Il vero Dio è quello rivelato da Cristo
CRISTIANESIMO, UNICA VERA RELIGIONE
Enrico Maria Radaelli ha pubblicato di recente un ponderoso volume intitolato "Il mistero della Sinagoga bendata" (Effedieffe, Milano 2002 - recensione su Avvenire, 12 gennaio 2003, p.16). Egli afferma che nella pastorale e nella catechetica occorre rivendicare sempre più chiaramente lunicità del cristianesimo come religione rivelata e unica vera religione. Non è giusto continuare a professare lequivoco irenismo degli ultimi quarantanni, bisogna restare fedeli al dogma e al Magistero della Chiesa di quasi 2000 armi. Il pragmatismo, a volte anche in mezzo a noi, ha sepolto progressivamente la coscienza del primato che la verità ha in ogni momento e in ogni aspetto della vita umana. Così, poco importa che le tre cosiddette "religioni monoteistiche" siano, come tali, incompatibili luna con laltra, reclamando ciascuna per sé la qualifica di "religione vera". Esse vengono accostate sulla base di elementi estrinseci e secondari, per inchinarsi allideologia politica del pacifismo, indifferente al problema religioso (il problema della salvezza come dono di Dio tramite la rivelazione) e ostile a soluzioni dottrinali del problema.
INDIFFERENTISMO
Partendo dalla premessa (falsa) che di per sé ogni religione, se ritenuta vera, produce intolleranza, fanatismo e conflitti, si insiste nel costringere le confessioni religiose negli angusti e innaturali spazi di un "minimo comun denominatore", che (guarda caso) coincide con il "dio" del teismo settecentesco, quello che è invocato dalla Massoneria a garanzia di un ordine politico nel quale la religione non deve avere alcuna influenza pratica. In tal modo il pragmatismo politico, animato dallideologia del pacifismo, utilizza oggi la categoria sociologica (non teologica) del "monoteismo" come strumento concettuale per imporre lindifferentismo, mostrando un atteggiamento di tolleranza solo per una religione che non si ritenga vera (depositaria di una verità divina) giustificabile in base a un generico "senso religioso" di stampo teistico, che esclude lipotesi di una rivelazione divina e del dogma.
RELATIVISMO DOGMATICO
Il dogmatismo diventa così lavversario ideologico principale. Infatti ritorna sempre nella propaganda ideologica lequazione (falsa) "dogmatismo = intolleranza e guerra". Una religione che osi presentarsi come lunica vera, a differenza di altre che pure sono "monoteistiche", va condannata, combattuta, se possibile eliminata. S. Francesco dAssisi, S. Giovanni Bosco, Padre Pio, Madre Teresa di Calcutta, aderivano a tutti i dogmi della Chiesa Cattolica e non solo non hanno fatto mai nessuna guerra, ma sono stati dei veri costruttori di pace! Lideologia pacifista ha buon gioco perché lindifferentismo e il relativismo dogmatico sono già penetrati in ampi settori dellopinione pubblica cristiana, anche tra i cattolici, tanto che la Chiesa ha dovuto intervenire (senza molto successo, purtroppo, almeno per ora) con il documento chiarificatore intitolato Dominus Iesus.
RISCOPRIRE LA SPECIFICITA DEL CRISTIANESIMO
Bisogna prendere di nuovo coscienza del primato che spetta alla rivelazione divina - come unica verità salvifica, in quanto culmine e compendio della storia della salvezza - nellambito religioso. Si deve tornare a vivere la vita cristiana come vita di fede autentica, una fede che sia adesione di tutta la persona alla verità rivelata, orientando la propria vita al Dio uno e trino che si è rivelato in Gesù Cristo, subordinando alla verità divina tutti gli altri interessi e valori in gioco, a cominciare propria dalla politica (perché la religione non diventi di nuovo, come in altre tristi epoche, "instrumentum regni"). Insomma, si deve riscoprire la specificità della fede cristiana, incentrata sul dogma della Trinità.
Le argomentazioni di Radaelli mi sono sembrate sostanzialmente giuste - al di là delle espressioni verbali, forse talvolta irriguardose nei confronti dei legittimi Pastori - come anche le sue osservazioni sullopportunità di gestire i rapporti con le altre religioni in modo da evitare il rischio dingenerare nellopinione pubblica cattolica quel relativismo dogmatico di cui parlavo. Ai miei occhi, laspetto positivo - in quanto costruttivo - del lavoro di Radaelli consiste nellavvertire del pericolo della zizzania (cfr. Mt 13,24-43).
IL DIO DEI FILOSOFI E IL DIO DI ABRAMO, DI ISACCO, DI GIACOBBE E DI GESÙ CRISTO
Noi sappiamo che la ragione umana può dire che Dio esiste, ma non può conoscere il volto di Dio perché la Sua essenza trascende infinitamente le possibilità della nostra conoscenza (come diceva Tommaso dAquino: "Quod Deus sit certe novimus; quis Deus sit penitus ignoramu"). In teologia, la conseguenza di questa verità filosofica è che il Dio che per grazia conosciamo nella fede è il Dio che si è rivelato in Gesù Cristo, il Dio che noi cristiani conosciamo come Trinità di Persone nellunità dellessenza. In questo senso - in un senso gnoseologico - ha perfettamente ragione Radaelli nel dire che non cè altro Dio che il Dio cristiano (ossia, Dio conosciuto dai cristiani per rivelazione di Dio stesso), e che il "dio" immaginato dalle cosiddette "altre due religioni monoteistiche", in quanto rifiutano di credere alla rivelazione di Cristo, non è il vero Dio, ma è riconducibile tuttal più al "dio" di filosofi.
LA LOGICA DELLA VERITA
Effettivamente, in questi anni, ci sono stati dei modi di fare e certi indirizzi di teologia pastorale e di azione ecumenica che hanno contribuito a offuscare la specificità della fede trinitaria e del vero culto "in Spirito e verità". Ben vengano dunque queste precisazioni e queste (forse talvolta troppo veementi) polemiche: sia nella catechesi, sia nella liturgia, sia nellevangelizzazione, il mandato missionario è stato formulato dal Signore proprio in termini trinitari: "Andate e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo"(Mt 28,19-20).
VERITA SU DIO
Ecco allora che acquista grande rilevanza il riproporre in termini radicali il problema della verità su Dio: è vero soltanto il volto di Dio manifestato nel messaggio cristiano, o sono veri anche quei volti con i quali sono rappresentati dal messaggio religioso dellebraismo e dellIslam? Per dirla in termini più precisi dal punto di vista formale: la nozione di Dio del cristianesimo è lunica nozione vera, oppure sono vere, almeno in parte, le nozioni che di Dio hanno Israele e lIslam? La risposta che comunemente si da è che non si dovrebbe porre il problema in termini così drastici, di verità o falsità, e che - nel caso che si debba proprio parlare di verità - occorre attribuire alle tre religioni "monoteistiche" la prerogativa della verità "naturale" su Dio: ossia, che Dio esiste e che è lunico Dio. Questo si intende dire, in effetti, quando si parla di "religioni monoteistiche". In realtà, quando si parla di ebraismo e di Islam non ci si riferisce a filosofie precristiane, che noi oggi diciamo "pagane" (più o meno aperte ad una eventuale rivelazione soprannaturale), non siamo più cioè nellambito neanche della "religione naturale": esse si pongono come religioni "positive" o "istituzionali".
EBRAISMO E ISLAM ALTERNATIVI AL CRISTIANESIMO
Inoltre queste religioni oggi esistono proprio perché a suo tempo si sono chiuse alla rivelazione di Cristo (così infatti avvenne che i primi cristiani, tutti ebrei, si distinsero dagli ebrei ostili al cristianesimo; e così avvenne poi che Maometto denunciasse i cristiani come blasfemi per la loro fede nella Trinità e nellincarnazione del Verbo eterno).
La dottrina di ebrei e musulmani non è quindi da intendersi come sapienza religiosa che può diventare un avviamento alla fede cristiana: essa è invece una radicale contestazione di essa, nei confronti della quale si sono posti come antagonisti. La loro dottrina su Dio, pertanto, non è un innocuo "monoteismo" integrabile nella dottrina cristiana, ma unalternativa radicale e assoluta. Il dogma della Santissima Trinità è scandalo per gli ebrei e bestemmia per lIslam. Radaelli ha riflettuto seriamente su questa evidenza, per poi metterla in rapporto critico con la prassi.
NON SBIADIRE LE DIFFERENZE
Il dialogo interreligioso non deve essere condotto in modo tale da indurre il popolo cristiano a ignorare o mettere in ombra ciò che differenzia noi fedeli cristiani dagli ebrei e dai musulmani. Il dialogo ha la sua importanza, ma non fino al punto di accantonare la logica della verità (che invece è lunica che conta in ogni momento della vita cristiana, anche nellapostolato "ad fidem"), per adottare solo criteri pragmatici di efficacia immediata. Il fine non giustifica i mezzi. I disegni misericordiosi di Dio, il quale vuole "che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" ( 1 Tm 2,4), non si possono assecondare con un apostolato che mette in ombra proprio la verità che salva, la buona notizia che siamo chiamati a partecipare dellamore e della gioia della Trinità beatissima. Uno dei Padri della Chiesa, S. Ireneo, afferma: "La nostra fede è questa: in tutto e per tutto non cè che un solo Dio Padre, un solo Verbo, un solo Spirito e una sola salvezza (cfr. Ef 4, 5-6) per tutti quelli che credono nel Dio uno e trino. Senza Gesù nessuno può conoscere Dio (Mt 11,27)" (Liturgia delle Ore, VoI III, p. 49).
MONOTEISMO TRINITARIO
Il dio degli ebrei e dei musulmani non è lo stesso Dio uno e trino dei cristiani. Infatti, come scrisse S. Tommaso dAquino, grande teologo del Medioevo (impegnato anche nel dialogo dottrinale con lebraismo e lIslam), "la conoscenza della Trinità di Dio nella sua unità è il frutto e il fine di tutta la nostra vita". E un grande mistico delletà moderna, san Giovanni della Croce, ha incentrato la sua dottrina della vita spirituale nella nozione di "inabitazione della Trinità nellanima in grazia". Un teologo dei nostri giorni - Nicola Ciola - scrive: "la Trinità non è teorema astratto, bensì ciò che sostanzia i nostro vivere umano, lo sprone a corrispondere alla vocazione di essere persona relazionata allaltro. [...] La forza del monoteismo cristiano risiede in questa limpida verità: lUnico Dio è unità originaria e scambievole di amore in cui le tre Persone si donano reciprocamente, e questo si è reso vivo nella Pasqua di nostro Signore Gesù Cristo" (Cristologia e Trinità, Borla, Roma, 2002, p. 209). Pertanto, osserva questo teologo, nel dialogo interreligioso "la discriminante resta sempre lunicità del Cristo in ordine alla salvezza assoluta delluomo e della storia. E chiaro però che ne è coinvolta una questione connessa molto importante, anzi fondativa: di che tipo di monoteismo si tratta? La sfida verte perciò sul monoteismo trinitario e il mistero della Incarnazione" (p. 207).
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Mons. Antonio Livi Cappellano di Sua Santità Socio ordinario dell'Accademia di San Tommaso Professore ordinario di Filosofia della conoscenza Decano della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Lateranense |
Da n.9 - febbraio 2003 (per
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Pubblicato da "Profezie per il Terzo Millennio" su autorizzazione del direttore di redazione di "Fede e Cultura", don Guglielmo
Fichera.
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