Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
26 novembre 1945.
342.1La città di Cedes è su di un monticello, un poco isolato da una lunga catena che da nord a sud è al suo oriente, mentre ad occidente una catena collinosa, quasi parallela, procede ugualmente da nord a sud. Due linee parallele che però restringono formando quasi un abbozzo di X. Al punto più stretto, e più appoggiato alla catena orientale che a quella occidentale, è il monte che ha sulle sue pendici Cedes, che si estende dalla cima alle coste piuttosto pianeggianti e che domina la vallata fresca e verde, molto stretta all’est, più ampia ad ovest.
È una bella città cintata e con belle case e una imponente sinagoga, come imponente è la fontana dalle molte bocche che lasciano cadere acqua fresca ed abbondante in un sottoposto bacino, dal quale partono rivi destinati ad alimentare altre fonti, forse, o giardini. Non so.
Gesù vi penetra in giorno di mercato. La sua mano non è più fasciata, ma ha ancora una crosta bruna e un ampio lividore sul dorso. Anche Giacomo di Alfeo ha una crosticina rosso bruna alla tempia e un ampio livido tutt’intorno. Andrea e Giacomo di Zebedeo, meno colpiti, non mostrano più segni della passata avventura e camminano spediti guardandosi intorno, e specie ai lati e alle spalle, perché si sono scaglionati vicino, davanti e dietro a Gesù. Ho l’impressione che si siano fermati nel luogo descritto ieri o nelle sue vicinanze per due o tre giorni, forse per riposare oppure per distanziare i rabbi, nella tema che si fossero diretti nelle città principali per la speranza di coglierli in fallo e nuocere loro ancora. Almeno così fanno pensare i loro discorsi.
«Ma questa è città di rifugio!», dice Andrea.
«Proprio loro a rispettare il rifugio e la santità di un luogo! Come sei ingenuo, fratello!», gli risponde Pietro.
Gesù è fra i due Giuda. Davanti a Lui sono Giacomo e Giovanni all’avanguardia, e poi l’altro Giacomo con Filippo e Matteo. Dietro di Lui Pietro, Andrea e Tommaso[77]. Ultimi, Simone Zelote e Bartolomeo.
342.2Tutto va bene fino all’entrata in una bella piazza, quella della vasca e della sinagoga, sulla quale sono fitte le persone che trattano di affari. Il mercato invece è più in basso e a sud ovest della città, là dove sfocia la via maestra che viene da sud e l’altra, quella fatta da Gesù, che viene da ovest, le quali strade, confluendo ad angolo retto, si fondono nell’unica che penetra sotto la porta fino a mutarsi in una vasta piazza bislunga dove sono asini e stuoie, venditori, compratori e il solito baccano…
Ma giunti invece a questa piazza più bella — il cuore della città, credo, non tanto perché sia equidistante dal perimetro delle mura, quanto perché la vita spirituale e commerciale di Cedes pulsa qui, e pare lo dica anche la sua posizione sopraelevata dal più del paese, dominatrice, atta ad essere difesa come una cittadella — cominciano i guai. Come tanti ringhiosi cani in attesa di dare addosso a un inerme cucciolo, o meglio come tanti segugi alla posta della selvaggina di cui hanno sentito l’odore nel vento, un gruppo numeroso di farisei e sadducei, con mescolato, a drogarlo, un pizzico dei rabbini visti a Giscala, fra i quali quello detto Uziel, è addossato al portale ampio e bello di scolture e fregi della ricca sinagoga. E subito si accennano l’un l’altro Gesù e gli apostoli.
«Ohimé, Signore! Sono anche qui!», dice sgomento Giovanni volgendosi indietro a parlare con Gesù.
«Non temere. Va’ avanti sicuro. Però quelli che non si sentono di affrontare quei disgraziati si ritirino andando all’albergo. Voglio assolutamente parlare qui, antica città levitica e di rifugio».
Protestano tutti: «Maestro, e puoi pensare che ti si lasci solo?! Ci uccidano tutti, se vogliono. Ma noi condivideremo la tua sorte».
342.3Gesù passa davanti al gruppo nemico e va a collocarsi contro il muro di un giardino dal quale piovono i petali candidi di un pero in fiore. Il muro scuro e la nuvola candida sono contorno e corona al Cristo, che ha davanti i suoi dodici.
Gesù inizia a parlare, e la sua bella voce tonata, che dice:
«O voi qui raccolti, venite ad ascoltare la Buona Novella, perché più utile dei commerci e delle monete è la conquista del Regno dei Cieli», empie la piazza e fa volgere chi è in essa.
«Oh! ma quello è il Rabbi galileo!», dice uno. «Venite, andiamo ad ascoltarlo. Forse farà miracolo».
E un altro: «Io a Betginna ne ho visto fare uno da Lui. E come parla bene! Non come quegli sparvieri rapaci e quelle serpi astute».
Gesù è presto circondato di folla. E prosegue a parlare a questa folla attenta.
«Dal cuore di questa città levitica Io non voglio ricordare la Legge. So che è presente ai vostri cuori come in poche città di Israele, e lo dimostra anche l’ordine che ho osservato in essa, l’onestà di cui mi hanno dato prova i mercanti dai quali ho acquistato il cibo per Me e il mio piccolo gregge, e questa sinagoga, ornata come si conviene al luogo dove si onora Iddio. Ma in voi è un luogo dove pure si onora Iddio, un luogo in cui sono le aspirazioni più sante e dove risuonano le parole più dolcemente speranzose della nostra fede e le preghiere più ardenti perché la speranza si muti in realtà. L’anima. Ecco il luogo santo e singolo, dove si parla di Dio e con Dio in attesa che la Promessa si compia. Ma la Promessa è compiuta. Israele ha il suo Messia, il quale vi porta la parola e la certezza che il tempo della Grazia è venuto, che la Redenzione è vicina, che il Salvatore è fra voi, che il Regno senza sconfitte ha inizio.
342.4Quante volte voi avrete udito leggere Abacuc! E i più meditativi fra voi avranno mormorato: “Io pure posso dire: ‘Fino a quando, o Signore, io dovrò gridare senza avere da Te ascolto?’”. Secoli sono che Israele geme così. Ma ora il Salvatore è venuto. La grande rapina, il perpetuo affanno, il disordine e l’ingiustizia causati da Satana stanno per cadere, perché il Mandato da Dio sta per reintegrare l’uomo nella sua dignità di figlio di Dio e di coerede del Regno di Dio. Guardiamo la profezia di Abacuc con occhi novelli, e sentiremo che essa testimonia di Me e parla già il linguaggio della Buona Novella che Io porto ai figli di Israele.
Ma qui sono Io che devo gemere: “È fatto il giudizio, ma l’opposizione trionfa”. E lo gemo con tanto dolore. Non tanto per Me che sono al disopra del giudizio umano, quanto per coloro che per essere oppositori si condannano, e per quelli che da questi oppositori sono traviati. Vi fa stupore quanto Io dico? Fra voi sono mercanti di altri luoghi d’Israele. Essi vi possono dire che Io non mento. Non mento conducendo vita contraria a ciò che insegno, non facendo ciò che si spera dal Salvatore, e non mento dicendo che l’opposizione umana si erige contro al giudizio di Dio che mi ha mandato e contro il giudizio delle turbe umili e sincere che mi hanno sentito e giudicato per quello che Io sono».
Alcuni fra la folla mormorano: «È vero! È vero! Noi del popolo lo vogliamo e lo sentiamo santo. Ma essi (e indicano i farisei e compagni) lo osteggiano».
Gesù continua: «Per fare questa opposizione è lacerata la Legge, e sempre più lo sarà, fino ad essere abolita pur di commettere la suprema ingiustizia, che però non durerà a lungo. E beati quelli che nella breve e paurosa sosta, in cui sembrerà che l’opposizione abbia trionfato su Me, sapranno continuare a credere nel Gesù di Nazaret, nel Figlio di Dio, nel Figlio dell’uomo, predetto dai Profeti. Io potrei compiere il giudizio di Dio fino in fondo, salvando tutti i figli d’Israele. Ma non lo potrò, perché l’empio trionferà contro se stesso, contro il suo se stesso migliore, e come conculca i miei diritti e conculca i miei credenti, così conculcherà i diritti del suo spirito, che ha bisogno di Me per essere salvato e che viene donato a Satana pur di negarlo a Me».
342.5I farisei rumoreggiano. Ma un imponente vegliardo si è da qualche momento avvicinato al luogo dove è Gesù, ed ora, in una pausa del discorso, dice: «Te ne prego. Entra nella sinagoga e ammaestra da quel luogo. Nessuno più di Te ne ha il diritto. Sono Mattia, il sinagogo. Vieni, e la Parola di Dio sia nella mia casa come è sulla tua bocca».
«Grazie, giusto di Israele. La pace sia sempre con te».
E Gesù, attraverso alla folla che si divide come un’onda per lasciarlo passare, e poi si rinchiude in scia e lo segue, riattraversa la piazza ed entra nella sinagoga, passando di nuovo davanti ai ringhiosi farisei. I quali, però, entrano essi pure nella sinagoga, cercando di farsi largo con prepotenza. Ma la gente li guarda male dicendo: «Di dove venite? Andate nelle vostre sinagoghe ad attendere il Rabbi. Qui è casa nostra e ci stiamo noi». E rabbini, sadducei e farisei devono sopportare e stare umilmente presso l’uscio per non essere scacciati dagli abitanti di Cedes.
Gesù è al suo posto, presso il sinagogo e altri della sinagoga, non so se figli o coadiutori. Riprende a parlare: «Abacuc dice — e come vi invita con amore ad osservare! — “Gettate gli occhi sopra le nazioni e osservate, restate meravigliati, stupefatti, perché ai vostri giorni è avvenuta una cosa che nessuno crederà quando gli sarà raccontata”. Anche ora abbiamo nemici materiali sopra Israele. Ma lasciate cadere il piccolo particolare della profezia e guardiamo solo il grande vaticinio tutto spirituale di essa. Perché le profezie, anche se sembra che abbiano un riferimento materiale, sono sempre di contenuto spirituale. La cosa dunque che è avvenuta — ed è tale che nessuno potrà accettarla se non convinto dell’infinita bontà del vero Iddio — è che Egli abbia mandato il suo Verbo per salvare e redimere il mondo. Dio che si separa da Dio[78] per salvare la creatura colpevole. Eppure Io sono mandato a ciò. E nessuna delle forze del mondo potrà trattenere il mio émpito di Trionfatore su re e tiranni, su peccati, su stoltezze. Io vincerò perché Io sono il Trionfatore».
342.6Una risata di scherno e un urlo parte dal fondo della sinagoga. La gente protesta; il sinagogo, che sta persino ad occhi chiusi, tanto è concentrato nell’ascoltare Gesù, si alza in piedi e impone silenzio, minacciando l’espulsione dei disturbatori.
«Lasciali fare. Anzi, invitali a esporre le loro contraddittorie», dice Gesù a voce alta.
«Oh! bene! Questo è bene! Lasciaci venire vicino a Te. Ti vogliamo interrogare», urlano ironici i contraddittori.
«Venite. Lasciateli passare, o voi di Cedes».
E la folla, con sguardi ostili e boccacce — né manca qualche epiteto — li lascia venire avanti.
«Che volete sapere?», chiede severo Gesù.
«Tu dunque dici che sei il Messia? Ne sei proprio certo?».
Gesù, con le braccia incrociate sul petto, guarda chi ha parlato con un tale impero che a costui cade di colpo l’ironia e si azzittisce.
Ma un altro riprende la parola e dice: «Non puoi pretendere che ti si creda sulla parola tua. Chiunque può mentire anche in buona fede. Ma per credere ci vogliono prove. Dàcci dunque delle prove che Tu sei ciò che dici di essere».
«Israele è pieno delle mie prove», dice reciso Gesù.
«Oh! quelle!… Piccole cose che qualunque santo può fare.
Sono state già fatte e saranno fatte ancora dai giusti di Israele!», dice un fariseo.
Un altro aggiunge: «Né è detto che Tu le faccia per santità e per aiuto di Dio! Si dice, e in verità è molto credibile, che Tu sia aiutato da Satana. Vogliamo altre prove. Superiori. Quali Satana non le può dare».
«Ma sì! Una morte vinta…», dice un altro.
«L’avete avuta».
«Erano parvenze di morte. Mostraci uno disfatto che si rianimi e ricomponga, ad esempio. Per avere sicurezza che Dio è con Te. Dio, l’unico che possa ridare alito al fango che già torna polvere».
«Non fu mai chiesto questo ai Profeti per credere in essi».
Un sadduceo grida: «Tu sei più di un profeta. Tu, almeno Tu lo dici, sei il Figlio di Dio!… Ah! Ah! Perché allora non agisci da Dio? Su, dunque! Dàcci un segno! Un segno!».
«Ma sì! Un segno dal Cielo che ti indichi Figlio di Dio, e allora noi ti adoreremo», urla un fariseo.
«Certo! Dici bene, Simone! Non vogliamo ricadere nel peccato[79] di Aronne. Non adoriamo l’idolo, il vitello d’oro. Ma potremmo adorare l’Agnello di Dio! Non sei Tu? Purché il Cielo ci indichi che lo sei», dice quello che ha nome Uziel e che era a Giscala, e ride sarcastico.
Prende a vociare un altro: «Lascia parlare me che sono Sadoc, lo scriba d’oro. Odimi, o Cristo. Tu sei stato preceduto da troppi che Cristi non erano. Basta di frodi. Un segno che Tu sei tale. E Dio, se è con Te, non te lo può negare. E noi crederemo in Te e ti aiuteremo. Altrimenti, sai ciò che ti aspetta, secondo il comandamento[80] di Dio».
Gesù alza la destra ferita e la mostra bene al suo interlocutore. «Vedi questo segno? Tu lo hai fatto. Hai messo l’indice ad un altro segno. E quando vedrai che esso sarà inciso sulla carne dell’Agnello, tu giubilerai. Guardalo! Lo vedi? Lo vedrai anche in Cielo, quando apparirai a rendere conto del tuo modo di vivere. Perché Io ti giudicherò e sarò col mio Corpo glorificato lassù, con i segni del mio ministero e del vostro, del mio amore e del vostro odio. E lo vedrai tu pure, Uziel, e tu, Simone, e lo vedrà Caifa e Anna, e molti altri, all’ultimo Giorno, giorno d’ira, giorno tremendo, e per questo preferirete esser nel profondo, perché il mio segno sulla mano ferita vi dardeggerà più dei fuochi d’Inferno».
«Oh! queste sono parole e bestemmie! Tu in Cielo col corpo?! Bestemmiatore! Tu giudice in luogo di Dio?! Anatema su Te! Tu insultatore del Pontefice! Meriteresti di essere lapidato», urlano in coro farisei, sadducei e dottori.
342.7Il sinagogo si alza di nuovo, patriarcale, splendido nella sua canizie come un Mosè, e grida: «Cedes è città di rifugio e città levitica. Rispettate…».
«Vecchie storie! Non contano più!».
«Oh! lingue blasfeme! Voi siete peccatori, non Lui, ed io lo difendo. Egli non dice nulla di male. Egli spiega i Profeti e ci porta la Promessa Buona e voi lo interrompete, voi lo tentate, voi lo offendete. Non lo permetto. Egli è sotto la protezione del vecchio Mattia, della stirpe di Levi per padre e di Aronne per madre. Uscite e lasciate che ammaestri la mia vecchiezza e la virilità dei figli miei». E tiene la mano rugosa di vecchio sull’avambraccio di Gesù, come a difesa.
«Ci dia un segno vero. E noi ce ne andremo convinti», urlano i nemici.
«Non ti inquietare, Mattia. Parlo Io», dice Gesù calmando il sinagogo. E rivolto ai farisei, sadducei e dottori, dice: «Quando viene la sera voi scrutate il cielo e se esso rosseggia al tramonto voi, per vecchio detto, sentenziate: “Domani il tempo sarà bello perché il tramonto arrossa il cielo”. Ugualmente all’alba, quando nell’aria pesante per nebbie e vapori il sole non si annuncia d’oro, ma pare che spanda sangue sul firmamento, voi dite: “Non passerà il giorno che sarà tempesta”. Voi dunque sapete leggere il futuro del giorno dai segni instabili del cielo e da quelli ancora più volubili dei venti. E non arrivate a distinguere i segni dei tempi? Ciò non onora la vostra mente e la vostra scienza, e disonora completamente il vostro spirito e la vostra presunta sapienza. Voi siete di una generazione malvagia e adultera, nata in Israele dal connubio di chi ha fornicato col Male. Voi ne siete gli eredi e aumentate la vostra malvagità e il vostro adulterio ripetendo il peccato dei padri di questo errore. Ebbene, sappilo Mattia, sappiatelo voi di Cedes e chiunque è presente come fedele o come nemico. Questa è la profezia che Io dico, di mio, al posto di quella che volevo spiegare di Abacuc: a questa generazione malvagia e adultera che chiede un segno non le sarà dato che quello di Giona[81]… Andiamo. La pace sia con i buoni di volontà».
E da una porta laterale, che si apre su una strada silenziosa fra orti e case, si allontana insieme agli apostoli.
342.8Ma quelli di Cedes non si danno per vinti. Alcuni lo seguono e, vistolo entrare in un piccolo albergo nei sobborghi orientali del paese, ne portano notizia al sinagogo e ai concittadini. E Gesù sta ancora mangiando quando il cortile assolato dell’albergo diviene stipato di gente, e il vecchio sinagogo con altri anziani di Cedes si fa sull’uscio della stanza dove è Gesù e si inchina implorando: «Maestro, in noi è rimasto il desiderio della tua parola. Tanto bella era, spiegata da Te, la profezia[82] di Abacuc! Perché c’è chi ti odia, dovranno rimanere senza conoscerti coloro che ti amano e credono nella tua verità?».
«No, padre. Non sarebbe giustizia punire i buoni per causa dei malvagi. Udite allora…», (e Gesù lascia di mangiare per farsi sulla porta e parlare a chi si affolla nel quieto cortile).
«Nelle parole del vostro sinagogo è un’eco di quelle di Abacuc. Egli, per sé e per voi tutti, confessa e professa che Io sono la Verità. Abacuc confessa e professa: “Dal principio Tu sei, e sei con noi e non morremo”. E così sarà. Non perirà chi crede in Me. Mi dipinge il Profeta come Colui che Dio ha stabilito per giudicare, come Colui che Dio ha reso forte per castigare, come Colui i cui occhi sono troppo puri per vedere il male e che avrà l’insopportabilità della iniquità. Ma se è vero che il peccato mi fa ripugnanza, pure vedete che Io apro le braccia, perché sono il Salvatore, a coloro che sono pentiti del loro peccare. Per questo volgo lo sguardo anche sopra il colpevole e invito colui che è empio a pentirsi…
342.9O voi di Cedes, città levitica, città santificata dal bando della carità per chi è colpevole di un delitto — e ogni uomo ha delitti verso Dio, verso la sua anima, verso il suo prossimo — venite allora a Me, Rifugio dei peccatori. Qui, nel mio amore, neppure l’anatema di Dio potrebbe colpirvi, perché il mio sguardo supplice per voi muta l’anatema di Dio in benedizione di perdono.
Udite, udite! Scrivete nei vostri cuori questa promessa come Abacuc scrisse la sua profezia certa sul rotolo. Là è detto: “Se tarda, aspettatelo, perché chi deve venire verrà senza tardare”. Ecco: Colui che doveva venire è venuto. Io sono.
“Chi è incredulo non ha in sé un’anima giusta”, dice il Profeta, e nella sua parola è la condanna di quelli che mi hanno tentato e insultato. Non Io li condanno. Ma il Profeta che mi ha antevisto e che in Me ha creduto. Egli, come dipinge Me, il Trionfatore, così dipinge l’uomo superbo, dicendo che è senza onore avendo aperto la sua anima alla cupidigia e all’insaziabilità, come è cupido e insaziabile l’inferno. E minaccia: “Guai a colui che accumula roba non sua e si mette addosso denso fango”. Le male azioni contro il Figlio dell’uomo sono questo fango, e il volere spogliare Lui della sua santità, acciò non offuschi la propria, è cupidigia.
“Guai”, dice il Profeta, “a chi raduna nella sua casa i frutti della sua perversa avarizia per mettere in alto il suo nido, credendo di salvarsi dagli artigli del male”. Ciò è disonorarsi e uccidere la propria anima.
“Guai a colui che edifica una città sul sangue e allestisce castelli sull’ingiustizia”. In verità troppo Israele cementa le sue cupide fortezze sulle lacrime e sul sangue, e aspetta l’ultimo per fare il più duro impasto. Ma che può una fortezza contro gli strali di Dio? Che, un pugno di uomini contro la giustizia di tutto il mondo che griderà di orrore per il delitto senza pari?
Oh! come ben dice Abacuc! “A che giova la statua?”. E statua idolatrica è ormai la mendace santità di Israele. Solo il Signore è nel suo Tempio santo, e solo a Lui si inchinerà la Terra e tremerà di adorazione e di spavento, mentre il segno promesso verrà dato una e una volta, e il Tempio vero nel quale Dio riposa salirà glorioso a dire nei Cieli: “È compiuto!”, così come lo avrà singhiozzato alla Terra per mondarla col suo annuncio. “Fiat!” disse l’Altissimo. E il mondo fu. “Fiat” dirà il Redentore, e il mondo sarà redento. Io darò al mondo di che essere redento. E redenti saranno quelli che avranno volontà di esserlo.
342.10Ora sorgete. Diciamo la preghiera del Profeta, ma come è giusto dirla in questo tempo di grazia:
“Ho sentito, o Signore, il tuo annuncio e ne ho giubilato”. Non è più tempo di spavento, o credenti nel Messia.
“Signore, la tua opera è nel mezzo degli anni, falla vivere nonostante le insidie dei nemici. Nel mezzo degli anni la farai manifesta”. Sì. Quando l’età sarà perfetta, l’opera verrà compiuta.
“E nello sdegno splenderà la misericordia”, perché sdegno sarà solo per coloro che avranno gettato reti e lacci e lanciato frecce all’Agnello Salvatore.
“Iddio verrà dalla Luce al mondo”. Io sono la Luce venuta a portarvi Dio. Il mio splendore inonderà la Terra sgorgando a fiumi “là da dove le corna pontute” avranno squarciato le Carni della Vittima, ultima vittoria “della Morte e di Satana, che fuggiranno vinti davanti al Vivente e al Santo”.
Gloria al Signore! Gloria a Colui che ha fatto! Gloria al Datore del sole e degli astri! All’Artefice dei monti. Al Creatore dei mari. Gloria, infinita gloria al Buono che volle il Cristo a salvezza del suo popolo, a redenzione dell’uomo.
Unitevi, cantate con Me, perché la Misericordia è venuta al mondo ed è prossimo il tempo della Pace. Colui che vi tende le mani vi esorta a credere e a vivere nel Signore, perché il tempo è vicino in cui Israele sarà giudicato con verità.
La pace sia a voi qui presenti, alle vostre famiglie, alle vostre case».
Gesù traccia un ampio gesto di benedizione e fa per ritirarsi. Ma il sinagogo prega: «Resta ancora».
«Non posso, padre».
«Almeno mandaci i tuoi discepoli».
«Li avrete senza fallo. Addio. Va’ in pace».
342.11Restano soli…
«Ma io vorrei sapere chi ce li ha mandati fra i piedi. Sembrano negromanti…», dice Pietro.
L’Iscariota si fa avanti, pallido. Si inginocchia ai piedi di Gesù. «Maestro, io sono il colpevole. Ho parlato in quel paese… con uno di loro del quale ero ospite…».
«Come? Altro che penitenza! Tu sei…».
«Silenzio, Simone di Giona! Tuo fratello sinceramente si accusa. Onoralo per questa sua umiliazione. Non ti crucciare, Giuda. Io ti perdono. Tu lo sai che Io perdono. Sii più prudente un’altra volta… Ed ora andiamo. Cammineremo finché la luna dura. Dobbiamo passare il fiume avanti l’alba. Andiamo. Qui dietro ha inizio il bosco. Perderanno le tracce di noi sia i buoni che i malvagi. Domani saremo sulla via di Paneade».