03185 - SPIRITUALITÀ

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Legge ► SILVIA CANEPARO

Vol.03 • cap.185 • La tempesta sedata. Un insegnamento nell'antefatto.

 30 gennaio 1944.
   […].
  185.1 Ora che tutti dormono le narro la mia gioia. Ho “visto” il Vangelo di oggi.
    Noti che stamane, leggendolo, ho detto a me stessa: «Ecco un  episodio evangelico che non vedrò mai perché poco si presta ad una  visione». Invece, quando meno vi pensavo, è proprio venuto ad empirmi di  gioia.
 185.2 Ecco quanto vidi.
    Una barca a vela, non eccessivamente grande ma neppure piccina, una  barca da pesca, sulla quale potevano comodamente muoversi un cinque o  sei persone, solca le acque di un bel lago color azzurro intenso.
    Gesù dorme a poppa. È vestito di bianco come al solito. Ha il capo  reclinato sul braccio sinistro, e sotto al braccio e al capo ha messo il  suo manto azzurro-grigio ripiegato a più doppi. È seduto, non sdraiato,  sul fondo della barca, e appoggia la testa su quel pezzo di tavolato  che sta nella parte estrema di poppa. Non so come la chiamano i marinai.  Dorme placidamente. È stanco. È placido.
   Pietro è al timone,  Andrea si occupa delle vele, Giovanni e due altri che non so chi siano  riordinano gomene e reti nel fondo della barca come avessero intenzione  di prepararsi ad una pesca, forse nella notte. Direi che il giorno si  avvia alla sera perché il sole già cala ad occidente. I discepoli hanno  tutti rialzate le tuniche facendole rimborsare alla vita, per mezzo  della cintura, per essere più liberi nei movimenti e nel passare qua e  là nella barca scavalcando remi e sedili e ceste e reti senza che le  vesti diano noia. Si sono tutti levati il manto.
 185.3 Vedo  che il cielo si incupisce e il sole si nasconde dietro dei nuvoloni  temporaleschi sbucati d’improvviso da dietro una punta di collina. Il  vento li spinge velocemente verso il lago. Il vento per ora è alto e il  lago è ancora quieto, solo si fa più cupo nella tinta e ha un  corrugamento nella sua superficie. Non sono ancora onde, ma già si  muovono le acque.
   Pietro e Andrea osservano cielo e lago e  predispongono le manovre per accostare a riva. Ma il vento si abbatte  sul lago e in pochi minuti tutto ribolle e schiuma. Onde che cozzano le  une contro le altre, che urtano la navicella, la alzano, l’abbassano, la  piegano in tutti i sensi, impediscono le manovre del timone come il  vento quella della vela che viene abbassata.
   Gesù dorme. Né i  passi e le voci concitate dei discepoli, né i fischi del vento e neppure  gli schiaffi delle onde contro i fianchi e la prora lo svegliano. I  suoi capelli ondeggiano al vento e qualche spruzzo d’acqua lo arriva. Ma  Egli dorme. Giovanni, da prua, corre a poppa e lo copre col suo  mantello che ha tratto da sotto un tavolato. Lo copre con delicato  amore.
   La tempesta si fa sempre più brutta. Il lago è nero come  vi si fosse versato dell’inchiostro, striato dalle spume delle onde. La  barca inghiotte acqua e sempre più viene spinta al largo dal vento. I  discepoli sudano nella manovra e nel buttare oltre bordo l’acqua che le  onde rovesciano. Ma non serve nulla. Essi sguazzano ormai sino a metà  gamba nell’acqua e la barca diviene sempre più pesante.
 185.4 Pietro perde la calma e la pazienza. Dà al fratello il timone e traballando va verso Gesù e lo scuote vigorosamente.
   Gesù si sveglia e alza il capo.
   «Salvaci, Maestro, noi periamo!», gli grida Pietro (deve gridare per farsi udire).
   Gesù guarda il suo discepolo fissamente, guarda gli altri e poi guarda il lago. «Hai fede che Io vi possa salvare?».
    «Presto, Maestro», grida Pietro mentre una vera montagna d’acqua,  partendo dal centro del lago, si dirige veloce sulla povera barca.  Sembra una tromba d’acqua tanto è alta e spaventosa. I discepoli che la  vedono venire si inginocchiano e si aggrappano dove e come possono,  sicuri che è la fine.
   Gesù si alza. In piedi su quel tavolato di prora[40].  Figura bianca sul livido della bufera. Stende le braccia verso il  maroso e dice al vento: «Fermati e taci», e all’acqua: «Quietati. Lo  voglio».
   E il cavallone si dissolve in schiuma che cade senza  nuocere con un ultimo ruggito che si spegne in mormorio, come il vento  in un ultimo fischio che si muta in sospiro. E sul lago pacificato torna  il sereno del cielo, e la speranza e la fede nel cuore dei discepoli.
   La maestà di Gesù non la posso descrivere. Bisogna vederla  per comprenderla. Ed io me la gusto nel mio interno perché m’è tuttora  presente, e penso a quanto era placido il sonno di Gesù e quanto era  potente il suo imperio sui venti e sulle onde.
185.5 Gesù dice poi:
   «Non ti commento il Vangelo nel senso con cui tutti lo commentano. Ti illustro l’antefatto del brano evangelico.
    Perché Io dormivo? Non sapevo forse che la burrasca stava per  venire? Sì, Io lo sapevo. Io solo lo sapevo. E allora perché dormivo?
    Gli apostoli erano uomini, Maria. Animati da buona volontà, ma  ancora tanto “uomini”. L’uomo si crede sempre capace di tutto. Quando  poi è realmente capace in una cosa, è pieno di sussiego e di  attaccamento per la sua “capacità”.
   Pietro, Andrea, Giacomo e  Giovanni erano dei buoni pescatori e perciò si credevano insuperabili  nelle manovre marinare. Io per loro ero un grande “rabbi”, ma un nulla  come marinaio. Perciò mi giudicavano incapace di aiutarli e, quando  salivano in barca per traversare il mare di Galilea, mi pregavano di  stare seduto perché non ero capace di altro. Anche il loro affetto era  causa di questo, perché non volevano impormi fatiche materiali. Ma  l’attaccamento alla loro capacità superava anche l’affetto.
   Io  non mi impongo che in casi eccezionali, Maria. Generalmente vi lascio  liberi e attendo. Quel giorno, stanco e pregato di riposare, ossia di  lasciarli fare, loro che erano tanto pratici, mi misi a dormire.
    Nel mio sonno era anche mescolata la constatazione del come l’uomo è  “uomo” e vuol fare da sé senza sentire che Dio non chiede che di  aiutarlo. Vedevo in quei “sordi spirituali”, in quei “ciechi  spirituali”, tutti i sordi e ciechi dello spirito, che per secoli e  secoli si sarebbero rovinati per “volere fare da sé” avendo Me curvo sui  loro bisogni in attesa di essere chiamato in aiuto.
   Quando Pietro gridò: “Salvaci!”, la mia amarezza cadde come sasso lasciato andare.
    Io non sono “uomo”, sono il Dio-Uomo. Non agisco come voi agite.  Voi, quando uno ha respinto il vostro consiglio o aiuto e lo vedete  negli impicci, se anche non siete tanto cattivi da goderne, lo siete  sempre tanto da rimanere sdegnosamente, indifferentemente a guardarlo  senza commuovervi al suo grido di aiuto. Col vostro contegno gli  significate: “Quando ti volevo aiutare non mi hai voluto? Ora fa’ da  te”. Ma Io sono Gesù. Sono Salvatore. E salvo, Maria. Salvo sempre non  appena mi si invoca.
 185.6 I poveri uomini potrebbero obbiettare: “E allora perché permetti alle tempeste singole o collettive di formarsi?”.
   Se Io con la mia potenza distruggessi il Male, quale che sia, voi giungereste a credervi autori del Bene, che in realtà sarebbe mio dono, e non vi ricordereste mai più di Me. Mai più.
    Avete bisogno, poveri figli, del dolore per ricordarvi che avete un  Padre. Come il figliol prodigo che si ricordò di averlo quando ebbe  fame. Le sventure servono a farvi persuasi del vostro nulla, della  vostra insipienza, causa di tanti errori, e della vostra cattiveria,  causa di tanti lutti e dolori, delle vostre colpe, causa di punizione  che da voi vi date, e della mia esistenza, della mia potenza, della mia  bontà.
   Ecco quel che vi dice il Vangelo di oggi. Il “vostro”  vangelo dell’ora presente, poveri figli. Chiamatemi. Gesù non dorme che  perché è angosciato di vedersi disamato da voi. Chiamatemi e verrò».
   […].

[40] prora dovrebbe intendersi nel significato estensivo di barca, poiché Gesù, come è detto più sopra, era seduto a poppa.


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