Testamento spirituale del Padre Christian de Chergé
aperto la domenica di
Pentecoste del 1996
Frère Christian de Chergé, priore della comunità, 59
anni, monaco dal 1969, in Algeria dal 1971. La personalità forte, umanamente
e spiritualmente, del gruppo. Figlio di generale, ha conosciuto l’Algeria
durante tre anni della sua infanzia e ventisette mesi di servizio militare
in piena guerra d’indipendenza. Dopo gli studi al seminario dei carmelitani
a Parigi, diventa cappellano del Sacré Coeur di Montmartre a Parigi. Ma
entra ben presto al monastero di Aiguebelle per raggiungere Tibhirine nel
1971. È lui che fa passare l’abbazia allo statuto di priorato per orientare
il monastero verso una presenza di “oranti in mezzo ad altri oranti”. Aveva
una conoscenza profonda dell’islam e una straordinaria capacità di esprimere
la vita e la ricerca della comunità.
Quando si profila un ad-Dio
Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere vittima
del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che
vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia
famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese.
Che essi accettassero che l’unico Padrone di ogni vita non potrebbe essere
estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me: come potrei
essere trovato degno di tale offerta? Che sapessero associare questa morte a
tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.
La mia vita non ha più valore di un’altra. Non ne ha neanche meno. In ogni
caso, non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi
complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello
che potrebbe colpirmi alla cieca.
Venuto il momento, vorrei avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse
di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e
nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.
Non potrei auspicare una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non
vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che un popolo che amo sia
indistintamente accusato del mio assassinio.
Sarebbe un prezzo troppo caro, per quella che, forse, chiameranno la «grazia
del martirio», il doverla a un algerino chiunque egli sia, soprattutto se
dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’islam.
So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini
globalmente presi. So anche le caricature dell’islam che un certo islamismo
incoraggia. È troppo facile mettersi a posto la coscienza identificando
questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti.
L’Algeria e l’islam, per me, sono un’altra cosa; sono un corpo e un’anima.
L’ho proclamato abbastanza, credo, in base a quanto ne ho concretamente
ricevuto, ritrovandovi così spesso il filo conduttore del Vangelo imparato
sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa, proprio in Algeria
e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.
Evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno
rapidamente trattato da ingenuo o da idealista: «Dica adesso quel che ne
pensa!». Ma costoro devono sapere che sarà finalmente liberata la mia più
lancinante curiosità.
Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del
Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’islam come lui li vede,
totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione,
investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo
stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le
differenze.
Di questa vita perduta, totalmente mia, e totalmente loro, io rendo grazie a
Dio che sembra averla voluta tutta intera per quella gioia, attraverso e
nonostante tutto.
In questo grazie, in cui tutto è detto, ormai, della mia vita, includo
certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, accanto a mia
madre e a mio padre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e ai loro,
centuplo accordato come promesso!
E anche te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi.
Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E
che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio,
Padre nostro, di tutti e due. Amen!
Insc’Allah
Algeri, 1º dicembre 1993
Tibhirine, 1º gennaio 1994
Christian †
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21 giugno 2014
a cura di
Alberto
"da Cormano"
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