4401105 - SPIRITUALITÀ

Vai ai contenuti

Legge ► DANIELA CIAVONI


15 Gennaio - «IL REGNO di SATANA» L'INFERNO

 Dice Gesù:
  «Una volta ti ho fatto vedere[64]  il Mostro d’abisso. Oggi ti parlerò del suo regno. Non ti posso sempre  tenere in paradiso. Ricordati che tu hai la missione di richiamare delle  verità ai fratelli che troppo le hanno dimenticate. E da queste  dimenticanze, che sono in realtà sprezzi per delle verità eterne,  provengono tanti mali agli uomini.
  Scrivi dunque questa pagina  dolorosa. Dopo sarai confortata. È la notte del venerdì. Scrivi  guardando al tuo Gesù che è morto sulla croce fra tormenti tali che sono  paragonabili a quelli dell’inferno, e che l’ha voluta, tale morte, per  salvare gli uomini dalla Morte.
  Gli uomini di questo tempo non  credono più all’esistenza dell’Inferno. Si sono congegnati un al di là a  loro gusto e tale da essere meno terrorizzante alla loro coscienza  meritevole di molto castigo. Discepoli più o meno fedeli dello Spirito  del Male, sanno che la loro coscienza arretrerebbe da certi misfatti, se  realmente credesse all’Inferno così come la Fede insegna che sia; sanno  che la loro coscienza, a misfatto compiuto, avrebbe dei ritorni in se  stessa e nel rimorso troverebbe il pentimento, nella paura troverebbe il  pentimento e col pentimento la via per tornare a Me.
  La loro  malizia, istruita da Satana, al quale sono servi o schiavi (a seconda  della loro aderenza ai voleri e alle suggestioni del Maligno) non vuole  questi arretramenti e questi ritorni. Annulla perciò la fede  nell’Inferno quale realmente è e ne fabbrica un altro, se pure se lo  fabbrica, il quale non è altro che una sosta per prendere lo slancio ad  altre, future elevazioni.
  Spinge questa sua opinione sino a credere sacrilegamente che il più grande di tutti i peccatori dell’umanità, il figlio diletto di Satana, colui che era ladro come è detto[65]  nel Vangelo, che era concupiscente e ansioso di gloria umana come dico  Io, l’Iscariota, che per fame della triplice concupiscenza si è fatto  mercante del Figlio di Dio e per trenta monete e col segno di un bacio –  un valore monetario irrisorio e un valore affettivo infinito – mi ha  messo nelle mani dei carnefici, possa redimersi e giungere a Me passando  per fasi successive.
  No. Se egli fu il sacrilego per eccellenza,  Io non lo sono. Se egli fu l’ingiusto per eccellenza, Io non lo sono.  Se egli fu colui che sparse con sprezzo il mio Sangue, Io non lo sono. E  perdonare a Giuda sarebbe sacrilegio alla mia Divinità da lui tradita,  sarebbe ingiustizia verso tutti gli altri uomini, sempre meno colpevoli  di lui e che pure sono puniti per i loro peccati, sarebbe sprezzo al mio  Sangue, sarebbe infine venire meno alle mie leggi.
  Ho detto,[66] Io Dio Uno e Trino, che ciò che è destinato all’Inferno dura in esso per l’eternità, perché da quella morte non si esce a nuova resurrezione. Ho detto che quel fuoco è eterno  e che in esso saranno accolti tutti gli operatori di scandali e di  iniquità. Né crediate che ciò sia sino al momento della fine del mondo.  No, ché anzi, dopo la tremenda rassegna, più spietata si farà quella  dimora di pianto e tormento, poiché ciò che ancora è concesso ai suoi  ospiti di avere per loro infernale sollazzo – il poter nuocere ai  viventi e il veder nuovi dannati precipitare nell’abisso – più non sarà,  e la porta del regno nefando di Satana sarà ribattuta, inchiavardata  dai miei angeli, per sempre, per sempre, per sempre, un sempre il cui  numero di anni non ha numero e rispetto al quale, se anni divenissero i  granelli di rena di tutti gli oceani della Terra, sarebbero meno di un  giorno di questa mia eternità immisurabile, fatta di luce e di gloria  nell’alto per i benedetti, fatta di tenebre e orrore per i maledetti nel  profondo.
  Ti ho detto[67] che il Purgatorio è fuoco di amore. L’Inferno è fuoco di rigore.
  Il Purgatorio è luogo in cui, pensando a Dio, la cui Essenza vi è  brillata nell’attimo del particolare giudizio e vi ha riempito di  desiderio di possederla, voi espiate le mancanze di amore per il Signore  Dio vostro. Attraverso l’amore conquistate l’Amo­re, e per gradi di  carità sempre più accesa lavate la vostra veste sino a renderla candida e  lucente per entrare nel regno della Luce i cui fulgori ti ho mostrato  giorni or sono.[68]
  L’Inferno è luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del Dio  intravveduto nel particolare giudizio non è, come per i purganti, santo  desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza piena di  tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la perfezione quando  diverrà conquista di Dio, ma che già dà allo spirito purgante un’ilare  attività purgativa perché ogni pena, ogni attimo di pena li avvicina a  Dio, loro amore; ma è rimorso, è rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio verso gli uomini, odio verso se stessi.
  Dopo averlo adorato, Satana, nella vita, al posto mio, ora che lo  posseggono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il maliardo  sorriso della carne, sotto il lucente brillìo dell’oro, sotto il  potente segno della supremazia, lo odiano perché causa del loro tormento.
  Dopo avere, dimenticando la loro dignità di figli di Dio, adorato  gli uomini sino a farsi degli assassini, dei ladri, dei barattieri, dei  mercanti di immondezze per loro, adesso che ritrovano i loro padroni per  i quali hanno ucciso, rubato, truffato, venduto il proprio onore e  l’onore di tante creature infelici, deboli, indifese, facendone  strumento al vizio che le bestie non conoscono – alla lussuria,  attributo dell’uomo avvelenato da Satana – adesso li odiano perché causa del loro tormento.
  Dopo avere adorato se stessi dando alla carne, al sangue, ai sette  appetiti della loro carne e del loro sangue tutte le soddisfazioni,  calpestando la Legge di Dio e la legge della moralità, ora si odiano perché si vedono causa del loro tormento.
  La parola “Odio” tappezza quel regno smisurato, rugge in quelle  fiamme, urla nei chachinni dei demoni, singhiozza e latra nei lamenti  dei dannati, suona, suona, suona come una eterna campana a martello,  squilla come una eterna buccina di morte, empie di sé i recessi di  quella carcere; è, di suo, tormento, perché rinnovella ad ogni suo suono  il ricordo dell’Amore per sempre perduto, il rimorso di averlo voluto  perdere, il rovello di non poterlo mai più rivedere.
  L’anima  morta, fra quelle fiamme, come quei corpi gettati nei roghi o in un  forno crematorio, si contorce e stride come animata di nuovo da un  movimento vitale e si risveglia per comprendere il suo errore, e muore e  rinasce ad ogni momento con sofferenze atroci, perché il rimorso la  uccide in una bestemmia e l’uccisione la riporta al rivivere per un  nuovo tormento. Tutto il delitto di aver tradito Dio nel tempo sta di  fronte all’anima nell’eternità, tutto l’errore di aver ricusato Dio nel  tempo sta per suo tormento presente ad essa per l’eternità.
  Nel  fuoco le fiamme simulano le larve di ciò che adorarono in vita, le  passioni si dipingono in roventi pennellate coi più appetitosi aspetti, e  stridono, stridono il loro memento: “Hai voluto il fuoco delle passioni. Ora abbiti il fuoco acceso da Dio il cui santo Fuoco hai deriso”.
  Fuoco risponde a fuoco. In Paradiso è fuoco di amore perfetto. In  Purgatorio è fuoco di amore purificatore. In Inferno è fuoco di amore  offeso. Poiché gli eletti amarono alla perfezione, l’Amore a loro si  dona nella sua Perfezione. Poiché i purganti amarono tiepidamente,  l’Amore si fa fiamma per portarli alla Perfezione. Poiché i maledetti  arsero di tutti i fuochi men che del fuoco di Dio, il Fuoco dell’ira di  Dio li arde in eterno. E nel fuoco è gelo.
  Oh! che sia l’Inferno  non potete immaginare. Prendete tutto quanto è tormento dell’uomo sulla  Terra: fuoco, fiamma, gelo, acque che sommergono, fame, sonno, sete,  ferite, malattie, piaghe, morte, e fatene una unica somma e  moltiplicatela milioni di volte. Non avrete che una larva di quella  tremenda verità.
  Nell’ardore insostenibile sarà commisto il gelo siderale.  I dannati arsero di tutti i fuochi umani avendo unicamente gelo  spirituale per il Signore Iddio loro. E gelo li attende per congelarli  dopo che il fuoco li avrà salati come pesci messi ad arrostire su una  fiamma. Tormento nel tormento questo passare dall’ardore che scioglie al  gelo che condensa.
  Oh! non è un linguaggio metaforico, poiché  Dio può fare che le anime, pesanti delle colpe commesse, abbiano  sensibilità uguali a quelle di una carne, anche prima che quella carne  rivestano. Voi non sapete e non credete. Ma in verità vi dico che vi  converrebbe di più subire tutti i tormenti dei miei martiri anziché  un’ora di quelle torture infernali.
  L’oscurità sarà il terzo tormento.  Oscurità materiale e oscurità spirituale. Esser per sempre nelle  tenebre dopo aver visto la luce del paradiso ed esser nell’abbraccio  della Tenebra dopo aver visto la Luce che è Dio! Dibattersi in  quell’orrore tenebroso in cui si illumina solo, al riverbero dello  spirito arso, il nome del peccato per cui sono in esso orrore confitti!  Non trovare appiglio, in quel rimestìo di spiriti che si odiano e  nuocciono a vicenda, altro che nella disperazione che li rende folli e  sempre più maledetti. Nutrirsi di essa, appoggiarsi ad essa, uccidersi  con essa. La morte nutrirà la morte, è detto. La disperazione è morte e  nutrirà questi morti per l’eternità.
  Io ve lo dico, Io che pur  l’ho creato quel luogo: quando sono sceso in esso per trarre dal Limbo  coloro che attendevano la mia venuta, ho avuto orrore, Io, Dio, di  quell’orrore; e, se cosa fatta da Dio non fosse immutabile perché  perfetta, avrei voluto renderlo meno atroce, perché sono l’Amore e di  quell’orrore ho avuto dolore.
  E voi ci volete andare.
 Meditate, o figli, questa mia parola. Ai malati viene data amara  medicina, agli affetti da cancri viene cauterizzato e reciso il male.  Questa è per voi, malati e cancerosi, medicina e cauterio di chirurgo.  Non rifiutatela. Usatela per guarirvi. La vita non dura per questi pochi  giorni della Terra. La vita incomincia quando vi pare finisca, e non ha  più termine.
  Fate che per voi scorra là dove la luce e la gioia  di Dio fanno bella l’eternità e non dove Satana è l’eterno  Suppliziatore.»
  Dice Giovanni:
  «Il conforto sarò io, piccola sorella.
  Ieri mattina hai avuto un piccolo lamento col nostro buon Gesù. Ti è  parso che Egli ti posponesse all’operaia dell’ultima ora,[69]  alla vittima subito immolata, mentre tu, che da anni sei sull’altare e  che hai per prima pronunciato la preghiera data dal Maestro, non vedi  mai consumare il sacrificio.
  Mi sei sorella, Maria. Sono stato il  primo discepolo di Gesù, sono stato quello che più di tutti gli sono  stato simile. Le sue parole, i suoi affetti, i suoi desideri li ho fatti  miei. Ho avuto la stessa ansia di Lui di morire per redimere. Ed ho  visto gli altri precedermi presso Dio. Anche Paolo, apostolo dell’ora  già trascorsa, mi ha preceduto. E Stefano è caduto primo, egli venuto  dopo il Maestro. Ed io sono rimasto.
  Ho conosciuto il dolore del  distacco dal Maestro, l’ansia dell’attesa, le persecuzioni, il martirio,  l’esilio. Ma non la rapida consumazione del sacrificio. Io che ero  affamato del mio Gesù, ho dovuto vedere scorrere gli anni fino alla più  tarda vecchiezza prima di poterlo raggiungere.
  E che perciò? Il  mio martirio d’amore e di desiderio sarà stato meno martirio di quello  degli altri? E meno fruttuoso? No, piccola sorella. Vi è chi subito  viene accolto e chi “deve restare[70] finché Egli vuole si resti”, perché ha il compito di esser voce di Dio ai fratelli.
  Ma credi, sorella nell’amore del Cristo, che la tua attesa è  predilezione di Gesù. Egli ti lascia perché sei il suo piccolo Giovannié[71] e devi predicare, con la parola che il Maestro ti dona, l’amore ai fratelli. È la più dolce missione.
  La pace sia con te sempre.»

[64] ti ho fatto vedere dal 18 al 20 luglio 1943, come è detto nella descrizione che la scrittrice ne fa il 20 luglio 1943.
[65] è detto in Giovanni 12, 4-6. E ancora, per gli altri fatti che riguardano l’Iscariota: Matteo 26, 14-16.47-50; Marco 14, 10-11.43-46; Luca 22, 3-6.47-48; Giovanni 18, 1-3.
[66] Ho detto, per esempio, il 5 agosto 1943 e, in sostanza, anche il 7 gennaio 1944.
[67] ho detto il 17 e 21 ottobre 1943.
[68] giorni or sono, il 10 gennaio.
[69] operaia dell’ultima ora, secondo l’immagine della parabola riferita in Matteo 20, 1-16; la preghiera data dal Maestro, forse facendo riferimento alla volontà di Dio, in Matteo 6, 9-10; 26, 39-44; Marco 14, 35-39; Luca 22, 41-42.
[70] deve restare…, come è detto in Giovanni 21, 22-23.
[71] piccolo Giovanni  è il più ricorrente dei nomi dati a Maria Valtorta, la cui spiritualità  e missione somigliavano a quelle dell’apostolo ed evangelista Giovanni.  Significativi, a questo riguardo, l’inizio del “dettato” del 25  gennaio, l’ultima parte (dal capoverso Ma tu non sei più un uomo) del “dettato” dell’8 febbraio, ed ancora l’ultima parte (dal capoverso Tanto l’ama, questa piccola voce) del “dettato” del 15 giugno.
Torna ai contenuti