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GENESI BIBLICA E PECCATO ORIGINALE
(Audio-conferenza - Dibattito virtuale)    

TERZA SESSIONE

La Legge della Prova - «Lucifero, divenuto Satana per aver rifiutato adorazione all’Amore fatto carne, pretendendo superbamente di esser capace esso stesso di redimere l’uomo essendo simile a Dio». Ma la prova di Adamo non fu come quella che Dio aveva posto in precedenza davanti a Lucifero: «Dio voleva perdonare all'uomo. Gli propose perciò la prova di ubbidienza. Ma gli risparmiò la prova di adorazione per il Verbo fatto Uomo, onde Adamo non peccasse, in modo non perdonabile, invidiando la potenza del Cristo, presumendo di potersi salvare e di poter salvare senza bisogno del Cristo, negando come impossibile la verità conosciuta che l’Increato potesse farsi “creato” nascendo da donna, che il Purissimo Spirito, che è Dio, potesse farsi uomo assumendo carne umana».1
Nella precedente sessione vi avevo fatto conoscere alcuni Dettati del marzo 1944, tratti da 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' di Maria Valtorta, dove Gesù e Maria SS. spiegavano in cosa fosse consistito il Peccato originale.
Più in particolare da un lato il ruolo svolto da Eva - per via di quella sua disubbidienza al comando divino di non avvicinarsi alla metaforica pianta del Bene e del Male - e dall'altro lato quello di Maria Ss. che con la sua ubbidienza ha invece riscattato la disubbidienza di Eva.
Poi avevo cominciato a leggervi quella splendida 'Lezione' sempre sul Peccato originale data dallo Spirito Santo alla Valtorta qualche anno dopo, nel maggio del 1948.
Una spiegazione - quest'ultima - che completava l'argomento trattando questa volta la dottrina del Peccato originale in maniera 'sistematica'.
Non avevo tuttavia completato la lettura di quella Lezione per l'esaurimento del tempo a disposizione, riservandomi di farlo in questa sessione odierna.
Vi è ancora però qualcuno che vuole fare qualche osservazione in merito a quanto discusso nella sessione scorsa?
Buon giorno a tutti, mi chiamo Claudio2. Con mia moglie 'Rosanna 1' siamo studiosi dell'Opera di Maria Valtorta da decenni. Lezione davvero stupenda quella che abbiamo sentito la volta scorsa!
Convinti della assicurazione evangelica di Gesù che aveva detto che ove due o più persone avessero pregato insieme nel Suo nome Egli sarebbe stato presso di loro, periodicamente prendiamo i vari volumi dell'Opera per rileggerceli insieme 'a giro', magari per specifici brani: erano però degli anni che non ci 'ripassavamo' quella fondamentale 'Lezione'.
Sono convinto che solo una perfetta comprensione della esatta natura e conseguenze del Peccato originale possa fugare resistenze e scetticismi di chi ha paura di 'credere'.
Abbiamo allora recuperato nella nostra piccola libreria il volume delle 'Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani' per andarci a rileggere insieme pagina per pagina l'intero volumetto e quella lezione in particolare...
Un conto è, infatti, averla ascoltata come la volta scorsa e altro è leggercela avendone sott'occhio il testo visivamente come se lo Spirito Santo parlasse non solo alla Valtorta ma anche a noi personalmente, avendo però noi il tempo di riflettere e centellinare ogni Sua frase, e sovente anche ogni Sua parola, cogliendone le diverse sfumature ed inflessioni.
Credo che se don Guido Bortoluzzi avesse voluto leggere questa Lezione del 1948 sono sicuro che egli avrebbe di buon grado accantonato la Bozza del suo libro - magari da chissà quanto tempo in un cassetto in attesa di stampa - domandandosi come avesse mai potuto prendere sul serio quelle sue strane 'visioni' al punto da continuare per anni a mettere nero su bianco.
La Verità è Luce che illumina e se don Guido - che peraltro molti hanno descritto come una brava persona - avesse conosciuto l'Opera valtortiana, mai più avrebbe potuto scrivere le cose che ha scritto: il proprio lavoro parendogli 'paglia', come succede a tutti gli scrittori, anche correttamente spirituali, quando si pongono davanti alle pagine ispirate di questa mistica.
Avrei da fare molte osservazioni sulla sua 'Genesi biblica' ma il tempo è tiranno. Volendo tuttavia fare un passo indietro e prendere in considerazione - per brevità - solo il punto di quest'opera in cui si dice che Adamo non fu creato adulto dal nulla ma nacque 'per via naturale' a seguito della fecondazione con due gameti umani, uno femminile ed uno maschile, gameti creati da Dio dal nulla nell'utero della scimmia3 - segnalo un ulteriore brano di Maria Valtorta nel quale si conferma che sia Adamo che Eva non uscirono dall'utero di nessuno, ma uscirono invece già formati e perfetti dal Pensiero di Dio.
A dirlo è stato lo Spirito Santo in un'altra sua Lezione alla mistica, sempre a commento dell'Epistola di Paolo ai Romani.
Era una lezione del gennaio 1948, quindi precedente rispetto a quella del maggio 1948 che abbiamo in parte ascoltato nella scorsa sessione.
In quella precedente Lezione Egli non sviluppava il tema del Peccato originale ma quello del 'Timore di Dio', spiegando alla mistica in cosa quest'ultimo consista.
Il discorso scivolava però ad un certo punto sul Peccato originale ed in particolare sulla punizione inflitta ad Adamo ed Eva ai quali - diceva lo Spirito Santo, anticipando sinteticamente alcuni concetti che poi sarebbero stati da Lui ripresi con molta maggiore ampiezza nella successiva Lezione del maggio 1948 - tutto era stato dato e dunque tutto doveva essere tolto per castigo.
Dal contesto della Lezione sul 'Timor di Dio' estrapolo questo specifico brano e - se siete d'accordo, visto che è breve - lo leggo ora a voi tutti che siete in ascolto:
Dice l'Autore Ss: 4
[...]
Dio punì duramente Adamo ed Eva, ma nel suo castigo fu subito unita misericordia: la promessa di un Redentore che li avrebbe tolti dalla prigione conseguente alla colpa, essi e i figli loro e quelli venuti dai figli dei figli5.
Ad Adamo ed Eva pieni di innocenza e grazia, dotati di integrità e di scienza proporzionata al loro eccelso stato e al loro ancor più eccelso fine ‑ passare dal Paradiso terrestre a quello celeste e godere in eterno del loro Dio ‑ Dio avrebbe ben potuto dare condanna eterna. Perché essi tutto avevano avuto di quanto serve a santificarsi ed essere perfetti contro ogni tentazione, e l’avevano avuto senza aver fomiti di peccato in essi.
Voi uomini, questi fomiti li avete.
Il Battesimo e i Sacramenti vi cancellano la macchia di origine, vi rendono la Grazia e vi infondono le virtù principali, o vi cancellano i peccati consumati dopo l’uso della ragione, o vi fortificano della forza stessa di Cristo cibandovi di Lui, o vi sostengono con la grazia di stato. Ma il retaggio del Peccato originale resta coi fomiti, e su questa eredità, su questo residuo del contagio ricevuto dal Progenitore, lavora Satana con più facilità di riuscita che non su Adamo ed Eva.
Dato che uno degli assiomi della divina Giustizia è questo: “A chi più ha ricevuto più viene chiesto”6, ad Adamo ed Eva, che avevano tutto ricevuto e non avevano tare ereditarie in loro, ma unicamente la perfezione di essere usciti formati dalle mani di Dio, dal Pensiero di Dio ‑ perché Dio col suo solo pensiero comandò all’argilla di formarsi secondo il suo disegno, e le molecole dell’argilla, materia inerte e sorda, ubbidirono7, perché tutto ubbidisce al comando di Dio, tutto fuorché Satana e l’uomo più o meno ribelle ‑ ad Adamo ed Eva, usciti formati dal Pensiero di Dio e animati dal suo soffio, ad Adamo ed Eva tutto doveva esser chiesto e preteso, e in caso di peccato tutto doveva esser levato e castigo senza fine doveva essere dato.
Essi conoscevano Dio. Conversavano con Lui nel vento della sera8. Egli, oltre essere il loro Autore, era il loro Maestro, ed essi erano le prime “voci” destinate a rivelare ai futuri le verità imparate da Dio. E ciononostante, pur avendo conosciuto la Perfezione, furono curiosi dell’Orrore e ascoltarono l’Orrore non seguendo la Parola di Dio.
Offesero duramente il Padre Creatore, il Figlio Verbo che li istruiva sul Bene e sul Male, sulle cose e animali e piante create, e l’Amore perché, ingrati, dimenticarono, per un lubrico Seduttore che li tentava ad un frutto, a uno solo, tutto quanto la Carità aveva loro dato perché fossero felici9.
Ma Dio non comminò l’Inferno ad essi. Non poteva forse fulminarli, là ai piedi dell’albero della Prova che per essi era divenuto l’albero della Concupiscenza?
Volontariamente essi lo avevano mutato in tale e sarebbe stato giusto che perissero, essi, vera mala pianta nata da perfetto Seme ‑ il Pensiero divino – divenuta maligna perché avvelenata dalla bava infernale. Non poteva Dio ordinare all’Arcangelo di colpirli con la sua spada di fiamma là, alle soglie del Paradiso terrestre, perché la loro spoglia immonda non contaminasse la Terra e da quel limite essi precipitassero nell’Abisso dal quale era uscito colui che essi avevano preferito a Dio?
Poteva. E sarebbe stato nel suo pieno diritto. Ma la Misericordia, ma l’Amore, temperarono la condanna con la promessa della Redenzione e perciò del premio eterno.
[...]
Io sono la 'Rosanna 1' che aveva già parlato nella precedente sessione, e sono la moglie di cui ha parlato il Claudio di poc'anzi. Vorrei aggiungere che nel rimeditare questi brani, oltre alla conferma di Adamo ed Eva 'creati già formati' dal fango10, si evincono a prima vista alcune importanti differenze rispetto alla 'Genesi biblica' di Don Guido Bortoluzzi.
In quest'ultima si sostiene che 'Eva' non ebbe alcuna colpa nel Peccato originale, essendo essa una scimmia ed in quanto tale un animale non responsabile.
Tutta la responsabilità sarebbe stata dunque del solo Adamo il quale aveva circuito, sedotto ed indotto la scimmia a quel rapporto sessuale dal quale sarebbe nato l'ibrido Caino.
Nella Valtorta - quanto ad Eva - emerge invece in primo luogo la sua piena natura di essere umano, di Donna - e non di scimmia - e in secondo luogo la sua responsabilità piena, anzi maggiore, in quanto lei stessa avrebbe sedotto ed indotto Adamo al peccato.
In terzo luogo - sempre nella Valtorta - si conferma che il Perfetto Seme dal quale Adamo ed Eva nacquero non fu affatto un gamete maschile e femminile posti nell'utero di una scimmia - come si sostiene nelle 'visioni' di don Guido Bortoluzzi - ma fu unicamente il Pensiero di Dio, dal quale essi uscirono già formati perché Dio 'col suo solo pensiero comandò all’argilla di formarsi secondo il suo disegno, e le molecole dell’argilla, materia inerte e sorda, ubbidirono'.
In definitiva mi sembra che il problema sia di credere o di non credere che Dio sia capace di dar vita ad una sostanza inerte oppure no, partendo dalle molecole 'base', vale a dire sostanzialmente 'dal nulla'.
Ma se si ammette che ne sia capace, allora non si capisce perché avrebbe dovuto prima creare due gameti (dal nulla come si evince in 'Genesi biblica'), poi sovrintendere alla fecondazione dell'ovulo femminile ed allo sviluppo nell'utero della scimmia di un embrione e quindi di un feto, infine attendere che nascesse il bimbo Adamo e che questi impiegasse ancora anni ed anni per crescere e divenire uomo.
Va bene che si dice che Dio viva fuori dal Tempo ma per un Dio che crea dal nulla non si capisce perché dovesse aspettare tutti quegli anni prima di vedere 'formata' la sua Creatura perfetta alla quale parlare 'nei silenzi della sera'.
I Due Progenitori – per disubbidienza, orgoglio e superbia - persero la Prova ma si salvarono dall'Inferno solo perché essi erano enormemente meno intelligenti del superbo ed astuto Arcangelo seduttore e quindi molto meno colpevoli di lui a causa del raggiro subito.
Richiamo inoltre l'attenzione sul fatto - sempre dall'Opera di Maria Valtorta - che il loro successivo perfetto pentimento avvenne solo dopo l'assassinio di Abele da parte di Caino, fatto questo che diede loro la comprensione della enormità delle conseguenze dovute al loro Peccato.
Questo pur tardivo pentimento fu ciò che - grazie alla Redenzione - permise loro, dopo la dovuta espiazione sia in terra che nell'Aldilà, di poter entrare con Gesù in Paradiso insieme agli altri Patriarchi ed i 'giusti' dell'Antico Testamento.
Non si medita mai abbastanza sulle rivelazioni dell'Opera valtortiana.
Bene, Rosanna, ti ringrazio per queste ulteriori messe a punto.
Potremmo adesso riprendere la Lezione dello Spirito Santo da dove l'avevamo interrotto alla fine della Sessione precedente.
Ricordate, più o meno, cosa aveva detto - fra le tante cose - lo Spirito Santo?
Aveva detto che non vi era stata autogenesi e nemmeno evoluzione, ma una creazione di creature 'già perfette'.
Egli ci aveva fatto riflettere sul fatto che è 'stolto' pensare che Dio avesse creato cose informi attendendo di essere 'glorificato' quando le singole creature, e tutte le creature, avessero raggiunto, con successive evoluzioni, la perfezione della loro natura.
Lo Spirito Santo ci aveva poi posto una domanda retorica: «Può pensarsi un Paradiso le cui legioni di Santi, alleluianti intorno al trono di Dio, siano il prodotto ultimo di una lunga evoluzione di belve?».
L'uomo non è il risultato di una evoluzione, così come il Creato non è il prodotto di un'autogenesi.
Fu dunque creato l'unico uomo e poi la donna, compagna dell'uomo e all'uomo, dai quali doveva discendere tutta l'Umanità.
Nel Diluvio perirono tutti i rami corrotti dell'Umanità: uomini, mostri e ibridi scimmieschi, e ciò per riportare l'Umanità - attraverso la discendenza di Noè - alla natura geneticamente pura del primo uomo: Adamo.
Lo Spirito Santo diceva anche che chi non ammette la creazione dell'uomo per opera di Dio (notare bene: un uomo già formato e perfetto fin dal primo istante), non può capire da cosa esattamente sia costituita la Colpa, né il perché della condanna, né le conseguenze che ne sono derivate.
Ci aveva poi spiegato in cosa fosse consistita la Prova, e quale ne fosse stato il 'mezzo': cioè l'albero e il pomo.
Infine il castigo.
Un castigo non sproporzionato ma giusto perché il Peccato di Adamo ed Eva andava commisurato a quello che era il grado eccelso della loro perfezione grazie ai doni soprannaturali e naturali che essi avevano ricevuto da Dio.
Lo Spirito Santo ci aveva poi fatto riflettere sul fatto che quello stesso Peccato, ove fosse compiuto dall'uomo odierno, sarebbe molto meno grave e Dio non ci condannerebbe con eguale rigore perché terrebbe conto della nostra debolezza dovuta ai fomiti come conseguenza del Peccato originale.
Adamo ed Eva avevano in sé la Grazia santificante e tutti gli altri doni di Dio che avrebbero loro consentito di superare la prova, doni che invece non abbiamo più noi, contaminati per via riproduttiva dalla Macchia d'origine, sovrastati quindi dai 'fomiti', per di più tentati in un mondo non più puro come quello di allora ma oggi dominato dal peccato.
Egli - per confermare i due Progenitori in Grazia - li sottopose dunque ad una Prova, come già aveva fatto in precedenza con Lucifero e gli altri Angeli del Cielo.
Ripeto ancora che la Prova è una vera Legge divina, perché tutti i grandi doni devono essere meritati.
Così come ai primordi della Creazione spirituale gli Angeli furono sottoposti a prova in Cielo, Adamo ed Eva lo furono in terra ed infine tutti i loro discendenti, posti di fronte alle scelte della vita avendo tuttavia come punto certo di riferimento e di aiuto la Legge naturale.
Il punto di confronto del nostro agire è dunque costituito dalla Legge naturale, sintetizzata nei Dieci Comandamenti, Legge che Dio ha scolpito nei nostri cuori perché ogni uomo di qualsiasi latitudine sapesse come comportarsi di fronte a Dio anche senza essere della Religione giusta.
Fu sottoposto a prova lo stesso Gesù che - pur essendo Uomo-Dio - come Uomo la dovette e la volle superare, ottenendoci con ciò la Redenzione e guadagnandosi così la Sua Gloria di Dio-Uomo in Cielo.
Dio non violentò il libero arbitrio dell'uomo. Mentre l'uomo - aveva sottolineato lo Spirito Santo - violentò i diritti di Dio.
Ora possiamo dunque continuare con il seguito della Lezione dello Spirito Santo con la quale avevamo terminato la precedente Sessione (sottolineature e grassetti sono sempre i miei):
Lezione 23ª
21/28‑5‑1948
Ai Romani c. VII v. 14‑25.
(continua)
Dice il Dolce Ospite:
[…]
Se Dio avesse voluto violentare la libera volontà dell’uomo di scegliersi il suo destino, o non gli avrebbe proposto la prova, o gli avrebbe legato le potenze del volere in modo che l’uomo fosse impedito di agire male.
Così pure, se lo avesse voluto premiare nonostante tutto, gli avrebbe o perdonato tutto in anticipo o, per avere base a perdonarlo, gli avrebbe suscitato nel cuore la contrizione perfetta, o quanto meno un’attrizione per i beni che aveva perduto, aiutando, con un suo raggio d’amore, a volgere l’imperfetto dolore di attrizione, per la perdita dei beni presenti in quell’istante e futuri, in perfetto dolore di contrizione per l’offesa fatta a Dio e per la perdita della sua Grazia e Carità.
Ma tutti questi casi sarebbero stati delle ingiustizie verso gli angeli, che furono sottoposti alla prova, che non ebbero legate le potenze del volere, che non furono perdonati in anticipo, e che non ebbero suscitato nel loro essere, e da Dio stesso, alcun moto di contrizione o attrizione, atto a suscitare un perdono divino.
Vero è che gli angeli erano più degli uomini favoriti al non peccare per i doni di grazia e per quelli di natura (spiriti privi di corpo e perciò di sensi) e per essere quindi esenti da pressioni interne di senso e da pressioni esterne (il Serpente), e soprattutto per la conoscenza di Dio; e ciononostante peccarono, senza attenuanti d’ignoranza e di stimolo di senso, per pura malizia e sacrilego volere. Ma non ci fu nulla di quanto detto prima. Né da parte di Dio, né da parte dell’uomo.
Dio rispettò la volontà umana. L’uomo perseverò nel suo stato di rivolta verso il suo divino Benefattore. Superbamente uscì dall’Eden dopo aver mentito ‑ perché ormai il suo congiungimento con la Menzogna era avvenuto ‑ e l’aver addotto povere scuse al suo peccato, mentre che l’essersi fatto cinture di foglie testimoniava che, non perché erano nudi e di apparir tali a Colui che li aveva creati e conservati vestiti solo di grazia e innocenza si vergognavano, ma perché erano colpevoli e avevan paura di comparire davanti a Dio.
Paura, sì. Pentimento, no.
Onde Dio, dopo averli cacciati dall’Eden, “pose due cherubini sulle soglie dello stesso”11, onde i due prevaricatori non vi rientrassero fraudolentemente per fare bottino dei frutti dell’albero della vita, rendendo nulla una parte del giusto castigo e defraudando ancora una volta Dio di un suo diritto: quello di dare e levare la vita dopo averla conservata sana, lieta e longeva coi frutti salutari dell’albero della vita.
Castigo giusto, dunque. Privazione di quanto spontaneamente l’uomo aveva spregiato: la Grazia, l’integrità, l’immortalità, la immunità, la scienza. E perciò la perdita della paterna carità di Dio, del suo aiuto possente; e perciò la debolezza dell’anima ferita, la febbre della carne svegliata, delirante e soverchiante la ragione; e perciò la paura di Dio, la perdita dell’Eden dove senza fatica e dolore era la vita; e perciò la fatica, la morte, la soggezione della donna all’uomo, l’inimicizia tra uomo e uomo, tra i figli di un seno, il delitto, l’abuso, tutti i mali che tormentano l’umanità, la paura di morire e del giudizio, il tormento di aver provocato il dolore, e di trasmetterlo a quelli più amati, in un con la vita.
Conseguenze.
Oltre la condanna immediata e personale e le sue immediate personali conseguenze, il peccato di Adamo e la condanna provocata da esso ha avuto conseguenze che sino alla fine del tempo dureranno, pesando sull’Umanità.
Come capostipite della famiglia umana, Adamo ha trasmesso la sua infermità nei suoi discendenti. Non avviene diverso quando un uomo tarato procrea dei figli.
Con più o meno virulenza, i veleni della malattia sono nella sua prole e nella prole della prole, e se, con medicine adatte, la malattia ereditaria da virulenta e datrice di morte può mutare in forma più benigna, pure mai quei figli, e i figli dei figli, saranno sani come quelli venuti da un sangue sano.
“Per opera di un sol uomo il peccato è entrato nel mondo” è scritto12. Ed è verità.
Questo dolore, prima che da Paolo, è detto dalla Sapienza, dal Verbo docente, dai Salmisti13. Da Dio sempre perciò, perché è sempre Dio che parla per bocca dei suoi ispirati.
Questo dolore empie il mondo, si tramanda da generazione a generazione, né finirà sinché non avrà fine il mondo. Ha empito del suo ululo il luogo dove Adamo con fatica traeva pane dalle zolle sulle quali gocciava il suo sudore. Si è sparso per la Terra, e orizzonti, e gole, e selve, e animali, lo hanno sentito rabbrividendo e se lo sono trasmesso.
E, come luce accecante, ha fatto vedere ad Adamo ed Eva l’immensità del loro peccato, non commesso soltanto verso Dio, ma anche verso la carne e il sangue loro.
Sino a quel momento il verdetto di Dio non aveva ancora frantumato la ribellione dell’uomo, il quale, col facile adattamento dell’animale ‑ ché l’uomo privo di Grazia non è che il più perfetto degli animali ‑ si era presto adattato al suo nuovo destino, non più facile e giocondo come quello primo, ma non privo di gioie umane che compensavano dei dolori umani.
La passione del senso si soddisfaceva nella carne compagna, fusa, non santamente come Dio voleva e come l’uomo innocente e pieno di scienza aveva compreso nell’Eden, a farsi una carne sola; la gioia del creare da soli ‑ oh! Orgoglio persistente! - nuove creature, illudendosi con ciò di essere simili a Dio Creatore; il dominio sugli animali, la soddisfazione dei raccolti e del bastare a se stesso, senza avere a ringraziare nessuno. Gioie sensuali, ma sempre gioie.
Oh! quanta oscurità da fumo d’orgoglio e da caligine di concupiscenze sfrenate perdurò ostinata nei due protervi!
La maternità era ottenuta con dolore, ma la gioia dei figli compensava quel dolore.
Il cibo era ottenuto con fatica, ma il ventre si empiva ugualmente e la gola era soddisfatta, ché la Terra era colma di cose buone.
La malattia e la morte erano lontane, godendo i corpi, creati perfetti, di una salute e virilità che facevano pensare ai due protervi longeva la vita, se non eterna.
E la superbia fermentante suscitava il pensiero derisore: “Dove è dunque il castigo di Dio? Noi siamo felici anche senza di Lui”.
Ma un giorno il verde dei campi, su cui sbocciavano i fiori multicolori creati da Dio, rosseggiò del primo sangue umano versato sulla Terra, e ululò la madre sul corpo del dolce Abele estinto14, e il padre comprese che non era stata minaccia vana quella che prometteva: “Ritornerai nella terra dalla quale fosti tratto, perché sei polvere e polvere ritornerai15, e Adamo morì due volte, per sé e per suo figlio, ché un padre muore la morte dei figli vedendoli spenti, ed Eva partorì, con strazio, dando alla Terra il corpo esanime del suo diletto, e comprese cosa è il partorire in peccato.
Ma ugualmente nella stessa ora, nella quale folgoreggiava – ed era misericordia ancora ‑ il castigo di Dio, morì l’orgoglio e venne partorito il pentimento, la nuova vita per la quale i due Colpevoli iniziarono l’ascesa del sentiero della Giustizia e meritarono, dopo lunga espiazione ed attesa, il perdono divino per i meriti del Cristo.16
E di Maria. Oh! Lasciate che Io qui celebri questa verità dell’Immacolata che fu, che è mia, e che per il nostro congiunto amore ha dato al mondo il Verbo fatto Carne: l’Emmanuele.
Per una infedeltà della donna l’umano genere conobbe il peccato, il dolore, la morte.
Per la fedeltà della Donna l’umano genere ha ottenuto la rigenerazione alla Grazia, e perciò il perdono, la gioia pura, la Vita.
Per la concupiscenza, la morte, tutte le morti.
Per la purezza di una verginità triplice ‑ di corpo, d’intelletto, di spirito ‑ la Vita, la vera Vita, e della carne risorta dei giusti e vivente in eterno, e della mente aperta alla Verità, e dello spirito rinato alla Grazia.
Per il connubio con Satana, l’odio fratricida e deicida.
Per il connubio con Dio, l’amore fraterno e l’amore spirituale che abbracciano Divinità e Umanità, e su ambe si effondono, e per ambe operano, l’Amore Incarnato e l’Amore verginale, ambedue offerti, volontariamente, totalmente, e consumati perché Dio fosse consolato e l’uomo salvato.
La morte di Abele frantumò l’orgoglio di Adamo e fece esperta Eva del più atroce partorire alle Tenebre.
La morte di Cristo frantumò il Peccato e mostrò all’Umanità cosa costi il partorire alla Grazia.
L’ululo di Eva ha corrispondenza nel grido di Maria alla morte del Figlio Ss.
Io dico, a coloro che credono Maria sopra al dolore perché piena di Grazia, che neppure Eva soffrì, nella sua desolazione meritata, ciò che sofferse Maria innocente.
Perché se l’ululo di Eva segnava la nascita del Pentimento, il grido di Maria segnò la nascita dell’èra nuova.
E se in quell’ora segnata dal primo sangue umano, sparso per criminale violenza, per cui la Terra fu maledetta due volte, ebbe inizio l’ascesa verso la Giustizia, nell’ora di nona, segnata dall’ultima stilla del Sangue divino, discese dai Cieli la Redenzione, uscendo come fiume di salute dai due Cuori innocenti e piagati del Figlio e della Madre.
Veramente non solo per i meriti di Gesù, ma anche per quelli di Maria, voi avete la Vita; ed Ella, Madre della Vita, Madre Vergine, pura, innocente, che non conobbe le doglie nel partorire ‑ secondo la legge della carne decaduta ‑ il suo Gesù, ha conosciuto però, e ben conosciuto, le doglie del più doloroso parto, partorendo voi, Umanità peccatrice, alla novella Vita della Grazia.
Per un solo uomo, l’uomo conobbe la morte.
Per l’Uomo solo, l’uomo conosce la Vita.
Per Adamo l’Umanità ha ereditato la Colpa e le sue conseguenze.
Per Gesù, Figlio di Dio e di Maria, l’Umanità eredita nuovamente la Grazia e le sue conseguenze.
La quale Grazia, sebbene non annulli tutte le conseguenze terrene della colpa d’origine ‑ ché il dolore, la morte e gli stimoli restano a darvi pena, paura e battaglia ‑ fortemente vi aiuta a sopportare il dolore presente con la speranza del Cielo, vi aiuta ad affrontare la paura del morire con la conoscenza della Misericordia divina, vi aiuta a reagire e domare gli stimoli o fomiti con gli aiuti soprannaturali per i meriti di Cristo e i Sacramenti da Lui istituiti.
Ho detto: “La Grazia, sebbene non annulli tutte le conseguenze della Colpa...”.
Questo è un punto sul quale molti si ribellano, dicendo: “È giusto questo? Non poteva il Redentore rendere tutta la perfezione?”.
È giusto. Tutto in Dio è giusto.
L’uomo non fu ferito in uno scontro con Dio, per cui Dio dovesse sentirsi in dovere di riparare al danno fatto volontariamente o involontariamente. L’uomo da se stesso si è volontariamente ferito, e consciamente ferito. Or quando un uomo si ferisce in modo talmente grave, nella vita d’ogni giorno, resta o mutilato, o tarato, o segnato almeno da gravi cicatrici; né opera di medico può cancellare del tutto il danno, e soprattutto rifare le parti perdute.
Adamo si è mutilato della Grazia e della vita soprannaturale, dell’innocenza, integrità, immunità, immortalità e scienza. E come capo‑stipite di tutta l’umana famiglia ha trasmesso la sua penosa eredità a tutti i suoi discendenti. Ma l’Umanità, più fortunata dell’uomo singolo, per mezzo di Gesù‑Salvatore‑Redentore, ha ottenuto la guarigione.
Più ancora: la “ricreazione” nella Grazia: vita dell’anima. E per i Sacramenti da Lui istituiti, le virtù che essi infondono, ed i miei doni, ha ottenuto anche i mezzi per sempre più crescere nella perfezione, sino a raggiungere il culmine con la “supercreazione” che è la santità.
Però neppure il Sacrificio dell’Uomo‑Dio, capace e sufficiente a restituirvi i doni perduti ed a rielevarvi all’ordine soprannaturale ‑ ossia alla capacità di amare, conoscere, servire Dio in questa vita, per possederlo in gaudio, in eterno, nell’altra ‑ ha cancellato le cicatrici delle grandi ferite che l’uomo si è inferto volontariamente, e specie quelle della concupiscenza triplice, che è sempre pronta a rifarsi piaga se lo spirito non veglia a tenere soggette le male passioni.
Ho anche detto: “La conoscenza della Misericordia divina”.
Sì. L’eredità della Colpa, come vi ha ottenuto il Redentore, così vi ha ottenuto la conoscenza dell’infinita carità, e sapienza, e potenza divine.
L’uomo, rigenerato figlio di Dio per mezzo di Gesù, conosce ciò che Adamo non conosceva. Conosce a quale immensità giunga l’amore del Padre, che dà il suo Unigenito a cancellare col suo Sangue il decreto di condanna dell’Umanità decaduta nel suo Capostipite.
Adamo, per la scienza infusa, e più per la Grazia che elevandolo all’ordine soprannaturale lo aveva reso capace di conoscere Dio, molto conosceva di quanto Dio lo amasse, perché tutto, intorno ed entro Adamo, aveva voce di amore divino. E Adamo, per l’elezione all’ordine soprannaturale, molto sapeva amare. Sapeva amare in quella giusta misura che Dio aveva giudicata sufficiente durante la vita a preparare l’uomo alla visione e al godimento di Dio dopo il trapasso da Terra a Cielo.
Ma mai, neppure nei trasporti d’amore più grande, l’Adamo innocente poté giungere a salire, col suo desiderio di conoscere e amare, sino al centro della Verità, mai poté inabissarsi in questa fornace ardente dell’Amore che è anche Verità, mai poté possedere la conoscenza totale di quella verità che ha nome Amore Infinito.
L’uomo vivente sulla Terra non può vedere Dio quale è. Neppur l’Uomo‑Adamo, testé creato e ricco di doni. Tutto aveva voce di Dio. Tutto gli parlava di Dio. Tutto lo attirava a Dio. L’uomo era il grandemente amato e ricoperto di doni, per aiutarlo ad amare. Ma tra l’uomo e Dio è sempre un abisso. Sono due abissi che si guardano, e il Maggiore attira il minore, gli sfavilla dinanzi allo spirito, lo investe dei suoi fuochi, lo fa ricco delle sue luci dardeggiate sullo spirito dell’uomo come per una continua infusione di sapienza.
Il Divino Amore ha, per l’uomo, il gesto d’invito di due braccia e di un seno che si aprono e si offrono per l’amplesso che beatifica, e l’amore umano dona ali all’uomo perché possa dimenticare la Terra e lanciarsi verso il Cielo, verso Dio che lo chiama.
Ma una legge di giustizia stabilisce che l’incontro totale, la fusione, si abbia solo dopo la prova che conferma nella grazia.
Per questo, più l’uomo sale nel tentativo e desiderio di raggiungere Dio, e più Dio sfugge, si ritira nel suo abisso senza fine. Né fa ciò per crudeltà, ma per tenere attive le forze e le volontà dell’uomo di raggiungerlo, e così aumentare la capacità umana a ricevere con frutto e farsi colmare dalla Grazia, ossia ancora da Dio stesso. Perché veramente l’uomo è tanto più atto a ricevere e possedere Dio e la sua Grazia Ss., quanto più attivamente, instancabilmente, intensamente, muove verso Dio.
Ho parlato al presente perché tale è la condizione dell’uomo verso l’immensa Divinità, incomprensibile ad ogni intelligenza creata.
Anche i più grandi contemplatori ‑ e metto qui i nomi di Giovanni e Paolo per indicarvi due già redenti da Cristo, ai quali si aperse il Cielo sino al terzo e al settimo grado17, e anche Mosè, Ezechiele, Daniele, che videro, rispettivamente, “il tergo di Dio”18, la “luce lasciata dall’Infinita Luce”, “l’Essere dall’aspetto d’uomo” ma che era “fuoco d’elettro” e “voce che si faceva sentire da sopra il firmamento”19, “l’Antico dei giorni il cui volto era velato dal fiume di fuoco che scorreva rapidamente davanti alla sua faccia”20 lasciando visibili soltanto i capelli e le vesti ‑ non poterono conoscere l’Inconoscibile sinché furono tra i mortali i due primi, nel Cielo dopo la Redenzione gli altri.
Ma tale, particolarmente, era la condizione di Adamo, elevato all’ordine soprannaturale, e perciò dotato, come voi restituiti e fedeli alla Grazia, di un’intelligenza spirituale capace di accostarsi molto alla Verità di Dio, ma non di conoscere il Mistero di Dio.
Solo per Gesù l’uomo ha potuto penetrare più avanti ‑ oh! Molto più avanti! ‑ valicare distanze, alzare veli, accostarsi all’ardore del Focolare Uno e Trino e conoscere l’immensità dell’Amore con una profondità sconosciuta ad Adamo.
Sconosciuta per misura di prudenza. Perché Adamo, ove avesse avuto proposto da Dio il Cristo futuro e avesse avuto da Dio richiesta di adorare il Verbo Incarnato per amore e per opera dell’Amore, non si rifiutasse di adorare il Compendio vero dell’Amore Trino e si rendesse così colpevole dello stesso peccato di Lucifero, divenuto Satana per aver rifiutato adorazione all’Amore fatto carne, pretendendo superbamente di esser capace esso stesso di redimere l’uomo essendo simile a Dio in sostanza, potenza, sapienza, bellezza, anziché simile per partecipazione di natura, offendendo così particolarmente lo Spirito Santo, Datore delle luci, sapienze e verità contenute in Dio. E i peccati contro lo Spirito Santo, dei quali Lucifero e i suoi simili in ribellione si sono resi colpevoli, come molti uomini, non sono perdonati21.
Dio voleva perdonare all’uomo.
Gli propose perciò la prova di ubbidienza. Ma gli risparmiò la prova di adorazione per il Verbo fatto Uomo, onde Adamo non peccasse, in modo non perdonabile, invidiando la potenza del Cristo, presumendo di potersi salvare e di poter salvare senza bisogno del Cristo, negando come impossibile la verità conosciuta che l’Increato potesse farsi “creato” nascendo da donna, che il Purissimo Spirito, che è Dio, potesse farsi uomo assumendo carne umana.
Voi no. Voi redenti dal Cristo, voi venuti dopo l’avvento di Cristo, e soprattutto dopo il sacrificio di Cristo, conoscete tutto l’amore di Dio. Il Cristo questo amore infinito ve lo ha rivelato, con Se stesso, con la sua parola, col suo esempio e le sue azioni.
Mirate il Cristo bambino vagente in una grotta, e non ne avete paura. Anzi quella debolezza umana attira la vostra debolezza spirituale, la quale non si sente sconfortata né spaurita davanti al Dio Infante, al Dio che si è annichilito, Egli, l’Immenso, in piccole membra, Egli, il Potente, in membra bisognose di tutti gli aiuti, tanto esse sono incapaci di provvedere ai bisogni dell’organismo.
Mirate il Cristo fanciullo e non ne avete paura. La sua sapienza è dolce. Con poche parole vi indica la via sicura per giungere alla Casa del Padre: Occuparsi di ciò che vuole Dio, di ciò che va dato a Dio22.
Tutta la Legge è in questa risposta breve e sapiente. Egli vi dice, parlando a quelli che rappresentano l’umanità eletta e cara al Signore: “Non sapete che si deve fare questo, questo solo, questo al disopra di ogni altra occupazione, avere questo amore al disopra di ogni altro amore, per avere posto in Cielo?”
E già tutto il Cristo docente è in queste brevi parole, il Cristo che dice a Marta: “Tu ti occupi di troppe cose, una sola è necessaria”23. Il Cristo che dice al discepolo ancor troppo attaccato alle cose del mondo: “Lascia che i morti seppelliscano i morti”24, e ancora: “Chi, dopo aver messo la mano all’aratro, volge indietro lo sguardo, non è adatto al Regno di Dio”25.
Il Cristo che, amando con perfezione la Madre, non l’antepone alla sua missione, ma chiaramente dice che “è suo sangue chi fa la volontà di Dio”26, ed Egli per primo la fa, perché l’amore verso Dio è sempre, doverosamente, il più grande rispetto ad ogni altro amore, anche a quello per la Madre Ss.
Il Cristo che rimprovera Pietro chiamandolo “Satana”, perché lo tenta a non fare la volontà del Padre suo27. Il Cristo del Sermone del Monte28. Il Cristo che dice l’ultima beatitudine: “Beati quelli che mettono in pratica la parola di Dio”29, ossia ancora la Legge.
Il Cristo che a Nicodemo insegna come l’uomo vecchio, l’erede di Adamo decaduto, possa raggiungere la rigenerazione e vedere il Regno di Dio “rinascendo per acqua”, e quest’acqua di vita Egli, il Cristo, ve la dà, “e per Spirito Santo”30, ossia per amore, e amore è fare la volontà di Dio nell’ubbidienza alla sua Legge per tutti, e ai suoi singoli decreti per ognun di voi.
Il Cristo che insegna la religione che è giudicata vera, meritevole di premio da parte della Divina Giustizia: “Non cerco il mio volere, ma quello di Colui che mi ha mandato31.
Il Cristo che vi dà il Dio che si può amare sensibilmente: “Voi non avete mai sentito la voce di Dio e visto il suo volto sino ad ora. Ma eccomi. Io sono Colui sul quale Dio ha impresso il suo sigillo. Chi vede Me vede Colui che mi ha mandato. Chi mi ascolta, ascolta il Padre, perché Io non ho parlato di mio, ma ho detto quanto il Padre mi ha detto di dire”32. E vi disvela l’amore del Padre che dalla colpa di Adamo trae il mezzo per incuorarvi ad un più grande amore, ad una più esatta conoscenza e più stretta unione: “La Volontà del Padre mio è che voi mi conosciate per ciò che sono: Dio”33.
Il Cristo che proclama: “Io non faccio niente da Me, ma dico e faccio ciò che vuole il Padre mio. Sempre faccio ciò che a Lui piace”34.
Il Cristo, Pastore buono, che confessa la ragione più vera del grande amore del Padre per Lui: “Per questo mi ama il Padre: perché do la vita volontariamente, perché questo è il desiderio del Padre mio, onde voi siate salvati35.
Il Cristo che, alle soglie della Passione, dice: “Il Padre mio mi ha mandato e mi ha prescritto ciò che devo dire a fare. E so che il suo comandamento è vita eterna36.
Il Cristo che, per Se stesso, assolve Pilato dicendogli: “Non avresti su Me alcun potere, se non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo, Colui che mi ha consegnato nelle tue mani è più colpevole di te del mio morire”37.
E Colui che lo consegnava nelle mani dell’autorità, in una divina follia d’amore per l’uomo, è il Padre suo, il Dio infinito davanti al quale il Figlio dice la sua orazione perfetta.
“Non la mia, ma la tua Volontà si compia38. Sia fatta la tua Volontà in Terra come nel Cielo”39; è Dio Padre che permette alle autorità umane di essere tali sinché Egli lo vuole, dopo di che né forza d’armi né alcun’altra forza vale a mantenerle al loro posto di comando.
Oh! Il Cristo ubbidiente dalla nascita alla morte, il Cristo che dice “Sì” al primo vagito, e dice “Sì” con l’estrema parola del Golgota, il Verbo del “Sì” eterno al Padre suo, il Cristo che non fa mai paura, che non sgomenta con la sua legge perché vi dà l’esempio che essa legge è possibile ad eseguirsi da parte dell’uomo poiché Egli ‑ l’Uomo ‑ l’ha vissuta prima ancor di insegnarvela, questo Dio‑Uomo che si consegna alla morte, ai nemici, agli spregi, alla fatica, alla povertà, alla carne ‑ ed ho messo la morte per prima e la carne per ultima, non per errore, ma perché al Salvatore fu più dolce il morire che al Verbo‑Dio il limitarsi in una carne ‑ vi dà, o uomini, la conoscenza di ciò che è Dio‑Amore.
E quel Divinissimo Padre, che immola il suo Dilettissimo, vi dà la misura dell’amore di Dio per voi.
È detto: “Non vi è più grande amore di quello di colui che dà la vita per i suoi amici”40.
Ma è anche da dirsi: “L’amore di un Padre che sacrifica il suo vero unico Figlio per salvare la vita dei suoi figli adottivi, i quali, veri figli prodighi41, hanno volontariamente lasciato la casa paterna e si sono resi infelici, dando dolore al Padre, è un amore ancor più grande”. E di questo amore vi ha amato Iddio. Ha sacrificato il suo Unigenito per salvare l’Umanità colpevole, quell’Umanità che, come non fu grata, ubbidiente, amorosa per Lui all’inizio dei giorni, quando gioiva del molto ricevuto gratuitamente da Dio, così non è grata, ubbidiente, amorosa per Lui ora che da venti secoli ha avuto da Dio non il molto, ma il Tutto, ma l’Immenso, dando Dio Se stesso nella sua Seconda Persona.
Dopo aver meditato tutto questo, è dolce concludere che se grande fu il castigo, che però non fu ingiusto, più grande, infinitamente più grande del castigo è stata la Misericordia. Quella Misericordia che, non paga di restituirvi, a prezzo del suo Dolore, del suo Sangue, della sua Morte di croce, i doni di cui vi aveva defraudato Adamo, vi dà Se stessa nella Ss. Eucarestia, vi dà le acque della Vita di cui è fontana saliente al Cielo, vi dà la sua dolce Legge d’amore, l’esempio suo, la sua Umanità per rendere facile alla vostra umanità di amarlo, la sua Divinità perché le vostre preghiere siano ascoltate, come voce stessa del Figlio amatissimo vivente in voi, dal Padre suo, vi dà lo Spirito Santo con tutti i suoi doni, per i quali le virtù infuse col Battesimo sono potentemente aiutate a svilupparsi ed a perfezionarsi, quei doni che aiutano grandemente il cristiano a vivere la sua vita di cristiano, ossia la vita divinizzata, da figlio di Dio, e che, senza annullare i fomiti, dànno a voi la forza di reprimerli, facendo di essi, che “male” sono, “bene”, ossia eroismo, mezzo di vittoria, corona e veste di gloria.
Come per Paolo, la vita di ognun di voi è lotta interiore fra la carne e lo spirito, fra l’aspirazione al Bene e l’azione non sempre perfettamente buona, lotta in cui Dio vi conforta e aiuta. Per questo, nessuno abbia scandalo se un suo prossimo confessa con la parola e l’azione d’esser come Paolo “carnale e soggetto”. E nessuno si accasci se comprende di esserlo. Ma l’esempio di Paolo guidi e sostenga.»
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Care amiche e cari amici,
ho inteso chiudere questo Dibattito dando letteralmente la 'Parola' allo Spirito Santo, che - essendo Amore - si è profuso in una 'arringa' 'appassionata' che si è sviluppata in un crescendo incalzante che a questo punto è solo da meditare con calma, e anche profondamente.
Dopo una Lezione di questo genere, mi sento di poter anche dire che il nostro Dibattito sulla creazione dell'uomo e sul Peccato originale si può considerare virtualmente terminato.
Rimarrebbe semmai da fare solo una Sintesi sul Peccato originale con riferimento a quanto abbiamo discusso affinché ci rimanga tutto più impresso nella memoria.
Vi è qualcuno che ritiene di poterla fare? Che ci dice la Cabina di regia?
(silenzio)
Non c'è proprio nessuno che abbia il coraggio di farsi avanti per una sintesi complessiva, anche alla buona?
(silenzio)

Pazienza, vuol dire che allora - la 'Sintesi alla buona'- ve la farò io:

1. Dio aveva creato Adamo ed Eva perfetti ed integri nella sfera fisica, in quella morale, in quella spirituale.
2. Essi avevano tutto, erano i ‘re’ della terra, avevano Dio che 'parlava' nel loro spirito istruendoli nei ‘silenzi della sera’, cioè nei momenti di pace spirituale.
3. Erano stati creati per l’immortalità, vale a dire una vita lunghissima e felice sulla terra salvo poi salire al cielo in anima e corpo quando Dio lo avesse ritenuto opportuno.
4. Erano destinati ad avere tanti figli perfetti come loro. Dovevano tuttavia procreare quando Dio lo avesse deciso, senza libidine e in ‘un’estasi di amore’.
5. L'uomo che Dio aveva ‘progettato’ nella sua dimensione finale perché divenisse ‘figlio di Dio’ in Cielo, il vero superuomo, non era già l’Adamo del paradiso terrestre pur perfetto prima della colpa di origine, né a maggior ragione l’uomo attuale, ma l’uomo in Grazia con il corpo glorificato come quello di Maria Ss. dopo l'Assunzione in Cielo.
Un uomo dallo spirito e dal corpo perfetto, bellissimo, un corpo con proprietà libere dalle leggi della nostra fisica - come quello 'glorioso' di Gesù Risorto il quale poteva apparire e scomparire, materializzarsi e smaterializzarsi, spostarsi con la velocità del pensiero - e soprattutto un uomo che avrebbe potuto avere eternamente la visione beatifica di Dio.
6. I due progenitori, se non avessero peccato in disubbidienza e superbia, sarebbero infatti saliti in Paradiso in anima e corpo quando Dio lo avesse ritenuto opportuno, in un trapasso analogo a quello di Maria SS., anch’essa priva di Peccato originale come i Primi Due appena creati, salita in cielo dopo una sorta di dormizione che non era propriamente una morte come la intendiamo noi oggi per l’uomo ormai decaduto.
7. Tutti i grandi doni devono essere meritati: i primi due progenitori furono dunque sottoposti a prova.
8. La legge della prova è una legge creata da Dio, una legge spirituale - come le altre sono invece leggi naturali del creato - per confermare i due progenitori in grazia.
9. La prova consistette in una richiesta di sola ubbidienza, perché l’ubbidienza é amore. Ad Adamo non venne infatti proposto come a Lucifero la richiesta di adorare il futuro Dio incarnato, fatto che lo avrebbe potuto rendere colpevole come Lucifero e quindi non più perdonabile, pretendendo di essere egli stesso capace di redimere l'uomo essendo simile a Dio: peccato contro lo Spirito Santo che non può essere perdonato.
10. I due avevano tutto: bellezza, intelligenza massima per noi inconcepibile, integrità fisica con un metabolismo perfetto, immortalità dell’anima e del corpo e, soprattutto, la Grazia santificante.
11. Essi avevano ricevuto un solo divieto, quello di non cogliere i frutti dell’Albero della conoscenza del Bene e del Male: pianta reale con frutti normali, ma da Dio - nei loro confronti - ‘caricata’ di un significato metaforico di 'prova'.
12. A seconda di come i Due si sarebbero comportati essi avrebbero mostrato il loro vero cuore.
13. Il divieto era dunque un divieto giusto: il Bene l’uomo lo aveva infatti già appreso da Dio ed il Male non era bene conoscerlo perché l’uomo, pur creato umanamente perfetto, non sarebbe stato in grado di dominarlo, dominio che solo Dio é in grado di esercitare.
14. Il rispetto o meno del divieto diveniva dunque prova di amore o disamore verso Dio.
15. I primi due avevano tutti i doni per resistere alla prova: erano uniti alla Grazia di Dio ed avevano lo spirito che era signore dell’Io.
16. Fra i loro doni c’era però anche il libero arbitrio, perché Dio non ci vuole schiavi ma liberi.
17. Satana risvegliò innanzitutto la curiosità ‘intellettuale’ di Eva, cioè quella del suo ‘io’.
18. La curiosità intellettuale è curiosità ‘spirituale’ perché l’intelletto è spirito.
19. Il comando di ‘ubbidienza’ era dunque un comando spirituale: l’unico dato ai Due!
20. Eva disubbidì per curiosità intellettuale, si avvicinò all’albero e su istigazione di Satana colse il frutto della conoscenza del Bene e del Male per essere pari in potenza a Dio: potenza il cui simbolo per eccellenza è quello di poter creare, anzi procreare, generando essa stessa dei figli come liberamente facevano le fiere che a lei erano soggette ed alle quali con Adamo ella dava il nome.
21. Disubbidendo e cogliendo il frutto, Eva tradì l’amore di Dio, e perse la Grazia con tutti i suoi doni di perfezione. Persa la Grazia ed ucciso lo spirito, della donna - originariamente spiritualmente perfetta - rimase solo l’essenza animale: cioè gli istinti ‘animali’.
22. A seguito della disubbidienza – che è disamore e distacco da Dio - entrò in Eva la lussuria spirituale: cioè voler essere come Dio, tradendolo e cercando di usurparne i poteri.
23. Dalla lussuria spirituale le derivò la lussuria morale di voler tutto conoscere: il Bene e il Male.
24. Dalla lussuria morale le derivò quella animale. Eva - relativamente a quel momento di tentazione ed al peccato di potenza creativa e generativa – ne conobbe dunque l’aspetto in maniera ‘animale’: non frutto di amore puro ma di mero sesso.
25. Il peccato originale non consistette dunque nella sessualità ma cominciò con la disubbidienza, che è mancanza d’amore, proseguì col passo successivo nell’orgoglio e nella superbia volendo usurpare il potere di Dio per essere come Dio: lo stesso peccato di Lucifero, si concluse infine con l'atto materiale. La sessualità finale fu infatti solo quel che noi potremmo definire un effetto … 'collaterale'.
26. Facendo dunque una più sintetica 'scaletta' discendente del Peccato originale:
• dapprima Eva ebbe imprudenza e curiosità intellettuale;
• poi disubbidì, si avvicinò alla pianta, prestò fede ad un serpente parlante senza nemmeno chiedersi, e ciò è ancora imprudenza, come mai esso parlasse la sua lingua differentemente da quanto facevano tutti gli altri animali dove ognuno 'parlava' la propria, credette a lui anziché a Dio, colse il frutto volendo essere pari a Dio in potenza creativa e perse conseguentemente la Grazia santificante;
• indusse e sedusse per di più Adamo allo stesso peccato: quindi maggior colpa e maggior punizione;
• i due non si pentirono del peccato: in tal caso Dio li avrebbe perdonati e persino smemorati!
• Adamo – anziché assumersi le proprie responsabilità e pentirsi - dette infatti la colpa non solo ad Eva ma anche a Dio stesso, dicendoGli che era tutta colpa della donna che Egli gli aveva posto accanto;
• Eva, anch’essa, dette la colpa al serpente e non al proprio desiderio di usurpazione e superbia e quindi:
• lussuria spirituale: essere come Dio;
• lussuria morale: voler conoscere Bene e Male;
• lussuria carnale.
27. I progenitori – pur avendo fatto lo stesso peccato di Lucifero – non vennero tuttavia condannati all’inferno perché essi erano di natura molto inferiore all’angelo perfetto e da quello erano stati tentati e ingannati.
28. Dio - che aveva per primo dato loro il comando di riprodursi - voleva che gli uomini lo facessero quando Egli lo avesse ritenuto opportuno e comandato, obbedendo non alla animalità, conseguenza del Peccato originale, ma ad una riproduzione santa senza libidine per generare futuri ‘figli di Dio’.
29. Che una fecondazione senza libidine fosse possibile lo vediamo dalle leggi fissate da Dio per il mondo vegetale dove - ad esempio - l'impollinamento/fecondazione è portato dal vento e dagli insetti pronubi, ma lo vediamo anche negli stessi animali che fanno sesso non per libidine fine a se stessa ma a fini riproduttivi e solo nei tempi od epoche stagionali stabilite dagli istinti naturali di cui Dio li ha provvisti creandoli e che essi rispettano.
30. Satana - ecco la sua vendetta - era dunque riuscito a stravolgere il concetto di 'amore spirituale’, voluto da Dio per gli uomini, con quello 'materiale', cosiddetto animale, ma che 'animale' non è.
31. La Colpa originale, sconvolgendo l’armonia tra la carne e lo spirito, ormai assoggettato all’Io - e provocando egoismo, aggressività ed odio - ha dato origine al dolore, non voluto da Dio ma generato dall’uomo stesso, ponendo per l’uomo la necessità della penitenza per salvarsi. La Terra è ora diventata, infatti, 'Tempio di espiazione'. La sofferenza che l'uomo si procura da sé o che gli deriva dalle circostanze casuali della vita – se rassegnatamente accettata e possibilmente ‘offerta’ - diviene però ragione di salvezza per sé e per gli altri nell'ambito della 'Comunione dei santi'.
32. Gesù – Figlio di Dio incarnato - è venuto a santificare il dolore e a confermare la Legge di Dio nei cuori.
Dalle due necessità dell’amore e del dolore scaturisce la scienza mistica del saper amare e del saper soffrire.
Ma, anche quando l’uomo non sa amare e non sa soffrire, almeno non maledica Dio per il dolore che egli stesso ha generato, e chiami in soccorso il Signore, che subito accorrerà per trarlo fuori dal male ed introdurlo alla Vita.
Bene, ora ho davvero finito, ma prima di chiudere, ci sarebbe ancora l'opportunità di un ultimo intervento. C'è qualcuno?

Mi chiamo Paolo42 e sono 'toscano' anch'io. Ho ascoltato dallo Spirito Santo valtortiano una spiegazione che non avevo mai sentito da nessuno sulla esatta natura della Prova proposta a Lucifero prima che fosse precipitato giù dai Cieli.
Una Prova di adorazione verso il futuro Verbo divino incarnato in un Uomo, Verbo Incarnato che Lucifero - avendoglielo Dio fatto antevedere nel futuro - rifiutò di adorare pretendendo per di più di essere capace di redimere egli stesso l'uomo ritenendosi simile a Dio in tutto e per tutto, commettendo in tal modo un peccato contro lo Spirito Santo, peccato che come noto non è perdonato.
Inoltre ho saputo della Misericordia mostrata nei confronti dell'uomo, lasciandogli la prova di Ubbidienza ma risparmiandogli quella - non perdonabile se fallita - della Adorazione del Verbo incarnato, uomo come lui, del quale Adamo avrebbe però potuto invidiare la potenza presumendo di potersi salvare e di poter salvare gli altri senza bisogno di Gesù Cristo.
Da questo deduco come fu pure Misericordia di Dio l'aver permesso ad Adamo ed Eva di peccare e cadere: la caduta sarebbe stata salutare perché la consapevolezza della loro 'miseria' dovuta al Peccato li avrebbe resi umili ponendoli nella condizione - nel loro libero arbitrio - di poter remare 'controcorrente', rispetto ai propri fomiti, per guadagnarsi con merito il Paradiso.
Dio voleva un 'popolo di figli' che gli dimostrassero - grazie a questo loro 'combattimento' contro la propria natura degenerata - di volere essere suoi figli e quindi come tali meritare il Paradiso eterno.
Con il libero arbitrio Dio li aveva lasciati cadere ma con lo stesso libero arbitrio Dio li avrebbe salvati..., se avessero voluto essere di 'buona volontà'.
Grande..., grande questo nostro Dio Onnipotente.
Grande..., grande anche la nostra Colpa d'origine, non solo 'Felix Culpa' per averci meritato il Cristo Redentore, ma anche per averci permesso di guadagnare con un certo merito il Paradiso.
Ottima conclusione, caro Paolo, amico mio. So che questo inverno sei stato vari mesi in vacanza alle Canarie con tua moglie Serena ma vedo che nonostante gli 'ozi' e le esigenze di 'abbronzatura' non hai snobbato il nostro Dibattito. Credo che - a proposito di 'Felix Culpa' - Sant'Agostino, da lassù, abbia apprezzato questa tua conclusione.
Ecco però ancora una richiesta di intervento che la 'Cabina di Regia' mi passa ...
Sono Orsa nana, mio 'nick-name' che è l'anagramma di 'Rosa Anna' 43, una 'Rosanna 2' differente dalla 'Rosanna 1' che è la moglie di Claudio, già ascoltata nella precedente sessione. Insomma sono tua moglie, lo dico per gli altri, visto che tu sembri far finta di non conoscermi.
Una volta o l'altra mi dovrai però spiegare perché mi chiami 'numero 2'!!!
Dopo aver letto e controllato le 'bozze' di tutti i tuoi libri precedenti - e guai se non ci fossi stata io a 'correggere' - una domanda da farti ce l'avrei: con tutti i 'valtortiani' e i 'non valtortiani' che si sono via-via collegati con te, non ho sentito nemmeno una parola da parte della famosa 'Giovanna dell'Antefatto' che ti aveva intrattenuto con quella lunga telefonata notturna. Mi aveva fatto perdere il sonno, spingendoti per di più ad organizzare questo Dibattito.
Ha forse lanciato il sasso e nascosto la mano? Che fine ha fatto?
Giovanna? 44
Che fine ha fatto? Ma è in 'Cabina di regìa', no?
FINE

1 Maria Valtorta: 'Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani' - 21/28.5.1948 - Centro Editoriale Valtortiano.
2 Claudio: http://www.ilcatecumeno.net/claudio_e_rosanna.zip (accendi le casse acustiche e clicca sullo schermo per proseguire)
3 don Guido Bortoluzzi: 'Genesi biblica' - Par. 95.
4 Maria Valtorta: 'Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani' - 22.1.1948 - Ai Romani, cap. III dal v.1 al v.20, pag. 68/69 - Centro Editoriale Valtortiano.
5 Genesi 3, 14‑15: 14Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. 15Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».
16Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà».
17All'uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato: «Non devi mangiarne», maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. 18Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba dei campi. 19Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!».
6 Luca 12, 47‑48: 47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.
7 Genesi 1, 26‑31: 26Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 27E Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. 28Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».
29Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. 30A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. 31Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.
8 Genesi 3, 8: 8Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l'uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino.
9 Genesi 3, 1‑13: 1Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: «Non dovete mangiare di alcun albero del giardino»?». 2Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, 3ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: «Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete»». 4Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! 5Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». 6Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. 7Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
8Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l'uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?». 10Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». 11Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». 12Rispose l'uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato». 13Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
10 N.d.R.: 'Creati già formati dal fango': Gn 3, 19: 19Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!». Devo precisare che autorevoli commentatori intendono la creazione 'dal fango' (o dalla terra: 'polvere tu sei e in polvere ritornerai'...), non già come creazione 'materiale' di un 'pupazzo' composto da viso, naso, occhi, orecchie, cuore e tutto il resto, pupazzo al quale Dio avrebbe poi insufflato il 'soffio della vita', l'anima, ma la interpretano come creazione dal nulla di una 'forma ideale' d'uomo pensata nella mente di Dio, forma creata dal nulla ma che Egli volle costituita materialmente dagli elementi naturali contenuti nella terra inclusa l'acqua, cioè il 'fango'. Ed in effetti l'uomo, il mondo animale in genere e persino quello vegetale sono composti per la maggior parte da acqua e poi da elementi minerali presenti nella terra, come calcio, e varie altre sostanze minerali ancora. Dio creò dunque dal nulla, con un semplice atto del suo pensiero e della sua volontà anche tutte le specie di vegetazione, magari partendo dal seme, e le varie specie animali, partendo da una prima coppia, maschio e femmina. Non si può negare a Dio la capacità di creare dal nulla, come dal nulla è stato creato l'universo traendolo dagli elementi primordiali del caos iniziale, elementi dai quali la 'materia' conosciuta è risultata poi composta.
11 Genesi 3, 21-24: 21Il Signore Dio fece all'uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì. 22Poi il Signore Dio disse: «Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre!». 23Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. 24Scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all'albero della vita.
12 Romani 5, 12.
13 Per la Sapienza: Sapienza 2, 24; per il Verbo docente: Ebrei 1, 1‑3; per i Salmisti: Salmo 6; 38 (volgata: 37); 51 (volgata: 50); 88 (volgata: 87).
14 Gn 4, 1-16:1Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore». 2Poi partorì ancora Abele, suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo.
3Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore, 4mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, 5ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. 6Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? 7Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai». 8Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. 9Allora il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». 10Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! 11Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. 12Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». 13Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. 14Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà». 15Ma il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse. 16Caino si allontanò dal Signore e abitò nella regione di Nod, a oriente di Eden.
15 Gn 3, 19: 19Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!». Vedi a questo riguardo la precedente nota del Relatore concernente la interpretazione sulla 'formazione dal fango' dell'uomo.
16 N.d.R.: Da queste parole:( '... Ma ugualmente nella stessa ora, nella quale folgoreggiava – ed era misericordia ancora ‑ il castigo di Dio, morì l’orgoglio e venne partorito il pentimento, la nuova vita per la quale i due Colpevoli iniziarono l’ascesa del sentiero della Giustizia e meritarono, dopo lunga espiazione ed attesa, il perdono divino per i meriti del Cristo...'), si evince il fatto che Adamo si salvò, contrariamente a quanto si sostiene nella 'Genesi biblica' di don Guido Bortoluzzi. Salvezza che si desume anche dal seguente brano valtortiano ('L'Evangelo come mi è stato rivelato', Cap. 390.7 - C.E.V.) in cui Gesù - parlando dell'importanza dell'aver 'fede' al vecchio sinagogo Abramo della cittadina di Engaddi - ad un certo punto dice parlando a lui ed altri concittadini:
«…Ora udite. Cosa è la fede? Pari ad un duro seme di palma è talora minuscola, formata di una breve frase: "Dio c'è", nutrita di una sola asserzione: "Io l'ho visto"…. Così come fu quella del nostro popolo, dai più lontani patriarchi, trasmessa l'un l'altro, da Adamo ai posteri, da Adamo, peccatore, ma che fu creduto quando disse: "Dio c'è, e noi ci siamo perché Egli ci ha creati. Ed io l'ho conosciuto".
Così come fu quella, sempre più perfetta perché sempre più rivelata, che venne in seguito, e ci è retaggio, fulgente di manifestazioni divine, di apparizioni angeliche, di luci dello Spirito. Sempre semi minuscoli rispetto all'Infinito. Minuscoli semi.
Ma gettando radici, fendendo la scorza dura della animalità coi suoi dubbi e le sue tendenze, trionfando sulle erbe nocive delle passioni, dei peccati, sulle muffe degli avvilimenti, sui tarli dei vizi, su tutto, si alza nei cuori, cresce, si slancia al sole, al cielo, sale, sale... finché si libera dalla restrizione della carne e si fonde a Dio, nella sua conoscenza perfetta, nel completo possesso, oltre la vita e la morte, nella vera Vita. Chi possiede la fede possiede la via della Vita. Chi sa credere non erra. Vede, riconosce, serve il Signore ed ha salvezza eterna. Per lui è vitale il Decalogo, e ogni ordine di esso è una gemma di cui si orna la sua futura corona…».
Questo testo conferma dunque chiaramente che non solo Adamo si salvò, ma fu lui a diffondere la fede in Dio!
ADAMO SI È SALVATO, eccome, e non è stato condannato all'inferno come dice la Genesi di don Bortoluzzi!
D'altronde Adamo ed Eva (Piero Bargellini, 'Mille Santi del giorno', Ed Vallecchi) sono ufficialmente considerati santi non in quanto 'canonizzati' dalla Chiesa ma in quanto salvati dalla Redenzione, che è universale, e quindi non comporta eccezioni. Di solito si mette in evidenza la loro Colpa, ma si dimentica che la loro fu una 'felix culpa', la felice colpa, con la quale si è attuato il piano stabilito da Dio fin dall'eternità: riscattare l'uomo con l'amore del Figlio divino.
17 Per Giovanni: Apocalisse 12, 1; per Paolo: 2 Corinti 12, 2.
18 Esodo 33, 18‑23.
19 Ezechiele 1, 25‑28.
20 Daniele 7, 9‑10.
21 Matteo 12, 30‑32; Marco 3, 28‑30; Luca 12, 8‑12; Ebrei 6, 1‑8; 10, 26‑31; 1 Giovanni 5, 14‑17.
22 Luca 2, 41‑52: 41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. 51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
23 Luca 10, 38‑42.
24 Matteo 8, 21‑22; Luca 9, 59‑60.
25 Luca 9, 61‑62.
26 Matteo 12, 46‑50; Marco 3, 31‑35; Luca 8, 19‑21.
27 Matteo 16, 21‑23; Marco 8, 31‑33.
28 Matteo 5, 7; Luca 6, 20‑49.
29 Luca 11, 27‑28.
30 Giovanni 3, 1‑8: 1 Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. 2Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». 3Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio». 4Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». 5Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. 6Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. 7Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto. 8Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».
31 Giovanni 5, 30; 6, 38‑40.
32 Giovanni 14, 9‑10.
33 Giovanni 8, 9.
34 Giovanni 8, 29.
35 Giovanni 10, 17.
36 Giovanni 17, 3.
37 Giovanni 19, 11.
38 Luca 22, 42.
39 Matteo 6, 10.
40 Giovanni 15, 13.
41 Luca 15, 11‑32.

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