0710 - SPIRITUALITÀ

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Legge ► SILVIA CANEPARO

10 luglio 1943

 Dice Gesù:
   «Ascolta, Maria. Conosci la parabola[136]  di quel padre che ha due figli: uno dice: “Sì, padre mio”, e poi non fa  nulla; l’altro dice: “No, padre mio”, e poi fa quello che il padre gli  chiede?
   Non voglio qui farti meditare sui doveri dei figli e  sulla bellezza dell’ubbidienza. No. Dico solo che forse quel padre non  era un modello di padre. Prova ne sia che i figli non lo amavano: uno  mentisce, l’altro risponde con un rifiuto che supera poi con sforzo  soprannaturale.
   Non tutti i figli sono perfetti, ma anche è verità che non tutti i genitori sono perfetti. Il comandamento dice[137]:  “Onora il padre e la madre”, e chi lo contravviene pecca e sarà punito  dalla Giustizia divina. Ma la Giustizia non sarebbe giustizia se non  usasse la stessa misura verso chi non onora i figli. Onorare nel  linguaggio antico vuol dire: trattare con del riguardo riverenziale una  persona. Ora, se è doveroso onorare coloro che ci hanno dato la vita ed  hanno provveduto ai nostri bisogni di infante e di fanciullo, non è meno  vero che anche si deve, dai genitori, onorare le creature che Dio ha  concesso di avere ed ha affidato alle creature che le hanno generate  perché le allevino santamente.
   Troppo sovente i padri e le madri  non riflettono che essi divengono depositari e custodi di un prodigio di  Dio Creatore. Poiché ogni esistenza nuova è un prodigio del Creatore.  Troppo sovente i genitori non pensano che dentro quella carne, generata  dalla carne e dal sangue umano, vi è un’anima creata da Dio e che deve  essere cresciuta ad una dottrina di spirito e verità per essere  riconsegnata a Dio degnamente.
   Ogni figlio è un talento[138]  affidato dal Signore ad un suo servo. Ma guai a quel servo che non lo  fa fruttare, lo lascia inerte disinteressandosene, oppure, peggio  ancora, lo disgrega e corrompe. Se a colui che non veglia ad arricchire  il talento vivo del buon Dio, Dio chiederà con voce severa il perché e  comminerà un lungo castigo, a colui che disperde e uccide l’anima di un  figlio, Iddio, padrone e giudice di tutto ciò che è, con inesorabile  verdetto comminerà eterna pena al genitore omicida della parte più  preziosa del figlio: la sua anima.
   Questo nel campo generale. Ora al lato particolare.
   Sai come devi tu amare tua madre per poterla continuare ad amare? Di un amore unicamente spirituale. L’altro... è inutile.
    Ella non lo vede, non lo capisce, non lo sente. E vi calpesta sopra  facendoti sanguinare nella tua umanità. Perciò ti dico: amala solo  spiritualmente. Ama cioè e adoperati per la sua povera anima. Né ti dico  oltre, poiché sei figlia e non voglio che insieme si manchi d’onore ad  una madre. Io sono Dio e Giudice. Lo potrei fare. Ma con te non lo  voglio fare. Anche se un genitore manca, va rispettato perché è  “genitore”.
   Ama la sua povera anima. Ha molto bisogno  della tua carità di figlia. I padri e le madri che peccano verso i figli  hanno bisogno, in ordine alla vita eterna, dell’aiuto dei figli e del  perdono dei figli per avere alleggerita la pena.
   Rifletti molto  su quanto dico senza che Io abbia bisogno di aggiungere altro. Se tu ti  fermi a considerarla come donna non puoi onorarla. Ne convengo. Ma  considera che è un’anima figlia di Dio e molto, molto, molto  rudimentale. La tua carità di figlia deve adoperarsi a riparare le sue  deficienze, devi arricchirla tu perché non si presenti troppo povera al  Dio Giudice.
   Hai pietà degli infermi e hai amore per i pargoli.  Ma quale puerizia spirituale è più puerizia di quella di tua madre? E  quale infermità spirituale è più infermità di quella di tua madre?  Abbraccia perciò il suo spirito oscuro e pesante e alzalo verso la Luce.
    Difficile amore quello spirituale. Lo so. Ma è amore di perfezione. È  l’amore che ho avuto Io per tanti, mentre ero mortale. Io sapevo chi mi  avrebbe tradito. Sapevo chi mi avrebbe rinnegato. Sapevo chi sarebbe  fuggito nell’ora tremenda. Nulla mi era oscuro. Ebbene, ho compiuto  prodigi immisurabili d’amore spirituale - poiché la mia Carne e il mio  Sangue fremevano di ripulsione quando sentivano a sé vicini i pavidi, i  rinnegatori e specie il traditore - per cercare di salvare i loro  spiriti.
   Molti ne ho salvati così. Solo i posseduti completamente dal demonio, completamente  dico, furono tetragoni al mio lavacro d’amore spirituale. Gli altri,  posseduti da una passione sola, furono salvati avanti o dopo la mia  Morte. Giuda, Caifa, Anna e qualche altro, no, poiché i sette  principi dei demoni li tenevano avvinghiati con sette corde, e coorti di  demoni erano in loro a compiere il lavoro che fece di loro le gemme  dell’Inferno.
   Tu ama così. Farai il tuo dovere e mi ti mostrerai discepola vera. Riguardo a lei, lascia a Me l’uffizio di Giudice.
   Va’ in pace, anima cara, e non peccare.»
    E ci voleva proprio parola e carezza!… Perché, se dovessi davvero  guardare alla umanità…, ci sarebbe da scappare in cima al Monte Bianco.
    Questo ultimo brano mi è stato dettato alle 7 di mattina, e alle 11  di mattina per poco vado al Creatore tanto si scatenò la ingiusta e  crudele prepotenza di mia madre. Glielo dicevo ieri che è in un periodo  feroce? Non ho esagerato. Ora che mi ha fatto stare male - è sera e  ancora il cuore è agitato, a detta del medico ho risicato la morte, e  l’ho sentita - è contenta.
   Amen. Ubbidisco a Gesù e offro questo dolore fisico e morale per la sua anima.

[136] parabola, che è in Matteo 21, 28-32.
[137] dice in Esodo 20, 12; Deuteronomio 5, 16.
[138] un talento, come nella parabola riportata in Matteo 25, 14-30; Luca 19, 11-27.
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