Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
Cuore adorabile di Gesù, dolce mia vita, nei miei presenti bisogni ricorro a te e affido alla tua potenza, alla tua sapienza, alla tua bontà, tutte le sofferenze del mio cuore, ripetendo mille volte:
"O Cuore Sacratissimo, fonte di amore, per i miei presenti bisogni pensaci tu".
Gloria al Padre
Cuore di Gesù, mi unisco alla tua intima unione con il Padre Celeste.
Cuore amatissimo di Gesù, oceano di misericordia, ricorro a te per aiuto nelle mie presenti necessità e con pieno abbandono affido alla tua potenza, alla tua sapienza, alla tua bontà, la tribolazione che mi opprime, ripetendo ancor mille volte:
"O Cuore tenerissimo, unico mio tesoro, per i miei presenti bisogni pensaci tu".
Gloria al Padre
Cuore di Gesù, mi unisco alla tua intima unione con il Padre Celeste.
Cuore amorosissimo di Gesù, delizia di chi t'invoca!
Nell'impotenza in cui mi trovo ricorro a te, dolce conforto dei tribolati e affido alla tua potenza, alla tua sapienza, alla tua bontà, tutte le mie pene e ripeto ancor mille volte:
"O Cuore generosissimo, riposo unico di chi spera in te, per i miei presenti bisogni pensaci tu".
Gloria al Padre
Cuore di Gesù, mi unisco alla tua intima unione con il Padre Celeste.
O Maria, mediatrice di tutte le grazie, una tua parola mi salverà dalle mie presenti difficoltà.
Dì questa parola, o Madre di misericordia e ottienimi la grazia (esporre la grazia che si desidera) dal cuore di Gesù.
Ave Maria, 7 Padre nostro, Gloria, Magnificat
Sacro Cuore di Gesù, noi confidiamo e ci abbandoniamo a Te!
Dai Quaderni, 14 giugno 1944
Ora Santa di Gesù
«"Se non ti laverò non avrai parte nel mio Regno".
Anima che amo, e voi tutti che amo, udite. Io sono che vi parlo, perché voglio passare con voi quest'ora.
Io, Gesù, non vi allontano dal mio altare anche se ad esso venite con l'anima lesa da piaghe e malattie o avvolta in liane di passioni che vi mortificano nella vostra libertà spirituale, dandovi legati in potere della carne e del suo re: Lucifero.
Io sono sempre Gesù, il Rabbi di Galilea, quello che i lebbrosi, i paralitici, i ciechi, gli ossessi, gli epilettici chiamavano a gran voce dicendo: "Figlio di Davide, abbi pietà di me". Io sono sempre Gesù, il Rabbi che tende la mano a colui che affoga e gli dice: "Perché dubiti di Me?". Io sono sempre Gesù, il Rabbi che dice ai morti: "Alzati e vai. Lo voglio. Esci dal tuo sonno di morte, dal tuo sepolcro, e cammina" e vi rendo a chi vi ama.
E chi vi ama, o miei diletti? Chi vi ama di amore vero, non egoista, non mutabile? Chi vi ama di un amore non interessato, non avaro, ma unica sua mèta è quella di darvi ciò che per voi ha accumulato e dirvi: "Prendi. È tutto tuo. Tutto questo l'ho fatto per te, perché sia tuo e tu ne goda"? Chi? L'eterno Dio. Ed Io a Lui vi rendo. A Lui che vi ama.
Io non vi allontano dal mio altare. Perché quell'altare è la mia cattedra, è il mio trono, è la dimora del Medico che guarisce ogni male. Da qui Io vi insegno ad avere fede. Da qui, Re di Vita, vi dono la Vita. Da qui mi curvo sulle vostre malattie e le risano con l'alito del mio amore.
Faccio più ancora, o figli. Scendo da questo altare e vi vengo incontro. Eccomi che mi faccio alla soglia di queste mie case dove troppo pochi entrano e in meno ancora vi entrano con fede sicura. Eccomi che, figura di pace, mi affaccio sulle vostre vie dove passate accasciati, avvelenati, arsi dal dolore, dall'interesse, dall'odio. Ecco che vi tendo le mani perché vi vedo vacillare stanchi sotto il peso di macigni che vi siete imposti e che hanno preso il posto di quella croce che Io vi avevo data in mano perché vi fosse sostegno come lo è il bordone per il pellegrino. Ecco che vi dico: "Entra. Riposa. Bevi", perché vi vedo esausti, assetati.
Ma voi non mi vedete. Mi passate accosto, mi urtate, talora per malanimo, talora per offuscamento di vista spirituale, mi guardate delle volte. Ma sapete di essere sozzi e non osate accostarvi al mio candore di Ostia divina. Ma questo Candore vi sa compatire. Conoscetemi, uomini, che di Me diffidate perché non mi conoscete.
Udite. Io ho voluto lasciare la Libertà e la Purezza che sono l'atmosfera del Cielo e scendere in questa vostra carcere, in quest'aria impura, per aiutarvi, perché vi amo. Più ancora ho fatto: mi sono privato della mia libertà di Dio e mi sono reso schiavo di una carne. Lo spirito di Dio chiuso in una carne, l'Infinità serrata in un pugno di muscoli e ossa, soggetta a sentire le voci di questa carne a cui è pena il freddo e il sole, la fame, la sete, la fatica. Tutto potevo ignorare. Ho voluto conoscere le torture dell'uomo decaduto dal suo trono di innocente per amarvi di più.
Non mi è bastato ancora. Ho voluto – poiché per compatire bisogna patire ciò che patisce chi si compatisce – ho voluto sentire l'assalto di tutti i sentimenti per sentire le vostre lotte, per capire quale astuta tirannide vi pone nel sangue Satana, per comprendere come è facile rimanere ipnotizzati dal Serpente se si abbassano un solo momento gli occhi sul suo sguardo fascinatore, dimenticando di vivere nella luce. Perché nella luce non vive il serpe. Va nei recessi ombrosi che paiono riposanti e sono unicamente insidiosi. Per voi queste ombre hanno nome: donna, denaro, potere, egoismo, senso, ambizione. Vi eclissano la Luce che è Dio. In mezzo ad esse è il Serpente: Satana. Pare un monile. È la corda per il vostro strangolamento. Ho voluto conoscere ciò perché vi amo.
Non mi è bastato ancora. A Me sarebbe bastato. Ma la Giustizia del Padre poteva dire alla sua Carne: "Tu hai trionfato dell'insidia. L'uomo-carne come Te, ora, non sa trionfare, e perciò sia punito perché Io non posso perdonare a chi è sozzo". Ho preso su Me le vostre sozzure. Quelle passate, quelle del momento e quelle future. Tutte. Più di Giobbe, immerso5 in un letamaio putrido per fare velo alle sue piaghe, Io fui quando, sommerso dal peccato di tutto un mondo, non osavo neppur più alzare gli occhi a cercare il Cielo e gemevo sentendo pesare su Me il corruccio del Padre accumulato da secoli, cosciente delle colpe avvenire. Un diluvio di colpe sulla Terra, dalla sua alba alla sua notte. Un diluvio di maledizioni sul Colpevole. Sull'Ostia del Peccato.
O uomini! Più innocente di un pargolo che la madre bacia al ritorno dal suo battesimo Io ero. E di Me inorridì l'Altissimo perché ero il Peccato, avendo preso su Me tutto il peccato del mondo. Ho sudato di ribrezzo. Sangue ho sudato per il ribrezzo di questa lebbra su Me che ero l'Innocente. Il sangue m'ha rotto le vene nello schifo di questo fetido stagno in cui ero sommerso. E a compiere questa tortura, a spremere dal cuore il mio sangue, si è unito l'amaro di esser maledetto, perché non ero in quell'ora il Verbo di Dio: ero l'Uomo. L'Uomo. Il Colpevole.
Posso, Io che ho provato, non comprendere il vostro avvilimento e non amarvi perché siete avviliti? Vi amo per questo. Non ho che ricordare quell'ora per amarvi e chiamarvi: "Fratelli!". Ma chiamarvi così non basta perché il Padre vi possa chiamare: "Figli". Ed Io voglio che così vi chiami. Che fratello sarei se non vi volessi meco nella Casa paterna?
Ecco allora che vi dico: "Venite ché Io vi lavi". Nessuno è tanto lurido che il mio lavacro non lo deterga. Nessuno è tanto puro da non aver bisogno del mio bagno. Venite. Non è acqua questa. Vi sono fonti di miracolo che sanano le piaghe e i morbi della carne. Ma questa è più di esse. Questa fonte sgorga dal mio petto.
Ecco il Cuore squarciato da cui zampilla l'acqua che lava. Il mio Sangue è la più limpida acqua che sia nel creato. In esso si annullano infermità e imperfezioni. E bianca e integra torna la vostra anima, degna del Regno.
Venite. Lasciate che Io vi dica: "Io ti assolvo!" Apritemi il vostro cuore. In esso sono le radici dei vostri mali. Lasciate che Io entri. Lasciate che Io sleghi le vostre bende. Vi fanno ribrezzo le vostre piaghe? Viste alla mia luce vi appaiono qual sono: brulicanti di vermi schifosi. Non le guardate. Guardate le mie. Lasciatemi fare. Ho mano leggera. Non sentirete che una carezza… e tutto sarà guarito. Non sentirete che un bacio e una lacrima. E tutto sarà mondato.
O come belli sarete, allora, intorno al mio altare! Angeli fra gli angeli del Ciborio. E grande gioia ne avrà il mio Cuore. Perché sono il Salvatore e non disprezzo nessuno. Ma sono anche l'Agnello che si pasce fra i gigli, e d'esser circondato di candore mi beo perché per farvi candidi ho preso vita e ho dato vita.
O come vedo sorridervi il Padre e sfolgorarvi dei suoi fulgori l'Amore, perché non siete più macchiati di peccato!
Venite alla fonte del Salvatore. Il mio Sangue scenda sull'animo contrito e una voce, in cui è la mia, dica: "Io ti assolvo nel nome del Padre, Figlio e Spirito Santo".