0720 - SPIRITUALITÀ

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Legge ► SILVIA CANEPARO

20 luglio 1943

 Dice Gesù:
    «E scrivi dunque. Nel soprannaturale non bisogna mai avere paura.  Chi ti detta sa quello che si dice e chi ti legge capisce perché ho  messo lui pure in condizioni di capire. Perciò via tutti i retropensieri  umani. Ricòrdati che sei il mio portavoce, quindi devi dire quanto ti  dico senza riflettere, umanamente, sull’impressione che altri ne possano  avere.
   Dunque: le ragioni per cui feci di Pietro il capo della  Chiesa, invece di fare capo il mio Prediletto, sono diverse e tutte  giuste. Non state a mettere sulla bilancia l’amore di Pietro e quello di  Giovanni per trarre da questo il motivo della scelta. I vostri pesi e  le vostre misure non hanno corso in Cielo. Furono due amori diversi come  diverse erano le indoli, le età, le forme dell’amore. Diversi e  ugualmente vòlti allo stesso scopo: Io, e ugualmente cari a Me. Dunque eliminate il ma e il se dell’amore da questo.
    Pietro era il più maturo degli apostoli, già rispettato come capo da  altri pescatori, divenuti poi apostoli; egli, come ho detto, conosceva  la vita in tutte le sue pieghe di luce e di ombra, era dotato di forza  di carattere, di ardimento e di una impulsività che ci voleva in quelle  circostanze. Egli, per sua penosa esperienza, conobbe la debolezza di  un’ora e poté capire le debolezze degli altri nelle ore di dubbio e pericolo.
   L’ho già detto. Non era quello che mi amava di più. Era uno che mi amava con tutta la sua capacità d’amare, come del resto tutti gli altri dodici, Giuda compreso finché non prestò orecchio al Seduttore.
    Nella Chiesa, che si doveva formare tra tante lotte e insidie, vi  era bisogno di uno che per età, autorità, esperienza e irruenza, sapesse  imporsi agli altri. E chi come Pietro, in queste quattro doti  necessarie alla formazione della mia Chiesa?
   Giovanni era il più  giovane. Anima di fiore, non sapeva il male della vita. Era un giglio  dal boccio ancora serrato sul candore del suo interno. Si aprì nell’ora  che il mio sguardo gli scese in cuore e non seppe più che vedere Me. Era  un bimbo dal cuore di eroe e di colomba. Pietro era il sostegno del mio  Cuore che vedeva il presente e il futuro, ma Giovanni era il conforto.  Quanto conforto solo dal suo sorriso dolce, dal suo sguardo puro, dalle  sue rade parole, ma sempre così amorose! Essere vicino a Giovanni era  per Me come riposare presso un pozzo fresco, ombreggiato da piante su un  tappeto di fiori. Emanava pace.
   Ma potevo Io imporlo, per  prudenza e per giustizia, agli altri più anziani? Occorre avere presente  che erano uomini, destinati alla perfezione, ma uomini ancora. Ecco  perché la mia Intelligenza prescelse Pietro adulto, conoscitore delle  miserie spirituali, impulsivo, autoritario, a Giovanni mite, sognatore,  giovane, ignaro.
   Pietro era la “pratica”, il genio pratico. Giovanni era la “poe­sia”, il genio poetico. Ma quando i tempi sono duri, ci vogliono non solo penne di poeta ma pugni di ferro per tenere dura la barra del timone.
    In compenso, al mio Prediletto ho dato la visione dei tempi futuri  dopo avergli dato le mie confidenze più segrete e mia Madre. Potrei dire  che Giovanni è l’ultimo, nell’ordine del tempo, e il primo,  nel­l’ordine dell’avvenire, dei profeti grandi. Perché egli  chiude il ciclo iniziato da Mosè riguardo all’Agnello che con la sua  immolazione salva il mondo e vi alza il velo che avvolge l’ultimo  giorno.
   Ma credete però che in Cielo il mio fulgore incorona la  fronte di Pietro e di Giovanni della stessa luce, e sarebbe bene per voi  non fare confronti umani su esseri che sono sopraumani.»
   Dice ancora Gesù:
   «Considera il mio Fulgore e la mia Bellezza rispetto alla nera mostruosità della Bestia.
    Non avere paura di guardare anche se è spettacolo repellente. Sei  fra le mie braccia. Esso non può accostarsi e nuocerti. Lo vedi? Non ti  guarda neppure. Ha già tante prede da seguire.
   Ora ti pare che meriti lasciare Me per seguire lui? Eppure il mondo lo segue e lascia Me per lui.
    Guarda come è satollo e palpitante. È la sua ora di festa. Ma guarda  anche come cerca l’ombra per agire. Odia la Luce, e si chiamava  Lucifero! Lo vedi come ipnotizza coloro che non sono segnati dal mio  Sangue? Accumula i suoi sforzi perché sa che è la sua ora e che si avvicina l’ora mia in cui sarà vinto in eterno[157].
    La sua infernale astuzia e intelligenza satanica sono un continuo  operare di Male, in contrapposto al nostro uno e trino operare di Bene,  per aumentare la sua preda. Ma astuzia e intelligenza non prevarrebbero se negli uomini fossero il mio Sangue e la loro onesta volontà.  Troppe cose mancano all’uomo per avere armi da opporre alla Bestia, ed  essa lo sa e apertamente agisce, senza neppure più velarsi di apparenze  bugiarde.
   La sua schifosa bruttezza ti spinga ad una sempre  maggiore diligenza e a una sempre maggiore penitenza. Per te e per i  tuoi disgraziati fratelli, che hanno l’anima orba o sedotta e non  vedono, o, vedendolo, corrono incontro al Maligno, pur di averne l’aiuto  di un’ora da pagare con una eternità di dannazione.»
   Devo spiegare io, se no non ci capisce nulla.
    È dalla sera del 18 che il buon Gesù mi fa vedere una bestiaccia  orrenda, ma così orrenda che mi dà ribrezzo e voglia di urlare. Il suo  nome è noto. E il buon Gesù mi fa capire che quell’aspetto è sempre  inferiore alla realtà, perché nessuna realtà umana può giungere a  impersonare con esattezza la suprema Bellezza e la suprema Bruttezza.
   Ora le descrivo la bestiaccia.
    Mi pare di vedere un gran buco nero nero e profondissimo. Comprendo  che è profondissimo, ma non ne vedo che l’orifizio, tutto occupato da un  mostro orribile. Non è serpe, non è coccodrillo, non è dragone, non è  pipistrello, ma ha, di tutti e quattro, qualcosa.
   Testa lunga e  puntuta senza orecchie e con due occhi sornioni e feroci che sono sempre  in caccia di preda, una bocca vastissima e armata di ben aguzzi denti,  sempre intenta ad acchiappare a volo qualche incauto che arriva a  portata delle sue mandibole. La testa insomma ha molto di quella del  serpe per la forma e del coccodrillo per i denti. Collo lungo e  flessibile che permette molta agilità alla testa tremenda.
   Un  corpaccio lubrico ricoperto da una pelle come quella delle anguille (per  intendersi) ossia senza scaglie, di colore fra il ruggine, il viola, il  bigio scuro... non saprei. Ha persino il colore delle sanguisughe.
    Alle spalle e alle anche (dico “anche” perché là finisce il ventre  palpitante e gonfio di preda e comincia la lunga coda che termina a  punta) sono quattro zampacce corte e palmate come quelle del  coccodrillo. Alle spalle due alacce da pipistrello.
   La bestiaccia  non muove il gran corpo schifoso. Muove solo la coda che si divincola a  “esse” qua e là, e muove la testa orribile dagli occhi fascinatori e  dalle mascelle sterminatrici.
   Misericordia divina! Che brutta  bestiaccia! Dal suo antro nero sprigiona tenebra e orrore. Le assicuro  che ieri, che la vedevo con tutta la sua più viva esattezza - e non  capivo che ci stesse a fare - mi veniva voglia di urlare di ribrezzo.  Meno male che vedevo che verso di me non guardava mai come per  ripulsione. Reciproca ripulsione se mai. Se questo è una pallida  raffigurazione di Satana, che sarà mai lui? Roba da morire due volte di  fila solo a vederlo!
   Meno male anche che, se in un angolo era la  bestiaccia, vicino vicino era il mio Gesù bianco, bello, biondo... Luce  nella luce! Confrontando la luminosa, confortevole figura del Cristo con  quella dell’altro, il suo sguardo dolcissimo, chiaro, con quello bieco  dell’ altro, c’è proprio da compiangere gli infelici peccatori destinati  al secondo perché hanno respinto Gesù.
   Ebbene, ora che l’ho  visto... vorrei non vederlo più, perché è troppo brutto. Pregherò perché  il meno possibile di disgraziati vada a finire nelle sue grinfie, ma  prego il buon Dio di levarmi questa vista.
   Oggi è meno viva e ne  sono gratissima al Signore. E ancora più grata perché la cara Voce mi fa  capire il perché di quella visione, che ieri mi terrorizzava credendola  destinata a me per avvertimento.

[157] sarà vinto in eterno, come si dice in Apocalisse 20, 10.
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