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GENESI BIBLICA E PECCATO ORIGINALE
(Audio-conferenza - Dibattito virtuale)  

SECONDA SESSIONE

«Non ci fu autogenesi, e non ci fu evoluzione, ma ci fu la Creazione voluta dal Creatore... Può pensarsi un Paradiso le cui legioni di Santi, alleluianti intorno al trono di Dio, siano il prodotto ultimo di una lunga evoluzione di belve?... L’uomo attuale non è il risultato di un’evoluzione ascendentale, ma il doloroso risultato di una evoluzione discendentale, in quanto la colpa di Adamo ha per sempre leso la perfezione fisico‑morale‑spirituale dell’uomo originale».1
Nella precedente sessione mi ero preoccupato soprattutto di mettere in chiaro come l’Opera di Maria Valtorta (e più in particolare quel Dettato di Gesù alla mistica2 in cui Egli, commentando il Cap. VI della Genesi, parlava di quelli che la Valtorta aveva definito 'uomini-scimmia' discendenti da Caino, ma non da Adamo) nulla avesse a che fare con l’interpretazione ... 'estensiva' che si poteva in qualche modo dedurre leggendo alcune considerazioni nella ‘Genesi biblica’ di don Guido Bortoluzzi.
Vorrei oggi approfondire questo argomento, ma solo dopo che la 'Cabina di regia' ci avrà aperto in successione il microfono a quattro telefonate già in linea che pregherei tuttavia di farci ascoltare in 'viva voce'.
Mi chiamo 'Rosanna 1' 3 e - lo dico per gli altri che ascoltano, perché tu lo sai fin troppo bene - sono la moglie del tuo amico Claudio, Webmaster del tuo sito internet.
Per gli ascoltatori dico che vivo nelle valli del Bergamasco. Sto seguendo con molto interesse questo dibattito anche perché avevo già letto in precedenza sul Web la 'Genesi biblica' di don Guido Bortoluzzi.
Avevo subito compreso come non ci fosse alcuna reale convergenza con l'Opera valtortiana - ad eccezion fatta dell'ibridismo dei discendenti di Caino (e non certo di Adamo, come sostiene invece don Bortoluzzi) - ma poi non avevo lucidamente analizzato oltre i singoli aspetti come ho potuto fare ora con calma seguendovi nei vostri commenti.
Proprio con riferimento agli 'altri' brani valtortiani - che secondo quanto affermato in 'Genesi biblica' confermerebbero le tesi della stessa - ve ne segnalo e leggo ora tre, brevi, che invece smentiscono completamente queste tesi.
Essi riguardano proprio il ruolo centrale svolto da Eva, compagna di Adamo, che in realtà appare creata già donna 'adulta' e quindi tutt'altro che una 'bambina', poi cresciuta per diventare con gli anni sposa di Adamo, come si sostiene invece nella 'Genesi' di Don Guido Bortoluzzi.
Il primo brano è di Gesù, il secondo - subito a seguire - è di Maria SS. ed il terzo è ancora di Gesù:
17. La disubbidienza di Eva e l'ubbidienza di Maria.
5 marzo 1944.
Dice Gesù: 4
« [...]
Non si legge nella Genesi che Dio fece l'uomo dominatore su tutto quanto era sulla terra, ossia su tutto meno che su Dio e i suoi angelici ministri?
Non si legge che fece la donna perché fosse compagna all'uomo nella gioia e nella dominazione su tutti i viventi?
Non si legge che di tutto potevano mangiare fuorché dell'albero della scienza del Bene e del Male?
Perché? Quale sottosenso è nella parola "perché domini"?
Quale in quello dell'albero della scienza del Bene e del Male?
Ve lo siete mai chiesto, voi che vi chiedete tante cose inutili e non sapete chiedere mai alla vostra anima le celesti verità?
La vostra anima, se fosse viva, ve le direbbe, essa che quando è in grazia è tenuta come un fiore fra le mani dell'angelo vostro, essa che quando è in grazia è come un fiore baciato dal sole e irrorato dalla rugiada per lo Spirito Santo che la scalda e illumina, che la irriga e la decora di celesti luci. Quante verità vi direbbe la vostra anima se sapeste conversare con essa, se l'amaste come quella che mette in voi la somiglianza con Dio, che è Spirito come spirito è la vostra anima.
Quale grande amica avreste se amaste la vostra anima in luogo di odiarla sino ad ucciderla; quale grande, sublime amica con la quale parlare di cose di Cielo, voi che siete così avidi di parlare e vi rovinate l'un l'altro con amicizie che, se non sono indegne (qualche volta lo sono) sono però quasi sempre inutili e vi si mutano in frastuono vano o nocivo di parole, e parole tutte di terra.
Non ho Io detto: "Chi mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio l'amerà, e verremo presso di lui e faremo in lui dimora"?5
L'anima in grazia possiede l'amore e, possedendo l'amore, possiede Dio, ossia il Padre che la conserva, il Figlio che l'ammaestra, lo Spirito che la illumina. Possiede quindi la Conoscenza, la Scienza, la Sapienza. Possiede la Luce. Pensate perciò quali conversazioni sublimi potrebbe intrecciare con voi la vostra anima. Sono quelle che hanno empito i silenzi delle carceri, i silenzi delle celle, i silenzi degli eremitaggi, i silenzi delle camere degli infermi santi. Sono quelle che hanno confortato i carcerati in attesa di martirio, i claustrati alla ricerca della Verità, i romiti anelanti alla conoscenza anticipata di Dio, gli infermi alla sopportazione, ma che dico?, all'amore della loro croce.
Se sapeste interrogare la vostra anima, essa vi direbbe che il significato vero, esatto, vasto quanto il creato, di quella parola "domini" è questo: "Perché l'uomo domini su tutto. Su tutti i suoi tre strati. Lo strato inferiore, animale. Lo strato in mezzo, morale. Lo strato superiore, spirituale. E tutti e tre li volga ad un unico fine: possedere Dio". Possederlo meritandolo con questo ferreo dominio, che tiene soggette tutte le forze dell'io e le fa ancelle di questo unico scopo: meritare di possedere Dio.
Vi direbbe che Dio aveva proibito la conoscenza del Bene e del Male, perché il Bene lo aveva elargito alle sue creature gratuitamente, e il Male non voleva che lo conosceste, perché è frutto dolce al palato ma che, sceso col suo succo nel sangue, ne desta una febbre che uccide e produce arsione, per cui più si beve di quel suo succo mendace e più se ne ha sete.
Voi obbietterete: "E perché ce l'ha messo?".
E perché! Perché il Male è una forza che è nata da sola, come certi mali mostruosi nel corpo più sano.
Lucifero era angelo, il più bello degli angeli. Spirito perfetto, inferiore a Dio soltanto.
Eppure nel suo essere luminoso nacque un vapore di superbia che esso non disperse.
Ma anzi condensò covandolo. E da questa incubazione è nato il Male. Esso era prima che l'uomo fosse. Dio l'aveva precipitato fuor dal Paradiso, l'Incubatore maledetto del Male, questo insozzatore del Paradiso. Ma esso è rimasto l'eterno Incubatore del Male e, non potendo più insozzare il Paradiso, ha insozzato la Terra.
Quella metaforica pianta sta a dimostrare questa verità. Dio aveva detto all'uomo e alla donna: "Conoscete tutte le leggi ed i misteri del creato. Ma non vogliate usurparmi il diritto di essere il Creatore dell'uomo. A propagare la stirpe umana basterà il mio amore che circolerà in voi, e senza libidine di senso ma per solo palpito di carità susciterà i nuovi Adami della stirpe. Tutto vi dono. Solo mi serbo questo mistero della formazione dell'uomo".
Satana ha voluto levare questa verginità intellettuale all'uomo, e con la sua lingua serpentina ha blandito e accarezzato membra e occhi di Eva, suscitandone riflessi e acutezze che prima non avevano, perché la Malizia non li aveva intossicati.
Essa "vide". E vedendo volle provare. La carne era destata. Oh! se avesse chiamato Dio! Se fosse corsa a dirgli: "Padre! Io son malata. Il Serpente mi ha accarezzata e il turbamento è in me". Il Padre l'avrebbe purificata e guarita col suo alito, che, come le aveva infuso la vita, poteva infonderle nuovamente innocenza, smemorandola del tossico serpentino ed anzi mettendo in lei la ripugnanza per il Serpente, come è in quelli che un male ha assalito e che, guariti di quel male, ne portano una istintiva ripugnanza.
Ma Eva non va al Padre. Eva torna dal Serpente. Quella sensazione è dolce per lei. "Vedendo che il frutto dell'albero era buono a mangiarsi e bello all'occhio e gradevole all'aspetto, lo colse e ne mangiò". (Gen. 3, 6)
E "comprese".
Ormai la malizia era scesa a morderle le viscere. Vide con occhi nuovi e udì con orecchi nuovi gli usi e le voci dei bruti. E li bramò con folle bramosia.
Iniziò sola il peccato. Lo portò a termine col compagno. Ecco perché sulla donna pesa condanna maggiore.
È per lei che l'uomo è divenuto ribelle a Dio e che ha conosciuto lussuria e morte.
È per lei che non ha più saputo dominare i suoi tre regni: dello spirito, perché ha permesso che lo spirito disubbidisse a Dio; del morale, perché ha permesso che le passioni lo signoreggiassero; della carne, perché l'avvilì alle leggi istintive dei bruti.
"Il Serpente mi ha sedotta" dice Eva. "La donna m'ha offerto il frutto ed io ne ho mangiato" dice Adamo" (Gen. 3, 12-13). E la cupidigia triplice abbranca da allora i tre regni dell'uomo.
Non c'è che la Grazia che riesca ad allentare la stretta di questo mostro spietato. E, se è viva, vivissima, mantenuta sempre più viva dalla volontà del figlio fedele, giunge a strozzare il mostro ed a non aver più a temere di nulla. Non dei tiranni interni, ossia della carne e delle passioni; non dei tiranni esterni, ossia del mondo e dei potenti del mondo. Non delle persecuzioni. Non della morte. È come dice l'apostolo Paolo (Atti 20, 24): "Nessuna di queste cose io temo, né tengo alla mia vita più di me, purché io compia la mia missione ed il ministero ricevuto dal Signore Gesù per rendere testimonianza al Vangelo della Grazia di Dio".
[...]
[8 marzo 1944.]
Dice Maria:6
«Nella gioia, poiché quando ho compreso la missione a cui Dio mi chiamava fui ripiena di gioia, il mio cuore si aprì come un giglio serrato e se ne effuse quel sangue che fu zolla al Germe del Signore.
Gioia di esser madre.
M'ero consacrata a Dio dalla prima età, perché la luce dell'Altissimo m'aveva illuminato la causa del male del mondo ed avevo voluto, per quanto era in mio potere, cancellare da me la traccia di Satana.
Io non sapevo di esser senza macchia. Non potevo pensare d'esserlo. Il solo pensarlo sarebbe stata presunzione e superbia, perché, nata da umani genitori, non m'era lecito pensare che proprio io ero l'Eletta ad esser la Senza Macchia.
Lo Spirito di Dio mi aveva istruita sul dolore del Padre davanti alla corruzione di Eva, che aveva voluto avvilire sé, creatura di grazia, ad un livello di creatura inferiore. Era in me l'intenzione di addolcire quel dolore riportando la mia carne alla purezza angelica col serbarmi inviolata da pensieri, desideri e contatti umani.
Solo per Lui il mio palpito d'amore, solo a Lui il mio essere. Ma, se non era in me arsione di carne, era però ancora il sacrificio di non esser madre.
La maternità, priva di quanto ora la avvilisce, era stata concessa dal Padre creatore anche ad Eva. Dolce e pura maternità senza pesantezza di senso! Io l'ho provata! Di quanto s'è spogliata Eva rinunciando a questa ricchezza! Più che dell'immortalità. E non vi paia esagerazione.
Il mio Gesù, e con Lui io, sua Madre, abbiamo conosciuto il languore della morte. Io il dolce languore di chi stanco si addormenta, Egli l'atroce languore di chi muore per la sua condanna. Dunque anche a noi è venuta la morte. Ma la maternità, senza violazioni di sorta, è venuta a me sola, Eva nuova, perché io potessi dire al mondo di qual dolcezza fosse la sorte della donna chiamata ad esser madre senza dolore di carne. E il desiderio di questa pura maternità poteva essere ed era anche nella vergine tutta di Dio, poiché essa è la gloria della donna.
Se voi pensate, poi, in quale onore era tenuta la donna madre presso gli israeliti, ancor più potete pensare quale sacrificio avevo compiuto consacrandomi a questa privazione.
Ora alla sua serva l'eterno Buono dava questo dono senza levarmi il candore di cui m'ero vestita per esser fiore sul suo trono. Ed io ne giubilavo con la duplice gioia d'esser madre di un uomo e d'esser Madre di Dio.
Gioia d'esser Quella per cui la pace si rinsaldava fra Cielo e Terra.
Oh! aver desiderato questa pace per amore di Dio e di prossimo, e sapere che per mezzo di me, povera ancella del Potente, essa veniva al mondo! Dire: "Oh! uomini, non piangete più. Io porto in me il segreto che vi farà felici. Non ve lo posso dire, perché è sigillato in me, nel mio cuore, come è chiuso il Figlio nel seno inviolato. Ma già ve lo porto fra voi, ma ogni ora che passa è più prossimo il momento in cui lo vedrete e ne conoscerete il Nome santo".
Gioia d'aver fatto felice Iddio: gioia di credente per il suo Dio fatto felice.
Oh! l'aver levato dal cuore di Dio l'amarezza della disubbidienza d'Eva! Della superbia d'Eva! Della sua incredulità!
Il mio Gesù ha spiegato di qual colpa si macchiò la Coppia prima. Io ho annullato quella colpa rifacendo a ritroso, per ascendere, le tappe della sua discesa.
Il principio della colpa fu nella disubbidienza.
"Non mangiate e non toccate di quell'albero" aveva detto Iddio (Gen. 2, 17).
E l'uomo e la donna, i re del creato, che potevano di tutto toccare e mangiare fuor che di quello, perché Dio voleva non renderli che inferiori agli angeli, non tennero conto di quel divieto.
La pianta: il mezzo per provare l'ubbidienza dei figli.
Che è l'ubbidienza al comando di Dio? È bene, perché Dio non comanda che il bene.
Che è la disubbidienza? È male, perché mette l'animo nelle disposizioni di ribellione su cui Satana può operare.
Eva va alla pianta da cui sarebbe venuto il suo bene con lo sfuggirla o il suo male coll'avvicinarla. Vi va trascinata dalla curiosità bambina di vedere che avesse in sé di speciale, dall'imprudenza che le fa parere inutile il comando di Dio, dato che lei è forte e pura, regina dell'Eden, in cui tutto le ubbidisce e in cui nulla potrà farle del male. La sua presunzione la rovina. La presunzione è già lievito di superbia.
Alla pianta trova il Seduttore il quale, alla sua inesperienza, alla sua vergine tanto bella inesperienza, alla sua maltutelata da lei inesperienza, canta la canzone della menzogna.
"Tu credi che qui sia del male? No. Dio te l'ha detto, perché vi vuol tenere schiavi del suo potere. Credete d'esser re? Non siete neppur liberi come lo è la fiera. Ad essa è concesso di amarsi di amor vero. Non a voi. Ad essa è concesso d'esser creatrice come Dio. Essa genererà figli e vedrà crescere a suo piacere la famiglia. Non voi. A voi negata è questa gioia. A che pro dunque farvi uomo e donna se dovete vivere in tal maniera? Siate dèi.
Non sapete quale gioia è l'esser due in una carne sola, che ne crea una terza e molte più terze? Non credete alle promesse di Dio di avere gioia di posterità vedendo i figli crearsi nuove famiglie, lasciando per esse e padre e madre. Vi ha dato una larva di vita: la vita vera è di conoscere le leggi della vita. Allora sarete simili a dèi e potrete dire a Dio: 'Siamo tuoi uguali'."
E la seduzione è continuata, perché non vi fu volontà di spezzarla, ma anzi volontà di continuarla e di conoscere ciò che non era dell'uomo.
Ecco che l'albero proibito diviene, alla razza, realmente mortale, perché dalle sue rame pende il frutto dell'amaro sapere che viene da Satana. E la donna diviene femmina e, col lievito della conoscenza satanica in cuore, va a corrompere Adamo.
Avvilita così la carne, corrotto il morale, degradato lo spirito, conobbero il dolore e la morte dello spirito privato della Grazia, e della carne privata dell'immortalità. E la ferita di Eva generò la sofferenza, che non si placherà finché non sarà estinta l'ultima coppia sulla terra.
Io ho percorso a ritroso la via dei due peccatori. Ho ubbidito. In tutti i modi ho ubbidito.
Dio m'aveva chiesto d'esser vergine. Ho ubbidito.
Amata la verginità, che mi faceva pura come la prima delle donne prima di conoscere Satana, Dio mi chiese d'esser sposa. Ho ubbidito, riportando il matrimonio a quel grado di purezza che era nel pensiero di Dio quando aveva creato i due Primi.
Convinta d'esser destinata alla solitudine nel matrimonio e allo sprezzo del prossimo per la mia sterilità santa, ora Dio mi chiedeva d'esser Madre. Ho ubbidito. Ho creduto che ciò fosse possibile e che quella parola venisse da Dio, perché la pace si diffondeva in me nell'udirla.
Non ho pensato: "Me lo sono meritato". Non mi son detta: "Ora il mondo mi ammirerà, perché sono simile a Dio creando la carne di Dio". No. Mi sono annichilita nella umiltà. La gioia m'è sgorgata dal cuore come uno stelo di rosa fiorita. Ma si ornò subito di acute spine e fu stretta nel viluppo del dolore, come quei rami che sono avvolti dai vilucchi dei convolvoli.
Il dolore del dolore dello sposo: ecco la strettoia nel mio gioire. Il dolore del dolore del mio Figlio: ecco le spine del mio gioire.
Eva volle il godimento, il trionfo, la libertà. Io accettai il dolore, l'annichilimento, la schiavitù. Rinunciai alla mia vita tranquilla, alla stima dello sposo, alla libertà mia propria.
Non mi serbai nulla. Divenni l'Ancella di Dio nella carne, nel morale, nello spirito, affidandomi a Lui non solo per il verginale concepimento, ma per la difesa del mio onore, per la consolazione dello sposo, per il mezzo con cui portare egli pure alla sublimazione del coniugio, di modo da fare di noi coloro che rendono all'uomo e alla donna la dignità perduta.
Abbracciai la volontà del Signore per me, per lo sposo, per la mia Creatura. Dissi: "Sì" per tutti e tre, certa che Dio non avrebbe mentito alla sua promessa di soccorrermi nel mio dolore di sposa che si vede giudicata colpevole, di madre che si vede generare per dare il Figlio al dolore.
"Sì" ho detto. Sì. E basta. Quel "sì" ha annullato il “no” di Eva al comando di Dio.
"Sì, Signore, come Tu vuoi. Conoscerò quel che Tu vuoi. Vivrò come Tu vuoi. Gioirò se Tu vuoi. Soffrirò per quel che Tu vuoi. Sì, sempre sì, mio Signore, dal momento in cui il tuo raggio mi fè Madre al momento in cui mi chiamasti a Te. Sì, sempre sì. Tutte le voci della carne, tutte le passioni del morale sotto il peso di questo mio perpetuo sì. E sopra, come su un piedestallo di diamante, il mio spirito a cui mancan l'ali per volare a Te, ma che è signore di tutto l'io domato e servo tuo. Servo nella gioia, servo nel dolore. Ma sorridi, o Dio. E sii felice. La colpa è vinta. È levata, è distrutta. Essa giace sotto al mio tallone, essa è lavata nel mio pianto, distrutta dalla mia ubbidienza.
Dal mio seno nascerà l'Albero nuovo che porterà il Frutto che conoscerà tutto il Male, per averlo patito in Sé, e darà tutto il Bene. A questo potranno venire gli uomini, ed io sarò felice se ne coglieranno, anche senza pensare che esso nasce da me. Purché l'uomo si salvi e Dio sia amato, si faccia della sua ancella quel che si fa della zolla su cui un albero sorge: gradino per salire".
Maria: bisogna sempre saper essere gradino perché gli altri salgano a Dio. Se ci calpestano, non fa niente. Purché riescano ad andare alla Croce.
È il nuovo albero che ha il frutto della conoscenza del Bene e del Male, perché dice all'uomo ciò che è male e ciò che è bene perché sappia scegliere e vivere, e sa nel contempo fare di sé liquore per guarire gli intossicati dal male voluto gustare. Il nostro cuore sotto ai piedi degli uomini, purché il numero dei redenti cresca e il Sangue del mio Gesù non sia effuso senza frutto. Ecco la sorte delle ancelle di Dio.
Ma poi meritiamo di ricevere nel grembo l'Ostia santa e ai piedi della Croce, intrisa del suo Sangue e del nostro pianto, dire: "Ecco, o Padre, l'Ostia immacolata che ti offriamo per la salute del mondo. Guardaci, o Padre, fuse con Essa, e per i suoi meriti infiniti dacci la tua benedizione".
Ed io ti do la mia carezza. Riposa, figlia. Il Signore è con te».
Dice Gesù:7
«La parola della Madre mia dovrebbe sperdere ogni titubanza di pensiero anche nei più inceppati nelle formule.
[...]
Ho detto: "metaforica pianta". Dirò ora: "simbolica pianta". Forse capirete meglio.
Il suo simbolo è chiaro: dal come i due figli di Dio avrebbero agito rispetto ad essa, si sarebbe compreso come era in loro tendenza al Bene o al Male.
Come acqua regia che prova l'oro e bilancia d'orafo che ne pesa i carati, quella pianta, divenuta una "missione" per il comando di Dio rispetto ad essa, ha dato la misura della purezza del metallo d'Adamo e di Eva.
Sento già la vostra obbiezione: "Non è stata soverchia la condanna e puerile il mezzo usato per giungere a condannarli?".
Non è stato.
Una disubbidienza attualmente in voi, che siete gli eredi loro, è meno grave che non fosse in essi. Voi siete redenti da Me. Ma il veleno di Satana rimane sempre pronto a risorgere, come certi morbi che non si annullano mai totalmente nel sangue.
Essi, i due progenitori, erano possessori della Grazia senza aver mai avuto sfioramento con la Disgrazia. Perciò più forti, più sorretti dalla Grazia, che generava innocenza e amore. Infinito era il dono che Dio aveva loro dato. Ben più grave perciò la loro caduta nonostante quel dono.
Simbolico anche il frutto offerto e mangiato. Era il frutto di una esperienza voluta compiere per istigazione satanica contro il comando di Dio.
Io non avevo interdetto agli uomini l'amore. Volevo unicamente che si amassero senza malizia; come Io li amavo con la mia santità, essi dovevano amarsi in santità d'affetti, che nessuna libidine insozza.
Non si deve dimenticare che la Grazia è lume, e chi la possiede conosce ciò che è utile e buono conoscere. La Piena di Grazia conobbe tutto, perché la Sapienza la istruiva, la Sapienza che è Grazia, e si seppe guidare santamente. Eva conosceva perciò ciò che le era buono conoscere. Non oltre, perché è inutile conoscere ciò che non è buono.
Non ebbe fede nelle parole di Dio e non fu fedele nella sua promessa di ubbidienza.
Credette a Satana, infranse la promessa, volle sapere il non buono, lo amò senza rimorso, rese l'amore, che Io avevo dato così santo, una corrotta cosa, una avvilita cosa.
Angelo decaduto, si rotolò nel fango e sullo strame, mentre poteva correre felice fra i fiori del Paradiso terrestre e vedersi fiorire intorno la prole, così come una pianta si copre di fiori senza curvare la chioma nel pantano.
Non siate come i fanciulli stolti che Io indico nel Vangelo, i quali hanno udito cantare e si sono turati gli orecchi, hanno udito suonare e non hanno ballato, hanno udito piangere e hanno voluto ridere. Non siate gretti e non siate negatori. Accettate, accettate senza malizia e cocciutaggine, senza ironia e incredulità, la Luce. E basta su ciò.
Per farvi capire di quanto dovete esser grati a Colui che è morto per rialzarvi al Cielo e per vincere la concupiscenza di Satana, ho voluto parlarvi, in questo tempo di preparazione alla Pasqua, di questo che è stato il primo anello della catena con cui il Verbo del Padre fu tratto alla morte, l'Agnello divino al macello.
Ve ne ho voluto parlare perché ora il novanta per cento fra voi è simile ad Eva intossicata dal fiato e dalla parola di Lucifero, e non vivete per amarvi ma per saziarvi di senso, non vivete per il Cielo ma per il fango, non siete più creature dotate d'anima e ragione ma cani senz’anima e senza ragione. L'anima l'avete uccisa e la ragione depravata. In verità vi dico che i bruti vi superano nella onestà dei loro amori».
^^^^
Splendidi! Sono tre brani davvero splendidi, Rosanna, per illustrare la vera natura del Peccato originale, il ruolo straordinario di Maria SS. rispetto a quello di Eva e la natura metaforico/simbolica dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male, albero che decisamente non ha proprio nulla a che vedere con quello della 'Genesi' di don Guido Bortoluzzi da questi interpretato come 'l'albero genealogico selvatico' della scimmia (animale... selvatico) con la quale Adamo avrebbe fatto sesso compiendo espressamente in tal modo il Peccato originale.
Ti ringrazio per il contributo che hai dato, anche se ora ti lascio perché debbo far aprire il microfono alla seconda persona che si è prenotata...
Buon giorno a tutti, il mio 'nick-name' è Charlotte. Vorrei fare solo una domanda, ma devo farla per liberarmi di un peso che ho proprio qui sullo stomaco.
Ma come possono venire da Dio – che è Purezza assoluta - delle 'visioni' hard di quel genere fra Adamo e la scimmia8, visioni non solo a luci rosse ma anche - nel caso della uccisione e sodomizzazione di Abele da parte di Caino - a carattere 'sadosex'?9
Sono una 'nonna', conosco la vita e non mi scandalizzo di fronte a niente ma che dire, inoltre, di quella visione di masturbazione10 da parte di Adamo in spregio a Dio da lui accusato di aver 'permesso' l'uccisione di Abele da parte di Caino? Scena descritta in maniera disgustosa!
Non riesco ad accettare come 'divina' quella 'rivelazione' sui rapporti sessuali di Adamo addirittura con una scimmia, rapporto dal quale sarebbe nato un Caino-uomo-scimmia, ed infine l'uccisione da parte di Caino neppure di un fratello Abele adulto ma di un Abele bimbo, di poco più di due anni, che viene per giunta sodomizzato!
È una cosa che fa schifo ed orrore! Mi rifiuto proprio di pensare che Dio possa proporre visioni di questo genere, come quell'altra in cui si vede la femmina di scimmia che si sdraia sul corpo supino di Adamo per 'sedurlo'!11
Vero che nel libro - l'ho visto leggendolo - è detto che quel sacerdote ogni tanto veniva preso anche lui dal dubbio e faceva un esorcismo, salvo però lasciarsi poi convincere che era tutto da Dio. Forse - senza offesa ma per il suo bene - avrebbe dovuto provare a farsene fare a sua volta uno su di sé, di esorcismo. Non si sa mai..., anche santi famosi sono stati attaccati dal Nemico ed hanno avuto false visioni, ma poi loro facevano 'discernimento'.
Dove c'è Dio è Pace e Purezza, lì invece a mio avviso è tutto un incubo, basta leggere il resto del libro per capirlo subito.
Ho finito e vi ringrazio per l'ascolto.
Prego, signora 'Charlotte'. Vedo che il suo 'peso sullo stomaco' se l'è voluto togliere proprio tutto. Quanto al 'discernimento' che bisognerebbe sempre fare, i criteri li aveva indicati lo stesso Gesù in quel precedente Dettato in cui Egli si era rivolto a Padre Migliorini, il Direttore spirituale di Maria Valtorta che - forse - in qualche altro caso si era lasciato un poco prendere la mano.
Chiedo ora alla 'Cabina di regia' di dare la parola alla terza persona in attesa...
Mi chiamo Enzo e sono un sacerdote, per di più estimatore delle Opere di Maria Valtorta. Ho seguito in silenzio questi vari interventi ma - dopo quello della signora Charlotte - sento anche io il bisogno di esprimere la mia opinione.
Ho letto e anzi 'studiato' l'opera di don Guido Bortoluzzi anche con riferimento ad altri importanti aspetti che qui non sono stati ancora sollevati.
Io sono rimasto personalmente molto dispiaciuto di come chi cura il libro di Don Guido (il quale mai lo ha visto pubblicato essendo egli morto prima) interpreta sia la Sacra Scrittura che la Valtorta, rifacendosi a San Paolo e ai testi valtortiani.
Ad esempio - a sostegno della tesi sulla non responsabilità nel Peccato originale da parte di Eva ma del solo Adamo - ci si appella a San Paolo che nella sua lettera ai Romani (Cap. 5,12-15) dice in particolare:
« 12 Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato...13Fino alla Legge infatti c'era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, 14la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.15 Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti».
Questo brano però è male interpretato perché San Paolo parla qui di Adamo definendolo 'come un solo uomo' responsabile della Colpa, in quanto capostipite rappresentante e ricapitolante in sé tutta l'Umanità e quindi - con riferimento ad Eva - anche come responsabile della sua condotta che egli non volle peraltro contrastare.
San Paolo nomina poi forse Maria quando parla di Gesù Cristo? Eppure la salvezza ci è pervenuta anche attraverso di Lei! Escludere Maria dall'opera di salvezza è inconcepibile per la Chiesa e per la Scrittura, così come escludere Eva nel dramma del peccato.
Mi meraviglio di quei sacerdoti e "teologi" che sostengono Don Guido, ma può succedere. Infatti essere sacerdoti o teologi non vuol dire essere profeti, o uomini di Dio. Ci sono, specie in questi tempi, sacerdoti e teologi che sono fuori di ogni grazia e che seminano errori a non finire, disorientando e traviando molte anime. Non c'è da stupirsi che fra essi possano esservi addirittura anche vescovi.
Qui - nel libro di 'Genesi biblica' - si pretende di entrare nella mente di Gesù, quando parlava nei dettati della Valtorta, e di 'interpretarlo'. Gesù non si interpreta. Ciò che Lui dice è quello e basta. Gesù non si interpreta, perché è chiarissimo, essendo la Verità, la Parola. Invece negli scritti di don Guido c'è una confusione e un linguaggio che non possono assolutamente esser ricondotti al Maestro. Non è Lui che parla, perché non ho potuto ripetere nel mio cuore queste parole dei due discepoli di Emmaus: "Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?" (Lc 24,32). Il mio cuore invece arde molto quando leggo gli scritti valtortiani.
La Rivelazione è conclusa, non c'è dubbio. La Valtorta non è da considerarsi Rivelazione pubblica (R maiuscola), ma rivelazione privata (r minuscola). Nella Rivelazione pubblica tutto è compiuto, poiché in essa abbiamo tutto ciò che serve per essere salvi. Le altre rivelazioni private sono doni di Dio, aiuti, per l'uomo d'oggi, sempre più ateo e razionalista.
Don Guido non è assolutamente un profeta. Se fosse un vero profeta non avrebbe a suo tempo "declinato l'invito" - come ho saputo - di leggere l'Opera di Maria Valtorta. Questo è un segno sicuro! Le pecore buone riconoscono la voce del loro Pastore e lo seguono (Gv 10,27). Rifiutare a priori è segno sicuro che qui non c'è Dio.
Come sacerdote invito tutti a tenersi a ciò che dice la Scrittura e il Catechismo, anche se qualcuno gli riferisse parole contrarie rivelate da un angelo (Gal 1,8-9).
Avendo io letto il libro di don Guido senza "declinare l'invito", posso umilmente affermare che lì non c'è il Signore. Per non offendere i suoi sostenitori non uso i termini appropriati per esprimere tale parere, ma chi è intelligente capisce (Mc 4,9).
Ci ho pensato io ad informare la Congregazione per la Dottrina della Fede, inviando una mail. Non so però se avrò risposta. Ma probabilmente già sanno.
Spero che prendano in considerazione la mia preoccupazione.
Non bisogna poi avere pregiudizi in questi dibattiti. Nessuno vuol fare polemica, anche se alcuni, forse anch'io, hanno uno stile un po' troppo magisteriale. E' un dialogo fraterno, caritatevole e anche importante per giungere alla verità tutta intera.
Le tesi di don Guido piacciono a molti perché sono in sintonia con la scienza attuale e perché vi sono persone importanti e note che l'approvano, ma la scienza umana non è Dio.
La scienza dice che l'universo è nato da un big bang. No. L'universo è nato come rivelano la Bibbia, M. Valtorta e in questo caso anche don Guido: non una forza centrifuga (big bang) ma al contrario una forza centripeta (il caos dal quale si formano i pianeti e le stelle, le "tenebre che ricoprono l'abisso" le quali su comando di Dio formano i corpi celesti).
La scienza pensa anche ad una poligenesi dell'umanità. Uomini nati contemporaneamente in molte parti del mondo. No. Due soli furono i primi uomini: Adamo ed Eva.
Sono sicuro che molti teologi danno credito a don Guido e che mettono in dubbio le verità della Bibbia, senza parlare poi di quelle della Valtorta. State attenti perché tutto ciò viene da Satana. La scienza e la fama hanno accecato i loro occhi, guardatevene. Nemmeno se fossero esorcisti sarebbero nel vero. Il demonio ha grande interesse ad ingannare anche loro.
Ritorniamo alla fede semplice dei fanciulli che credono senza tanti ragionamenti. La Bibbia è Sacra e Santa. Se metteremo in dubbio alcune sue verità arriveremo a metterne in dubbio molte altre e metteremo in pericolo la nostra fede.
Bene, padre Enzo, la ringrazio per questo suo interessante ed autorevole intervento ... 'sacerdotale' dove ha avuto la capacità di esprimere concetti 'forti' ma con il garbo - oltre che con onestà intellettuale e chiarezza di analisi - che si addice ad un vero sacerdote.
Ed ora avanti con la quarta telefonata in attesa...
Mi chiamo Adolfo e telefono dalla Toscana. Solo due parole, chiedendo scusa se - appunto da buon 'toscanaccio' senza peli sulla lingua - dico pane al pane e vino al vino.
Rivelazioni vere o non vere finché si vuole, quelle del Bortoluzzi, ma - dico io - come la si può pensare una cosa del genere? Si può scrivere quel che si vuole, ma, ovvìa, io poi proprio u'n mi ce lo vedo Gesù - discendente di un animale ibrido, per di più senz'anima spirituale - sedere in Cielo nella Gloria alla destra del Padre. Ma quale Gloria!
Un Gesù Cristo che - essendo uomo per parte di madre, discendente anch'essa da Noè - avrebbe dovuto come logica conseguenza essere a sua volta discendente da una stirpe di mezzi uomini e mezze scimmie? Oh suvvia, non diciamo delle cose...
Certo uno potrebbe anche pensare che solo per Maria non ci fu ibridazione e quindi neanche per Gesù, ma qui entriamo proprio nelle ipotesi estreme, a questo punto si può dire di tutto tranne che dichiararsi 'cristiani'.
La posso esprimere una mia opinione, no?
Mi piacerebbe però - dopo aver già ascoltato quel brano di Gesù sugli uomini-scimmia - conoscere con maggior precisione le parole testuali sullo stesso argomento date alla Valtorta dallo Spirito Santo in quelle sue ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani' alle quali lei ha in precedenza accennato.
Ce l'ha sottomano quel testo?
Caro Adolfo, basta 'chiedere', perché qui abbiamo tutto 'sottomano'...
Anzi prenderò lo spunto proprio dal brano che lei vuol conoscere per approfondire subito dopo la tematica del Peccato originale che già l'amica 'Rosanna 1' aveva introdotto segnalandoci poc'anzi quei tre Dettati a Maria Valtorta che abbiamo ascoltato.
In quella Lezione che lei vuol conoscere meglio, impartita dallo Spirito Santo alla mistica (parlo delle 'Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani'), Egli ad un certo punto le diceva (sottolineature e grassetti sono miei):12
Lezione 23ª
21/28‑5‑1948
Ai Romani c. VII v. 14‑25.
Dice il Dolce Ospite:
[…]
Quando si dice: “l’uomo, re del creato sensibile, è stato creato con potere di dominio su tutte le creature”, occorre riflettere che egli, per la Grazia, e per gli altri doni ricevuti sin dal primo momento del suo essere, era formato ad essere re anche di se stesso e della sua parte inferiore, per la conoscenza del suo fine ultimo, per l’amore che lo faceva tendere soprannaturalmente ad esso, e per il dominio sulla materia e i sensi esistenti in essa.
Unito all’Ordine e amante dell’Amore, era formato a saper dare a Dio ciò che gli è dovuto, e all’io ciò che è lecito dargli, senza disordini nelle passioni o sfrenatezza degli istinti.
Spirito, intelletto e materia, costituivano un tutto armonico in lui, e a quest’armonia pervenne sin dal primo momento del suo essere13, non per fasi successive, come vogliono alcuni.
Non ci fu autogenesi, e non ci fu evoluzione; ma ci fu la Creazione voluta dal Creatore.
La ragione, di cui siete tanto orgogliosi, dovrebbe farvi persuasi che dal nulla non si forma la cosa iniziale, e dalla cosa unica ed iniziale non può venire il tutto.
Solo Dio può ordinare il caos e popolarlo delle innumeri creature che formano il Creato. E questo potentissimo Creatore non ha avuto limitazioni nel suo creare, che fu molteplice, né nel creare creature già perfette, ognuna perfetta secondo il fine per il quale è stata creata.
È stolto pensare che Dio abbia creato, volendo darsi un Creato, cose informi, attendendo di essere da esse glorificato quando le singole creature, e tutte le creature, avessero raggiunto, con successive evoluzioni, la perfezione della loro natura perché fossero atte al fine naturale o soprannaturale per il quale sono state create.
E se questa verità è sicura per le creature inferiori, con un fine naturale e limitato nel tempo, ancor più è certa per l’uomo, creato per un fine soprannaturale e con destino immortale di gloria celeste.
Può pensarsi un Paradiso le cui legioni di Santi, alleluianti intorno al trono di Dio, siano il prodotto ultimo di una lunga evoluzione di belve?
L’uomo attuale non è il risultato di un’evoluzione ascendentale, ma il doloroso risultato di una evoluzione discendentale, in quanto la colpa di Adamo ha per sempre leso la perfezione fisico‑morale‑spirituale dell’uomo originale.
Tanto l’ha lesa che neppure la Passione di Gesù Cristo, pur restituendo la vita della Grazia a tutti i battezzati, può annullare i residui della colpa, le cicatrici della gran ferita, ossia quei fomiti che sono la rovina di coloro che non amano o poco amano Dio14, e il tormento dei giusti, che vorrebbero non avere neppure il pensiero più fugace attirato dalle voci dei fomiti e che lottano per tutta la vita l’eroica battaglia pur di rimanere fedeli al Signore.
L’uomo non è il risultato di un’evoluzione, così come il Creato non è il prodotto di un’autogenesi.
Per avere un’evoluzione occorre avere sempre una prima sorgente creativa. E pensare di avere avuto dalla autogenesi di una sola cellula le infinite specie, è un assurdo impossibile.
Per vivere, la cellula ha bisogno di un terreno vitale in cui siano gli elementi che permettono e mantengono la vita.
Se la cellula si autoformò dal nulla, dove trovò gli elementi per formarsi, vivere e riprodursi?
Se essa non era ancora quando iniziò ad essere, come trovò gli elementi vitali: aria, luce, calore, acqua? Ciò che non è ancora, non può creare.
E come allora essa, la cellula, trovò al suo formarsi i quattro elementi? E chi le dette, quale sorgente, il germe “vita”? E quando, per ipotesi, questo inesistente avesse potuto formarsi dal nulla, come, dalla sua unica unità e specie, avrebbero potuto venire tante specie diverse quante sono quelle che si trovano nel Creato sensibile?
Astri e pianeti, zolle, rocce, minerali, le svariate numerosissime qualità del regno vegetale, le ancor più diverse e numerose specie e famiglie del regno animale, dai vertebrati agli invertebrati, dai mammiferi agli ovipari, dai quadrupedi ai quadrumani, dagli anfibi e rettili ai pesci, dai carnivori feroci ai miti ovini, da quelli armati e vestiti di dure armi di offesa e difesa agli insetti che un nulla basta a distruggere, dai giganteschi abitatori delle vergini foreste, all’assalto dei quali non resistono che colossi pari loro, a tutta la classe degli artropodi sino ai protozoi e bacilli; tutti venuti da un’unica cellula?
Tutto da una spontanea generazione?
Se così fosse, la cellula sarebbe più grande dell’Infinito.
Perché l’Infinito, il Senza Misura in ogni suo attributo, operò per sei giorni, sei epoche, a fare il Creato sensibile, suddividendo il lavoro creativo in sei ordini di creazioni ascendenti, evolventi, questo sì, verso una perfezione sempre maggiore? 15
Non già perché Egli imparasse sempre più a creare, ma per l’ordine che regola tutte le sue divine operazioni. Il quale ordine sarebbe stato violato ‑ e si sarebbe così reso impossibile il sopravvivere dell’ultima creatura creata: l’uomo ‑ se questi fosse stato fatto per primo, e prima che fosse stata creata la Terra in tutte le sue parti, e resa abitabile per l’ordine messo nelle sue acque e nei suoi continenti, e resa confortevole per la creazione del firmamento; fatta luminosa, bella, feconda, dal benefico sole, dalla lucente luna, dalle stelle innumerevoli; fatta dimora, dispensa, giardino all’uomo per tutte le creature vegetali e animali di cui è coperta e popolata.
Il sesto giorno fu fatto l’uomo, nel quale sono in sintesi rappresentati i tre regni del Creato sensibile e, in meravigliosa verità, la sua creazione da Dio per l’anima spirituale infusa da Dio nella materia dell’uomo.
L’uomo: vero anello di congiunzione fra Terra e Cielo, vero punto di unione fra il mondo spirituale e quello materiale, l’essere in cui la materia è tabernacolo allo spirito, l’essere in cui lo spirito anima la materia non già solo per la vita limitata mortale, ma per la vita immortale dopo la finale risurrezione.
L’uomo: la creatura in cui splende e dimora lo Spirito Creatore.
L’uomo: la meraviglia della potenza di Dio che infonde il suo soffio, parte16 di Se stesso Infinito, nella polvere elevandola alla potenza di uomo, e dona ad esso la Grazia che eleva la potenza dell’uomo animale alla potenza della vita e condizione di creatura soprannaturale, di figlio di Dio per partecipazione di natura, facendola capace di mettersi in diretta relazione con Dio, disponendola a comprendere l’Incomprensibile, rendendole possibile e lecito l’amare Colui che sovrasta talmente ogni altro essere che, senza un suo divino dono, non potrebbe l’uomo, per capacità e per venerabondo rispetto, anche soltanto desiderare di amare.
L’uomo: il creato triangolo che poggia la base ‑ la materia – sulla Terra da cui fu tratto; che tende con le sue facoltà intellettuali ad ascendere alla conoscenza di Colui a cui somiglia; e tocca col suo vertice ‑ lo spirito dello spirito, la parte eletta dell’anima ‑ il Cielo, perdendosi nella contemplazione di Dio‑Carità mentre la Grazia, ricevuta gratuitamente, lo unisce a Dio, e la carità, accesa dall’unione con Dio, lo deifica. Poiché: “colui che ama è nato da Dio”17, ed è privilegio dei figli partecipare della somiglianza di natura. Per l’anima deificata dalla Grazia, dunque, l’uomo è immagine di Dio, e per la carità, possibile per la Grazia, è somigliante a Dio.
Il sesto giorno fu dunque creato l’uomo, completo, perfetto18 in ogni sua parte materiale e spirituale, fatto secondo il Pensiero di Dio, secondo l’ordine (il fine) per cui era stato creato: amare e servire il suo Signore durante la vita umana, conoscerlo nella sua Verità, e quindi godere di Lui, per sempre, nell’altra.
Fu creato l’unico Uomo, quello dal quale doveva venire tutta l’Umanità, e per prima la Donna compagna dell’Uomo e all’Uomo, col quale avrebbe popolato la Terra regnando su tutte le altre creature inferiori.
Fu creato l’unico Uomo19, quello che come padre avrebbe trasmesso ai suoi discendenti tutto quanto aveva ricevuto: vita, sensi, facoltà materiali, nonché immunità da ogni sofferenza, ragione, intelletto, scienza, integrità, immortalità, e infine, dono dei doni, la Grazia.
La tesi dell’origine dell’uomo secondo la teoria evoluzionista, che si appoggia sulla conformazione dello scheletro e sulla diversità dei colori della pelle e dell’aspetto per sostenere il suo errato asserto, non è tesi contro la verità dell’origine dell’uomo ‑ creatura creata da Dio ‑ ma a favore.
Perché ciò che rivela l’esistenza di un Creatore è proprio la diversità dei colori, delle strutture, delle specie delle creature da Lui, il Potentissimo, volute.
E se questo vale per le creature inferiori, più ancora vale per la creatura‑uomo; il quale è uomo creato da Dio anche se, per circostanze di clima e di vita, e anche per corruzione ‑ per cui venne il diluvio20 e poi, molto dopo, nelle prescrizioni del Sinai e nelle maledizioni mosaiche, così severo comando e castigo21 mostra diverso aspetto e colore da razza a razza.
È cosa provata, ratificata e confermata da continue prove, che una forte impressione può agire sulla madre concepiente in modo da farle dare alla luce un piccolo mostro che ripete nelle sue forme l’oggetto che turbò la madre.
Anche è cosa provata che la lunga convivenza tra genti di razza diversa dall’ariana, produce, per mimetismo naturale, una trasformazione più o meno accentuata dei tratti di un volto ariano in quelli di popoli che non sono ariani.
È pure provato che speciali condizioni di ambiente e di clima influiscono sullo sviluppo delle membra e sul colore della pelle.
Perciò le nuvole su cui gli evoluzionisti vorrebbero posare l’edificio della loro presunzione non sostengono lo stesso, ma anzi favoriscono il crollo dello stesso.
Nel diluvio perirono i rami corrotti dell’umanità brancolante nelle tenebre conseguenti alla caduta, nelle quali, e solo per i pochi giusti, come attraverso a nebbie pesanti, giungeva ancora un solo raggio della perduta stella: il ricordo di Dio e della sua promessa.
Perciò, distrutti i mostri, l’Umanità fu conservata e moltiplicata nuovamente dalla stirpe di Noè, giudicata giusta da Dio.
Venne perciò resa alla natura prima del primo uomo: fatta sempre di materia e di spirito, e rimasta tale anche dopo che la colpa aveva spogliato lo spirito della Grazia divina e della sua innocenza.
Quando e come avrebbe l’uomo dovuto ricevere l’anima, se egli fosse il prodotto ultimo di un’evoluzione dai bruti?
È da supporsi che i bruti abbiano ricevuto insieme alla vita animale l’anima spirituale?
L’anima immortale? L’anima intelligente? L’anima libera?
È bestemmia solo il pensarlo. Come allora potevano trasmettere ciò che non avevano?
E poteva Dio offendere Se stesso infondendo l’anima spirituale, il suo divino soffio, in un animale, evoluto sin che si vuole pensarlo ma sempre venuto da una lunga procreazione di bruti? Anche questo pensiero è offensivo al Signore.
Dio, volendosi creare un popolo di figli per espandere l’amore di cui sovrabbonda e ricevere l’amore di cui è sitibondo, ha creato l’uomo direttamente, con un suo volere perfetto, in un’unica operazione avvenuta nel sesto giorno creativo, nella quale fece della polvere una carne viva e perfetta, che poi ha animata, per la sua speciale condizione di uomo, figlio adottivo di Dio ed erede del Cielo, non già solo dell’anima “che anche gli animali hanno nelle nari”22 e che cessa con la morte dell’animale, ma dell’anima spirituale che è immortale, che sopravvive oltre la morte del corpo e che rianimerà il corpo, oltre la morte, al suono delle trombe del Giudizio finale e del Trionfo del Verbo Incarnato, Gesù Cristo, perché le due nature, che insieme vissero sulla Terra, vivano insieme gioendo o soffrendo, a seconda di come insieme meritarono, per l’eternità.
Questa è la verità. Sia che l’accogliate o che la respingiate. Ma nonostante che in molti vogliate respingerla ostinatamente, un attimo verrà che la conoscerete perfettamente, e vi si scolpirà nello spirito, facendovi convinti di aver perso il Bene in eterno per voler seguire superbia e menzogna.
Vero è che chi non ammette la creazione dell’uomo per opera di Dio ‑ e creazione così come ho detto, ossia in modo tale da renderlo subito e sempre capace, se vuole, di guidarsi in tutte le sue azioni perché tutte siano volte al raggiungimento del fine per cui l’uomo fu creato: fine immediato: amare e servire Dio durante la vita terrena; fine ultimo: goderlo nel Cielo ‑ non può capire con esattezza da che esattamente è costituita la Colpa, il perché della condanna, le conseguenze di esse due...
[…]
Non ho certo commenti da fare, si spiega tutto da sé.
Mi limito ad osservare, pur nel pieno rispetto delle 'opinioni' altrui, che la 'Genesi biblica' di don Guido Bortoluzzi - almeno valtortianamente parlando - viene del tutto 'smentita' da quanto abbiamo ascoltato.
Bene, abbiamo prima sentito Rosanna, poi Charlotte quindi padre Enzo ed infine Adolfo. Mi farebbe però piacere sapere se non ci sia qualche altro valtortiano in ascolto che su questo argomento specifico possa dare qualche suo personale 'contributo'.
Nessuno? Allora a questo punto un 'contributo' ve lo do io facendovi ascoltare il seguito della suddetta Lezione dello Spirito Santo. Sono varie pagine che parlano del Peccato originale e vi assicuro che sono come 'oro a 24 carati'!
Ecco dunque come continua la suddetta lezione che avevamo interrotto...
Lezione 23ª
21/28‑5‑1948
Ai Romani c. VII v. 14‑25.
(continua)
Dice il Dolce Ospite:
[…]
Ma seguitemi. La mia parola è luminosa e semplice perché sono Dio. E Dio, Sapienza Infinita, sa adeguarsi all’ignoranza e relatività dei suoi piccoli, perché Io amo i piccoli, purché siano umili, e dico loro: “Chi è piccolo venga a Me, ed Io gli insegnerò la Sapienza”23.
La prova.
Quando l’uomo si destò dal suo primo sonno e trovò al suo fianco la compagna, sentì che la sua felicità era stata resa da Dio completa.
Era già tanto grande anche prima. Tutto in Adamo ed intorno ad Adamo era stato fatto perché egli godesse una felicità completa, sana e santa, e la delizia, ossia l’Eden, non era soltanto intorno ma anche dentro all’Adamo.
Lo circondava il giardino pieno di bellezze vegetali, animali ed equoree, ma entro di lui un giardino di bellezze spirituali fioriva con virtù d’ogni genere, pronte a maturarsi in frutti di santità perfetta; e vi era l’albero della scienza adatto al suo stato, e quello della vita soprannaturale: la Grazia; né vi mancavano le acque preziose della divina fonte che si divideva in quattro rami e irrorava di sempre nuova onda le virtù dell’uomo, onde crescessero giganti, a farlo sempre più specchio fedele di Dio.
Come creatura naturale godeva di ciò che vedeva: la bellezza di un mondo vergine, testé uscito dal volere di Dio; godeva di ciò che poteva: la sua signoria sulle creature inferiori. Tutto era stato messo da Dio al servizio dell’uomo: dal sole all’insetto, perché tutto gli fosse delizia.
Come creatura soprannaturale godeva ‑ un’estasi ragionante e soavissima ‑ della comprensione della Essenza di Dio: l’Amore; dei rapporti d’amore fra l’Immenso che si donava e la creatura che lo amava adorando.
La Genesi adombra questa facoltà dell’uomo e questo comunicarsi a lui di Dio, nella frase: “avendo udito la voce di Dio che passeggiava nell’Eden nel fresco della sera”24.
Per quanto il Padre avesse dato ai figli adottivi una scienza proporzionata al loro stato, pure ancora li ammaestrava. Perché infinito è l’amore di Dio, e dopo aver dato anela a nuovamente dare, e tanto più dà quanto più la creatura gli è figlia. Dio si dà sempre a chi a Lui si dà generosamente.
Quando, dunque, l’uomo si svegliò e vide la donna sua simile, sentì che la sua felicità di creatura era completa avendo il tutto umano e avendo il Tutto soprumano, essendosi l’Amore dato all’amor dell’uomo.
Unica limitazione messa da Dio all’immenso possedere dell'uomo era il divieto di cogliere i frutti dell’Albero della Scienza del bene e del male.
Raccolto inutile, ingiustificato, sarebbe stato questo, avendo l’uomo già quella scienza che gli era necessaria, e una misura superiore a quella stabilita da Dio non poteva che causare danno.
Considerate: Dio non proibisce di cogliere i frutti dell’albero della Vita, perché di essi l’uomo aveva natural bisogno per vivere una esistenza sana e longeva, sino a che un più vivo desiderio divino di svelarsi totalmente al figlio d’adozione non facesse pronunciare a Dio il: “Figlio, ascendi alla mia dimora e inabìssati nel tuo Dio”, la chiamata, senza sofferenza di morte, al celeste Paradiso.
L’Albero della Vita che si incontra al principio del Libro della Grande Rivelazione (Genesi c. II v. 9 e c. III v. 22), e che si ritrova nuovamente alla fine del Libro della Grande Rivelazione: la Bibbia (Apocalisse di Giovanni c. XXII v. 2 e v. 14), è figura del Verbo Incarnato ‑ il cui frutto, la Redenzione, pendé dal legno della croce ‑ di quel Gesù Cristo che è Pane di Vita, Fonte d’Acqua Viva, Grazia, e che vi ha reso la Vita con la sua Morte, e sempre potete mangiare e bere di Lui, per vivere la vita dei giusti e giungere alla Vita eterna.
Dio non proibisce ad Adamo di cogliere i frutti dell’Albero della Vita, ma vieta di cogliere quelli, inutili, dell’Albero della Scienza. Perché un eccesso di sapere avrebbe svegliato la superbia nell’uomo, che si sarebbe creduto uguale a Dio per la nuova scienza acquisita e stoltamente creduto capace di poterla possedere senza pericolo, con il conseguente sorgere di un abusivo diritto di auto‑giudizio delle azioni proprie, e dell’agire, di conseguenza, calpestando ogni dovere di filiale ubbidienza verso il suo Creatore ‑ dato che ormai gli era simile in scienza - del suo Creatore che gli aveva amorosamente indicato il lecito e l’illecito, direttamente o per grazia e scienza infuse.
La misura data da Dio è sempre giusta.
Chi vuole più di quanto Dio gli ha dato, è concupiscente, imprudente, irriverente. Offende l’amore.
Chi prende abusivamente è un ladro e un violento. Offende l’amore.
Chi vuol agire indipendentemente da ogni ossequio alla Legge soprannaturale e naturale è un ribelle. Offende l’amore.
Davanti al comando divino i Progenitori dovevano ubbidire, senza porsi dei perché che sono sempre il naufragio dell’amore, della fede, della speranza. Quando Dio ordina, o agisce, si deve ubbidire e fare la sua volontà, senza chiedere perché ordina o agisce in quel dato modo. Ogni sua azione è buona, anche se non sembra tale alla creatura limitata nel suo sapere.
Perché non dovevano andare a quell’albero, cogliere quei frutti, mangiare di quei frutti?
Inutile saperlo. Ubbidire è utile, e non altro. E accontentarsi del molto avuto.
L’ubbidienza è amore e rispetto, ed è misura di amore e rispetto. Tanto più si ama e si venera una persona e tanto più la si ubbidisce.
Ora qui, essendo Colui che ordinava Dio ‑ l’infinitamente Grande, il Buono, il Benefattore munifico dell’uomo ‑ l’uomo, e per rispetto e per riconoscenza, doveva dare a Dio non “molto” amore, ma “tutto” l’amore adorante di cui era capace, e perciò tutta l’ubbidienza, senza analizzare le ragioni del divino divieto.
Le discussioni presuppongono un autogiudizio e una critica all’ordine od azione altrui. Giudicare è difficile cosa e raramente il giudizio è giusto; ma non lo è mai quando giudica inutile, errato, o ingiusto, un ordine divino.
L’uomo doveva ubbidire. La prova di questa sua capacità, che è misura d’amore e rispetto, era nel modo con cui avrebbe o non avrebbe saputo ubbidire.
Il mezzo: l’albero e il pomo. Due cose piccole, insignificanti, se paragonate alle dovizie che Dio aveva concesso all’uomo.
E che? Si era dato Lui: Dio, e vietava di mirare un frutto?
E che? Aveva dato alla polvere la vita naturale e soprannaturale, aveva infuso il suo soffio nell’uomo, e vietava di cogliere un frutto?
E che? Aveva fatto l’uomo re di tutte le creature e lo considerava non suddito suo, ma figlio, e vietava di mangiare un frutto?
A chi non sa sapientemente meditare, questo episodio può sembrare un puntiglio inspiegabile, simile al capriccio di un benefattore che, avendo ricoperto un mendico di ricchezze, gli vieti, poi, di raccogliere un sassolino giacente nella polvere. Ma così non è.
Il pomo non era solo la realtà: frutto. Era anche il simbolo.
Il simbolo del diritto divino e del dovere umano.
Anche quando Dio chiama e benefica straordinariamente, i beneficati devono sempre ricordarsi che Egli è Dio e che l’uomo non deve mai prevaricare, anche se si sente straordinariamente amato. Eppure questa è la prova che pochi eletti sanno superare. Vogliono più di quanto già non abbiano avuto, e vanno a cogliere il non dato. E trovano così il Serpente ed i suoi frutti velenosi.
Attenti, o eletti di Dio! Ricordate sempre che nel vostro giardino, così colmo dei doni di Dio, c’è sempre l’albero della prova e intorno ad esso cerca sempre di avvinghiarsi l’Avversario di Dio e vostro, per strappare a Dio uno strumento e sedurvi alla superbia e cupidigia, alla ribellione. Non violate il diritto di Dio. Non calpestate la legge del dovere vostro. Mai.
Molti sembrano, troppi secondo alcuni, gli strumenti di Dio, le “voci”. Io dico a voi tutti, teologi e fedeli, che cento volte cento di più sarebbero, se tutti coloro che Dio chiama a speciale ministero sapessero non cogliere ciò che Dio non ha dato, per avere più ancora.
Tutti i fedeli hanno nel Decalogo, albero della scienza del Bene e del Male, la loro prova di fede, di amore, di ubbidienza.
Per le “voci” e gli strumenti straordinari più che mai è allettante quell’albero e insidiato da Satana. Perché più grande è il donato, e più è facile il sorgere della superbia e della cupidigia, la presunzione di essere sicuri di salvarsi in ogni modo.
Invece Io vi dico che chi più ha avuto, più è in dovere d’essere perfetto per non avere grande condanna, quale non sarà data a chi, avendo poco avuto, ha l’attenuante dell’avere poco saputo.
Prevengo una domanda. Quell’albero portava dunque frutti buoni e frutti cattivi?
Portava frutti non diversi da quelli di ogni altra pianta. Ma era pianta di bene e di male, lo diveniva a seconda del comportarsi dell’uomo, non tanto verso la pianta quanto verso l’ordine divino. Ubbidire è bene. Disubbidire è male.
Dio sapeva che a quell’albero sarebbe andato Satana, per tentare. Dio tutto sa.
Il malvagio frutto era la parola di Satana gustata da Eva.
Il pericolo di accostare la pianta era nella disubbidienza.
Alla scienza pura che Dio aveva dato, Satana inoculò la sua malizia impura, che presto fermentò anche nella carne. Ma prima Satana corruppe lo spirito facendolo ribelle, poscia l’intelletto facendolo astuto.
Oh! ben conobbero, dopo, la scienza del Bene e del Male! Perché tutto, persino la nuova vista, per cui conobbero d’esser nudi, li avvertì della perdita della Grazia, che li aveva fatti beati nella loro intelligente innocenza sino a quell’ora, e perciò della perdita della vita soprannaturale.
Nudi! Non tanto di vesti quanto dei doni di Dio.
Poveri! Per aver voluto essere come Dio.
Morti! Per aver temuto di morire con la loro specie se non avessero agito direttamente.
Hanno commesso il primo atto contro l’amore con la superbia, la disubbidienza, la diffidenza, il dubbio, la ribellione, la concupiscenza spirituale e, per ultimo, con la concupiscenza carnale.
Dico: per ultimo. Alcuni credono che sia invece stato l’atto primo la concupiscenza carnale. No. Dio è ordine in tutte le cose.
Anche nelle offese verso la legge divina, l’uomo peccò prima contro Dio, volendo essere simile a Dio: “dio” nella conoscenza del Bene e del Male, e nella assoluta, e perciò illecita, libertà di agire a suo piacere e volere contro ogni consiglio e divieto di Dio; poscia contro l’amore, amandosi disordinatamente, negando a Dio l’amore riverenziale che gli è dovuto, mettendo l’io al posto di Dio, odiando il suo prossimo futuro: la sua stessa prole, alla quale procurò l’eredità della colpa e della condanna; in ultimo contro la sua dignità di creatura regale che aveva avuto il dono di perfetto dominio sui sensi.
Il peccato sensuale non poteva avvenire sinché durava lo stato di Grazia e gli altri stati conseguenti. Poteva esserci tentazione ma non consumazione della colpa sensuale sinché durava l’innocenza, e perciò il dominio della ragione sul senso.
Castigo. Non sproporzionato, ma giusto.
Per capirlo bisogna considerare la perfezione di Adamo ed Eva. Considerando quel vertice, si può misurare la grandezza della caduta in quell’abisso.
Se alcuni di voi venissero presi da Dio e messi in un nuovo Eden, lasciandovi quello che siete, ma dandovi gli stessi comandi che dette ad Adamo, e voi disubbidiste come Adamo, credete voi che Dio vi condannerebbe con l’uguale rigore con cui condannò Adamo? No. Dio è giusto. Sa quale tremenda eredità è in voi.
Le conseguenze del peccato d’origine sono state riparate dal Cristo, per quanto è la Grazia. Ma la debolezza della lesione alla perfezione originale rimane. E questa debolezza è costituita dai fomiti, simili a germi infettivi rimasti nell’uomo in latenza, ma sempre pronti ad entrare in potenza e soverchiare la creatura. Anche nei santi più santi essi sono. E la santità altro in fondo non è che frutto della lotta e vittoria continua che l’anima e la ragione del giusto sostengono e riportano per e sugli assalti dei fomiti, per rimanere fedeli all’Amore.
Ora Dio, che è infinitamente giusto, non sarebbe inesorabile con un di voi come con Adamo lo fu. Perché considererebbe la vostra debolezza.
Con Adamo lo fu, essendo Adamo dotato di tutto quello che lo poteva far vincitore, e facile vincitore, sulla tentazione. Onde il castigo. Quel castigo in cui si vede che se l’uomo prevaricatore non rispettò i limiti messi da Dio, Dio rispettò i limiti che si era messo verso l’uomo.
Dio non violentò il libero arbitrio dell’uomo. Mentre l’uomo violentò i diritti di Dio.
Né prima, né dopo la colpa, Dio violentò la libertà d’azione dell’uomo. Lo sottopose ad una prova. Non ignorava, essendo Dio, che l’uomo non l’avrebbe superata. Ma era giusto che ve lo sottoponesse per confermarlo in grazia, come aveva, per lo stesso fine, sottoposto alla prova gli angeli, e confermato in grazia quelli tra loro che avevano vinto la prova. E, sottoponendolo alla prova, lo lasciò libero di agire rispetto ad essa.
[...]
Come già detto per l'altro brano valtortiano precedente non aggiungo particolari commenti a quest'ultimo se non per ribadire che se nella 'Genesi biblica' di don Guido Bortoluzzi l'Albero della conoscenza del Bene e del male rappresentava allegoricamente l'Albero genealogico selvatico della specie della scimmia, con la quale era proibito avere rapporti sessuali, per ovvie ragioni non voluti da Dio, qui - nelle spiegazioni date dallo Spirito Santo a Maria Valtorta - l'Albero è invece un vero albero con veri normalissimi frutti, ma 'caricato' da Dio di un valore di 'prova' per 'saggiare' l'animo dei due Progenitori.
A seconda di come loro si sarebbero comportati in relazione al divieto divino di non avvicinarsi ad esso né cogliere i suoi frutti, essi avrebbero reso palese la loro ubbidienza o disubbidienza, la loro fedeltà od infedeltà a Dio, cioè il loro Amore o Disamore.
Il 'sesso' - come quello, in 'Genesi biblica', di un Adamo con una ipotetica scimmia - non c'entra in nulla, se non - nel caso invece dell'Eva della Bibbia con Adamo - come conseguenza finale della perdita della Grazia da parte di entrambi i Progenitori.
Quella posta di fronte ad Adamo ed Eva - considerati i doni eccelsi che essi avevano avuto - non fu una prova superiore alle loro forze né tantomeno una prova ingiusta, perché la posta in gioco era costituita dalla Salvezza eterna in Cielo ed i grandi doni devono essere sempre meritati.
La Legge della Prova è infatti una Legge divina.
Anche gli Angeli ai primordi della loro creazione dovettero superare una prova per essere confermati nel loro stato privilegiato di fronte a Dio.
Quanto a Gesù ed alla stessa Maria SS. - è bene non dimenticarlo - nemmeno a loro la Prova venne risparmiata, e che Prova, ma poi fu la Redenzione dell'Umanità e per entrambi la Gloria!

1 Maria Valtorta: 'Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani' - 21/28-5-1948 - Centro Editoriale Valtortiano.
2 Maria Valtorta: 'I Quaderni del 1945/1950' - 30.12.46 - Centro Editoriale Valtortiano
3 'Rosanna 1': http://www.ilcatecumeno.net/claudio_e_rosanna.zip (accendi le casse acustiche e clicca sullo schermo per proseguire)
4 Maria Valtorta: 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - Vol. I, Cap. 17 - Centro Editoriale Valtortiano
5 Gv 14, 23.
6 Maria Valtorta: Ibidem.
7 Maria Valtorta: Ibidem.
8 don Guido Bortoluzzi: 'Genesi biblica' -  http://genesibiblica.eu Par. 205 ed inoltre 167, 178, 180, 210 (nota 51) - Ed. luglio 2010.
9 Ibidem: Par. 224,225.
10 Ibidem: Par. 237, vedi anche nota 53
11 Ibidem: Par. 205.
12 Maria Valtorta: 'Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani' - 21/28-5-1948 - Centro Editoriale Valtortiano
13 N.d.A.: E quindi non è neppur pensabile che abbia dovuto nascere da un utero bestiale e aspettare di essere uomo adulto per essere un “tutto armonico”. Armonia che è ben lontana dal vedersi nell’Adamo di don Bortoluzzi.
14 N.d.A. Vedi Caino che essendo il risultato di un atto di lussuria e di disubbidienza dei genitori è nato cattivo e lussurioso.
15 Genesi 1.
16 Nel senso di “partecipazione”, come è detto tre righe più sotto e come è spiegato ne I Quaderni del 1943, pagg. 366‑367 a 404.
17 1 Giovanni 4, 7.
18 N.d.A.: a conferma del fatto che non vi fu creazione di gameti maschili e femminili per produrre la prima cellula umana, e poi l’embrione, il feto, etc., ma l’uomo venne creato già adulto, ben formato e perfetto in ogni sua parte materiale e spirituale, senza che dovesse crescere fisicamente, moralmente e spiritualmente.
19 N.d.A.: L’unico uomo. Viene qui confermata la Monogenesi da una sola coppia umana e smentita invece la teoria della ‘Poligenesi’ in base alla quale molti ceppi umani sarebbero nati contemporaneamente in diversi luoghi geografici della terra lontani fra di loro.
20 Genesi da 7, 17 a 8, 14.
21 Levitico c. XVIII v. 23 e Deuteronomio c. XXVII v. 21.
22 Qoelet (volgata: Ecclesiaste) 3, 19‑21.
23 Proverbi 9, 1‑6.
24 Genesi 3, 8.

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