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Voce narrante • DANIELA CIAVONI


Da i QUADERNI del 25 marzo 1944

[Nello stesso giorno è stato scritto, su un altro quaderno, il capitolo 18 dell’opera L’EVANGELO]

   Dice Gesù[226]:
    «Quello che il mio antico figlio prudentemente, per il santo timore  di Dio, non volle fare, resistendo alla tentazione che Io gli avevo  mandato per prova, lo chiedete voi ora, non per tentazione mia ma per  rigurgito del vostro spirito ribelle e guidato dalle forze del Male,  istigato dal vostro Nemico che amate più di quanto non amiate Me, vostro  Signore Altissimo sopra il quale nessun altro è.
   Chiedete un  segno. Lo chiedete col vostro cuore impuro e col vostro labbro  bestemmiatore. E perciò lo chiedete in modo che è irrisione verso la mia  potenza, che è negazione dell’esistenza mia. Mi provocate a mostrarmi  con un segno perché dubitate del mio esistere.
   Anche al tempo del Figlio mio i giudei lo provocarono a dargli un segno[227]  sulla sua Natura, perché negavano in cuor loro che Egli fosse il Figlio  di Dio. E l’unico segno che li fece accorti del loro deicidio fu quello  che venne dopo la morte del mio Verbo. Castigo imperdonato per coloro  che furono sordi e ciechi ai prodigi e alle parole del mio Cristo.
    Non avete un segno del Dio vostro perché Io non mi manifesto a chi mi  nega. In cambio avete i segni molteplici di chi adorate come schiavi.  Egli, il Nemico, li moltiplica i suoi segni e voi, già prossimi al tempo  dell’adorazione della Bestia[228]  apocalittica, ne rimanete sedotti e giudicate che il creatore di tali  segni sia più grande di Me. Sia l’unico che esista. Vi dite: “Chi è Dio?  Che è?”, e nell’interno vostro vi rispondete, a giustificazione delle  nequizie vostre: “Dio non è”.
   Io son chi sono[229].  Sono talmente superiore a voi che nessuna manifestazione mia sarebbe  ormai compresa dal mondo disceso nelle tenebre e nella stoltezza più  spaventose. Ciò che credete progredire è il vostro regresso verso i  crepuscoli dei primi tempi nei quali gli uomini, perduto Dio e il suo  Paradiso, furono di ben poco superiori alle bestie e spinsero la loro  corruzione ad un punto che mi decise a sterminare la razza di cui avevo  sdegno.
   La fine sarà come il principio. Il cerchio si salda innestando i due monconi tenebrosi l’uno all’altro. Il nuovo diluvio[230], ossia l’ira di Dio, verrà con altra forma. Ma sarà sempre ira. Fedele alla mia parola, Io non manderò più il diluvio. Ma lascerò che le forze sataniche mandino il diluvio delle sataniche crudeltà.
    Avete avuto la Luce. Ve l’ho mandata, la mia Luce, perché la  parabola dell’umanità fosse illuminata da Essa. Ve l’ho mandata perché  non si potesse dire che ho voluto tenervi nel crepuscolo dell’attesa. Se  l’aveste accolta, tutta l’altra parte del cerchio che unirà il cammino  dell’uomo, dal suo sorgere al suo finire, sarebbe stata illuminata dalla  Luce di Dio e l’umanità sarebbe stata avvolta da questa Luce di  salvezza che vi avrebbe condotto senza scosse e dolori nella Città della  Luce eterna.
   Ma voi avete respinto la Luce. Ed Essa ha brillato  al sommo del cerchio e poi sempre più è rimasta lontana da voi, che  siete discesi per l’altro cammino non dicendo[231]  ad Essa: “Signore, resta con noi ché la sera dei tempi sopravviene e  noi non vogliamo perire senza la tua Luce”. Come nel corso del giorno,  voi uomini siete venuti incontro alla Luce, l’avete avuta e poi siete  tornati nelle tenebre. Essa, la mia Luce, il mio Verbo, è rimasto come  Sole fisso nel suo Cielo dove è tornato dopo che, non la morte, ma il vostro respingerlo lo hanno riportato.
    Essa, la mia Luce, il Verbo mio, è rimasto Maestro per quei pochi  che lo amano e che hanno accolto la sua Luce in loro. E nessuna tenebra  la può spegnere poiché essi la difendono, questa Luce, loro amore, a  costo anche della vita. Per questo loro amore fedele avranno la Vita in  Me, perché già possiedono il mio Emmanuele, hanno perciò già Dio con  loro[232].  Quell’Emmanuele che la Vergine a Me congiunta ha concepito e partorito.  Unico segno dato da Dio alla casa di Davide, al regno di Giuda, per  farlo sicuro della sua durata che sarebbe stata eterna se il mio popolo  non avesse respinto il mio Emmanuele.
   Nella profezia del mio profeta è detto[233]: “Egli si ciberà di burro e miele finché non sappia rigettare il male e scegliere il bene”.
    Per la sua sapienza, perdurante in Lui anche nella sua condizione di  Uomo in cui si era annichilita la sua Natura divina, sotto l’esigenza  di un amore tanto grande da essere per voi incomprensibile – amore che  lo spinse ad avvilire Se stesso, l’Infinito, nella miseria circoscritta  di una carne mortale – Egli ha sempre saputo discernere il Bene dal  Male. Non aveva necessità di anni per giungere al possesso della ragione  e della facoltà di discernimento. E se, per non violentare l’ordine,  volle seguire le fasi comuni della vita umana, sotto quell’apparenza di  incapacità infantile, di semi-incapacità fanciullesca, Egli celava i  tesori della sua Sapienza infinita.
   Ma quella parola profetica  sta a dire che si sarebbe cibato di umiltà e nascondimento sino al  momento in cui, venuta la sua ora, sarebbe divenuto Maestro d’Israele,  Maestro del mondo, Testimonianza mia, Difensore della causa del Padre, e  come fiamma libera dal moggio avrebbe brillato nella potenza della sua  Luce e della sua Natura messianica, usando dolcezza coi buoni, severità  coi malvagi, scuotendo, irrigando, fecondando i cuori, dando all’uomo –  non a Sé che di tal dono non aveva bisogno – il discernimento per  conoscere il Bene dal Male, levando ogni dubbio, ogni nebulosità in  proposito.
   Egli è venuto a perfezionare la Legge ed a rendervela  chiara col suo insegnamento, seguibile col suo esempio. È venuto, e  tanto ha amato il Bene e respinto il Male che ha accettato di morire  perché il Bene trionfasse nel mondo e nei cuori e il Male fosse vinto  dal suo Sangue divino.
   Non più burro e miele per il mio Cristo  giunto alla sua virilità. Ma aceto e fiele. Aceto e fiele nell’ultima  ora, preceduto dal metaforico aceto e fiele di tre anni di vita pubblica  sempre contrastata dai suoi nemici e resa difficile dalla pesantezza  dei suoi amici e discepoli.
   Il labbro del mio Cristo è  contristato ancora dal fiele e dal­l’aceto di questa razza proterva. Ed  il Padre è contristato del dolore del suo Figlio. E la sua pena si muta  in ira per voi, uomini senza più spirito fedele al Dio vostro. Il  Sacrificio che si ripete sugli altari della Terra non è più per voi  salvezza. Ma come dal Golgota il Sangue del Figlio è caduto sui suoi  uccisori gridando a Me il suo dolore e provocando la mia punizione, così  ora ricade su voi, ipocriti e bestemmiatori, negatori e viziosi,  odiatori di Dio e dell’uomo vostro fratello, e vi marca a sangue e fuoco  per la condanna.
   La Terra urla come creatura impaurita dai  mostri che l’abitano; l’Universo trema di orrore alla vista dei delitti  che coprono la Terra; Io, Dio vostro, fremo d’ira divina per la vostra  corruzione di carne, di mente, di spirito. Né la pietà del Salvatore, né  quella della Vergine e dei Santi, placano col loro pregare l’ira mia.
   Veramente, come ai tempi di Mosè, Io dico[234]:  “Coloro che han peccato contro di Me li cancellerò dal mio Libro e se  venissi fra voi una volta sola vi sterminerei”. Veramente Io dico che  solo ai figli che mi restano Io parlo come ad un amico, perché per la  loro fedeltà hanno trovato grazia al mio cospetto e mostrerò loro il mio  Bene e avrò misericordia di loro. E più benigno ancora che con il mio  servo Mosè, poiché il Figlio mio santissimo vi ha portato la benignità  sua ed ha instaurato il Regno della Benignità, Io, senza attendere il  giorno del vostro venire al Cielo, farò brillare in voi la Faccia del  mio Cristo, o miei figli fedeli che mi adorate con santo rispetto e con  amore figliale.
   Amatela, perché chi l’ama ama Me. Amatela perché è la salvezza vostra. La Stella non è spuntata unicamente per Giacobbe[235]. Ma per tutti coloro che amano Dio con tutte le loro forze.  E la Stella-Cristo, dopo le lotte della Terra, me li condurrà al Cielo  dove il vostro posto è preparato, o voi benedetti per i quali il mio  Verbo non ha preso Carne invano ed il mio Cristo non è inutilmente  morto.»
   Dopo tanto tempo ho riudito la voce del Padre. Credevo  fosse Gesù, che da stamane mi faceva sentire di avere a parlare su  questo brano di Isaia, non commentato nel novembre, quando il Maestro mi  commentò i Profeti. Invece era l’Eterno Padre. Ne sono beata, per  quanto il dettato sia severo per l’umanità in genere.
   Voglia il Padre aumentare sempre più il mio amore per Lui, in modo che io pure giunga al Cielo.
    Dopo aver scritto questo dettato mi sono messa a riposo, erano ormai  le due antimeridiane del 26; ho rivisto non in una visione, ma come  vivesse nella mia stanza, la Mamma. Era tanto che così, per me sola, non  la vedevo, e ne ero tanto addolorata. Mi sono addormentata sentendomela  vicina proprio come una mamma e mi sono destata sorridendo ancora alla  dolce presenza che è tuttora presente.
   Come è bella! Sempre più bella quanto più la si guarda e la si ama!

   [In data 27 marzo è stato scritto, su un altro quaderno, il capitolo 19 dell’opera L’EVANGELO]

[226] Dice Gesù, invece è l’Eterno Padre che parla, come annota la scrittrice alla fine; antico figlio è Acaz, di cui si parla in Isaia 7, 10-16, che è il rinvio messo dalla scrittrice accanto alla data.
[227] un segno, come si narra in Matteo 16, 1-4; Marco 8, 11-13; Luca 11, 29-32.
[228] Bestia, vista in Apocalisse 13.
[229] Io son chi sono, come in Esodo 3, 14.
[230] diluvio, con riferimento a Genesi 6, 5-22; 7; 9, 11.
[231] dicendo, come i discepoli di Emmaus in Luca 24, 29.
[232] Dio con loro, poiché il significato del nome Emmanuele è “Dio con noi” (Matteo 1, 23).
[233] è detto, in Isaia 7, 15.
[234] dico, come in Esodo 32, 33-34.


Estratto dall'OPERA di MARIA VALTORTA © Fondazione Erede di Maria Valtorta • ETS

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