Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
7 marzo 1946.
398.1Ed ecco Ebron fra i suoi monti selvosi e prativi. L’entrata di Gesù in essa è salutata con gridi di osanna dai primi che lo vedono e che, in parte, corrono via a darne l’annuncio per tutto il paese. Accorre il sinagogo, accorrono i miracolati dell’anno avanti, accorrono i notabili. Ognuno vuole ospite il Signore.
Ma Gesù, ringraziando tutti, dice: «No, non sosto che il tempo di parlarvi… Andiamo perciò alla povera, santa casa del Battista. Che Io saluti anche quella… È terra di miracolo. Voi non sapete».
«Oh! sappiamo, Maestro. I guariti colà sono fra noi!…», dicono in molti.
«Molto prima di or è un anno fu terra di miracolo. Lo fu trentatrè anni fa per la prima volta, quando la grazia del Signore rinverdì le seccate viscere per farle albero al dolce pomo del Precursore mio. Lo fu trentadue anni or sono, quando, per opera misteriosa, Io lo presantificai, essendo Io e lui due frutti che maturavano in profondo seno. E poi quando al padre di Giovanni Io sciolsi la favella legata. Ma, alle segrete operazioni dell’Incarnato non ancor nato, or sono due anni si allaccia un grande miracolo che voi tutti ignorate. Ricordate la donna che abitava là dentro?…».
«Chi? Aglae?», chiedono in molti.
«Essa. Io l’ho rinverdita, non nelle viscere ma nell’anima essiccata dal paganesimo e dal peccato, e l’ho fatta feconda di giustizia, liberandola da ciò che la teneva, aiutato dalla sua buona volontà. E ve la propongo a modello. Non vi scandalizzate. In verità vi dico che ella è da citarsi ad esempio e da imitarsi, perché pochi in Israele hanno fatto tanta via quanto la pagana e peccatrice per raggiungere le fonti di Dio».
«Noi la credevamo fuggita con altri amanti… C’era chi diceva che era mutata, che era buona… Ma dicevamo: “È un capriccio!”. C’era anche chi diceva che era venuta da Te per… peccare…», spiega il sinagogo.
«È venuta infatti da Me. Ma per essere redenta».
«Abbiamo peccato di giudizio…».
«Per questo Io dico: “Non giudicate”».
«E dove è ora?».
«Solo Dio lo sa. In aspra penitenza certo. Pregate per sostenerla… Ti saluto, o casa santa dal mio Parente e Precursore! La pace a te! Per quanto ora tu sia sola e desolata, sempre la pace a te, o santa dimora di pace e di fede!».
Gesù pone piede, benedicendo, nel giardino divenuto selvaggio, e si inoltra fra le erbe invadenti e costeggiando quelle che una volta erano pergole od ordinate spalliere di lauri e bossi, e che ora sono una scapigliata famiglia di piante fasciate di edere, di vitalbe, di convolvoli che le opprimono; va in fondo, ai resti di ciò che era il sepolcro, e sosta là.
398.2La gente si pigia, ordinata e silenziosa, in cerchio intorno a Lui.
«Figli di Dio, popolo di Ebron, ascolta!
Perché voi non siate turbati e tratti in inganno di giudizio sul vostro Salvatore, come lo foste per la peccatrice, Io vengo a confermarvi e fortificarvi nella fede. Vengo a darvi il viatico della mia parola, perché essa resti luminosa in voi nell’ora delle tenebre e non vi faccia Satana smarrire la via del Cielo.
Presto verranno ore in cui i vostri cuori gemeranno le parole del salmo di Asaf[76] cantore profetico, e direte: “Perché, o Dio, ci hai rigettati per sempre? Perché il tuo furore divampa contro le pecorelle da Te pascolate?”; e veramente potrete allora alzare, come un diritto di protezione, la redenzione ormai compiuta e gridare: “Questo è tuo popolo e Tu lo redimesti!” per invocare protezioni contro i nemici, che ogni male avranno fatto nel vero Santuario dove Dio è come in Cielo, nel Cristo del Signore, e abbattuto il Santo per prima cosa cercheranno poi di abbattere le mura di esso, i suoi fedeli. Veri profanatori e persecutori di Dio, più di Nabucodonosor[77] e di Antioco, più dei futuri, essi alzano già le mani ad abbattermi nella loro superbia senza limiti, che non vuole esser convertita, che non vuole aver fede, carità, giustizia e che, come lievito in un mucchio di farina, gonfia e trabocca dal Santuario, divenuto cittadella dei nemici di Dio.
Figli, ascoltate! Quando sarete perseguitati per avermi amato, fortificate il cuore pensando che prima di voi Io fui il Perseguitato. Ricordate che essi hanno già nella strozza l’ululo delle loro grida di trionfo e preparano le bandiere perché sventolino in un’ora di vittoria, e su ogni bandiera sarà una menzogna contro di Me, che sembrerò il Vinto, il Malfattore, il Maledetto.
398.3Scuotete il capo? Non credete? Il vostro amore vi è ostacolo al credere… Grande cosa l’amore! Grande forza… e grande pericolo! Sì, pericolo. L’urto della realtà nell’ora delle tenebre sarà violento in maniera sovrumana nei cuori che l’amore, non ancora ordinato in perfezione, fa ciechi. Non potete credere che Io, il Re, il Potente, possa essere dato in balìa dei nulla. Non lo potrete credere soprattutto allora, e sorgerà il dubbio: “Era proprio Lui? E se lo era, come poté essere vinto?”.
Rafforzate il cuore per quell’ora! Sappiate che se “in un momento” i nemici del Santo hanno spezzato le porte, atterrando ogni cosa, e dato fuoco d’odio al Santo di Dio, se hanno abbattuto e atterrato il Tabernacolo del Nome Ss., dicendo in cuor loro: “Facciamo cessare sulla Terra tutte le feste di Dio”, perché è festa avere Dio fra voi, dicendo: “Non si vedano più le sue insegne, non ci sia più alcun profeta che ci conosca per quello che siamo”, presto, più presto ancora, Colui che ha dato saldezza al mare e stritolato nelle acque le immonde teste dei coccodrilli sacri e dei loro adoratori, Colui che ha fatto scaturire fonti e torrenti e seccare fiumi perenni, Colui di cui è il giorno e la notte, l’estate e la primavera, la vita e la morte, tutto, farà risorgere, come è detto, il suo Cristo, e Re sarà. Re in eterno. E coloro che saranno stati fermi nella fede con Lui regneranno in Cielo.
Questo ricordate. E quando mi vedrete innalzato e vilipeso, non vacillate. E quando sarete innalzati e vilipesi, non vacillate.
398.4Oh! Padre! Padre mio! Io, a nome di questi che ti sono e mi sono cari, ti prego. Esaudisci il tuo Verbo, ascolta il Propiziatore! Non abbandonare alle bestie le anime di quelli che ti lodano amandomi, non dimenticare per sempre le anime dei tuoi piccoli. Abbi riguardo, o Dio buono, al tuo patto, perché i luoghi oscuri della Terra sono covi di iniquità dai quali esce il terrore per sgomentare i tuoi piccoli. Padre! Oh! Padre mio! L’umile che spera in Te non torni via confuso! Il povero e il bisognoso dian lode al tuo Nome per l’aiuto che Tu darai loro! Sorgi, o Dio! Per quell’ora, per quelle ore, ti prego! Sorgi, o Dio! Per il sacrificio di Giovanni e la santità dei tuoi patriarchi e profeti! Per il sacrificio mio, o Padre, difendi questo tuo e mio gregge! Dàgli luce nelle tenebre, fede e fortezza contro i seduttori! Dàgli Te, o Padre! Dàgli Noi, ora, domani e sempre, fino all’entrata nel tuo Regno! Noi nel loro cuore fino all’ora in cui dove Noi siamo essi siano nei secoli dei secoli. E così sia».
E Gesù, posto che non ci sono miracoli da compiere, passa fra le file della folla quasi estatica e benedice, uno per uno, i suoi ascoltatori. E riprende ad andare, sotto il sole già alto che gli alberi fronzuti e l’aria montanina rendono sopportabile.
398.5Dietro, in gruppo, parlano gli apostoli. Parlano fitto fitto.
«Che discorsi! Fanno fremere!», dice Bartolomeo.
«Ma come sono tristi! Fanno piangere!», sospira Andrea.
«Eh! è il suo commiato. Ho ragione io. Egli va proprio verso il trono», esclama Giuda Iscariota.
«Trono? Uhm! Mi pare che parlino di persecuzioni invece che di onori!», osserva Pietro.
«Macché! Il tempo delle persecuzioni è finito! Ah! io sono felice!», grida l’Iscariota.
«Buon per te! Io vorrei essere ancora ai giorni in cui eravamo ignoti, due anni fa… o all’Acqua Speciosa… Io tremo dei giorni futuri…», dice Giovanni.
«Perché sei un cuor di cerbiatto… Ma io! Io vedo già nel futuro… Cortei!… Cantori!… Popolo prostrato!… Onori di altre nazioni!… Oh! è l’ora! Veramente i cammelli di Madian[78] e le turbe di ogni dove verranno… e non saranno i tre poveri Magi… ma una moltitudine… Israele grande come Roma. Più di Roma… Superate le glorie dei Maccabei, di Salomone… tutte le glorie… Egli, il Re dei re… e noi i suoi amici… Oh! Dio altissimo! Chi mi darà forza per quell’ora?… Se ci fosse mio padre ancora!…». Giuda è esaltato. Splende evocando il futuro che sogna di vivere…
398.6Gesù è molto avanti. Ma si ferma, il futuro re secondo Giuda, e, assetato, fa giumella delle mani per attingere acqua a un ruscelletto e bere… come l’uccello del bosco o l’agnello pascolante, e poi si volge e dice: «Qui vi sono dei frutti selvatici. Cogliamone per la nostra fame…».
«Hai fame, Maestro?», chiede lo Zelote.
«Sì», confessa umilmente Gesù.
«Sfido io! Ieri sera hai dato tutto a quel miserello!», esclama Pietro.
«Ma perché non hai poi voluto sostare a Ebron?», chiede Filippo.
«Perché Dio mi chiama altrove. Voi non sapete».
Gli apostoli si stringono nelle spalle e si danno a cogliere frutticini ancora acerbi da piante selvatiche sparse sui dossi montani. Sembrano meline selvatiche. E il Re dei re se ne nutre insieme ai compagni, che fanno boccacce per l’asprezza del frutto selvatico e acerbo. Gesù, assorto, mangia e sorride.
«Mi fai quasi rabbia!», esclama Pietro.
«Perché?».
«Perché potevi stare bene e fare felici quelli di Ebron, e invece ti sciupi ventre e denti su questo veleno amaro e acido più dell’erba vetriola!».
«Oh! Ho voi che mi amate! Quando sarò innalzato e avrò sete e fame, penserò con desiderio a quest’ora, a questo cibo, a voi che ora siete con Me e che allora…».
«Ma allora non avrai né sete, né fame! Un re ha di tutto! E noi ti saremo più ancora vicini!», esclama l’Iscariota.
«Tu lo dici».
«E Tu pensi che ciò non sarà, Maestro?», chiede Bartolomeo.
«No, Bartolmai. Quando ti ho visto sotto al fico[79], i suoi frutti erano tanto acerbi che chi li avesse colti ne avrebbe avuto arse lingua e fauci… Ma più dolci di favo di miele sono gli acerbi frutti del fico o di questi alberi rispetto a ciò che sarà per Me la mia assunzione… Andiamo…». E si rimette in marcia per primo, avanti a tutti, meditabondo, mentre dietro i dodici bisbigliano, bisbigliano.