
← La caverna di Macpela
La grotta di Macpela vicino ad Ebron è il luogo della sepoltura dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe e delle matriarche Sara, Rebecca e Lia, salvo Rachele ed Ebron pure per i musulmani è città santa assieme alla Mecca, a Medina e a Gerusalemme. In pratica Abramo nella terra promessa che sarà poi in possesso dei figli d’Israele ebbe solo quella proprietà, il sepolcro, da cui evidentemente ebbe accesso al Regno dei Cieli come profezia che là è la vera Terra Promessa. Attraverso di quella caverna si entra proprio nelle viscere di quella terra e la caverna diviene come il seno di una madre da cui usciranno poi i Giudei, quindi anche Gesù, appunto dai monti di Giuda, quindi, figli di Abramo, tutti generati dal monte che lo contiene, come dalla stessa matrice dal seme dei patriarchi. Quelle lettere ebraiche di Macpelah sono allusive; infatti all’interno c’è il radicale del verbo ebraico usato per “duplicare” e “reiterare” indi sono da intendere come auspicio di “in una vita duplicata entrare”, auspicio della vita eterna attesa dai patriarchi…
← Il nome dato da Dio
Il nome identifica la precisa entità individuale, evoca la persona stessa nell’essenza che si è loro manifestata a chi lo conosce, la sua gloria e rinomanza e lo colloca nella discendenza tra le generazioni all’interno di una famiglia, di un clan o della società. Il “nome”, nel pensiero degli antichi, insomma, collegava l’essenza di una cosa o soprattutto di una persona a una decisione “superiore” che l’ha voluta, pensata, decisa, creata e formata, perché nulla in un pensiero deterministico avviene a caso. Ecco che Mosè insiste per conoscere il nome di chi al roveto gli dice ‘Anochi ossia “Io sono”, poi nella Bibbia c’è tutto un pathos sul nome che Dio da direttamente alle persone o addirittura cambia quello che hanno. A tre persone Dio cambiò il nome, ad Abram > Abramo, a Sarai > Sara e a Giacobbe > Israele, indi suggerì in nomi di Ismaele e di Isacco, e chiamò con i loro loro nomi, riconoscendoli idonei, Mosè, Aronne, Maria, Samuele e Ciro. Nuovo Testamento poi un Angelo annunciò il nome Gesù e chiamò per nome Giuseppe, Maria, Zaccaria, Elisabetta. poi Gesù poi chiamo per nome i 12 apostoli e ciascun battezzato lo è nel Nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, per cui è conosciuto in modo speciale da Dio, e fa parte del Nuovo Israele…
← La ricerca della pecora perduta
Chi è quella che ricerca Gesù quando nei Vangeli parla della pecora perduta? Quale è la prima pecora perduta che cerca di salvare? La Donna, non la femmina dell’uomo, ma i due progenitori, la coppia, la Donna dell’alleanza -matrimonio con Dio, in ebraico la ‘Isshah, ha le lettere in ebraico che evocano anche il termine soeh che la Bibbia usa anche per “agnello, pecora” insomma per un ovino o caprino, per cui si può pensare alla donna ‘Isshah come “una pecora” e così propose nella parabola Natan a Davide che aveva rubato “la pecora” cioè Betsabea moglie di Uria l’ittita. La Donna, quella del Genesi 2 che tradì subito l’alleanza facendosi abbindolare dal serpente, Dio sta ricercando nella storia della salvezza e vuole salvarrla come riferisce la Bibbia, Antico e Nuovo Testamento. Ecco che vale la pena vedere sotto questo aspetto come si aprono molte pagine della Bibbia che altrimenti restano alquanto velate.
← La “Porta” del Signore
Occorre entrare dalla porta giusta per comprendere l’essenza dei libri, dai Cristiani detti Antico Testamento (A. T.) della Torah o Pentateuco, il testo fondamentale dell’ebraismo, scritto secondo la tradizione giudaica almeno XXXIV secoli orsono, che ha prodotto le Sacre Scritture o Tenak che ne discendono, tutti con altri libri in greco detti “deuterocanonici”, inseriti dai cristiani cattolici nella propria Bibbia. In armonia con i saggi tra gli ebrei che lo compresero e lo comprendono, tale porta è quella del Messia il cui tempo per i cristiani è iniziato con le vicende di Gesù di Nazaret di cui parlano i Vangeli e il N.T.. “Io sono la porta” disse Gesù e questo articolo lo segue nell’allegoria del Tempio di Gerusalemme e del Suo corpo che fu aperto sulla croce aprendo da cui con l’acqua e il sangue uscì concretamente il Suo amore proponendoci di farci figli della Sua stessa Madre…
← La conversione
← La conversione – Nella visione biblica neotestamentaria quella della conversione, in ebraico teshuvah è la decisione che segue l’illuminazione del Battesimo nel Nome del Padre, del Figlio e nello Spirito Santo, per l’interiore del cambiamento della impostazione totale della propria vita. Ciò avviene quando il soggetto sente e crede profondamente nel proprio intimo che Dio è suo Padre e imposta la propria vita in modo coerente a tale sentire. Il radicale ebraico del verbo “tornare” considerando le lettere ebraiche come icone del resto chiarisce come una luce si porta dentro ed illumina tutta la vita seguente. Ecco che Deuteronomio 30 che chiama alla conversione, decriptato con i messaggi grafici insiti nelle lettere ebraiche, conferma tutta l’epopea del Messia e fa comprendere come questa storia sia il filo rosso che propongono le Sacre Scritture da seguire per il ritorno a Dio a partire da Elia e poi nei grandi profeti. Questo modus diviene esplicito nei Vangeli e nel Nuovo Testamento.