla di più nella tua sacca. Sono forse gioielli che hai in seno?».
«Sì. Sono gioielli carissimi al mio cuore».
«Mostraceli, Signore».
«Li avrò quando quel morituro sarà morto. Per ora servono a lui e a Me lasciandoli dove sono».
«Li ha messi a frutto?».
«Ma credi che tutto ciò che abbia valore sia denaro? Questo è la cosa più inutile e sozza che sia sulla Terra. E non serve che per la materia, il delitto e l'inferno. Raramente l'uomo lo usa per il bene».
«Allora... se denaro non è, che è?».
«Tre discepoli formati da un santo».
«Sei stato dal Battista? Oh! Ma perché?».
«Perché!... Voi sempre mi avete; e fra tutti valete meno di una sola unghia del Profeta. Non era giusto che Io al santo d'Israele andassi a portare la benedizione di Dio per fortificarlo al martirio?».
«Ma se è santo... non ha bisogno di fortificazione. Fa da sé!...».
«Un giorno verrà che i "miei" santi saranno portati davanti ai giudici e alla morte. Saranno santi, saranno in grazia di Dio, saranno confortati dalla fede, dalla speranza, dalla carità. Eppure Io già sento il loro grido, il grido del loro spirito: "Signore, aiutaci in quest'ora!". Solo col mio aiuto i miei santi saranno forti nelle persecuzioni».
5 «...non saremo noi questi, non è vero? Perché io non ho proprio la capacità di soffrire».
«Vero. Tu non hai la capacità di soffrire. Ma tu, Bartolomeo, non sei ancora battezzato».
«Si, che lo sono».
«Con l'acqua. Ma ti manca ancora un altro battesimo. Allora saprai soffrire».
«Sono già vecchio».
«E da vecchissimo sarai più forte di un giovane».
«Ma Tu ci aiuterai lo stesso, non è vero?».
«Io sarò con voi sempre».
«Cercherò di abituarmi al soffrire», dice Bartolomeo.
«Io pregherò sempre, fin da ora, per avere questa grazia da Te», dice Giacomo d'Alfeo.
«Io sono vecchio e non chiedo che di precederti e di entrare con Te nella pace», dice Simone Zelote.
«Io... non so che vorrei. Se precederti o esserti vicino per morire insieme», dice Giuda d'Alfeo.
«Io ne avrò dolore se ti sopravvivrò. Ma mi consolerò col predicarti ai popoli», professa l'Iscariota.
«Io la penso come tuo cugino», dice Tommaso.
«Io invece come Simone lo Zelote», dice Giacomo di Zebedeo.
«E tu, Filippo?».
«Ma... io dico che non ci voglio pensare. L'Eterno mi darà ciò che è meglio».
«Oh! ma tacete! Sembra che il Maestro debba morire presto! Non mi fate pensare alla sua morte!», esclama Andrea.
«Hai detto bene, fratello mio. Sei giovane e sano, Gesù. Devi seppellirci tutti, noi più vecchi di Te».
«E se mi uccidessero?».
«Non ti avvenga mai, ma io ti vendicherò».
«Come? Con vendette di sangue?».
«Eh!... anche con quelle se me ne dài licenza. Ma, altrimenti, levando con la mia professione di fede fra i popoli le accuse gettate su Te. Il mondo ti amerà perché sarò instancabile nel predicarti», termina Pietro.
«E’ vero. Così sarà. E tu, Giovanni? E tu, Matteo?».
«Io devo soffrire e attendere di avere con molta pena lavato il mio spirito», dice Matteo.
«E io... io non so. Vorrei morire subito per non vederti soffrire. Vorrei esserti al fianco per consolarti l'agonia. Vorrei vivere a lungo per servirti a lungo. Vorrei morire con Te per entrare con Te in Cielo. Tutto vorrei perché ti amo. E penso che io, il minimo fra i miei fratelli, potrò tutto questo se saprò amarti alla perfezione.
6 Gesù, aumenta il tuo amore!», dice Giovanni.
«Vorrai dire: "Aumenta il mio amore"», commenta l'Iscanota.
«Perché siamo noi che dobbiamo amare sempre più...».
«No. Dico: aumenta il tuo amore. Perché noi ameremo più Egli ci arderà col suo amore».
Gesù si attira vicino il puro e appassionato Giovanni e lo bacia in fronte dicendo poi: «Hai rivelato un mistero di Dio sulla santificazione dei cuori. Dio si effonde sui giusti, e più essi si arrendono al suo amore più Egli lo aumenta, e cresce santità. É questo il misterioso e ineffabile operare di Dio e degli spiriti. Si compie nei silenzi mistici e la sua potenza, non descrivibile con umana parola, crea non descrivibili capolavori di santità. Non è sbaglio ma è parola sapiente questa di chiedere che Dio aumenti il suo amore in un cuore».
Cap. CCLXX. La notizia dell'uccisione di Giovanni Battista.
4 settembre 1945
1 Gesù sta guarendo dei malati senz'altra assistenza di quella di Mannaen. Sono nella casa di Cafarnao, nell'orto ombroso in questa ora mattutina. Mannaen non ha più né cintura preziosa né lamina d'oro alla fronte. Il vestito è tenuto raccolto da un cordone di lana e il copricapo da una strisciolina di tela. Gesù è a testa nuda, come sempre quando è in casa.
Finito di guarire e di consolare i malati, Gesù sale con Mannaen nella stanza alta e si siedono ambedue sul davanzale della finestra che guarda il monte, perché la parte del lago è tutta presa dal sole che è ancora ben caldo, nonostante che la canicola debba essere superata da qualche tempo.
«Fra poco hanno inizio le vendemmie», dice Mannaen.
«Già. E poi verranno i Tabernacoli… e sarà presto l'inverno. Tu quando conti di partire?».
«Umh!… Io non partirei mai… Ma penso al Battista. Erode è un debole. Saputo suggestionare in bene, se non diventa buono, rimane per lo meno… non sanguinario. Ma sono pochi quelli che lo consigliano bene. E quella donna!… Quella donna!… Ma vorrei stare qui finché non tornano i tuoi apostoli. Non che io presuma molto di me… ma qualche cosa valgo ancora… benché il mio auge sia molto diminuito da quando hanno capito che seguo le vie del Bene. Ma non me ne importa.
2 Vorrei avere il vero coraggio di sapere abbandonare tutto per seguire Te completamente, come quei discepoli che Tu aspetti. Ma ci riuscirò mai? Noi che non siamo del popolo, siamo più duri a seguirti. Perché?».
«Perché avete i tentacoli delle povere ricchezze che vi trattengono».
«Veramente so anche di alcuni che non sono propriamente ricchi, ma dotti o sulla via di essere dotti, ed essi pure non vengono».
«Anche essi hanno i tentacoli delle povere ricchezze che li trattengono. Non si è ricchi solo di denaro. Vi è anche la ricchezza del sapere. Pochi giungono alla confessione di Salomone: "Vanità delle vanità, tutto è vanità", ripresa e ampliata non tanto materialmente quanto in profondità nel Cioelet[71]. L'hai presente? La scienza umana è vanità, perché aumentare soltanto l'umano sapere "è affanno e afflizione di spirito, e chi moltiplica la scienza moltiplica gli affanni". In verità te lo dico che così è. E anche dico che così non sarebbe se l'umana scienza fosse sostenuta e imbrigliata dalla soprannaturale sapienza e dal santo amore di Dio. Il piacere è vanità perché il piacere non dura, ma rapido dilegua dopo aver arso lasciando cenere e vuoto. I beni accumulati con svariate industrie sono vanità per l'uomo che muore, perché ad altri li lascia e coi beni non può respingere la morte. La donna, contemplata come femmina e come tale appetita, è vanità. Onde si conclude che l'unica cosa che vanità non sia è la santa temenza di Dio e l'ubbidienza ai suoi comandi, ossia la sapienza dell'uomo, che non è solo carne ma possiede la seconda natura: quella spirituale. Chi sa così concludere e volere, sa staccarsi da ogni tentacolo di povero possesso e andare libero incontro al Sole».
«Mi voglio ricordare queste parole. Quanto mi hai dato in questi giorni! Ora posso andare nella bruttura della Corte, che pare luminosa solo agli stolti, che pare potente e libera, e non è che miseria, carcere e tenebra, e andarvi con un tesoro che mi permetterà di vivervi meglio in attesa del meglio. Ma vi giungerò mai io a questo meglio, che è l'essere tuo totalmente?».
«Vi giungerai».
«Quando? L'anno prossimo? O più là? O quando la vecchiaia mi farà saggio?».
«Vi giungerai raggiungendo maturità di spirito e perfezione di volere nel volgere di poche ore».
Mannaen lo guarda pensieroso, indagatore… Ma non chiede altro.
Un silenzio. Poi Gesù dice: «Hai mai avvicinato Lazzaro di Betania?».
«No, Maestro. Posso dire di no. Che se ci fu qualche incontro non può dirsi amicizia. Sai… Io con Erode, e Erode contro di lui… Perciò…».
«Lazzaro ora ti vedrebbe oltre le cose, in Dio. Devi cercare di avvicinarlo come condiscepolo».
«Lo farò se Tu lo vuoi…».
3 Delle voci agitate si sentono nell'orto. Chiedono con ansia:
«Il Maestro! Il Maestro! Qui è?».
Risponde la voce cantante della padrona di casa: «Nella stanza alta è. Chi siete? Malati?».
«No. Discepoli di Giovanni e vogliamo Gesù di Nazaret».
Gesù si affaccia dalla finestra dicendo: «La pace sia a voi…
Oh! Voi siete? Venite! Venite!».
Sono i tre pastori Giovanni, Mattia e Simeone. «Oh! Maestro!», dicono alzando il capo e mostrando un volto addolorato. Neppure la vista di Gesù li rasserena.
Gesù lascia la stanza andando loro incontro sulla terrazza. Mannaen lo segue. Si incontrano proprio là dove la scaletta sbocca sul terrazzo assolato.
I tre si inginocchiano baciando il suolo. E poi Giovanni per tutti dice: «Ed ora raccoglici, Signore, perché noi siamo la tua eredità», e delle lacrime scendono sul volto del discepolo e dei compagni.
Gesù e Mannaen hanno un solo grido: «Giovanni!?».
«È stato ucciso…».
La parola cade come fosse un enorme fragore che copra ogni rumore del mondo. Eppure è stata detta molto piano. Ma pietrifica chi la dice e chi la sente. E sembra che la Terra, per raccoglierla e per raccapricciarne, sospenda ogni suo rumore, tanto vi è un periodo di silenzio profondo e di profonda immobilità negli animali, nelle fronde, nell'aria. Sospeso lo sgrugolio dei colombi, troncato il flauto di un merlo, ammutolito il coro dei passeri e, quasi gli si fosse spezzato di colpo l'ordigno, una cicala frinente tace improvvisamente, mentre si sospende il vento che carezzava pampini e foglie facendo fruscio di seta e cigolio di pali.
4 Gesù diventa di un pallore di avorio mentre gli occhi gli si dilatano invetrandosi di pianto. Apre le braccia dicendo, e la voce è profonda per lo sforzo di renderla sicura: «Pace al Martire della giustizia ed al mio Precursore». Poi raccoglie le braccia e lo spirito e certo prega, comunicando con lo Spirito di Dio e del Battista.
Mannaen non osa un gesto. Al contrario di Gesù, egli è arrossito vivamente ed ha avuto un moto d'ira. Poi si è irrigidito, e tutto il suo turbamento si rivela dal movimento meccanico della destra, che cincischia il cordone della veste, e della sinistra che involontariamente cerca il pugnale… e Mannaen scuote il capo commiserando la sua debolezza di mente che non ricorda di essersi disarmato per essere «il discepolo del Mite, presso il Mite».
Gesù riapre la bocca e gli occhi. Il suo viso, il suo sguardo, la sua voce, hanno ripreso la maestà divina che gli sono abituali. Solo permane una grave mestizia temperata di pace.
«Venite. Mi racconterete. Da oggi siete miei». E li conduce nella stanza chiudendo la porta, socchiudendo le tende, a temperare la luce, a far raccoglimento intorno al dolore e alla bellezza della morte del Battista, a far separazione fra questa perfezione di vita e il mondo corrotto.
«Parlate», ordina.
Mannaen sembra sempre di pietra. È vicino al gruppo. Ma non dice parola.
5 «Fu la sera della festa… Imprevedibile l'evento… Solo due ore prima Erode si era consigliato con Giovanni, licenziandolo poi con benignità… E poco, poco prima che avvenisse… l'omicidio, il martirio, il delitto, la glorificazione, aveva mandato un servo con frutta gelate e vini rari al prigioniero. Giovanni aveva distribuito a noi quelle cose… Lui non ha mai mutato la sua austerità… Noi soli c'eravamo, perché per merito di Mannaen noi eravamo nel palazzo come servi alle cucine e alle scuderie. E questa era grazia che ci permetteva di vedere sempre il nostro Giovanni… Eravamo alle cucine io e Giovanni, mentre Simeone sorvegliava i servi di scuderia perché trattassero con cura le cavalcature degli ospiti… Il palazzo era pieno di grandi, di capi militari e di signori di Galilea. Erodiade si era chiusa nelle sue stanze dopo una violenta scena avvenuta al mattino fra lei ed Erode…».
Mannaen interrompe: «Ma quando era venuta la iena?».
«Due giorni avanti. Inaspettata… Dicendo al monarca che non poteva vivere lontana da lui ed essere assente nel dì della sua festa. Vipera e maga come sempre, lo aveva reso uno zimbello… Ma Erode al mattino di quel giorno si era rifiutato, benché già ebbro di vino e di lussuria, di concedere alla femmina ciò che chiedeva con alte grida… E nessuno pensava fosse la vita di Giovanni!… Era nelle sue stanze, sdegnosa. Aveva respinto i cibi regali mandati da Erode su vassoi preziosi. Solo aveva trattenuto un vassoio prezioso colmo di frutta, ricompensando il dono con un'anfora di vino drogato per Erode… Drogato… Ah! che bastava la sua natura ebbra e viziosa a drogarlo al delitto! Dai servi di mensa seppimo che dopo la danza delle mime di corte, anzi a metà della stessa, era irrotta nella sala del convito Salomè, danzando. E le mime, davanti alla fanciulla regale, si erano ritirate contro le pareti. La danza era perfetta, ci hanno detto. Lubrica e perfetta. Degna degli ospiti… Erode… Oh! che forse un nuovo gusto di incesto gli fermentava dentro!… Erode, al termine di questa danza, entusiasta, disse a Salomè: "Bene hai ballato! Io lo giuro che meriti premio. Io lo giuro che te lo darò. Io lo giuro che ti darò qualunque cosa che tu mi possa chiedere. Alla presenza di tutti lo giuro. E parola di re è fedele anche senza giuramenti. Chiedi dunque che vuoi". E Salomè, fingendo perplessità, innocenza e modestia, raccogliendosi nei veli, con mossa pudica dopo tanta impudicizia, disse: "Permettimi, o grande, di riflettere un momento. Mi ritiro e poi verrò, perché la tua grazia mi ha turbata"… E si ritirò andando dalla madre. Selma mi ha detto che entrò ridendo, dicendo: "Madre, hai vinto! Dàmmi il vassoio". Ed Erodiade con un grido di trionfo ordinò alla schiava di dare alla fanciulla il vassoio trattenuto prima, dicendo: "Va' e torna con la testa odiata, e ti vestirò di perle e oro". E Selma, inorridendo, ubbidì… Salomè rientrò danzando nella sala, e danzando andò a prostrarsi ai piedi del re dicendo: "Ecco. Su questo bacile che tu hai mandato alla madre, in segno che l'ami e che mi ami, io voglio la testa di Giovanni. E poi danzerò ancora, se tanto ti piaccio. Danzerò la danza della vittoria. Perché io ho vinto! Ho vinto te, re! Ho vinto la vita, e felice sono!". Questo disse, e a noi lo ripeté un coppiere amico. E Erode si turbò, preso da due voglie: esser fedele alla parola, essere giusto. Ma non seppe essere giusto, perché un ingiusto è. Fece cenno al carnefice, che era dietro al sedile reale, e quello, preso dalle mani alzate di Salomè il vassoio, scese dalla sala del convito verso le stanze basse. Lo vedemmo traversare la corte io e Giovanni… e dopo poco udimmo il grido di Simeone: "Assassini!" e poi lo vedemmo ripassare con la testa sul vassoio… Giovanni, il tuo Precursore, era morto…».
6 «Simeone, puoi dirmi come morì?», chiede dopo qualche tempo Gesù.
«Sì. Era in preghiera…. Mi aveva detto prima: "Fra poco torneranno i due mandati, e chi non crede crederà. Ma però ricorda che, se io più non vivessi al loro ritorno, io, come uno che è presso alla morte, ancor ti dico, perché tu a loro lo ridica:
'Gesù di Nazaret è il vero Messia'". Pensava sempre a Te… Entrò il carnefice. Io gridai forte. Giovanni alzò il capo e lo vide. Si alzò in piedi. Disse: "Non puoi che troncarmi la vita. Ma la verità, che dura, è che non è lecito fare il male". E stava per dirmi qualcosa quando il carnefice roteò la spada pesante, mentre ancora Giovanni era in piedi, e la testa cadde dal busto con un gran fiotto di sangue, che fece rossa la pelle caprina e di cera il volto magro in cui rimasero vivi, aperti, accusatori, gli occhi. Mi rotolò ai piedi… Io caddi insieme al corpo di lui, per debolezza di dolore… Dopo… dopo… Dopo che Erodiade l'ebbe sfregiato, fu gettato il capo ai cani. Ma noi lo raccogliemmo pronti ed in un velo prezioso lo legammo insieme al tronco, ricomponendo nella notte il corpo e trasportandolo fuori Macheronte. Lo imbalsamammo in un folto di acacie lì presso, al primo sole, con l'aiuto di altri discepoli… Ma ancora ci fu preso per altri sfregi. Perché ella non può distruggerlo e non può perdonarlo… E i suoi schiavi, temendo la morte, furono più feroci di sciacalli nel levarci quel capo.
7 Se tu c'eri, Mannaem!…».
«Se io c'ero… Ma è la sua maledizione quel capo… Nulla si leva alla gloria del Precursore, anche se incompleto è il corpo. Non è vero, Maestro?».
«È vero. Anche lo avessero distrutto i cani, non sarebbe mutata la gloria».
«E non è mutata la parola, Maestro. I suoi occhi, benché sfregiati sotto una gran ferita, dicono ancora: "Non ti è lecito". Ma noi lo abbiamo perduto!», dice Mattia.
«E ora siamo tuoi, perché così egli ha detto, dicendo anche che Tu sai già».
«Sì. Da mesi siete miei. Come veniste?».
«A piedi, a tappe. Lungo, penoso cammino fra rovente di sabbie e di sole e ancor più rovente di dolore. Sono quasi venti giorni che camminiamo…».
«Ora riposerete».
Mannaen chiede: «Dite: Erode non si stupì della mia assenza?».
«Sì. E fu inquieto prima e furente poi. Ma passato il furore disse: "Un giudice di meno". Così ci riferì il coppiere amico».
Gesù dice: «Un giudice di meno! Ha Dio per giudice e basta quello. Venite dove dormiamo. Siete stanchi e polverosi. Troverete vesti e sandali dei compagni vostri. Prendeteli, ristoratevi. Ciò che è di uno è di tutti. Tu, Mattia, che alto sei, puoi prendere una mia veste. Poi provvederemo. Entro sera, poiché è vigilia del sabato, verranno gli apostoli miei. Nella settimana prossima verrà Isacco coi discepoli e poi verranno Beniamino e Daniele; dopo i Tabernacoli, Elia, Giuseppe e Levi verranno pure. È tempo che ai dodici si uniscano altri. Andate ora al riposo».
Mannaen li accompagna e poi torna.
8 Gesù resta con Mannaen. Si siede pensieroso, visibilmente triste, col capo reclinato sulla mano, il gomito puntato sul ginocchio a far da sostegno. Mannaen è seduto presso la tavola e non si muove. Ma è cupo. Il suo volto è una tempesta.
Dopo molto Gesù alza il capo, lo guarda e chiede: «E tu? Che farai ora?».
«Non lo so ancora… Lo scopo di rimanere a Macheronte è finito. Ma vorrei ancora rimanere presso la Corte per sapere…
per proteggere Te, sapendo».
«Ti converrebbe meglio seguirmi senza indugio. Ma non ti forzo. Verrai quando sarà disfatto, molecola a molecola, il vecchio Mannaen».
«Vorrei anche levare quella testa a quella donna. Non è degna di averla…».
Gesù ha un pallido accenno di sorriso e, schietto, dice: «E poi non sei ancora morto alle ricchezze umane. Ma mi sei caro ugualmente. So che non ti perdo, anche se attendo. Io so attendere…».
«Maestro, io vorrei darti la mia generosità per consolarti…
Perché Tu soffri. Lo vedo».
«È vero. Io soffro. Molto! Molto!…».
«Solo per Giovanni? Non credo. Tu lo sai in pace».
«Lo so in pace e non lo sento lontano».
«E allora?».
«E allora!… Mannaen, l'alba cosa precede?».
«Il giorno, Maestro. Perché lo chiedi?».
«Perché la morte di Giovanni precede il giorno in cui sarò il Redentore. E la parte umana di Me freme di fronte a questa idea… Mannaen, Io vado sul monte. Resta tu a ricevere chi viene, a soccorrere quelli che già sono venuti. Resta fino al mio ritorno. Poi… farai ciò che vorrai. Addio».
E Gesù esce dalla stanza. Scende piano la scaletta, traversa l'orto e, per la parte posteriore di esso, si imbuca in un sentieruolo fra orti scapigliati e frutteti di ulivi, meli, viti e fichi, e prende il pendio di un piccolo colle dove mi scompare alla vista.
Cap. DXXVI. Guarigioni presso il guado di Betabara e discorso nel ricordo di Giovanni Battista.
7 novembre 1946
1 «Pace a Te, Maestro!», salutano i discepoli pastori, andati avanti giorni prima e in attesa oltre il guado insieme ai malati che hanno raccolto e ad altri desiderosi di sentire il Maestro.
«Pace a voi. Da molto mi attendete?».
«Da tre giorni».
«Sono stato trattenuto per via. Andiamo dai malati».
«Abbiamo fatto drizzare delle tende per ricoverarli senza andare avanti e indietro dai paesi vicini. Latte ce ne hanno dato per essi dei nostri amici pastori, che ora sono là col gregge in attesa di Te», dicono i discepoli mentre guidano Gesù sotto un folto, che da se stesso farebbe tetto a chi si rifugiasse sotto di esso.
Là sono una ventina di piccole tende stese su paletti, o da tronco a tronco, e sotto di esse è il triste, piccolo popolo di malati che attendono e che, appena comprendono Chi è che viene, gridano il solito grido: «Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di noi».
Gesù non li vuole tenere molto in attesa e affacciandosi, anzi, curvandosi da tenda a tenda, perché la sua alta statura non gli permette di entrarvi stando ritto, mette in ognuna il suo volto e il suo sorriso, che è già una grazia. Il sole alle sue spalle getta la sua ombra sui giacigli e sui volti emaciati o sulle membra inerti. Non dice che una breve frase: «Pace a voi che credete», e poi passa alla tenda vicina.
E lo segue un grido. Un grido ripetuto come è ripetuta la sua frase, un grido che si ripete nella tenda appena lasciata, come fosse l’eco di quello uscito dalla tenda che viene prima: «Io sono guarito. Osanna al Figlio di Davide!». E il piccolo popolo di malati, prima steso sotto le tende oscure, esce e si riforma dietro i passi del Maestro, un piccolo popolo tutto festoso che getta i bastoni e le stampelle, che si avvolge nelle coperte della barellina abbandonata, che si leva le bende ormai inutili a che soprattutto tripudia nella gioia della guarigione.
Sono tutti guariti, ormai. E Gesù si volge col suo sorriso più dolce a dire: «Il Signore ha premiato la vostra fede. Benediciamo insieme la sua bontà», e intona il salmo (100): «“Cantate con giubilo a Dio da tutta la Terra, servite il Signore con allegrezza. Venite al suo cospetto giubilando. Riconoscete che il Signore è Dio, ci ha fatto Lui”, ecc.».
La gente lo segue come può. Alcuni, forse non d’Israele, seguono il canto con un mugolio fra le labbra. Ma il loro cuore canta, e la luce dei volti lo dice. Dio certo accoglierà quel povero mugolio meglio del canto perfetto e arido di qualche fariseo.
2 Mattia dice a Gesù: «O Signore, parlando a quelli che aspettano la tua parola, ricorda il nostro Giovanni».
«Pensavo di farlo, perché questo luogo ancor più vivamente mi riporta in cuore la figura del Battista», e circondato dalla gente sale su una zolla di terra sopraelevata, coperta di erba sottile, e inizia a parlare.
«Che siete voi venuti a cercare in questo luogo? La salute del corpo, o malati, e vi fu data. La parola che evan-gelizza e l’avete trovata. Ma la salute del corpo deve essere la preparazione alla ricerca della salute dello spirito, così come la parola che evangelizza deve essere preparazione alla vostra volontà di giustizia. Guai se la salute del corpo si limitasse a gioia della carne e del sangue, rimanendo inerte riguardo allo spirito!
Io vi ho fatto lodare il Signore che vi ha beneficati con la salute. Ma, passato il momento del giubilo, non deve cessare la vostra riconoscenza al Signore. Ed essa si manifesta nella buona volontà di amarlo.
Ogni dono di Dio è nullo, per quanto sia carico di forze attive, se manca nell’uomo la volontà di ricompensarlo con il dono del proprio spirito a Dio.
3 Questo luogo ha sentito la predicazione di Giovanni. Molti di voi certo l’avete sentita. Tanti di Israele l’hanno sentita, ma non in tutti ha prodotto gli stessi risultati, nonostante che il Battista dicesse ad ognuno le stesse parole. Come dunque tanta differenza? Da che? Dalla volontà diversa degli uomini che hanno raccolto quelle parole. Ad alcuni esse furono reale preparazione a Me, e conseguentemente alla loro santità. Per altri furono invece preparazione contro Me, e conseguentemente alla loro ingiustizia. Come grido di una scolta, esse hanno risuonato, e l’esercito degli spiriti si è diviso, nonostante unico fosse il grido. Parte di essi si sono preparati per seguire il loro Duce. Parte si sono armati ed hanno studiato piani per combattere Me e i miei seguaci. E per questo Israele sarà vinto, perché un regno diviso in se stesso non può essere forte, e gli stranieri se ne approfittano per soggiogarlo.
Ugualmente però è nei singoli spiriti. In ogni uomo sono forze buone e forze non buone. La Sapienza parla a tutto l’uomo, ma sono pochi gli uomini che sanno voler fare regnare una sola parte: la buona. In questo volere scegliere una parte sola e farla regina sono più capaci i figli del secolo. Essi sanno essere completamente malvagi quando vogliono esserlo, e gettano come vesti inutili le parti buone che potrebbero resistere in loro.
Invece gli uomini che non sono del loro secolo, e che hanno impulso verso la Luce, non sanno che difficilmente imitare i figli del secolo e gettare da sé, come vesti ripudiate, le parti malvagie che tentano resistere in loro.
4 Io ho detto che se un occhio è scandalo venga strappato, se una mano è scandalo venga mozzata, perché è meglio entrare nella Luce eterna mutilati, che nelle Tenebre eterne con tutti e due gli occhi o con ambe le mani. (Vol 3 Cap 174 e Vol 5 Cap 352).
Il Battista era uomo del nostro tempo. Molti fra voi lo avete conosciuto. Imitate il suo esempio eroico. Egli, per amore del Signore e della sua anima, gettò ben più che un occhio ed una mano, ma la vita stessa, per essere fedele alla Giustizia. Molti fra voi saranno forse stati suoi discepoli e ancora diranno di amarlo. Ma ricordate che l’amore a Dio, e l’amore ai maestri che portano a Dio, si dimostra facendo ciò che essi hanno insegnato, imitando le loro opere di giustizia e amando Dio con tutti se stessi, sino all’eroismo. Ecco allora che, così facendo, i doni di salute e sapienza che Dio ha concessi non restano inattivi e non divengono condanna, ma anzi sono scala a salire alla dimora del Padre mio e vostro che tutti attende nel suo Regno.
Fate, per il vostro bene, fate che il sacrificio del Battista ? tutta una vita di sacrificio terminata col martirio ? e il sacrificio mio ? tutta una vita di sacrificio e terminante in un martirio cento volte e cento più grande di quello del mio Precursore ? non restino inattivi per voi.
Siate giusti, abbiate fede, abbiate ubbidienza alla parola del Cielo, rinnovatevi nella Legge nuova. La Buona Novella sia per voi veramente buona, facendovi buoni e meritevoli di godere della Bontà, ossia del Signore altissimo, in un Giorno eterno. Sappiate distinguere i veri dai falsi pastori e seguite quelli che vi danno parole di Vita imparate da Me.
5 È prossima la festa delle Luci, la celebrazione della Dedicazione del Tempio. Ricordatevi che nulla sono le luci di molte lampade in onore della festa e del Signore, se resta senza luce il vostro cuore. È luce la carità, e portalampada la volontà di amare il Signore con le opere buone. Ricordare la Dedicazione del Tempio è buona cosa, ma molto più grande e buona e accetta al Signore è dedicare a Dio il proprio spirito e riconsacrarlo con l’amore. Spiriti giusti in corpi giusti, perché il corpo è simile alle mura che cingono l’altare, e lo spirito è l’altare sul quale scende la gloria del Signore. Dio non può scendere su altari profanati da peccati propri o da contatti con carni morse dalla lussuria e da pensieri malvagi.
Siate buoni. La fatica di esserlo nelle continue prove della vita è compensata ad usura dal premio futuro e, sin da ora, dalla pace che consola i cuori dei giusti al termine di ogni loro giornata, quando si stendono per il riposo e trovano il loro guanciale spoglio dei rimorsi, che sono l’incubo di quelli che vogliono godere illecitamente e non riescono che a darsi una smania senza pace.
Non invidiate i ricchi, non odiate alcuno, non desiderate ciò che vedete ad altri. State contenti del vostro stato, pensando che nel fare la volontà di Dio in ogni cosa è la chiave che apre le porte della Gerusalemme eterna.
5 Io vi lascio. Molti fra voi non mi vedranno più, perché Io sto per andare a preparare i posti dei miei discepoli... Benedico specialmente i vostri bambini, le vostre donne che non vedrò più. E poi voi, o uomini... Sì. Voglio benedirvi... La mia benedizione servirà a non far cadere i più forti e a far risorgere i più deboli. Soltanto per quelli che mi tradiranno, odiandomi, la mia benedizione non avrà valore».
Li benedice in massa e poi benedice le donne e bacia i bambini, e lentamente torna verso il guado coi cinque apostoli che sono ancora con Lui e con i discepoli ex?pastori.
7 Io devo conoscere tutto dell’uomo. Meno la colpa consumata. E ciò non per barriera messa dal Padre mio alla carne, al mondo e al demonio, ma dalla mia volontà di uomo. Io sono come voi. Ma so volere più di voi. Perciò subisco le tentazioni, ma non cedo alle tentazioni. E in questo sta, come per voi, il mio merito».
«Tentazioni Tu!... Mi pare quasi impossibile...».
«Perché tu ne soffri poche. Sei puro e pensi che, essendolo Io più di te, non debba conoscere la tentazione. Infatti quella carnale è così debole rispetto alla mia castità, che non è giammai sensibile all’io. È come se un petalo percuotesse un granito senza fessure. Scorre via... Se ne è stancato persino il demonio di avventarmi contro questo dardo. Ma, o Giovanni, non pensi quante altre tentazioni sono intorno a Me?».
«A Te? Tu non sei avido di ricchezze, non di onori... Quali dunque?...».
«E non pensi che ho una vita, degli affetti, e dei doveri anche, verso mia Madre, e che queste cose mi tentano a sfuggire il pericolo? Esso, il Serpente, lo chiama “pericolo”. Ma il suo vero nome è “Sacrificio”. E non pensi che ho dei sentimenti Io pure? L’io morale non è assente in Me, e soffre delle offese, degli scherni, delle doppiezze. Oh! mio Giovanni! Non ti chiedi che schifo sia per Me la menzogna e il menzognero? Sai quante volte il demonio mi tenta a reagire a queste cose, che mi danno dolore, uscendo dalla mansuetudine, divenendo duro, intransigente? E infine, non pensi quante volte soffia il suo bruciante fiato di superbia e dice: “Gloriati di questo o quello. Sei grande. Il mondo ti ammira. Gli elementi ti servono!”. La tentazione di compiacersi di essere santo! La più sottile! Quanti perdono la santità già acquistata per questa superbia! Con che Satana ha corrotto Adamo? Con la tentazione al senso, al pensiero e allo spirito. E Io non sono l’Uomo che deve ricreare 1’uomo? Da Me la nuova Umanità. Ed ecco che Satana cerca le stesse vie per distruggere, e per sempre, la razza dei figli di Dio.
8 Ora va’ dai compagni e ripeti le mie parole. E non pensare se Io so o non so ciò che fa Giuda. Pensa che ti amo. Non è sufficiente questo pensiero ad occupare un cuore?». Lo bacia e lo congeda.
E rimasto solo di nuovo, alza gli occhi al cielo che si vede fra il fogliame degli ulivi e geme: «Padre mio! Fa’ che almeno, sino all’ultima ora, Io possa tenere occulto il Delitto. Ad impedire che questi miei diletti si sporchino di sangue. Pietà di loro, Padre mio! Sono deboli troppo per non reagire all’offesa! Che essi non abbiano odio in cuore nell’ora della Carità perfetta!», e si asciuga delle lacrime che solo Dio vede...