Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
Nella penosissima serata di ieri e nell’ancor più penosa notte, durante la quale le sofferenze cardiache non mi hanno dato tregua, sono stata confortata dalla contemplazione dell’Assunzione della Vergine che già le ho descritta568.
È proprio una casetta a un sol piano, il terreno, sormontata da una terrazza come le case d’oriente. Un cubo bianchissimo e semplicissimo di calcina, interrotto dalle sole porte che dànno certo anche luce alle stanzette. Dico stanzette perché, dato che è un cubo di sì e no 6 metri di lato, non può certo avere dei grandi ambienti. La casetta è in mezzo a degli ulivi, dei grossi e folti ulivi. I tronchi sembrano ancora più scuri rispetto al bianco della casetta, che sorge in una piccola radura fra gli alberi che le sono lontani un due metri al massimo.
La prima volta che ebbi la visione, tanto ero intenta ad osservare gli angeli sulla terrazza che non avevo osservato molto i particolari. Avevo guardato la casetta e chi c’era sopra e chi ne usciva. E basta.
Direi che la Mamma non era stata portata fuori dalla casa dove si era addormentata. Forse era di proprietà di Giovanni? O di un parente dello stesso? Ho l’impressione che il Prediletto abbia messo a luogo di dormizione un ambiente della casa per non separarsi dalla Madre del Salvatore, e ciò anche per una sua convinzione sulla incorruttibilità di Maria. Ecco perché allora Essa è in questa casetta che, data la sua posizione in un uliveto, potrebbe essere stata un frantoio con annessa abitazione del proprietario. Non so perché io pensi così. Ma è così netta la mia persuasione che penso mi venga dal mio interno ammonitore. Se fossi in errore, Gesù me la correggerebbe.
Il resto della visione è tutto uguale alla prima. Insomma, fuorché il particolare degli ulivi, non vi è nessuna differenza o aggiunta. Mi beo della luce candidissima dello stuolo angelico e della bellezza della Mamma, che dorme fra le braccia angeliche e si sveglia nella luce che piove dal Paradiso per sorridere al Figlio che scende ad accoglierla… Questa dolcezza, senza assopire il dolore fisico, me lo rende sopportabile perché l’anima, beata, la vince, col suo gaudio, anche sui dolori fisici.
Poi viene l’alba e una larva di riposo… poi viene l’Ave Maria che mi sveglia. Dicendo, fra il dormiveglia, il primo dei tre Angelus, sorrido al ricordo della gloriosa visione. E poi ripeto, ad ogni toccheggiare di campana per la prima messa, l’Angelus. Mi veniva spontaneo di fare così…
E dopo, nel silenzio della casa che dorme ancora, ripenso alle visioni dei giorni passati, alle parole di Gesù… e mi pare di avere sulle labbra il miele e che esso scenda fino al cuore. Quanto conforto, quanta pace per noi, poveri peccatori, dànno quelle parole! Vorrei che tutto il mondo le udisse. Ma udite come le odo io, che posso trascriverle ma non posso far sentire l’amore, la pietà, la maestà della voce del mio Signore. Se il più duro dei peccatori, il più disperato dei disperati, il più vizioso degli uomini udisse Gesù quando parla, si convertirebbe, spererebbe, si salverebbe.
Io ho in me questo tesoro… Non ho che da volere scegliere per trovare la gemma che cerco in quel momento. Me ne ha date di ogni qualità. Per tutte le contingenze e gli stati e bisogni del mio cuore nei diversi momenti del giorno. Io non posso ricordare, parola per parola, le parole che Egli mi dice da 16 mesi, è naturale! Ma come uno che ha mangiato un succosissimo frutto, anche dopo ore che ne ha gustato risente sulla lingua e sul palato la freschezza e la bontà di quel frutto, così io porto in me il succo delle sue parole e lo ritrovo subito, per mia gioia, quando ne voglio. Così non posso ricordare tutti i gesti visti nelle visioni. Ma vi sono in ogni visione quei dati gesti che più mi colpiscono: i gesti-base, dirò, quelli che da sé soli hanno valore di parola; e quelli li ritrovo subito al momento del bisogno per mio conforto, o gioia, o sprone, come aiuto nel pregare e nello sperare, nell’avere sconfinata fiducia nel mio Signore.
Come dimenticare certi sguardi, certi gesti, certi sorrisi? Potrei nominargliene alcuni… ma ho poca forza, oggi, meno del solito, e Gesù mi apre una visione proprio ora.
[Seguono i brani 1-6 del capitolo 473 dell’opera L’EVANGELO]