09555 - SPIRITUALITÀ

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Voce narrante ► SILVIA CANEPARO

Vol.09 • cap.555 • Lezione notturna a Simon Pietro sull'esame  dei peccati e sul dolore dei buoni e degli innocenti.

  15 gennaio 1947.
  555.1Gesù  è solo in una piccola stanza. Seduto sul lettuccio, pensa o prega. Un  lumicino ad olio su una scansia palpita con la sua fiammolina  giallastra. Deve essere notte, perché non c’è rumore alcuno per la casa e  nella via. Solo il torrente pare frusciare più forte, fuor della casa,  nel silenzio della notte.
   Gesù alza il capo guardando l’uscio.  Ascolta. Si alza e va ad aprire. Vede Pietro fuor dell’uscio. «Tu?  Vieni. Che vuoi, Simone? Ancora alzato, tu che devi fare tanto  cammino?». Lo ha preso per mano e tirato dentro, rinchiudendo l’uscio  senza far rumore. Se lo fa sedere accanto sulla sponda del letto.
    «Volevo dirti, Maestro... Sì, volevo dirti che, lo hai visto anche  oggi ciò che valgo. Sono capace soltanto di fare divertire dei poveri  bambini, consolare una vecchierella, mettere pace fra due pastori che  questionano per un’agnella risultata di petto cieco. Sono un povero  uomo. Tanto povero che non capisco neppure ciò che Tu mi spieghi. Ma  questa è un’altra cosa. Ora io volevo dirti che, proprio per questo, Tu  mi tenessi qui. Io non ci tengo ad andare in giro quando Tu non sei con  noi. E non sono capace di fare... Accontentami, Signore». Pietro parla  con calore, ma tenendo gli occhi puntati sui rozzi mattoni  sbocconcellati del pavimento.
   «Guardami, Simone», comanda Gesù. E  poiché Pietro ubbidisce, Gesù lo fissa acutamente chiedendo: «E questo è  tutto? Tutta la ragione del tuo vegliare? Tutta la ragione del tuo  pregare di tenerti qui? Sii sincero, Simone. Non è mormorare dire al tuo  Maestro l’altra parte del tuo pensiero. Bisogna saper distinguere fra  parola oziosa e parola utile. È oziosa, e generalmente nell’ozio  fiorisce il peccato, quando si parla delle manchevolezze altrui con chi  non può nulla su esse. Allora è semplicemente mancanza di carità, anche  se le cose dette sono vere. Come è mancanza di carità rimproverare più o  meno acerbamente senza unire al rimprovero il consiglio. E parlo di  rimproveri giusti. Gli altri sono ingiusti e sono peccato contro il  prossimo. Ma quando uno vede un suo prossimo che pecca, e ne soffre  perché peccando colui offende Dio e danneggia la sua anima, e da solo  sente che non è capace di misurare l’entità dell’altrui peccato, né si  sente sapiente a dire parole di conversione e allora si rivolge ad un  giusto, ad un sapiente, e confida il suo affanno, allora non fa peccato,  perché le sue confidenze sono volte a por fine ad uno scandalo e a  salvare un’anima. È come uno che avesse un parente malato di una  malattia che è vergognosa. È certo che egli cercherà di tenerla nascosta  al popolo, ma in segreto andrà a dire al medico: “Il mio parente  secondo me ha questo e questo, né io so consigliarlo e curarlo. Vieni tu  o dimmi ciò che devo fare”. Manca forse costui di amore al parente? No.  Anzi! Mancherebbe se fingesse di non accorgersi della malattia e la  lasciasse progredire, portando alla morte, per un malinteso sentimento  di prudenza e di amore.
                                                                                                          
  555.2Un  giorno, e non passeranno anni, tu, e con te i tuoi compagni, dovrete  ascoltare le confidenze dei cuori. Non così come le ascoltate ora, da  uomini, ma come sacerdoti, ossia medici, maestri e pastori delle anime,  così come Io sono Medico, Maestro e Pastore. Dovrete ascoltare e  decidere e consigliare. Il vostro giudizio avrà valore come se Dio  stesso lo avesse pronunciato...».
   Pietro si svincola da Gesù, che  lo teneva stretto al suo fianco, e dice alzandosi: «Ciò non è  possibile, Signore. Non ce lo imporre mai. Come vuoi che si giudichi  come Dio, se non sappiamo neppure giudicare come uomini?».
    «Allora saprete, perché lo Spirito di Dio si librerà su voi e vi  penetrerà delle sue luci. Saprete giudicare, considerando le sette  condizioni dei fatti che vi verranno proposti per avere consiglio o  perdono. Ascolta bene e cerca di ricordare. A suo tempo lo Spirito di  Dio ti ricorderà le mie parole. Ma tu cerca ugualmente di ricordare con  la tua intelligenza, perché Dio te l’ha data perché tu la adoperi senza  infingardie e presunzioni spirituali, che portano ad attendere e  pretendere tutto da Dio. Quando tu sarai maestro, medico e pastore al  posto mio e in mia vece, e quando un fedele verrà a piangere ai tuoi  piedi i suoi turbamenti per azioni proprie o azioni altrui, tu devi  sempre aver presente questo settenario di interrogativi.
    Chi: chi ha peccato? Cosa: quale è la materia del peccato? Dove: in che luogo? Come: in che circostanze? Con che o con chi: lo strumento o la creatura che fu materia al peccato. Perché: quali gli stimoli che hanno creato l’ambiente favorevole al peccato? Quando: in che condizioni e reazioni, e se accidentalmente o per abitudine malsana.
    Perché vedi, Simone, la stessa colpa può avere infinite sfumature e  gradi, a seconda di tutte le circostanze che l’hanno creata e degli  individui che l’hanno compiuta. Ad esempio... Prendiamo in  considerazione due peccati che sono i più diffusi: quello della  concupiscenza carnale o della concupiscenza delle ricchezze.
   Una  creatura ha peccato di lussuria, o crede aver peccato di lussuria.  Perché talora l’uomo confonde il peccato con la tentazione, oppure  giudica uguali lo stimolo creato artificiosamente per un malsano  appetito, e uguali quei pensieri che sorgono per riflesso ad una  sofferenza di malattia, o anche perché la carne e il sangue delle volte  hanno delle improvvise voci che risuonano nella mente prima che essa  abbia tempo di mettersi in guardia per soffocarle. Viene da te e ti  dice: “Io ho peccato di lussuria”. Un sacerdote imperfetto direbbe:  “Anatema su te”. Ma tu, il mio Pietro, non devi dire così. Perché tu sei  Pietro di Gesù, sei il successore della Misericordia. E allora, prima  di condannare, devi considerare e toccare dolcemente e prudentemente il cuore che ti piange davanti per sapere tutti i lati della colpa o della supposta colpa, dello scrupolo.
   Ho detto dolcemente e prudentemente.  Ricordare che, oltre che maestro e pastore, sei medico. Il medico non  invelenisce le piaghe. Pronto a recidere se c’è della cancrena, sa però  anche scoprire e medicare con mano leggera se vi è soltanto ferita con  lacerazione di parti vive che vanno riunite, non strappate via. E  ricordare che, oltre che medico e pastore, sei maestro. Un maestro  regola le sue parole a seconda dell’età dei suoi discepoli. Sarebbe uno  scandalo quel pedagogo che a fanciullini svelasse leggi animali che gli  innocenti ignoravano, dando così cognizioni e malizie precoci. Anche nel  trattare le anime bisogna avere prudenza nell’interrogare. Rispettarsi e  rispettare. Ti sarà facile se in ogni anima tu vedrai un tuo figlio. Il  padre è naturalmente maestro, medico e guida dei suoi figli. Perciò,  quale che sia la creatura che ti è davanti turbata da colpa, o da timore  di colpa, tu amala con paterno amore, e saprai giudicare senza ferire e  senza scandalizzare.
                                                                                                          
  555.3Mi segui?».
    «Sì, Maestro. Capisco molto bene. Dovrò essere cauto e paziente,  persuadere a scoprire le ferite, ma guardarvi da me, senza attirare  l’occhio altrui su esse, e soltanto quando vedessi che c’è proprio  ferita allora dire: “Vedi? Qui ti sei fatto del male per questo e  questo”. Ma, se vedo che la creatura ha soltanto paura di esser ferita  per aver visto fantasmi, allora... soffiare via le nebbie senza dare  delle luci, per zelo inutile, atte a illuminare vere fonti di colpa.  Dico bene?».
   «Molto bene. Dunque. Se uno ti dice: “Ho peccato di  lussuria”, tu considera chi hai di fronte. Vero è che il peccato può  sorgere a tutte le età. Ma sarà più facile riscontrarlo in un adulto che  non in un fanciullo, e diverse saranno perciò le interrogazioni e le  risposte da fare e da dare ad un uomo o ad un fanciullo. Viene di  conseguenza, dalla prima indagine, la seconda sulla materia del peccato,  e poi la terza sul luogo del peccato, e la quarta sulle circostanze del  peccato, e la quinta su chi fu complice al peccato, e la sesta sul  perché del peccato, e la settima sul tempo e sul numero del peccato.
    Vedrai che, generalmente, mentre per un adulto, e adulto vivente nel  mondo, ad ogni domanda ti apparirà corrispondente una circostanza di  vera colpa, per creature fanciulle di età o di spirito, a molte domande  dovrai risponderti: “Qui c’è un fumo, non sostanza di colpa”. Anzi,  vedrai talora in luogo di fango esservi un giglio che trema di essere  stato schizzato di fango, e confonde la goccia di rugiada scesa sul suo  calice con lo spruzzo della mota. Anime tanto desiderose di Cielo che  temono come macchia anche l’ombra di una nube, che le oscura per un  momento frapponendosi fra loro e il sole, ma poi passa, e non vi è  traccia di essa sulla candida corolla. Anime tanto innocenti e vogliose  di restarlo, che Satana spaventa con tentazioni mentali o aizzando i  fomiti della carne o la carne stessa, col­l’approfittarsi di vere  malattie della carne. Queste anime vanno consolate e sorrette, perché  sono non già peccatrici, ma martiri. Ricordalo sempre.
    E ricorda sempre di giudicare anche chi peccò di avidità alle  ricchezze o cose altrui con lo stesso metodo. Perché, se è colpa  maledetta essere avidi senza bisogno e senza pietà, rubando al povero e  contro giustizia vessando i cittadini, i servi, o i popoli, meno grave,  molto meno grave è la colpa di chi, avendo avuto negato un pane dal suo  prossimo, lo ruba per sfamare se stesso e le sue creature. Ricorda che,  se tanto per il lussurioso come il ladro è di misura, nel giudicare, il  numero, le circostanze e la gravità della colpa, è anche di misura nel  giudicare la conoscenza, da parte del peccatore, del peccato che ha  commesso e nel momento che lo commetteva. Perché, se uno fa con piena  conoscenza, pecca più di chi fa per ignoranza. E chi fa con libero  consenso della volontà pecca più di chi è forzato al peccato. In verità  ti dico che talora vi saranno fatti dall’apparenza di peccato e che  saranno martirio, e avranno il premio dato per un patito martirio.
    E ricorda soprattutto che in tutti i casi, prima di condannare,  dovrai ricordarti che tu pure fosti uomo e che il Maestro tuo, che  nessuno poté trovare in peccato, mai, non condannò mai alcuno  che si fosse pentito di aver peccato. Perdona settanta volte sette, e  anche settanta volte settanta, i peccati dei tuoi fratelli e dei figli  tuoi. Perché chiudere le porte della Salute ad un malato, solo perché  ricaduto nella malattia, è volerlo fare morire.
                                                                                                          
  555.4Hai compreso?».
   «Ho compreso. Questo l’ho proprio compreso...».
   «E allora dimmi ora tutto il tuo pensiero».
    «Eh! sì! Te lo dico perché vedo che proprio Tu sai tutte le cose, e  capisco che non è mormorare dirti di mandare via Giuda, al mio posto,  perché egli soffre di non andare. Io te lo dico non per dire che egli è  invidioso e farmi scandalo di lui, ma per dargli pace e... darti pace.  Perché deve essere ben faticoso per Te avere sempre quel vento di  temporale vicino...».
   «Giuda si è ancora lamentato?».
   «Eh!  sì! Ha detto che ogni tua parola è una ferita per lui. Anche quello che  hai detto per i fanciulli. Dice che in verità fu per lui che Tu hai  detto che Eva andò all’albero perché le piaceva quella cosa lucente come  un serto di re. Io veramente non ci avevo trovato proprio un paragone.  Ma io sono ignorante. Bartolmai e lo Zelote invece hanno detto che Giuda  è stato proprio “toccato nel vivo più vivo”, perché egli è stregato da  tutto ciò che luccica e seduce la vanagloria. E avranno ragione, perché  essi sono sapienti. Sii buono con i tuoi poveri apostoli, Maestro! Fa’  contento Giuda, e me con lui. Tanto! Lo vedi? So fare solo divertire i  fanciulli... ed essere fanciullo fra le tue braccia», e si stringe al  suo Gesù, che ama veramente con tutte le sue forze.
   «No. Non ti  posso accontentare. Non insistere. Tu, proprio perché sei come sei, vai  alla missione. Egli, proprio perché è come è, resta qui. Anche mio  fratello me ne aveva parlato, e per quanto lo ami tanto ho risposto  anche a lui “ no”. Neppure se me ne pregasse mia Madre cederei. Non è un castigo, ma una medicina.  E Giuda la deve prendere. Se non gioverà al suo spirito gioverà al mio,  perché non potrò rimproverarmi di avere omesso cosa alcuna per  santificarlo».
   Gesù è severo e imperioso nel dire questo. Pietro lascia ricadere le braccia e abbassa il capo sospirando.
   «Non te ne affliggere, Simone. Noi avremo un’eternità per stare uniti e amarci.
                                                                                                          
  555.5Ma tu avevi altre cose da dirmi...».
   «È tardi, Maestro. Tu devi dormire».
   «Tu più di Me, Simone, che all’alba devi metterti in cammino».
   «Oh! per me! Stare qui con Te è più riposo che stare sul letto».
   «Parla, dunque. Tu lo sai che poco Io dormo...».
    «Ecco! Io sono uno zuccone, lo so e lo dico senza vergogna. E se  fosse per me non mi importerebbe molto di sapere, perché penso che la  sapienza più grande sia amarti e seguirti e servirti con tutto il cuore.  Ma Tu mi mandi qua e là. E la gente mi interroga e io devo rispondere.  Penso che quello che io chiedo a Te, altri possono chiederlo a me.  Perché gli uomini hanno gli stessi pensieri. Tu dicevi[1]  ieri che sempre gli innocenti e i santi soffriranno, anzi saranno  quelli che soffrono per tutti. Questo è duro per il mio intelletto,  anche che Tu dica che essi stessi lo desidereranno. E penso che, come è  duro per me, possa esserlo per altri. Se me ne chiedono, che cosa devo  rispondere? In questo primo viaggio una madre mi disse: “Non era giusto  che la mia bambina morisse con tanto dolore, perché era buona e  innocente”. E io, non sapendo che dire, le ho detto le parole[2]  di Giobbe: “Il Signore ha dato. Il Signore ha tolto. Sia benedetto il  Nome del Signore”. Ma non sono rimasto persuaso neppure io. E non ho  persuaso lei. Vorrei un’altra volta sapere che dire...».
   «È giusto.
                                                                                                          
  555.6Ascolta.  Pare un’ingiustizia, ed è una grande giustizia, che i migliori soffrano  per tutti. Ma dimmi un poco, Simone. Cosa è la Terra? Tutta la Terra».
   «La Terra? Uno spazio grande, grandissimo, fatto di polvere e acque, di rocce, con piante, animali e creature umane».
   «E poi?».
   «E poi basta... A meno che Tu non voglia che io dica che è il luogo di castigo dell’uomo e di esilio».
    «La Terra è un altare, Simone. Un enorme altare. Doveva essere  altare di lode perpetua al suo Creatore. Ma la Terra è piena di peccato.  Perciò deve essere altare di perpetua espiazione, di sacrificio, su cui  ardono le ostie. La Terra dovrebbe, come gli altri mondi sparsi nel  Creato, cantare i salmi a Dio che l’ha fatta. Guarda!».
   Gesù apre  le imposte di legno, e dalla finestra spalancata entra il fresco della  notte, il rumore del torrente, il raggio di luna, e si vede il cielo  trapunto di stelle.
   «Guarda quegli astri! Essi cantano con la  voce loro, che è di luce e di moto negli spazi infiniti del firmamento,  le lodi di Dio. Da millenni dura il loro canto, che sale dagli azzurri  campi del cielo al Cielo di Dio. Possiamo pensare astri e pianeti,  stelle e comete come creature siderali che, come siderali sacerdoti,  leviti, vergini e fedeli, devono cantare in un tempio sconfinato le  laudi del Creatore. Ascolta, Simone. Senti il fruscio delle brezze fra  le fronde e il rumore delle acque nella notte. Anche la Terra canta,  come il cielo, coi venti, con le acque, con la voce degli uccelli e  degli animali. Ma, se per il firmamento basta la luminosa lode degli  astri che lo popolano, non basta il canto dei venti, acque e animali per  il tempio che è la Terra. Perché in essa non sono solo venti, acque e  animali, cantanti incoscientemente le lodi di Dio, ma in essa è anche  l’uomo: la creatura perfetta sopra tutto ciò che è vivente nel tempo e  nel mondo, dotata di materia come gli animali, i minerali e le piante, e  di spirito come gli angeli del Cielo, e come essi destinata, se fedele  nella prova, a conoscere e possedere Dio, con la grazia prima, col  Paradiso poi. L’uomo, sintesi che abbraccia tutti gli stati[3],  ha una missione che gli altri creati non hanno e che per lui dovrebbe  essere, oltre che dovere, una gioia: amare Dio. Dare intelligentemente e  volontariamente culto d’amore a Dio. Ripagare Dio dell’amore che Egli  ha dato all’uomo dandogli la vita e dandogli il Cielo oltre la vita.  Dare culto intelligente.
   Considera, Simone. Che bene  ritrae Dio dalla Creazione? Che utile? Alcuno. La Creazione non aumenta  Dio, non lo santifica, non lo arricchisce. Egli è infinito. Tale sarebbe  stato anche se la Creazione non fosse stata. Ma Dio-Amore voleva avere  dell’amore. Ed ha creato per avere amore. Unicamente amore può trarre  dal Creato Iddio, e questo amore, che è intelligente e libero unicamente  negli angeli e negli uomini, è la gloria di Dio, la gioia degli angeli,  la religione per gli uomini. Quel giorno che il grande altare della  Terra tacesse di lodi e di suppliche d’amore, la Terra cesserebbe di  essere. Perché, spento l’amore, sarebbe spenta la riparazione, e l’ira  di Dio annullerebbe l’inferno terrestre che sarebbe divenuta la Terra. La Terra, dunque, per esistere deve amare.  E ancora: la Terra deve essere il Tempio che ama e prega con  l’intelligenza degli uomini. Ma nel Tempio, in ogni tempio, quali  vittime si offrono? Le vittime pure, senza macchia né tara. Solo queste  sono gradite al Signore. Esse e le primizie. Perché al padre della  famiglia vanno date le cose migliori, e a Dio Padre dell’umana Famiglia  va data la primizia di ogni cosa, e le cose elette.
                                                                                                          
  555.7Ma  ho detto che la Terra ha un duplice dovere di sacrificio: quello di  lode e quello di espiazione. Perché l’Umanità che la copre ha peccato  nei primi uomini e pecca continuamente, aggiungendo al peccato di  disamore a Dio quegli altri mille delle sue aderenze alle voci del  mondo, della carne e di Satana. Colpevole, colpevole Umanità che, avendo  somiglianza con Dio, avendo intelligenza propria e aiuti divini, è  peccatrice sempre, e sempre più. Gli astri ubbidiscono, le piante  ubbidiscono, gli elementi ubbidiscono, gli animali ubbidiscono e, così  come sanno, lodano il Signore. Gli uomini non ubbidiscono e non lodano a  sufficienza il Signore. Ecco allora la necessità di anime ostie che  amino ed espiino per tutti. Sono i fanciulli che pagano, innocenti e  ignari, l’amaro castigo del dolore per coloro che non sanno che peccare.  Sono i santi che, volonterosi, si sacrificano per tutti.
   Fra  poco — un anno o un secolo è sempre “poco” rispetto all’eternità — non  si celebreranno più altri olocausti sull’altare del gran Tempio della  Terra fuor[4]  di questi delle vittime-uomo, consumate con il perpetuo sacrificio:  ostie con l’Ostia perfetta. Non ti scuotere, Simone. Non dico già che Io  metterò un culto simile a quello di Moloc e di Baal e di Astarte. Gli  uomini stessi ci immoleranno. Intendi? Ci immoleranno. E noi andremo  lieti alla morte per espiare e amare per tutti. E poi verranno i tempi  in cui gli uomini non immoleranno più gli uomini. Ma sempre vi saranno  le vittime pure, che l’amore consuma insieme alla gran Vittima nel  Sacrificio perpetuo. Dico l’amore di Dio e l’amore per Dio. Invero esse  saranno le ostie del tempo e del Tempio futuro. Non agnelli e capri,  vitelli e colombi, ma il sacrificio del cuore è ciò che Dio gradisce.  Davide lo ha intuito[5]. E nel tempo nuovo, tempo dello spirito e dell’amore, solo questo sacrificio sarà gradito.
    Considera, Simone, che se un Dio ha dovuto incarnarsi per placare la  Giustizia divina per il gran Peccato, per i molti peccati degli uomini,  nel tempo della verità solo i sacrifici degli spiriti degli uomini  possono placare il Signore. Tu pensi: “Ma perché allora Egli,  l’Altissimo, dette ordine[6]  di immolargli i figli degli animali e i frutti delle piante”? Io te lo  dico: perché, prima della mia venuta, l’uomo era un olocausto macchiato,  e perché non era conosciuto l’Amore. Ora conosciuto sarà. E l’uomo, che  conoscerà l’Amore, perché Io renderò la Grazia per la quale l’uomo  conosce l’Amore, escirà dal letargo, ricorderà, comprenderà, vivrà,  si sostituirà ai capri e agli agnelli, ostia di amore e di espiazione,  ad imitazione dell’Agnello di Dio, suo Maestro e Redentore. Il dolore,  sin qui castigo, si muterà in amore perfetto, e beati quelli che lo  abbracceranno per amore perfetto».
   «Ma i bambini...».
    «Vuoi dire coloro che ancor non sanno offrirsi... E sai tu quando Dio  parli in essi? Il linguaggio di Dio è linguaggio spirituale. L’anima lo  intende e l’anima non ha età. Anzi ti dico che l’anima fanciulla,  perché senza malizia, è, per capacità di intendere Dio, più adulta di  quella di un vegliardo peccatore. Io ti dico, Simone, che tu vivrai  tanto da vedere molti pargoli insegnare agli adulti, e anche a te  stesso, la sapienza dell’amore eroico. Ma in quei piccoli che muoiono  per ragioni naturali è Dio che opera direttamente, per ragioni di un  così alto amore che non posso spiegarti, rientrando esse nelle sapienze  che sono scritte nei libri della Vita e che solo nel Cielo saranno letti  dai beati. Letti, ho detto. Ma, in verità, basterà guardare Iddio per  conoscere non solo Dio, ma anche la sua infinita sapienza…
                                                                                                          
  555.8Abbiamo fatto venire il tramonto della luna, Simone... Presto è l’alba e tu non hai dormito...».
    «Non importa, Maestro. Ho perduto poche ore di sonno e acquistato  tanta sapienza. E sono stato con Te. Ma se Tu lo permetti, ora vado. Non  a dormire. Ma a ripensare alle tue parole». È già sulla porta e sta per  uscire quando si ferma pensieroso e poi dice: «Ancora una cosa,  Maestro. È giusto che io dica, a qualcuno che soffre, che il dolore non è  un castigo ma è una… grazia, una cosa come... come la nostra chiamata,  bella anche se faticosa, bella anche se, a chi non sa, può parere brutta  e triste cosa?».
   «Lo puoi dire, Simone. È la verità. Il dolore  non è un castigo, quando lo si sa accogliere e usare con giustizia. Il  dolore è come un sacerdozio, Simone. Un sacerdozio aperto a tutti. Un  sacerdozio che dà un gran potere sul cuore di Dio. E un grande merito.  Nato col peccato, sa placare la Giustizia. Perché Dio sa usare al Bene  anche quanto l’Odio ha creato per dare del dolore. Io non ho voluto  altro mezzo per annullare la Colpa. Perché non vi è mezzo più grande di  questo».

[1] dicevi, su un tema già accennato in 436.4, 553.6, 554.3. Il dolore nell’ultimo discorso di Gesù, in 638.14/15.
[2] parole, che sono in: Giobbe 1, 21.
[3] tutti gli stati è corretto da MV in tutte le nature su una copia dattiloscritta, sulla quale anche MV annota:  Nell’uomo è presente la natura minerale, perché di sostanze minerali è  composta la sua materia, e animale, e lo stato spirituale.
[4] fuor è aggiunto da MV su una copia dattiloscritta, sulla quale anche MV corregge l’espressione ostie con l’Ostia perfetta con l’espressione ostie consumate insieme all’Ostia perfetta.
[5] lo ha intuito, in: Salmo 51, 18-19.
[6] dette ordine, come in: Esodo 22, 28-29; 34, 19.


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