MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 513


26 dicembre 1945

   Dice Gesù:
   «È tempo di grazie! È tempo di Grazia! Io sono venuto a portare "pace" agli uomini di buona volontà. Scrivi perciò e consegna a Maria Raffaelli1 quello che ti dico, per la sua pace.»
   Dice Gesù a M. R.:
   «La mia pace sia con te, e quanto ti dico ti sia fiume di pacifico attendere e di pacifico soffrire, fatto sopportabile dalla mia promessa che non mente mai. Figlia mia, tu molto sai di ciò che gli uomini insegnano di Me. Ma poco sai di ciò che Io realmente sono e opero. Ascolta. È il Signore che parla, è la Sapienza, è la Verità.
   Altro è essere tormentati ed altro è volere essere tormentati. La prima cosa è una sventura che non va oltre il giorno terreno, e molte volte cessa prima. La seconda è un peccato perché è "connivenza col volere satanico". Questa ultima cosa non è in tuo figlio. Quando egli delira non è lui che parla. È responsabile un fonografo di ciò che esce dalla sua tromba? No, non è vero? Ebbene, ugualmente non è responsabile tuo figlio di ciò che l' "altro" gli fa dire. Io non le sento neppure quelle parole, perché Io col Maledetto uso il silenzio delle labbra e delle orecchie. Non ascolto le sue parole, le non sue parole che rimbombano per l'aria; guardo questo povero figlio mio e tuo, o madre dolorosa, ed è tutta pietà che si versa da Me su di lui.
   Io l'ho detto2 pensando a te: "Nelle malattie molte volte si cela Satana per torturare e per portare a maledire il Signore". Ho detto: "Il dolore delle madri è salvezza per i figli". E così è, Maria. Il Cielo è popolato di figli che le madri hanno salvato. Va', va' con la tua croce! La porti per te e per lui. La sua più ancora della tua. Oh! madre buona, non sei contenta di essere il Cireneo di tuo figlio? Mia Madre sussurra: "Avessi potuto io portare la tua croce, Figlio mio!".
   Non avere fretta. Sono cose lunghe. Potresti anche non vederle compite mentre dura il tuo giorno mortale. Potresti salire con questa fede – fede, capisci?, non speranza – con questa fede in ciò che dico, al Cielo, e là, con più potenza, aiutare la tua creatura… Oh! non sospirare! L'attesa diviene un attimo lassù. E poi è la gioia di vederlo bello, sano, buono, felice per sempre. Per sempre. Per sempre. Quello che sembra un castigo è solo un mezzo. Quello che può apparire dannazione è invece salvazione. La sua croce è la sua espiazione sulla Terra delle sue colpe d'uomo. Io non faccio pagare due volte. Sono giusto.
   Abbi fede. Sostienilo con le tue orazioni. Dammelo. Offrimelo. Di': "Lo confido a Te". Il balsamo che scende dalle mie ferite non è mai inerte.
   Figlia mia, la pace sia in te e su chi ti somiglia. Sul figlio tuo la mia misericordia.»
 

   «E ora», continua a me Gesù, «di' questo a P. Romualdo.»
   Dice Gesù:
   «Vai pure. Fa'. Tenta. Ma le obbiezioni che si fanno al caso "Dora", così agitato e alternato di luci e tenebre, e le obbiezioni che si fanno al caso "Maria", così placido, ordinato, pacifico come tutto ciò che viene direttamente da Me, contro il Quale non può cozzare il demonio e deve lavorare in agguato e malamente, servono a giustificare un punto evangelico3, che non serve per Me solo, ma per tutti i casi dove Io sono, anche se celato in una creatura-strumento. "Abbiamo sonato e non avete ballato, abbiamo intonato lamenti e non avete pianto". E all'altro punto: "È venuto Giovanni che non mangia e non beve, e dicono: 'È un demonio'. È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e dicono: 'Ecco un mangione e un beone che è amico dei pubblicani e dei peccatori'. Così alla sapienza è stata resa giustizia dai suoi figli".
   Sì. La sapienza umana, superba e incredula, che vuole sdottrinare su tutto, e che ha perso lo spirito dei fatti e si attiene alle apparenze che vuole giustificare come non può – perché il soprannaturale sfugge ai metodi di ricerche e di giudizio naturali – vuole, e non si accorge di contraddirsi, giustificare i due casi diversi con le stesse ragioni sbagliate. Tanto per poter darsi assoluzione della sua incredulità, della sua incapacità di sentire e riconoscere il sopraumano, ossia il divino, là dove è.
   L'ultimo tempo sarà quello dello spirito. Ma in verità, in verità vi dico che solo coloro che saranno vittime volontarie allo Spirito, e prede accettate dello Spirito, sapranno ancora ammettere il soprannaturale. Gli altri… feccia che depositerà nel fondo degli stagni infernali e per la quale non ci sarà più la Parola, che non si dà ai porci perché si rispetta da Se stessa, e da Se stessa si tutela.
   E questo ti sia luce, Romualdo Maria. La pace mia sia in te.»
           


   Maria Raffaelli, di Castelnuovo di Garfagnana (Lucca), aveva un figlio minorato, Antonio, che poneva gravi problemi alla mamma e alle due sorelle Rosa e Dina. Per la storia è interessante aggiungere che Maria Raffaelli era stata la causa involontaria del primo incontro di Maria Valtorta con il P. Romualdo M. Migliorini. Avendo saputo che l'inferma mancava di assistenza spirituale, andò a dirlo al suo conoscente P. Pietro M. Pennoni, del Convento S. Andrea dei Servi di Maria in Viareggio, il quale dovette chiedere al proprio Superiore il permesso di prendersi cura della Valtorta. Ma il Superiore, che era Padre Migliorini, avendo in animo di visitare le persone malate sull'esempio del santo "Curatino di Viareggio", gli rispose: "Ci vado io".
           
   2 l'ho detto nell'opera maggiore, per esempio in 350.2 e in 358.8, capitoli scritti il 4 e il 12 dicembre 1945.
           
   3 un punto evangelico… l'altro punto, raggruppati nel passo di Matteo 11, 16-19Lu­ca 7, 31-35.