10608 - SPIRITUALITÀ

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Voce narrante ► SILVIA CANEPARO

Vol.10 • cap.608 • La via dolorosa dal Pretorio al Calvario.

                                                                                      
  26 marzo 1945.
  608.1Passa qualche tempo[28] così, non più di una mezz’ora, forse anche meno. Poi Longino, incaricato di presiedere all’esecuzione, dà i suoi ordini.
    Ma prima che Gesù sia condotto fuori, nella via, per ricevere la  croce e mettersi in moto, Longino, che lo ha guardato due o tre volte,  con una curiosità che si tinge già di compassione e con l’occhio pratico  di chi non è nuovo a certe cose, si accosta a Gesù con un soldato e gli  offre un ristoro: una coppa di vino, credo. Perché mesce da una vera  borraccia militare un liquido di un biondo-roseo chiaro. «Ti farà bene.  Devi avere sete. E fuori c’è sole. E lunga è la via».
   Ma Gesù risponde: «Dio ti compensi della tua pietà. Ma non te ne privare».
    «Ma io sono sano e forte… Tu… Non mi privo… E poi… volentieri lo  farei, se fosse, per darti un conforto… Un sorso… per mostrarmi che non  odi i pagani».
   Gesù non ricusa più e beve un sorso della bevanda.  Ha le mani già slegate, come non ha più canna né clamide, e lo può fare  da Sé. E poi rifiuta, nonostante la bevanda fresca e buona dovrebbe  essere di un grande ristoro alla febbre che già si manifesta nelle  striature rosse che si accendono sulle sue guance pallide e nelle labbra  asciutte, screpolate.
   «Prendi, prendi. È acqua e miele.  Sostiene. Disseta… Mi fai pietà… sì… pietà… Non eri Tu da uccidere fra  gli ebrei… Mah!…
Io non ti odio… e cercherò di farti soffrire solo il  necessario».
   Ma Gesù non torna a bere… Ha veramente sete… La tremenda sete degli svenati e dei febbrili… Sa che non è bevanda narcotizzata e berrebbe volentieri. Ma non vuole soffrire meno.  Ma io comprendo, come comprendo questo che dico per luce interna, che  ancora più che l’acqua melata gli è di ristoro la pietà del romano.
    «Dio ti renda in benedizione questo sollievo», dice poi. E ha ancora  un sorriso… uno straziante sorriso con la bocca enfiata, ferita, che si  piega a fatica, anche perché fra il naso e lo zigomo destro sta enfiando  fortemente la forte contusione della bastonata presa nel cortile  interno dopo la flagellazione.
                                                                                                          
  608.2Sopraggiungono i due ladroni, inquadrati da una decuria per uno di armati.
   È l’ora di andare. Longino dà gli ultimi ordini.
    Una centuria si dispone in due file distanti un tre metri l’una  dall’altra ed esce così nella piazza, su cui un’altra centuria ha  formato un quadrato per respingere la folla acciò non ostacoli il  corteo. Sulla piazzetta sono già degli uomini a cavallo: una decuria di  cavalleria con un giovane graduato che la comanda e con le insegne. Un  soldato a piedi tiene per la briglia il morello del centurione. Longino  monta in sella e va al suo posto, davanti un due metri dagli undici a  cavallo.
   Portano le croci. Quelle dei due ladroni sono più corte.  Quella di Gesù molto più lunga. Io dico che l’asta verticale non lo è  meno di un quattro metri.
   Io la vedo portata già formata. Ho  letto su questo, quando leggevo… ossia anni fa, che la croce fu composta  sulla cima del Golgota e che lungo il cammino i condannati portavano  solo i due pali a fascio sulle spalle. Tutto può essere. Ma io vedo una  vera croce, ben contesta, solida, perfettamente incastrata nell’incrocio  dei due bracci e ben rinforzata con chiodi e bulloni negli stessi. E  infatti, se si pensa che era destinata a sostenere un peso non  indifferente, quale è il corpo di un adulto, e sostenerlo anche nelle  convulsioni finali, non indifferenti, si comprende che non poteva essere  fabbricata lì per lì sulla stretta e scomoda cima del Calvario.
   Prima di dare la croce a Gesù, gli passano al collo la tavola con la scritta Gesù Nazzareno Re dei Giudei.  E la fune che la sostiene si impiglia nella corona, che si sposta e  sgraffia dove non è già sgraffiato e penetra in nuovi posti dando nuovo  dolore e facendo sgorgare nuovo sangue. La gente ride di sadica gioia,  insulta, bestemmia.
   Ora sono pronti. E Longino dà l’ordine di  marcia. «Per primo il Nazzareno, dietro i due ladroni; una decuria  intorno ad ognuno, le altre sette decurie a fare da ala e rinforzo, e  sarà responsabile il soldato che fa ferire a morte i condannati».
                                                                                                          
  608.3Gesù  scende i tre scalini che dal vestibolo portano sulla piazza. E appare  subito evidente che Gesù è in condizioni di forte debolezza. Vacilla  nello scendere i tre scalini, impicciato dalla croce che preme sulla  spalla tutta piagata, dalla tabella della scritta che ballonzola sul  davanti e sega sul collo, dagli ondeggiamenti che imprime al corpo la  lunga asta della croce, che sobbalza sugli scalini e sulle asperità del  suolo.
   I giudei ridono, nel vederlo come ubbriaco tentennare, e  gridano ai soldati: «Urtatelo. Fatelo cadere. Nella polvere il  bestemmiatore!». Ma i soldati fanno soltanto ciò che devono, ossia  ordinano al Condannato di mettersi in mezzo alla via e di camminare.
    Longino sprona il cavallo, e il corteo si mette in moto lentamente. E  Longino vorrebbe anche fare presto, prendendo la via più breve per  andare al Golgota, perché non è sicuro della resistenza del Condannato.  Ma la teppa scatenata, e chiamarla teppa è ancora un onore, non vuole  così. Quelli che sono stati più furbi sono già corsi in avanti, al bivio  dove la strada si biforca per andare da una parte verso le mura,  dall’altra verso la città, e tumultuano, urlando, quando vedono che  Longino tenta pigliare quella delle mura. «Non devi! Non devi! È  illegale! La Legge dice che i condannati devono essere visti dalla città  dove peccarono!». I giudei in coda al corteo comprendono che là davanti  si tenta defraudarli di un diritto e uniscono le loro urla a quelle dei  colleghi.
   Per amor di pace, Longino piega per la via che va  verso la città e ne fa un pezzo. Ma fa anche cenno ad un decurione di  venirgli accosto (dico decurione perché è il graduato, ma forse è quello  che noi diremmo il suo ufficiale di ordinanza) e gli dice qualche cosa  piano. Costui torna indietro al trotto e, man mano che raggiunge ogni  capo decuria, trasmette l’ordine. Poi ritorna presso Longino a riferire  che è fatto. E infine raggiunge il posto di prima, nella fila dietro a  Longino.
                                                                                                          
  608.4Gesù  procede ansando. Ogni buca della via è un tranello per il suo piede  vacillante e una tortura per le sue spalle impiagate, per il suo capo  coronato di spine su cui scende a perpendicolo un sole esageratamente  caldo, che ogni tanto si nasconde dietro un tendone plumbeo di nubi. Ma  che, anche se nascosto, non cessa di ardere. Gesù è congestionato dalla  fatica, dalla febbre e dal caldo. Penso che anche la luce e gli urli gli  debbano dare tormento. E, se non può tapparsi gli orecchi per non  sentire quei gridi sgangherati, socchiude gli occhi per non vedere la  strada abbacinante di sole… Ma li deve anche riaprire perché inciampa in  sassi e buche, e ogni inciampone è dolore perché smuove bruscamente la  croce che urta sulla corona, che si sposta sulla spalla piagata e  allarga la piaga e accresce il dolore.
   I giudei non possono più  colpirlo direttamente. Ma ancora qualche sasso arriva e qualche  bastonata. Il primo, specie nelle piazzette piene di folla. Le seconde,  invece, nelle svolte, per le stradette tutte a scalini che salgono e  scendono, ora uno, ora tre, ora più, per i continui dislivelli della  città. Lì, per forza, il corteo rallenta, e c’è sempre qualche  volonteroso (!) che sfida le lance romane pur di dare un nuovo tocco al  capolavoro di tortura che è ormai Gesù.
   I soldati lo difendono  come possono. Ma anche per difenderlo lo colpiscono, perché le lunghe  aste delle lance, brandite in così poco spazio, lo urtano e lo fanno  incespicare. Ma, giunti ad un certo punto, i soldati fanno una manovra  impeccabile e, nonostante gli urli e le minacce, il corteo devia  bruscamente per una via che va diretta verso le mura, in discesa, una  via che abbrevia molto l’andare verso il luogo del supplizio.
    Gesù ansa sempre più. Il sudore gli riga il volto insieme al sangue  che gli geme dalle ferite della corona di spine. La polvere si appiccica  a questo volto bagnato e lo fa maculato di macchie strane. Perché vi è  anche vento, ora. Delle folate sincopate a lunghi intervalli, in cui  ricade la polvere che la folata ha alzata in vortici, che portano  detriti negli occhi e nelle fauci.
   Alla porta Giudiziaria sono  già ammucchiate persone e persone. Quelli che, previdenti, si sono per  tempo scelti un buon posto per vedere. Ma, poco prima di giungere ad  essa, Gesù dà già segno di cadere. Solo il pronto intervento di un  soldato, sul quale Egli quasi va a cadere, impedisce che Gesù vada per  terra. La gentaglia ride e urla: «Lascialo! Diceva a tutti: “Sorgete”.  Sorga Lui, ora…».
   Oltre la porta è un torrentello e un  ponticello. Nuova fatica per Gesù andare su quelle tavole sconnesse,  sulle quali rimbalza ancor più fortemente la lunga asta della croce. E  nuova miniera di proiettili per i giudei. Volano i sassi del torrente e  colpiscono il povero Martire…
                                                                                                          
  608.5Ha  inizio la salita del Calvario. Una via nuda, senza un filo d’ombra,  selciata a pietre sconnesse, che attacca direttamente la salita.
    Anche qui, quando leggevo, ho letto che il Calvario era alto pochi  metri. Sarà. Non è certo un monte. Ma un colle lo è, e non certo più  basso di quello che è, rispetto ai Lungarni, il monte alle Croci, là  dove è la basilica di S. Miniato, a Firenze. Qualcuno dirà: «Oh! poca  cosa!». Sì, per uno sano e forte è poca cosa. Ma basta avere il cuore  debole per sentire se è poca o tanta!… Io so che, dopo che mi si ammalò  il cuore, anche se ancora in forma benigna, non potevo più fare quella  salita senza soffrirne molto e dovendo sostare ad ogni poco, e non avevo  pesi sulle spalle. E Gesù credo che avesse il cuore molto male a posto  dopo la flagellazione e il sudore sanguigno… e non contemplo altro che  queste due cose.
   Gesù soffre perciò acutamente nel salire e col peso della croce che, così lunga come è, deve anche pesare molto.
    Trova una pietra sporgente e siccome, sfinito come è, alza ben poco  il piede, inciampa e cade sul ginocchio destro, riuscendo però a  sorreggersi con la mano sinistra. La gente urla di gioia… Si rialza.  Procede. Sempre più curvo e ansante, congestionato, febbrile…
   Il  cartello che gli ballonzola davanti gli ostacola la vista; la veste  lunga che, ora che Lui va curvo, strascica per terra sul davanti, gli  ostacola il passo. Inciampa di nuovo e cade sui due ginocchi, ferendosi  di nuovo dove è già ferito; e la croce che gli sfugge di mano e cade,  dopo averlo percosso fortemente sulla schiena, lo obbliga a chinarsi a  rialzarla ed a faticare per porsela sulle spalle di nuovo. Mentre fa  questo, appare nettamente visibile sulla spalla destra la piaga fatta  dallo sfregamento della croce, che ha aperto le molte piaghe dei  flagelli e le ha unificate in una sola che trasuda siero e sangue, di  modo che la tunica bianca è in quel luogo tutta macchiata. La gente ha  persino degli applausi per la gioia di vederlo cadere così male…
    Longino incita a spicciarsi, e i soldati, con colpi di piatto dati  con le daghe, sollecitano il povero Gesù a procedere. Si riprende il  cammino con una lentezza sempre maggiore, nonostante ogni  sollecitazione.
   Gesù sembra tutt’affatto ebbro, tanto va  barcollando, urtando or l’una or l’altra delle file dei soldati, tenendo  tutta la via. E la gente lo nota e urla: «Gli è andata al capo la sua  dottrina. Ve’, ve’ come traballa!». E altri, e non sono popolo questi, ma sacerdoti e scribi, sogghignano: «No. Sono i festini in casa di Lazzaro che ancora fanno fumo. Erano buoni? Ora mangia il nostro cibo…», e simili altre frasi.
                                                                                                          
  608.6Longino,  che si volta ogni tanto, ha pietà e ordina una sosta di qualche minuto.  Ed è insultato tanto dalla plebaglia che il centurione ordina alle  milizie di caricare. E la folla vile, davanti alle lance che luccicano e  minacciano, si allontana urlando e gettandosi qua e là giù per il  monte.
   È qui che rivedo, fra i pochi rimasti, emergere da dietro  una maceria, forse di qualche muretto franato, il gruppetto dei pastori.  Desolati, stravolti, polverosi, stracciati, essi chiamano a loro, con  la forza degli sguardi, il loro Maestro. Ed Egli gira il capo, li vede…  li fissa come fossero volti di angeli, pare dissetarsi e fortificarsi  col loro pianto, e sorride… Viene ridato l’ordine di marcia e Gesù passa  proprio davanti a loro e ne ode il pianto angoscioso. Torce a fatica il  capo da sotto il giogo della croce e ha un nuovo sorriso… I suoi  conforti… Dieci volti… una sosta sotto al cocente sole…
   E poi  subito il dolore della terza completa caduta. E questa volta non è che  inciampi. Ma è che cade per subita flessione delle forze, per sincope.  Va lungo disteso, battendo il volto sulle pietre sconnesse, rimanendo  nella polvere sotto la croce che gli si piega addosso. I soldati cercano  rialzarlo. Ma, poiché pare morto, vanno a riferire al centurione.  Mentre vanno e vengono, Gesù rinviene, e lentamente, con l’aiuto di due  soldati, di cui uno rialza la croce e l’altro aiuta il Condannato a  porsi in piedi, si rimette al suo posto. Ma è proprio sfinito.
   «Fate che non muoia che sulla croce!», urla la folla.
    «Se lo fate morire avanti, ne risponderete al Proconsole,  ricordatelo. Il reo deve giungere vivo al supplizio», dicono i capi  degli scribi ai soldati.
   Questi li fulminano con sguardi feroci, ma per disciplina non parlano.
                                                                                                          
  608.7Longino,  però, ha la stessa paura dei giudei che il Cristo muoia per via, e non  vuole noie. Senza bisogno che nessuno glielo ricordi, sa quale è il suo  dovere di preposto alla esecuzione, e provvede. Provvede disorientando i  giudei che sono già corsi avanti per la via, raggiunta da tutte le  parti del monte, sudando, graffiandosi per passare fra i rari e spinosi  cespugli del monte brullo e arso, cadendo sulle macerie che lo  ingombrano come fosse un luogo di sbratto per Gerusalemme, senza sentire  altra pena fuorché quella di perdere un ansito del Martire, un suo  sguardo di dolore, un atto anche involontario di sofferenza, e senza  altra paura che non sia quella di non giungere ad avere un buon posto.
    Longino dà, dunque, ordine di prendere la via più lunga, che sale a  spirale lungo il monte e che perciò è molto meno ripida. Sembra questa  un sentiero che a forza di essere percorso si sia mutato in via  abbastanza comoda.
   Questo incrocio di una via con l’altra avviene  ad una metà circa del monte. Ma vedo che più su, per quattro volte, la  strada diretta viene tagliata da questa, che va su con molto meno  pendenza e molto più lunghezza in compenso. E su questa strada sono  persone che salgono, ma che non partecipano all’indegna  gazzarra degli ossessi che seguono Gesù per godere dei suoi tormenti.  Donne, per la più parte, e piangenti e velate, e qualche gruppetto di  uomini, molto sparuto in verità, che, più avanti di molto delle donne,  sta per scomparire alla vista quando, nel proseguire, la strada gira il  monte.
   Qui il Calvario ha una specie di punta nella sua bizzarra  struttura, fatta a muso da una parte, mentre dall’altra scoscende.  Cercherò dargliene un’idea del suo aspetto preso di profilo. Ma bisogna  che volti il foglio, perché qui mi viene male per mancanza di spazio[29].


Gli uomini scompaiono dietro la punta sassosa e li perdo di vista.
                                  
608.8La  gente che seguiva Gesù urla di rabbia. Era più bello, per essa, vederlo  cadere. Con oscene imprecazioni al Condannato e a chi lo conduce, si dà  in parte a seguire il corteo giudiziario e parte prosegue quasi di  corsa su per la via ripida, per rifarsi, con un ottimo posto sulla  vetta, della delusione avuta.
   Le donne che vanno piangendo, e sono al punto che segno con la lettera D,  si volgono nel sentire gli urli e vedono che il corteo piega per quella  parte. Si fermano, allora, addossandosi al monte, per tema di essere  gettate giù dalla china dai violenti giudei. Calano ancor più i loro  veli sul volto. E vi è chi è completamente velata come una mussulmana,  lasciando liberi solo gli occhi nerissimi. Sono vestite molto riccamente  ed hanno, a difesa, un vecchio robusto che, tutto ammantellato come è,  non distinguo nel volto. Ne vedo solo la barba lunga, e più bianca che  nera, sporgere dal mantellone scurissimo.
   Quando Gesù giunge alla  loro altezza, esse hanno un pianto più alto e si curvano in profondo  saluto. Poi si fanno risolutamente avanti. I soldati vorrebbero  respingerle con le aste. Ma quella tutta coperta come una mussulmana  scosta per un attimo il velo all’alfiere, sopraggiunto a cavallo per  vedere che è questo nuovo intoppo, e questo dà ordine di farla passare.  Non posso vedere né il volto, né il vestito, perché lo spostamento del  velo è fatto con rapidità di lampo e l’abito è tutto nascosto in un  mantello lungo fino a terra, pesante, chiuso completamente da una serie  di fibbie. La mano, che per un attimo esce da là sotto per spostare il  velo, è bianca e bella. Ed è, con gli occhi nerissimi, l’unica cosa che  si veda di questa alta matrona, certo influente se è così ubbidita  dall’aiutante di Longino.
                                                                                                          
  608.9Si  accostano a Gesù piangendo e si inginocchiano ai suoi piedi mentre Egli  si ferma ansante… e pure sa ancora sorridere a quelle pietose e  all’uomo che le scorta, che si scopre per mostrare che è Gionata. Ma  questo le guardie non lo fanno passare. Solo le donne.
   Una è Giovanna di Cusa. Ed è più disfatta di quando era morente[30].  Di rosso non ha che le righe del pianto, e poi è tutta una faccia di  neve con i dolci occhi neri che, così offuscati come sono, sembrano  divenuti di un viola scurissimo come certi fiori. Ha in mano un’anfora  d’argento e l’offre a Gesù. Ma Egli ricusa. D’altronde, è tanto il suo  affanno che non potrebbe neppur bere. Con la mano sinistra si asciuga il  sudore e il sangue che gli cade negli occhi e che, scorrendo lungo le  guance paonazze e il collo, dalle vene turgide nel battito affannoso del  cuore, bagna tutta la veste sul petto.
   Un’altra donna, che ha  presso una fanciulla servente con uno scrignetto fra le braccia, apre lo  scrignetto, ne trae un lino finissimo, quadrato, e lo offre al  Redentore. Questo lo accetta. E poiché non può con una mano sola fare da  Sé, la pietosa lo aiuta, badando di non urtargli la corona, a posarselo  sul volto. E Gesù preme il fresco lino sulla sua povera faccia e ve lo  tiene, come ne trovasse un grande ristoro.
   Poi rende il lino e  parla: «Grazie Giovanna, grazie Niche,… Sara,… Marcella,… Elisa,…  Lidia,… Anna,… Valeria,… e tu… Ma… non piangete… su Me… figlie di…  Gerusalemme… Ma sui peccati… vostri e su quelli… della vostra città…  Benedici… Giovanna… di non avere… più figli… Vedi… è pietà di Dio… non…  non avere figli… perché… soffrano di… questo. E anche… tu, Elisabetta…  Meglio… come fu… che fra i deicidi… E voi… madri… piangete sui… figli  vostri, perché… quest’ora non passerà… senza castigo… E che castigo, se  così è per… l’Innocente… Piangerete allora… di avere concepito…  allattato e di… avere ancora… i figli… Le madri… di allora… piangeranno  perché… in verità vi dico… che sarà fortunato… chi allora… cadrà… sotto  le macerie… per primo. Vi benedico… Andate… a casa… pregate… per Me.  Addio, Gionata… conducile via…».
   E fra un alto clamore di pianto femminile e di imprecazioni giudee Gesù si rimette in moto.
                                                                                                          
  608.10Gesù  è di nuovo tutto bagnato di sudore. Sudano anche i soldati e gli altri  due condannati, perché il sole di questo giorno temporalesco è scottante  come fiamma e il fianco del monte, arroventato di suo, aumenta il  calore solare.
   Cosa deve essere questo sole sulla veste di lana  di Gesù, posta sulle ferite dei flagelli, è facile pensare e inorridire…  Ma Egli non ha mai un lamento. Soltanto, nonostante la via sia molto  meno ripida e non abbia quelle pietre sconnesse dell’altra, così  pericolose al suo piede che ormai è strascicante, Gesù barcolla sempre  più forte, tornando ad urtare da una fila all’altra dei soldati e  piegando sempre più verso terra.
   Pensano di risolvere la cosa in  bene passandogli una fune alla cintura e tenendolo per due capi come  fossero redini. Sì. Questo lo sostiene. Ma non lo solleva dal peso. Anzi  la fune, urtando nella croce, la fa spostare continuamente sulla spalla  e picchiare nella corona, che ormai ha fatto della fronte di Gesù un  tatuaggio sanguinante. Inoltre, la fune sfrega alla cintura dove sono  tante ferite, e certo le deve rompere di nuovo, tanto che la tunica  bianca si colora alla vita di un rosso pallido. Per aiutarlo, lo fanno  soffrire più ancora.
                                                                                                          
  608.11La strada prosegue. Gira il monte, torna quasi sul davanti, verso la strada erta. Qui, nel posto che segno con la lettera M,  è Maria con Giovanni. Direi che Giovanni l’ha portata in quel posto  ombroso, dietro la china del monte, per darle un poco di ristoro. È la  parte più scoscesa del monte. Non vi è che quella via che la costeggia.  Sopra e sotto la costa scoscende o si inerpica ripida, e perciò è  trascurata dai crudeli. Lì è ombra, perché direi che è il settentrione, e  Maria, addossata come è al monte, è riparata dal sole. Sta appoggiata  al terriccio. In piedi, ma già esausta, Ella pure ansante, pallida come  una morta nel suo abito blu scurissimo, quasi nero. Giovanni la guarda  con pietà desolata. Anche egli ha perduto ogni traccia di colore ed è  terreo, con due occhi stanchi e sbarrati, spettinato, dalle gote  incavate come per malattia.
   Le altre donne — Maria e Marta di  Lazzaro, Maria d’Alfeo e di Zebedeo, Susanna di Cana, la padrona di casa  e altre ancora che non conosco[31]  — tutte sono in mezzo alla via e guardano se viene il Salvatore. E,  visto giungere Longino, accorrono presso Maria a dare la notizia. E  Maria, sorretta per un gomito da Giovanni, si stacca, maestosa nel suo  dolore, dalla costa del monte e si pone risolutamente in mezzo alla  strada, scansandosi solo per il sopraggiungere di Longino, che dall’alto  del suo morello guarda la pallida Donna e il suo accompagnatore biondo,  pallido, dai miti occhi di cielo come Lei. E crolla il capo, Longino,  mentre la supera seguito dagli undici a cavallo.
   Maria cerca  passare fra i soldati appiedati. Ma questi, che hanno caldo e fretta,  cercano respingerla con le aste, molto più che dalla via selciata volano  sassi per protesta contro tante pietà. Sono i giudei, che ancora  imprecano per la sosta causata dalle pie donne e dicono: «Presto! Domani  è Pasqua[32].  Bisogna finire tutto entro sera! Complici! Derisori della nostra Legge!  Op­pressori! A morte gli invasori e il loro Cristo! Lo amano! Veh! come  lo amano! Ma prendetelo! Mettetelo nel vostro maledetto Urbe! Ve lo  cediamo! Non lo vogliamo! Le carogne alle carogne! La lebbre ai  lebbrosi!».
                                                                                                          
  608.12Longino  si stanca e sprona il cavallo, seguito dai dieci lancieri, contro la  canea insultante, che fugge una seconda volta. Ed è nel fare questo che  vede fermo un carretto, certo salito lì dalle ortaglie che sono ai piedi  del monte, e che attende col suo carico di insalate che la turba sia  passata per scendere verso la città. Penso che un poco di curiosità nel  Cireneo e nei suoi figli lo abbia fatto salire fin lì, perché non era  proprio necessario per lui di farlo. I due figli, sdraiati sull’alto del  mucchio verdolino delle verdure, guardano e ridono dietro i giudei  fuggenti. L’uomo invece, un robustissimo uomo sui  quaranta-cinquan­t’anni, ritto presso il ciuchino che spaventato cerca  di rinculare, guarda attentamente verso il corteo.
   Longino lo squadra. Pensa gli possa far comodo e ordina: «Uomo, vieni qui».
    Il Cireneo finge di non sentire. Ma con Longino non si scherza.  Ripete l’ordine in un modo tale che l’uomo getta la redine ad un figlio e  viene vicino al centurione.
   «Vedi quell’uomo?», chiede. E nel  dire così si volge per indicare Gesù e vede a sua volta Maria, che  supplica i soldati di farla passare. Ne ha pietà e urla: «Fate passare  la Donna». Poi torna a parlare al Cireneo: «Non può più procedere così  carico. Tu sei forte. Prendi la sua croce e portala per Lui sino alla  cima».
   «Non posso… Ho l’asino… è riottoso… i ragazzi non sanno tenerlo…».
   Ma Longino dice: «Vai, se non vuoi perdere l’asino e acquistare venti colpi di castigo».
   Il Cireneo non osa più reagire. Urla ai ragazzi: «Andate a casa e presto. E dite che vengo subito», e poi va da Gesù.
                                                                                                          
  608.13Lo  raggiunge proprio mentre Gesù si volge verso la Madre, che solo ora  vede venire verso di Lui, perché procede così curvo e ad occhi quasi  chiusi che è come fosse cieco, e grida: «Mam­ma!».
   È la prima  parola, da quando è torturato, che esprima il suo soffrire. Perché in  quel grido c’è la confessione di tutto e ogni suo tremendo dolore di  spirito, di morale e di carne. È il grido straziato e straziante di un  bambino che muore solo, fra aguzzini, fra le peggiori torture… e che  giunge ad avere paura anche del suo proprio respiro. È il lamento di un  fanciullo delirante che è straziato da visioni d’incubo… E vuole la  mamma, la mamma, perché solo il suo bacio fresco calma l’ardore della  febbre, la sua voce fuga i fantasmi, il suo abbraccio fa meno paurosa la  morte…
   Maria si porta la mano al cuore, come ne avesse una  pugnalata, e ha un lieve vacillamento. Ma si riprende, affretta il passo  e, mentre va a braccia tese verso la sua Creatura straziata, grida:  «Figlio!». Ma lo dice in maniera tale che chi non ha cuore di iena se lo  sente fendere per quel dolore.
   Vedo che anche fra i romani vi è  un moto di pietà… eppure sono uomini d’arme, non nuovi alle uccisioni,  segnati da cicatrici… Ma la parola «Mamma!» e «Figlio!» sono sempre  quelle, e per tutti coloro che, ripeto, non sono peggio delle iene, e  sono dette e comprese dovunque, e dovunque sollevano onde di pie­tà…
    Il Cireneo ha questa pietà… E poiché vede che Maria non può  abbracciare il suo Figlio per via della croce e, dopo avere teso le  braccia, le lascia ricadere, persuasa di non poterlo fare — e lo guarda  soltanto, volendo sorridere del suo martire sorriso per rincuorarlo,  mentre le labbra tremanti bevono il pianto, e Lui, torcendo il capo da  sotto il giogo della croce, cerca a sua volta di sorriderle e di  inviarle un bacio con le povere labbra ferite e spaccate dalle percosse e  dalla febbre — si affretta a levare la croce, e lo fa con delicatezza  di padre, per non urtare la corona o strofinare sulle piaghe.
   Ma  Maria non può baciare la sua Creatura… Anche il tocco più lieve sarebbe  tortura sulle carni lacerate, e Maria se ne astiene, e poi… i sentimenti  più santi hanno un pudore profondo. E vogliono rispetto o almeno  compassione. Qui è curiosità e soprattutto scherno. Si baciano solo le  due anime angosciate.
                                                                                                          
  608.14Il  corteo, che si rimette in moto sotto la spinta delle ondate di popolo  furente che preme dal fondo, li divide, respingendo la Madre contro il  monte, allo scherno di tutto un popolo…
   Ora dietro a Gesù è il  Cireneo con la croce. E Gesù, libero di quel peso, procede meglio. Ansa  fortemente, si porta sovente la mano al cuore, come avesse un grande  dolore, una ferita lì, alla regione sterno-cardiaca, e ora che può, non  avendo più le mani legate, si respinge i capelli caduti in avanti, tutti  collosi di sangue e sudore, fin dietro le orecchie, per sentire aria  sul volto cianotico, si slaccia il cordone del collo, per la sofferenza  del respiro… Ma può camminare meglio.
   Maria si è ritirata con le  donne. Si accoda al corteo quando è passato e poi, per una scorciatoia,  si dirige alla vetta del monte, sfidando gli improperi della plebe  cannibalesca.
   Ora che Gesù è libero, si compie abbastanza presto  l’ultimo anello del monte, e già si è prossimi alla cima tutta piena di  popolo urlante.
   Longino si ferma e dà ordine che tutti, inesorabilmente,  siano respinti più in basso, perché la cima, luogo di esecuzione, sia  libera. E metà centuria eseguisce l’ordine, accorrendo sul posto e  respingendo senza pietà chiunque là si trova, usando daghe e aste per  questo. Sotto la grandine delle piattonate e delle bastonate, i giudei  della cima fuggono. E vorrebbero collocarsi nella sottostante spianata.  Ma quelli che già sono in essa non cedono, e fra la gente si accendono  risse feroci. Sembrano tutti pazzi.
                                                                                                 
  608.15Come le ho detto lo scorso anno[33],  il Calvario, nella sua cima, ha la forma di un trapezio irregolare,  lievemente più alto nel lato A, dopo il quale il monte scoscende ripido  per oltre metà della sua altezza. Su questa piazzuola sono già pronti  tre buchi profondi, tappezzati di mattoni o lavagne, costruiti apposta,  insomma. Vicino ad essi sono pietre e terra pronte per rincalzare le  croci. Altri buchi invece sono stati lasciati pieni di pietre. Si  capisce che li svuotano di volta in volta per il numero che serve.
    Sotto la cima trapezoidale, dalla parte che il monte non scoscende,  vi è una specie di piattaforma degradante dolcemente, che fa una seconda  piazzuola. Da questa partono due larghi sentieri che costeggiano la  cima, di modo che questa è isolata e sopraelevata di almeno due metri da  tutti i lati.
   I soldati, che hanno respinto la folla dalla cima,  domano, a colpi persuasivi di aste, le risse, e fanno largo perché il  corteo possa sfilare senza ostacoli nell’ultimo pezzo di strada, e  restano lì a fare ala mentre i tre condannati, inquadrati dai cavalieri e  protetti dall’altra metà centuria alle spalle, giungono fino al punto  dove vengono fatti fermare: ai piedi del naturale palco sopraelevato che  è la cima del Golgota.
                                                                                                          
  608.16Mentre ciò avviene, scorgo le Marie al punto che segno con un M,  e un poco dietro a loro sono Giovanna di Cusa con altre quattro delle  dame di prima. Le altre si sono ritirate. E devono averlo fatto da sole,  perché Gionata è là, dietro alla sua padrona. Non c’è più quella che  noi diciamo Veronica e che Gesù ha detta Niche, e con lei manca la sua  servente. E anche quella tutta velata, che fu obbedita dai soldati, non  c’è più. Vedo Giovanna, la vecchia chiamata Elisa, Anna (è la padrona di  quella casa dove Gesù va alla vendemmia del primo anno[34]) e due che non so identificare meglio.
    Dietro queste donne e le Marie vedo Giuseppe e Simone d’Alfeo, e  Alfeo di Sara insieme al gruppo dei pastori. Hanno colluttato con chi li  voleva respingere insultandoli, e la forza di questi uomini, che  l’amore e il dolore moltiplicano, è stata così violenta[35]  che hanno vinto, creando un semicerchio libero contro il quale i  vilissimi giudei non osano che lanciare grida di morte e tendere i  pugni. Ma non di più, perché i bastoni dei pastori sono nodosi e  pesanti, e la forza e la mira non manca a questi prodi. E non dico male a  dire così. Ci vuole un vero coraggio a stare in pochi, noti per galilei  o seguaci del Galileo, contro tutta una popolazione ostile. L’unico  punto di tutto il Calvario dove non si bestemmi il Cristo!
   Il  monte, dai tre lati che scendono non ripidi a valle, è tutto un  formicolaio di folla. La terra giallastra e nuda non si vede più. Sotto  il sole che va e viene pare un prato fiorito di corolle di tutti i  colori, tanto sono fitti i copricapi e i mantelli dei sadici che lo  coprono. Oltre torrente, per la via, altra folla; oltre le mura, altra  ancora. Sulle terrazze più vicine, altra ancora. Il resto della città  nudo… vuoto… silenzioso. Tutto è qui. Tutto l’amore e tutto l’odio.  Tutto il Silenzio che ama e perdona. Tutto il Clamore che odia e  impreca.
                                                                                                          
  608.17Mentre  gli uomini preposti all’esecuzione preparano i loro strumenti finendo  di svuotare le buche, e i condannati aspettano al centro del loro  quadrato, i giudei, rifugiati nell’angolo opposto alle Marie, le  insultano. Anche la Madre insultano: «A morte i galilei. A morte!  Galilei! Galilei! Maledetti! A morte il Bestemmiatore galileo.  Inchiodate sulla croce anche il seno che lo ha portato! Via le vipere  che partoriscono i demoni! A morte! Mondate Israele dalle femmine  congiunte col capro!…».
   Longino, che è smontato da cavallo, si  volta e vede la Madre… Ordina di far cessare quella gazzarra… La mezza  centuria, che era alle spalle dei condannati, carica la marmaglia e  sgombera del tutto la seconda piazzuola, mentre i giudei scappano per il  monte pestandosi gli uni con gli altri. Smontano anche gli altri  soldati, e uno prende gli undici cavalli, oltre quello del centurione, e  li porta all’ombra, dietro il costolone B del monte.
    Il centurione si avvia verso la vetta. Giovanna di Cusa si fa avanti,  lo ferma. Gli dà l’anfora e una borsa. E poi si ritira piangendo,  andando contro lo spigolo del monte con le altre.
                                                                                                          
  608.18In  alto è pronto tutto. Vengono fatti salire i condannati. E Gesù passa  ancora una volta presso la Madre, che ha un gemito che Ella stessa cerca  frenare portandosi il mantello sulla bocca.
   I giudei vedono e  ridono e deridono. Giovanni, il mite Giovanni, che ha un braccio dietro  le spalle di Maria per sorreggerla, si volge con uno sguardo feroce. Ha  persino l’occhio fosforescente. Se non avesse da tutelare le donne, io  credo che prenderebbe qualcuno dei vili per la gola.
   Non appena i  condannati sono sul palco fatale, i soldati circondano la piazzuola da  tre lati. Non resta vuoto che quello a strapiombo.
   Il centurione  dà ordine al Cireneo di andarsene. E questi se ne va, a malincuore ora, e  non direi per sadismo, ma per amore. Tanto che si ferma presso i  galilei, dividendo con essi gli insulti che la folla elargisce a questi  sparuti fedeli del Cristo.
   I due ladroni gettano al suolo le loro croci bestemmiando. Gesù tace.
   La via dolorosa è terminata.

[28] qualche tempo, dalla fine della visione (604.35) che immediatamente precede nell’ordine di stesura (25 marzo 1945).
[29] spazio. Nello schizzo che MV fa seguire si legge, alla base, Porta Giudiziaria al centro delle mura della Città. Poco più sopra, in parallelo, è per due volte la parola Torrente, e all’estremità destra ortaglie. La didascalia a sinistra dice: Il Calvario. La via quadrettata è quella ripida, abbandonata, per lo stato di Gesù, dove cessa il segno rosso [che va dalla “Porta Giudiziaria” al primo incrocio]. Quella rossa la via a spirale fatta poi da Gesù [a partire dal primo incrocio]. I punti segnati con le lettere D e M trovano spiegazione nel testo. Oltre alla via in rosso, MV tinteggia il monte in giallo e il torrente in bleu.
[30] quando era morente, in 102.7.
[31] non conosco, poiché la data della presente visione precede quella della maggior parte delle visioni della vita pubblica di Gesù.
[32] Pasqua deve qui intendersi “sabato solenne”, come in Giovanni 19, 31.
[33] Come le ho detto (a Padre Migliorini) lo scorso anno,  nella visione descritta il 18 febbraio 1944 e facente parte di una  “Passione” più compendiosa, come è spiegato in nota a 587.13.
[34] alla vendemmia del primo anno, nel capitolo 108. L’annotazione tra parentesi è in calce alla pagina del quaderno autografo.
[35] è stata così violenta, invece di sono state così violente, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.


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