MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 466


29-30 marzo 1945

   Le mie Gioie.
   Ero tutta triste dal mezzogiorno del giovedì perché pensavo: "Domani niente Comunione". Con quello che soffro sempre, e specie al venerdì, e quello che è generalmente per me da 15 anni il venerdì di Passione, rimanere senza il mio Cibo mi dava dolore. Pensavo: "Due anni fa P.M.1 mi portò la Comunione all'alba del venerdì santo. Stavo male e perciò poteva". E le assicuro che avrei desiderato di stare anche peggio per poterla avere. Sono, col rimpianto della reliquia di S. Croce che mi fu levata dopo avermela donata da una che ha contribuito con Satana a darmi pena, le mie segrete sofferenze… e le più profonde.
   Marta era uscita per la visita alle sette chiese. Io ero sola. Scrivevo. E la desolazione di Maria si fondeva col pianto della povera Maria…
   Mi leva dalla pena l'apparizione gaudiosa del mio Gesù, non martirizzato e sanguinoso, ma bello, radioso nella sua veste di lino candido come lo è nei momenti più lieti delle visioni. Viene verso di me come se venisse da una campagna in fiore e sorride tenendo qualcosa sotto il mantello bianco che ha incrociato sul petto e sulle mani.
   Mi dice: "Piccolo Giovanni, volevo dirti 'piccolo scriba' ma non te lo dico, perché se tu sei il laico che, non bastando i sacerdoti, istruisci sulla verità del mio tempo mortale, tu non sei in compenso la creatura di durezza e ferocia che erano gli scribi del mio tempo. Senti, piccolo Giovanni. Padre Migliorini non ti può portare la Comunione e ne soffri. Il tuo Sacerdote sono Io. Ti ho tenuta curvata sulle mie torture, sulla mia agonia. È giusto ti dia un premio. Guarda: tanti anni fa a quest'ora Io mi dirigevo al Cenacolo per consumare la Pasqua e distribuire la prima Eucarestia. Vieni e tieni, piccolo Giovanni".
   E lasciando che il manto si apra mi mostra la pisside che ha nella mano. Si fa solenne e dice:2 "Io sono il Pane vivo che dal Cielo discende. Chi mangia di questo Pane non avrà più fame e vivrà in eterno. Questo è il mio Corpo che Io ti do in memoria di Me. Prendi e mangia". E mi dà una grossa particola. Dico grossa perché è alta come una moneta antica (uno scudo). Il suo sapore (materiale e spirituale) è tale che mi riempie di delizia. Mi carezza e poi dice: "Ora che sei nutrita, scrivi. Domani tornerò".
   E questa sera, alla stessa ora, mi riappare. Stavo male da quando c'era lei e non riuscivo a superare la crisi. Ero sudata fredda, cerea, boccheggiante, con vertigini continue e offuscamenti visivi. Eppure scrivevo perché dovevo scrivere… La Madre Dolorosa gemeva tutto il suo strazio.
   Gesù mi strania per un poco da tanto dolore di compartecipazione e fisico e, tenendo ben scoperto il calice colmo di un sangue rosso, robusto, direi spesso, quasi bollente perché schiumava con rare bolle come fosse appena uscito da un'arteria, mi dice: "Questo è il mio Sangue che Io ho versato per amore di voi. Prendi e bevi". E mi avvicina il calice alle labbra mentre con l'altra mano mi accosta ad esso.
   Sento il freddo del metallo contro le mie labbra e l'odore del sangue nel naso. Ma non ne ho ribrezzo. Mi attacco all'orlo liscio del calice d'argento e bevo un sorso di questo Sangue divino. Il quale ha tutte le caratteristiche del nostro per fluidità, viscosità, sapore. Ma che scende in me dandomi una delizia che mi porta ben in alto nella gioia. Vorrei bere e bere… Perché più se ne beve, più se ne vorrebbe. Ma me ne trattiene la riverenza. E contemplo quel Sangue amato, ne fiuto l'odor vivo, ne ammiro il perfetto colore rosso vivo. Ma per altre due volte Gesù mi fa bere… E poi se ne va… e in me resta il sapore e la fragranza di quel Sangue del mio Gesù.
   Quasi non lo volevo scrivere qui. Ma scriverlo in una lettera, che ero incerta se darla subito a lei o farla trovare alla mia morte. Perché certe sublimità si dicono male e mal volontieri. Ma poi ha prevalso il pensiero di scriverlo in un quaderno. E renderlo noto a lei subito.
   Io sono piena di soprannaturale delizia.
 

   [Su un altro quaderno sono stati scritti, in data 30 e 31 marzo 1945, i capitoli 614 e 615 dell'opera L'EVANGELO]
           


   P.M. è sempre Padre Migliorini (nota al 10 gennaio 1945). Il venerdì santo di due anni prima era quel 23 aprile 1943 che segnò l'inizio dei "dettati". Quando Marta Diciotti, verso mezzogiorno, era corsa dal Padre Migliorini per dirgli che Maria (che aveva appena scritto il primo "dettato") doveva parlargli, lo aveva subito rassicurato che la sua assistita non si era aggravata. Infatti, come leggiamo qui, egli le aveva portato la Comunione all'alba perché stava male.
           

   2 dice, come in Giovanni 6, 35-58 e in Matteo 26, 26-28Marco 14, 22-24Luca 22, 19-20.