{"id":959,"date":"2022-04-06T21:08:02","date_gmt":"2022-04-06T19:08:02","guid":{"rendered":"https_3A//arcangelosanmichele.altervista.org/@p=959"},"modified":"2024-06-14T22:38:28","modified_gmt":"2024-06-14T20:38:28","slug":"la-rerum-novarum-di-leone-xiii-punto-nodale-della-dottrina-sociale-cattolica","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/arcangelosanmichele.altervista.org\/la-rerum-novarum-di-leone-xiii-punto-nodale-della-dottrina-sociale-cattolica\/","title":{"rendered":"La \u201cRerum Novarum\u201d di Leone XIII, punto nodale della dottrina sociale cattolica"},"content":{"rendered":"

fonte fides-et-ratio.it<\/a> 16\/03\/2011<\/p>\n

Autore Francesco Lamendola<\/span><\/strong><\/p>\n

La \u201cRerum Novarum\u201d<\/a>, promulgata da papa Leone XIII il 15 maggio 1891, \u00e8 considerata dagli storici la \u201cMagna Charta\u201d della dottrina sociale cristiana e, come tale, merita una speciale attenzione da parte di chiunque – cattolico o no, credente o non credente – voglia capire qualcosa della storia mondiale degli ultimi centocinquanta anni; anche se, fino al 1968 e dintorni, era di modo leggere e discutere solo il \u00abManifesto del Partito comunista\u00bb di Marx ed Engels, le opere di Lenin e Stalin, il \u00abLibretto Rosso\u00bb di Mao Tze-Tung e gli scritti di Ho-Chi-Min, i discorsi di Fidel Castro e i diari di Ernesto \u201cChe\u201d Guevara.<\/span><\/p>\n

Essa giunse in forma relativamente tempestiva rispetto alla situazione sociale italiana, ove il processo di industrializzazione, e la conseguenza insorgenza della questione operaia, erano stati fenomeni recenti, ma non certo rispetto alla situazione di altri Paesi cattolici, quali la Francia e il Belgio, o parzialmente cattolici, quali la Germania o gli Stati Uniti, ove esisteva da decenni una moderna classe operaia e nei quali gi\u00e0 si erano mossi alcuni esponenti del mondo cattolico, sia laici che sacerdoti, per dare vita a forme di associazionismo non solo di tipo morale e religioso, ma altres\u00ec culturale, economico e sociale.<\/span><\/p>\n

Ci\u00f2 aveva significato, per i cattolici, confrontarsi con la realt\u00e0 viva del mondo moderno: quel mondo moderno che il \u00abSillabo\u00bb di papa Pio IX (pubblicato in appendice all\u2019enciclica \u00abQuanta cura\u00bb del 1864), aveva accomunato in un\u2019unica condanna, dal liberalismo al socialismo, al comunismo, senza sfumature e senza distinzioni; e, soprattutto, senza troppo soffermarsi a riflettere sulle radici sociali del malessere che aveva allontanato tante persone dagli insegnamenti della Chiesa e dalle pratiche della religione cristiana-cattolica.<\/span><\/p>\n

Certo, in Italia i rapporti fra Stato e Chiesa erano particolarmente delicati perch\u00e9, dopo la presa di Roma nel 1870 da parte del\u2019esercito italiano, Pio IX si era chiuso in uno sdegnoso isolamento, atteggiandosi quasi a prigioniero o piuttosto ad ostaggio del nuovo Stato nazionale, del quale non riconosceva la legittimit\u00e0 e contro il quale aveva preso posizione, fin dal 1868, con un documento della Sacra Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, il famoso \u00abNon expedit\u00bb (\u00abNon conviene\u00bb), nel quale si esortavano i fedeli a non partecipare alle elezioni politiche del Regno sabaudo e, per estensione, a non partecipare alla vita politica nazionale.<\/span><\/p>\n

Il fatto che tale documento preceda la breccia di Porta Pia si spiega col fatto che, se la presa a viva forza della capitale, da parte del governo Cavour, era stata l\u2019evento traumatico definitivo nelle relazioni fra Chiesa e Stato, esisteva per\u00f2 da decenni, almeno fin dalle Leggi Siccardi, votate dal Parlamento di Torino nel 1850 (nell\u2019allora Regno di Sardegna), un contenzioso che, da un lato, si pu\u00f2 considerare come la prosecuzione dei conflitti giurisdizionali del XVIII secolo, caratteristici della politica europea e anche di quella italiana – specialmente veneziana, ove avevano una tradizione antica di almeno un secolo – ma, dall\u2019altro, presentavano caratteri di novit\u00e0, essendo la classe dirigente piemontese prima, e quella italiana poi, orientate compattamente in senso liberale, massonico ed anticlericale.<\/span><\/p>\n

Tale orientamento aveva fatto s\u00ec che, mentre il Parlamento piemontese, e poi quello italiano, decidevano la soppressione di numerosi ordini religiosi e la chiusura di chiese e conventi, i cattolici si erano sentiti esclusi dal movimento risorgimentale o lo avevano vissuto, addirittura, come diretto contro la Chiesa e contro i loro pi\u00f9 intimi sentimenti; tanto che, per reazione, molti \u201cbriganti\u201d dell\u2019Italia meridionale, dopo il 1860, avevano trovato sostegno ed appoggi proprio nella Chiesa e presso la Curia papale, non aliena da progetti di restaurazione borbonica, magari con l\u2019appoggio del pi\u00f9 forte Stato cattolico europeo di orientamento clericale, l\u2019Impero d\u2019Austria.<\/span><\/p>\n

Nell\u2019altro grande Paese cattolico d\u2019Europa, la Francia, invece, la ventata del secolarismo si era gi\u00e0 abbattuta a rescindere il secolare patto di collaborazione fra le classi dirigenti e la Chiesa cattolica; e ci\u00f2 non solo per effetto della \u201cferita\u201d inferta dalla Rivoluzione francese e dalla politica della scristianizzazione, o dall\u2019azione di forza di Napoleone contro il papato (con l\u2019arresto e la detenzione di papa Pio VII, che l\u2019aveva invano scomunicato), ma anche quale esito naturale di tutta una vittoriosa politica di autonomia dello Stato nei confronti della Chiesa, clamorosamente incominciata da Filippo IV il Bello all\u2019epoca di Bonifacio VIII (culminata nel famoso \u201coltraggio\u201d di Anagni) e proseguita dai suoi successori, fino a Enrico IV e Luigi XIV, che avevano apertamente favorito le tendenze \u201cgallicane\u201d, ossia autonomistiche, della Chiesa cattolica francese nei confronti della Curia romana.<\/span><\/p>\n

Tutti questi fattori devono essere tenuti presenti allorch\u00e9 papa Leone XIII, all\u2019inizio dell\u2019ultimo decennio dell\u2019Ottocento, decise di porre mano ad un documento solenne e impegnativo, nel quale prendere posizione circa la questione operaia, determinatasi in Europa e nel mondo in seguito alla nascita tumultuosa e drammatica di una nuova classe sociale, il proletariato industriale, emerso dalla crisi, dalla progressiva dissoluzione e dall\u2019inurbamento di quella che era stata la cellula sociale pi\u00f9 fedelmente ancorata alla tradizione morale e culturale cattolica: la famiglia patriarcale rurale dell\u2019Ancien R\u00e9gime.<\/span><\/p>\n

L\u2019enciclica \u00abRerum Novarum\u00bb \u00e8 costituita da una introduzione, due parti e una conclusione; il tutto suddiviso in quarantacinque paragrafi.<\/span><\/p>\n

Nell\u2019introduzione (primi due paragrafi) si espone il motivo che ha dato origine all\u2019enciclica papale, ossia la questione operaia.<\/span><\/p>\n

Si afferma che la situazione \u00e8 sfuggita di mano un po\u2019 a tutti, a causa del rapidissimo diffondersi dell\u2019industrializzazione e della concentrazione della ricchezza in poche mani, che ha determinato la povert\u00e0 di gradi masse umane.<\/span><\/p>\n

Si dice inoltre che, venute meno le antiche arti e corporazioni di mestiere, nulla \u00e8 stato creato al loro posto e gi operai si sono trovati esposti, soli e indifesi, ad una situazione di grave sfruttamento, nella sostanziale indifferenza delle autorit\u00e0 e nel silenzio delle leggi, tanto pi\u00f9 che anche queste ultime si sono sempre pi\u00f9 allontanate dallo spirito cristiano.<\/span><\/p>\n

Nella prima parte, intitolata: \u00abSocialismo, falso rimedio\u00bb (paragrafi dal terzo al dodicesimo), si afferma che la soluzione socialista \u00e8 inaccettabile e controproducente per gli stessi operai, che pure pretende di emancipare, dal momento che nega i diritti legittimi dei proprietari e scompiglia tutto l\u2019ordine della societ\u00e0, sostituendo un antagonismo senza fine ad ogni idea e pratica di proficua collaborazione tra industriali e prestatori d\u2019opera.<\/span><\/p>\n

Inoltre si fa notare che il fine cui tende l\u2019artigiano \u00e8 la propriet\u00e0 privata, per cui la negazione di essa va nella direzione contraria alle aspirazioni naturali dei lavoratori medesimi.<\/span><\/p>\n

Per concludere, si ribadisce che la propriet\u00e0 privata \u00e8 un diritto di natura e, come tale, che essa \u00e8 sancita tanto dalle leggi umane, quanto dalle leggi divine; e che il mantenimento della propria famiglia spinge gli uomini a soddisfare, nella maniera che ritengono pi\u00f9 consona, le necessit\u00e0 economiche di cui essa ha bisogno, anche mediante la libera iniziativa.<\/span><\/p>\n

Grave prepotenza sarebbe, da parte dello Stato, la pretesa di intervenire nel santuario della famiglia, il che \u00e8 esattamente quanto propongono i socialisti; e grave danno per l\u2019intera societ\u00e0 sarebbe che lo Stato uniformasse la condizione sociale di ciascuno, riducendo tutti ad una condizione di miseria e di generale servit\u00f9, nonch\u00e9 introducendo rancori, inimicizie, invidie permanenti, che avvelenerebbero i rapporti sociali.<\/span><\/p>\n

Nella seconda parte, quella pi\u00f9 ampia e pi\u00f9 articolata (paragrafi dal tredicesimo al quarantaquattresimo), si espone la \u201cgiusta\u201d risposta alla questione operaia: l\u2019unione delle associazioni cattoliche, collegate alla Chiesa e al suo magistero; e questo \u00e8 anche l\u2019aspetto di autentica originalit\u00e0 del documento pontificio.<\/span><\/p>\n

In primo luogo si afferma che la Chiesa, per sua natura, \u00e8 pienamente legittimata ad esprimersi sulle questioni sociali e che il suo scopo \u00e8 quello di comporre i confitti, non di esasperarli; quindi ribadisce che le ineguaglianze sociali sono inevitabili e che inevitabile \u00e8 anche il lavoro faticoso, richiamandosi alle parole rivolte, nel libro della \u00abGenesi\u00bb, da Dio ad Adamo dopo il peccato originale e la sua cacciata dal Paradisio terrestre.<\/span><\/p>\n

Di conseguenza, l\u2019ordine gerarchico della societ\u00e0 \u00e8 giusto e naturale, concetto sottoscritto da quasi tutti i pensatori sociali cattolici, a cominciare da Giuseppe Toniolo (diciamo quasi tutti, perch\u00e9 la frazione democratico cristiana di Romolo Murri si andr\u00e0 orientando sempre pi\u00f9 in senso anticapitalista e, quindi \u201csocialista\u201d); quello che non lo \u00e8, invece, \u00e8 l\u2019egoistica affermazione di una classe, quella dei proprietari, a danno di tutte le altre.<\/span><\/p>\n

Poi si riafferma la necessit\u00f2 della concordia per il buon funzionamento della societ\u00e0 e si dice, senza mezzi termini, e\u00a0 sempre con il sostegno delle Scritture, che il lavoratore ha diritto ad una equa retribuzione per le sue prestazioni e che il suo sfruttamento \u00e8 cosa immorale e anticristiana, che grida vendetta al cospetto di Dio.<\/span><\/p>\n

Questa \u00e8, forse, la parte pi\u00f9 vigorosa e pi\u00f9 \u201cnuova\u201d dell\u2019enciclica; anche se, a ben guardare, non contiene alcuna novit\u00e0 sostanziale rispetto alle posizioni teoriche (non sempre agli atteggiamenti pratici) della gerarchia ecclesiastica nei confronti del lavoro, in particolare quali erano state espresse, anche da teologi illustri, lungo tutti i secoli del Medioevo.<\/span><\/p>\n

Si ribadisce quindi l\u2019importanza fondamentale della carit\u00e0 cristiana e si dice esplicitamente che i ricchi dovranno, a suo tempo, rendere \u00abrigorosissimo conto a Dio\u00bb del modo in cui avranno impiegato le loro ricchezze. Pertanto, soddisfatte le giuste e legittime esigenze personali e familiari, coloro che possiedono beni superflui hanno il preciso dovere di soccorrere quanti si trovano a vivere in una condizione di indigenza. Tutti i beni, infatti, sia quelli materiali che quelli spirituali, provengono, in ultima analisi, da Dio, e non vanno perci\u00f2 considerati come un patrimonio privato, da gestire egoisticamente, ma come uno strumento per l\u2019esercizio della carit\u00e0 e per la realizzazione del giusto ordine fra gli uomini, voluto da Dio.<\/span><\/p>\n

D\u2019altra parte – e questo pu\u00f2 sembrare un concetto inconsueto soltanto a coloro che hanno scarsa consuetudine con la storia sociale e religiosa del Medioevo – viene ribadito che la povert\u00e0 non solo non deve essere considerata, in se stessa, come un elemento di vergogna o di umiliazione, ma che, al contrario, \u00e8 una condizione che presenta notevoli vantaggi spirituali, perch\u00e9 avvicina le anime a Dio e perch\u00e9 \u00e8 oggetto, da parte di Dio stesso, di una speciale attenzione e benevolenza. Si cita l\u2019esempio dello stesso Ges\u00f9 Cristo, figlio di un modesto falegname e lavoratore egli stesso, prima di intraprendere la propria missione pubblica, per evidenziare la santit\u00e0 del lavoro ed il valore morale di una condizione sociale umile.<\/span><\/p>\n

Si esalta poi il significato della fraternit\u00e0 cristiana, che deriva dalla comune discendenza di ciascun uomo dall\u2019unico Dio, padre di tutti.<\/span><\/p>\n

Poi, dopo aver rivendicato al cristianesimo il merito di aver profondamente rinnovato la societ\u00e0 antica e la perenne validit\u00e0 della sua vocazione educativa all\u2019interno della societ\u00e0, si ricorda che le opere di beneficenza della Chiesa hanno dato, fin dall\u2019inizio, un validissimo contributo alle necessit\u00e0 vitali della societ\u00e0 e specialmente delle classi pi\u00f9 povere, pur essendo la sua missione essenzialmente di tipo spirituale.<\/span><\/p>\n

Per affrontare organicamente ed efficacemente i problemi sociali, \u00e8 necessario l\u2019intervento dello Stato, che \u00e8, in se stesso, perfettamente lecito, essendo finalizzato al bene comune e, nel caso della questione operaia, al benessere dei lavoratori medesimi.<\/span><\/p>\n

Esistono, d\u2019altra parte – si dice – delle norme e dei limiti d\u2019intervento ben precisi: lo Stato, infatti, non deve travalicare dai propri compiti, n\u00e9 assorbire, ad esempio, la famiglia. Il compito dello Stato \u00e8 quello di tutelare, per quanto possibile, sia la societ\u00e0 nel suo insieme, sia le sue singole parti. Si ribadisce, peraltro, che il potere politico viene da Dio e che, per questo, esso deve esercitarsi sull\u2019esempio della divina sollecitudine nei confronti delle creature.<\/span><\/p>\n

Si entra poi nel vivo delle questioni sociali, prendendo in considerazioni casi particolari di intervento dello Stato nella vita sociale. Si afferma che lo Stato ha il dovere di tutelare la propriet\u00e0 privata e che ad esso compete di impedire gli scioperi degli operai, che sono dannosi sia per i lavoratori, sia per i proprietari, sia, infine, per l\u2019ordine pubblico, che ne risulta turbato; per\u00f2 si aggiunge, subito dopo, che il mezzo migliore per contrastare gli scioperi \u00e8 quello di prevenirli, assicurando agli operai delle eque condizioni di lavoro.<\/span><\/p>\n

Per quanto riguarda le condizioni materiali del lavoro, si afferma con energia che a nessuno \u00e8 lecito umiliare la dignit\u00e0 della persona umana e che, pertanto, agli operai devono essere offerte condizioni lavorative eque e decorose, in modo che essi siano in grado di sostentare adeguatamente le proprie famiglie. Deve essere tutelato il diritto al riposo; devono essere posti dei limiti precisi al lavoro minorile; devono essere assegnati turni di lavori pi\u00f9 brevi a quegli operai, come i minatori, che svolgono lavori particolarmente faticosi e nocivi per la salute.<\/span><\/p>\n

Il salario deve essere proporzionato alla prestazione lavorativa e, comunque, il datore di lavoro non deve speculare sul bisogno dell\u2019operaio: perch\u00e9, se ci\u00f2 accade, \u00e8 chiaro che si perpetra una violenza nei confronti di quest\u2019ultimo, che offende la giustizia. Al tempo stesso, bisogna educare i lavoratori al risparmio, anche perch\u00e9 l\u2019interesse di una societ\u00e0 bene ordinata \u00e8 che il numero dei piccoli proprietari cresca continuamente.<\/span><\/p>\n

In pratica, in questa parte dell\u2019enciclica si afferma che il lavoro non pu\u00f2 essere equiparato ad una merce, n\u00e9 abbandonato alla mera legge della domanda e dell\u2019offerta, perch\u00e9 il lavoratore \u00e8 una persona: e il valore e la dignit\u00e0 della persona superano quello di qualsiasi considerazione di carattere puramente economico.<\/span><\/p>\n

Negli ultimi sei paragrafi della seconda parte si tratta dell\u2019opera svolta dalle associazioni.<\/span><\/p>\n

Premesso che, per lo sviluppo armonioso della vita sociale, \u00e8 necessaria la collaborazione di tutti, si dichiara che il diritto all\u2019associazione \u00e8 un diritto naturale. Di fatto, per\u00f2, molte associazioni dei lavoratori sono indirizzate in senso contrario alla religione e alla morale cristiana, perch\u00e9 guidate da capi occulti (la Massoneria, anche se non viene menzionata) a ci\u00f2 intenzionati. Pertanto, per conservare o riguadagnare l\u2019animo degli operai, \u00e8 necessario favorire i congressi cattolici, assicurando, nello stesso tempo, una chiara autonomia ed una ferma disciplina alle associazioni, badando a evitare che la loro opera si risolva esclusivamente in una prospettiva di rivendicazioni puramente\u00a0 materiali, ma che esse tengano sempre vivo lo spirito della fede cristiana.<\/span><\/p>\n

Si ricorda che i membri delle associazioni cattoliche devono essere consapevoli dei propri diritti, cos\u00ec come dei doveri; e che le associazioni sono il vero strumento per la soluzione dei problemi sociali, in uno spirito di solidariet\u00e0, di collaborazione e di onest\u00e0. Si riconosce che esiste uno sfruttamento degli operai da parte di alcuni padroni e si sostiene che solo le associazioni cattoliche possono ridare speranza a quei lavoratori, oppressi e amareggiati dal cattivo trattamento riservato loro.<\/span><\/p>\n

Segue la conclusione, molto concisa, nella quale si riafferma che la carit\u00e0 deve essere la regina di tutte le virt\u00f9 sociali, rifacendosi al famoso inno alla carit\u00e0 svolto da San Paolo nella Prima epistola ai Corinzi.<\/span><\/p>\n

Come abbiamo detto, si tratta di un documento che segna una svolta nel pensiero sociale cristiano: non perch\u00e9 dica cose sostanzialmente nuove, ma perch\u00e9 ribadisce antichi princip\u00ee in un contesto sociale radicalmente mutato e perch\u00e9 compie uno sforzo considerevole per attualizzare quei princip\u00ee, alla luce di una sensibilit\u00e0 pi\u00f9 attenta alla dimensione economica e materiale dell\u2019esistenza, pur tenendo ben ferme le proprie radici religiose.<\/span><\/p>\n

In fondo, questo \u00e8 il primo documento in cui la Chiesa espone organicamente e ufficialmente il proprio punto di vista sui problemi del lavoro; e lo fa in una circostanza inedita rispetto alla storia secolare dell\u2019Europa, ossia davanti all\u2019affermarsi del capitalismo \u201cselvaggio\u201d e alla drammatica situazione in cui vengono a trovarsi i lavoratori dell\u2019industria e le loro famiglie.<\/span><\/p>\n

Certo, si pu\u00f2 rilevare il fatto che, nella \u00abRerum Novarum\u00bb, il passaggio dall\u2019enunciazione dei princip\u00ee di giustizia sociale e di collaborazione interclassista, alle proposte concrete di superamento sia del modello sociale e politico liberale, sia di quello comunista, rimane problematico o, per meglio dire, rimane aperto e tutto da definire.<\/span><\/p>\n

Tuttavia, a ben guardare, non \u00e8 giusto imputare alla \u00abRerum Novarum\u00bb la mancanza di collegamento fra il pensiero e l\u2019azione, perch\u00e9 si tratta di un documento che, pur prospettando una \u201cterza via\u201d fra capitalismo e socialismo, nondimeno considera la questione economico-sociale dal punto di vista privilegiato della religione, e pi\u00f9 precismente della Chiesa cattolica: non le si pu\u00f2 domandare, quindi, pi\u00f9 di quello che essa intende offrire.<\/span><\/p>\n

Stabilire, ad esempio, se la \u201cterza via\u201d vada concretamente perseguita mediante un ritorno al sistema medievale delle corporazioni di mestiere, oppure mediante una strategia essenzialmente caritativa e assistenziale, oppure ancora attraverso forme di associazione dei soli operai, come facevano i socialisti, ma in un\u2019ottica di collaborazione e non di scontro con la borghesia, queste sono scelte che toccano alle forze vive del mondo cattolico inserite nella societ\u00e0 e non a una precisa strategia della gerarchia romana, che, nella sua funzione essenzialmente spirituale, non pu\u00f2 e non vuole entrare direttamente nel merito della vita politico-sociale delle nazioni.<\/span><\/p>\n

Il fatto che gli estensori dell\u2019enciclica, il gesuita Matteo Liberatore e il domenicano cardinale Zigliara, fossero entrambi di indirizzo neo-tomista, suggerisce che l\u2019approccio della Chiesa ai problemi nuovi posti dal sorgere della questione operaia prendeva le mosse da una filosofia antica, quella medievale e particolarmente quella di Tommaso d\u2019Aquino, filtrata per\u00f2 da una sensibilit\u00e0 moderna, capace di attualizzare quanto di essa era vivo, pur nelle condizioni economiche e sociali radicalmente mutate.<\/span><\/p>\n

La cosa che pi\u00f9 colpisce nel documento di Leone XIII \u00e8 la capacit\u00e0 di equidistanza fra le istanze dei lavoratori e le esigenze dei proprietar\u00ee, riconoscendo i legittimi diritti dei primi, particolarmente quello alla giusta mercede, e dei secondi, primo dei quali il riconoscimento della propriet\u00e0 privata dei mezzi di produzione e, pi\u00f9 in generale, della struttura gerarchica della societ\u00e0.<\/span><\/p>\n

Al tempo stesso, il linguaggio e il modo stesso di porre le questioni appaiono fortemente innovativi ed anticonvenzionali: ne emerge l\u2019immagine di una Chiesa dinamica, capace di confrontarsi col presente e di dialogare con tutte le classi sociali; una Chiesa che esce da un atteggiamento di pura negazione del mondo moderno e che, per la ristrutturazione in corso del corpo sociale, \u00a0prospetta una via mediana fra socialismo e capitalismo, sotto la spinta delle innovazioni tecnologiche e della nuova economia industriale e finanziaria.<\/span><\/p>\n

In effetti, tanto gli ambienti liberali che quelli socialisti accolsero con viva contrariet\u00e0 l\u2019enciclica, vedendovi, a ragione, una credibile alternativa alle rispettive concezioni sociali; e, pi\u00f9 in generale, il preannuncio dell\u2019uscita delle masse cattoliche da una posizione meramente passiva, in vista di una loro attiva partecipazione alla vita della societ\u00e0, dell\u2019economia e della cultura.<\/span><\/p>\n

Come apparivano datate le parole di Voltaire, \u00abEcrasez l\u2019infame!\u00bb (\u00abSchiacciate l\u2019infame!\u00bb), da lui scritte nel \u00abTrattato sulla tolleranza\u00bb: se l\u2019infame era il cristianesimo, allora il filosofo francese aveva avuto troppa fretta di considerarlo finito, nella mente e nel cuore degli Europei.<\/span><\/p>\n

Chi aveva dato per spacciata la Chiesa cattolica davanti alle sfide della moderna societ\u00e0 di massa, tendenzialmente laicista e secolarizzata, dovette ricredersi; e anche quei filosofi che avevano proclamato la \u00abmorte di Dio\u00bb e, di conseguenza, lo sbandamento di grandi masse di credenti, cominciarono ad accorgersi di aver fatto male i conti: al contrario delle loro previsioni, le masse cattoliche, sulla spinta della \u00abRerum Novarum\u00bb, si apprestavano a entrare con forza nella dialettica sociale e a disputare il primato alle due grandi ideologie del XIX secolo: quella laica, liberale e democratica e quella atea, socialista e comunista.<\/span><\/p>\n

Anche una schiera di intellettuali e di organizzatori cattolici si preparava ad entrare sulla scena e a svolgere un ruolo attivo e dinamico, tanto nelle questioni del lavoro, quanto sul piano del dibattito culturale; e ci\u00f2 in un momento in cui era parso che da entrambi codesti ambiti la presenza cattolica fosse stata pressoch\u00e9 eliminata e non avrebbe mai pi\u00f9 potuto ritornare a svolgere una presenza significativa.<\/span><\/p>\n

Scriveva Mario Puccinelli nella monumentale opera curata da Paolo Brezzi \u00abLa Chiesa cattolica nella storia dell\u2019umanit\u00e0\u00bb (Fossano, Editrice Esperienze, 1966, vol. V, pp. 180-83):<\/span><\/p>\n

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\u00abL\u2019effetto della \u201cRerum Novarum\u201d fu grandissimo. Tutta l\u2019azione sociale cattolica necessariamente ne risent\u00ec: anche quella parte di gerarchia e clero che era vissuta ai margini del lavoro sociale si dovette accorgere che c\u2019era qualche cosa di nuovo.<\/em><\/span><\/p>\n

Naturalmente ci furono anche dissensi e delusioni. I dissensi, come logico, vennero negli schieramenti avversi alla Chiesa: nel mondo liberale, massonico e anticlericale assestato su posizioni di privilegio e di comodo, come nel mondo socialista che vide nell\u2019enciclica il pericolo di una perdita di monopolio nell\u2019azione e nel\u2019indottrinamento del proletariato.<\/em><\/span><\/p>\n

Le delusioni non mancarono neppure in campo cattolico, non per quello che l\u2019enciclica aveva detto, ma per quanto essa lasciava insoluto: la questione dei latifondi, del superfluo, della posizione dei ricchi e dei loro obblighi. Si prospettano \u201cin nuce\u201d problemi che solo dopo settanta anni avranno una soluzione. \u00a0Acanti a quesiti classici del bizantinismo sociale cattolico, nutrito di disquisizioni e di congressi, c\u2019erano, in realt\u00e0, alcuni grossi problemi che si presentavano ancora pi\u00f9 pressantemente dopo l\u2019enciclica: salario familiare, sindacati operai, divisione dei cattolici su alcuni punti riguardanti al tempo stesso la partecipazione alla vita pubblica e la posizione nello schieramento sociale.<\/em><\/span><\/p>\n

Una delle questioni pi\u00f9 dibattute dopo l\u2019enciclica, fu quella dell\u2019associazionismo operaio. Corporazioni o sindacati? Toniolo aveva osservato che gli operai costituiscono una classe a s\u00e9 e, quindi, avevano bisogni proprii in seno alle professioni: dovevano perci\u00f2 avere anche associazioni proprie. Nel 1895 Leone XIII scrive ai vescovi del Belgio che nelle associazioni operaie \u00e8 predominante l\u2019asopetto religioso-morale. Tuttavia possono essere permesse associazioni proprie. Per gli Stati Uniti si dice: goi operai, in forza di un diritto naturale, possono associarsi per conto loro, possibilmente cattolici con cattolici, in caso contrario anche in modo diverso, ma sena pregiudizio della giustizia e della fede.<\/em><\/span><\/p>\n

L\u2019ultimo decennio del secolo XIX \u00e8 un periodo di assestamento e di sviluppo. Gi effetti della \u201cRerum Novarum\u201d, le specificazioni sui sindacati, le realizzazioni gi\u00e0 sperimentate stanno operando un ridimensionamento sociale di grande importanza.<\/em><\/span><\/p>\n

Sono gli anni in cui, dal pionierismo iniziale punteggiato da nomi illustri di spiriti illuminati, il movimento cattolico passa alle nuove generazioni ed acquista una pi\u00f9 larga base, sia per la maturazione delle idee, sia\u00a0 perch\u00e9 l\u2019azione aveva portato i suoi frutti, sia perch\u00e9 le associazioni avevano ormai una ramificazione e dei quadri assai numerosi. Solo in Italia abbiamo, infatti, queste cifre:\u00a0 le societ\u00e0 operaie che nel 1891 erano 284, nel 1897 erano salite a 884.\u00a0 Sempre in quell\u2019anno si contavano 691 casse rurali specialmente in Lombardia e nel veneto; l\u2019Opera dei Congressi constava di 4.000 comitati parrocchiali con 90.000 iscritti; 200 erano i Comitati Diocesani con altri 4.700 membri, 20.092 i soci delle Sezioni Giovanili, 334 gli aderenti ai Circoli Universitari, 97 i Circoli della Giovent\u00f9 Cattolica, 1.264 le Associazioni Mariane, 26 quotidiani e 168 periodici fiancheggiavano l\u2019Opera dei Congressi.<\/em><\/span><\/p>\n

E l\u2019Italia, non c\u2019\u00e8 dubbio, non era all\u2019avanguardia dei movimenti sociali\u2026<\/em><\/span><\/p>\n

Le conseguenze dell\u2019antica divisione fra cattolici conservatori e progressisti si fanno particolarmente sentire sul punto della democrazia.<\/em><\/span><\/p>\n

Nel 1898, il 9 ottobre, Leon Harmel, presentando un pellegrinaggio operaio, loda la democrazia cristiana che era in forte contrasto con le associazioni cattoliche guidate da La Tour du Pin. Leone XIII risponde con molta cautela sottolineando la necessit\u00e0 di un vero cristianesimo animato dalla carit\u00e0: \u201cse la democrazia, egli conclude, si abbandona alla rivoluzione e al socialismo,\u2026 l\u2019effetto sar\u00e0 la miseria e la rovina\u201d.<\/em><\/span><\/p>\n

Anche n Italia il campo \u00e8 diviso: alla ricerca di una nuova interpretazione del \u201cnon expedit\u201d, con grande slancio i giovani insistono nello slogan \u201cpreparazione nell\u2019astensione\u201d controbattuti da tutto lo schieramento dei conservatori che sono tenacemente osservanti del principio \u201cn\u00e9 eletti, n\u00e9 elettori\u201d.<\/em><\/span><\/p>\n

Toniolo, nel Congresso di Padova del 1896, mostra la democrazia cristiana sotto un aspetto non politico, ma eminentemente sociale. Egli in partenza non esclude la politica, ma intuisce che non \u00e8 ancora tempo. Leone XIII favorisce la democrazia cristiana, ma solo sul piano economico-sociale.<\/em><\/span><\/p>\n

Il 18 gennaio 1901 un nuovo documento viene emanato: l\u2019enciclica \u201cGraves de communi\u201d che \u00e8 indicata come \u201cl\u2019enciclica in cui la Chiesa precisa il suo punto di vista in rapporto con la democrazia\u201d (Von Gestel\u201d). Il suo ambito, a parer nostro, \u00e8 pi\u00f9 ristretto: si limita, pur trattando il problema della \u201cdemocrazia cristiana\u201d, a proporre un modo di concepire e attuare la democrazia non su di un piano politico, ma su un piano economico-sociale ed \u00e8 ristretta all\u2019ambito interno dei cattolici nonch\u00e9 condizionata, in certo senso, dai loro dissensi. Il discorso politico, la scelta \u201cdemocratica\u201d nel senso pi\u00f9 completo del termine, sono ancora prematuri. Tuttavia \u2013 e questo va sottolineato \u2013 il documento costituisce una tappa importante nello sviluppo della dottrina sociale della Chiesa e pone le premesse per un ulteriore passo in avanti.<\/em><\/span><\/p>\n

Le lotte intestine fra i cattolici non erano per\u00f2 finite.\u00a0 Quanto nella situazione giocasse quel \u201cmodernismo\u201d che sar\u00e0 poi condannato da Pio X, non \u00e8 dato misurare\u2026\u00bb<\/em><\/span><\/p>\n

O forse s\u00ec: forse \u00e8 possibile misurare quanto l\u2019ombra dell\u2019incipiente movimento modernista pesasse sugli orientamenti della gerarchia ecclesiastica nei confronti della democrazia cristiana, gi\u00e0 a partire dai primissimi anni del \u2018900.<\/span><\/p>\n

E crediamo che quell\u2019ombra sia pesata parecchio.<\/span><\/p>\n

Molti degli animatori pi\u00f9 generosi dell\u2019associazionismo cattolico, anche fra quelli non direttamente coinvolti in una attivit\u00e0 di tipo apertamente politico (il Patto Gentiloni sarebbe venuto nel 1913, e nel 1919 il Partito popolare di don Sturzo), trovarono in oggettive difficolt\u00e0 di fronte alla chiusura, alla diffidenza, al desiderio di esercitare un controllo sul movimento della democrazia cristiana da parte del nuovo pontefice, Pio X, eletto nel 1903.<\/span><\/p>\n

Una difficolt\u00e0 che non coinvolse solo quei sacerdoti che, come Romolo Murri – sospeso \u201ca divinis\u201d nel 1907 e addirittura scomunicato nel 1909, prima di essere eletto alla Camera nelle liste della Democrazia nazionale – avevano mostrato insofferenza per l\u2019atteggiamento piuttosto autoritario e conservatore del nuovo papa; ma anche quegli intellettuali, come lo scrittore Antonio Fogazzaro e, in maniera molto pi\u00f9 sfumata ed esteriormente quasi impercettibile, il filosofo Luigi Stefanini, i quali sentivano comunque l\u2019urgenza di accostarsi con pi\u00f9 franchezza alle esigenze dei tempi nuovi e di confrontarsi con una societ\u00e0 in rapidissima trasformazione.<\/span><\/p>\n

Riteniamo che i timori di Pio X nei confronti della \u201ceresia\u201d modernista, per quanto fondati, dal suo punto di vista, a livello strettamente teologico e religioso, gli abbiano fatto velo nel giudizio circa l\u2019associazionismo sociale cattolico e particolarmente circa la democrazia cristiana<\/span><\/p>\n

Nel 1904 la Segreteria di stato vaticana scioglieva l\u2019Opera dei Congressi, e ci\u00f2 proprio a causa del timore che il movimento cattolico cristiano sfuggisse al controllo della gerarchia ecclesiastica e si orientasse, sotto l\u2019influenza di Romolo Murri e dei suoi seguaci, in senso apertamente anticapitalista e progressista. Al suo posto nascevano tre distinte organizzazioni, molto pi\u00f9 controllabili, ciascuna delle quali strettamente dipendente dalla gerarchia ecclesiastica: l\u2019Unione popolare, l\u2019Unione economico-sociale e l\u2019Unione elettorale.<\/span><\/p>\n

Ma questa \u00e8 gi\u00e0 un\u2019altra storia, che meriterebbe un discorso a parte.<\/span><\/p>\n

 <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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