Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola
"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)
12 febbraio 1945.
105.1 La sera scende fra un gran rosso di tramonto che, come un fuoco che si spegne, diventa sempre più cupo sino ad assumere quasi il colore di un viola rubinato. Una tinta splendida, rara, che pennella, sfumandosi lentamente, l’occidente, fino a svanire nel cobalto scuro del cielo, là dove l’oriente sempre più avanza con le sue stelle e il suo arco di luna crescente, già volgente alla seconda fase. Gli agricoltori si affrettano alle case, che già mostrano i focolari accesi per le volute di fumo che escono dalle basse casette di Nazaret.
Gesù sta per tornare in città e, contrariamente a quanto vorrebbero gli altri, non vuole che alcuno vada ad avvisare la Madre. «Non accadrà nulla. Perché agitarla avanti?», dice.
Eccolo già fra le case. Qualche saluto, qualche bisbiglio dietro le spalle, qualche villana voltata di spalle e sbatacchiata d’usci quando il gruppo apostolico passa.
La mimica di Pietro è un vero poema. Ma anche gli altri sono un poco inquieti. I figli di Alfeo sembrano due condannati. Procedono a capo basso ai fianchi di Gesù, ma pure osservano tutto e ogni tanto hanno sguardi sgomenti fra loro e di apprensione per Gesù. Il quale, come niente fosse, risponde con la consueta affabilità ai saluti e si curva ad accarezzare i bambini, che nella loro semplicità non prendono parte con questo o con quello e sono sempre amici del loro Gesù, che è sempre così affettuoso con loro.
Uno – un tombolino grasso grasso che avrà al massimo quattro anni – gli corre incontro staccandosi dalla veste materna e gli tende le braccine dicendo: «Prendimi!» e, poi che Gesù lo accontenta e lo prende, lo bacia con la sua bocchina tutta impiastricciata del fico che succhia, e poi spinge il suo amore sino ad… offrire un pezzetto di fico a Gesù, dicendo: «Prendi! È buono!». Gesù accetta l’offerta e ride di essere imboccato da quell’omino in erba.
105.2 Isacco, carico di brocche, viene dalla fonte. Vede Gesù, posa le brocche e grida: «Oh! il mio Signore!» correndo incontro a Lui. «Tua Madre è tornata ora a casa. Era dalla cognata. Ma… hai ricevuto la lettera?», chiede.
«Sono qui per questo. Non dire nulla alla Mamma, per ora.
Prima vado a casa di Alfeo».
Isacco, prudente, non dice altro che: «Ti ubbidirò» e prende le sue anfore, diretto a casa.
«Ora noi andremo. Voi, amici, ci attenderete qui. Starò poco».
«No davvero! Non entreremo nella casa del lutto, ma staremo lì fuori. Non è vero?», dice Pietro.
«Pietro ha ragione. Staremo nella via. Ma a Te vicino».
Gesù cede alla volontà di tutti. Ma sorride e dice: «Non mi faranno nulla. Credete. Non sono cattivi. Sono solamente appassionati umanamente. Andiamo».
Eccoli nella via della casa, eccoli sulla soglia dell’orto. Gesù va avanti. Dietro Giuda e Giacomo.
105.3 Ecco Gesù sulla soglia della cucina. In essa, presso il focolare, è Maria d’Alfeo che cucina e piange. In un angolo Simone e Giuseppe, con altri uomini, sono seduti a crocchio. Fra gli uomini è Alfeo di Sara. Stanno lì, zitti come tante statue. Sarà sistema? Non so.
«Pace a questa casa e pace allo spirito che l’ha lasciata».
La vedova ha un grido ed una mossa istintiva di respingere Gesù, di porsi fra Lui e gli altri. Simone e Giuseppe si alzano foschi e interdetti. Ma Gesù non mostra accorgersi del loro atteggiamento ostile. Va ai due uomini – Simone ha già i suoi cinquant’anni e forse più, a giudicare l’aspetto – e tende loro le mani in atto di amoroso invito. I due sono più interdetti che mai. Ma non osano fare un atto villano. Alfeo di Sara trepida e soffre visibilmente. Gli altri uomini sono chiusi, in attesa di una indicazione.
«Simone, tu, capo famiglia ormai, perché non mi accogli? Io vengo a piangere con te. Quanto avrei voluto esser con voi nell’ora del duolo! Ma non per mia colpa fui lontano. Sei giusto, Simone. E lo devi dire».
L’uomo sta sempre sostenuto.
«E tu, Giuseppe, dal nome a Me caro, perché non accogli il mio bacio? Non mi permettete di piangere con voi? La morte è laccio per i veri affetti. E noi ci amammo. Perché ora deve essere disunione?».
«Per Te il nostro padre morì crucciato», dice duro Giuseppe. E Simone: «Dovevi rimanere. Lo sapevi che egli era morente. Perché non sei rimasto? Ti voleva…».
«Non avrei potuto fare per lui più di quanto abbia già fatto. E voi lo sapete…».
Simone, più giusto, dice: «È vero. Lo so che sei venuto e che ti ha cacciato. Ma era un malato e un afflitto».
«Lo so ed ho detto a tua madre e ai tuoi fratelli: “Non ho rancore perché comprendo il suo cuore”. Ma sopra tutti è Dio. E Dio questo dolore voleva per tutti. Per Me che, credete, ne ho sofferto come di uno strappo di carne viva; per il padre vostro, che in questa pena ha compreso una grande verità che per tutta la vita gli era rimasta oscura; per voi, che per questo dolore avete modo di fare un sacrifizio salutare più del giovenco immolato; e per Giacomo e Giuda, che ora non sono di te meno formati, o mio Simone, perché tanto dolore (per loro è la soma maggiore e li opprime come pietra di macina) li ha resi adulti e di perfetta età agli occhi di Dio».
«Che verità ha visto il padre? Una sola: che il suo sangue, nell’ultima ora, gli fu nemico», ribatte duro Giuseppe.
«No. Che più che il sangue è lo spirito. Ha compreso il dolore di Abramo e per questo ebbe Abramo a suo aiuto», risponde Gesù.
«Fosse vero! Ma chi lo assicura?».
«Io, Simone. E, più che Io, la morte di tuo padre. Non mi ha cercato? Tu l’hai detto».
«L’ho detto. È vero. Voleva Gesù. E diceva: “Almeno lo spirito non morto! Lui lo può fare. Io l’ho respinto e non verrà più. Oh! morte senza Gesù! Che orrore che sei! Perché l’ho cacciato?”. Sì, questo diceva. E diceva ancora: “Egli mi chiese tante volte: ‘Devo andare?’ ed io l’ho mandato… Ora non viene più”. Ti voleva, ti voleva. Tua Madre ti mandò a cercare, ma non ti trovarono a Cafarnao e lui pianse tanto, e con le ultime forze prese la mano di tua Madre e la volle vicina. Non parlava che a stento. Ma diceva: “La Madre è un poco il Figlio. Io tengo la Madre per avere qualcosa di Lui, perché ho paura della morte”. Povero padre mio!».
105.4 Vi è una scena orientale di urla e atti di dolore, alla quale tutti prendono parte. Anche Giacomo e Giuda, che hanno osato entrare. Il più pacato è Gesù, che piange soltanto.
«Tu piangi? Lo amavi allora?», chiede Simone.
«Oh! Simone! Lo chiedi? Ma, se avessi potuto, credi che avrei permesso questo suo dolore? Ma Io sono col Padre, ma non da più del Padre[41]».
«Guarisci i morenti, ma lui non lo hai guarito», dice aspro Giuseppe.
«Non credeva in Me».
«Questo è vero, Giuseppe», osserva il fratello Simone.
«Non credeva e non deponeva il rancore. Io non posso nulla dove è incredulità e odio. Perciò vi dico: non odiate oltre i fratelli vostri. Eccoli. Il loro strazio non abbia gravame dal vostro rancore. Vostra madre è straziata più da quest’odio che vive, che dalla morte che ha termine in se stessa e, nel padre vostro, ha termine nella pace perché il suo desiderio di Me gli fu perdono di Dio. Di Me, per Me, non vi parlo e non chiedo. Io sono nel mondo, ma non sono del mondo. Quel che dentro a Me vive mi ripaga di ciò che il mondo mi nega. Soffro con la mia umanità, ma elevo lo spirito oltre la Terra e giubilo nelle cose celesti. Ma essi!… Non mancate alla legge d’amore e di sangue. Amatevi. Non vi è offesa verso il sangue in Giacomo e Giuda. Ma, se anche vi fosse, perdonate. Guardate con occhio giusto le cose e vedrete che i più offesi sono loro, non compresi nelle necessità dell’anima rapita da Dio. Eppure in loro non vi è rancore. Ma solo desiderio di amore. Non è vero, cugini?».
Giuda e Giacomo, che la madre tiene stretti a sé, annuiscono fra il pianto.
«Simone, sei il maggiore. Dài l’esempio…».
«Io… per me… Ma il mondo… ma Tu…».
«Oh! il mondo! Esso dimentica e cambia ad ogni alba che sorge… Ed Io! Vieni, dammi il tuo bacio di fratello. Io ti amo.
Lo sai. Spogliati da queste scaglie che ti fanno duro e che tue non sono, ma sono imposte da chi t’è estraneo e meno giusto di te. Tu giudica col tuo retto cuore, sempre».
Simone, ancora un poco con ritrosia[42], apre le braccia. Gesù lo bacia e poi lo porta ai fratelli. Si baciano fra pianti e lamenti.
«Ora tu, Giuseppe».
«No. Non insistere. Io ricordo il dolore del padre».
«In verità tu lo perpetui con questo tuo rancore».
«Non importa. Io sono fedele».
Gesù non insiste.
105.5 Si volge a Simone: «La sera è tarda. Ma se tu volessi… Il nostro cuore arde di venerare le sue spoglie. Dove è Alfeo? Dove l’avete posto?».
«Dietro la casa. Dove l’uliveto cessa contro la balza. Un sepolcro dignitoso».
«Ti prego. Conducimi ad esso. Maria, fa’ cuore. Lo sposo giubila perché ti vede sul seno i figli. Rimanete. Io vado con Simone. Siate in pace! Siate in pace! Giuseppe, a te dico quanto dissi al padre tuo: “Non ho rancore. Ti amo. Quando mi vuoi, chiamami. Verrò a piangere con te”. Addio». E Gesù esce con Simone…
Gli apostoli sbirciano curiosi. Ma vedono i due di buon accordo e sono contenti.
«Venite voi pure», dice Gesù. «Sono i miei discepoli, Simone. Loro pure desiderano onorare tuo padre. Andiamo».
Vanno per l’uliveto e tutto ha fine.
105.6 Dice Gesù:
«Qui metterete la terza visione e la quarta avute il giorno 13 febbraio 1944.
Come vedi, Simone, meno cocciuto, si è piegato, se non completamente almeno in parte, alla giustizia con santa prontezza. E non mio discepolo subito, né tanto meno apostolo, come nella tua ignoranza lo chiamasti ora è un anno, ma almeno spettatore non nemico divenne dopo quest’incontro per la morte di Alfeo. Tutore anche della madre sua e mia, quando un uomo doveva scortarle e difenderle dalle satire della gente. Non forte al punto di imporsi contro chi mi diceva “folle”; ancora tanto uomo da vergognarsi un poco di Me e da avere preoccupazioni per i pericoli della famiglia tutta, per il mio apostolato contrario alle sètte. Ma già sulla via del Bene. Su cui poi, dopo il Sacrificio, seppe procedere sempre più sicuro sino a confessarmi col sangue. La Grazia opera talora fulmineamente, talaltra lentamente. Ma sempre opera dove c’è volontà di esser giusti.
Va’ in pace. Sta’ in pace fra i tuoi dolori. Il tempo preparatorio alla Pasqua ha inizio e tu porta per Me la Croce. Ti benedico, Maria della Croce di Gesù».