2. Una pastoralit\u00e0 confusa, pervasa da un \u201cprofilo dottrinale\u201d pi\u00f9 che fallibile\u00a0<\/i><\/span><\/p><\/blockquote>\n<\/div>\nLa GS \u00e8 il documento pi\u00f9 imponente del Concilio, il pi\u00f9 lungo. Mons. Gherardini ricorda che \u00abgli stessi Padri conciliari non nascondevano a suo riguardo alcune perplessit\u00e0: sulla vastit\u00e0 della materia trattata, sul dialogo con il mondo intero, sul titolo di \u201cCostituzione pastorale\u201d583. Ma prevalse il desiderio di prestare \u201cun servizio all\u2019uomo nel mondo\u201d. Infatti, descritta \u201cla condizione dell\u2019uomo nel mondo contemporaneo\u201d, ne trassero argomento per le due parti della loro Costituzione e per le sue non poche distinzioni e sottodistinzioni, passando da \u201cLa Chiesa e la vocazione dell\u2019uomo\u201d ad \u201cAlcuni fra i problemi pi\u00f9 urgenti\u201d (matrimonio, famiglia, progresso, cultura, economia, politica, costruzione della pace e della comunit\u00e0 internazionale). C\u2019\u00e8 davvero di tutto. Trattandosi anzi d\u2019un documento conciliare, c\u2019\u00e8 indubbiamente di troppo, come se un siffatto documento dovesse di necessit\u00e0 rispondere a tutti i problemi del momento, a tutte<\/i> le ansie e a tutte<\/i> le speranze, ai vuoti di serenit\u00e0 e di luce, nonch\u00e9 alle aberrazioni in qualche caso innominabili della societ\u00e0 contemporanea, e concorrere a creare la socializzazione di tutti <\/i>gli esseri umani per costituirli in \u201ccomunit\u00e0\u201d mondiale, tenuto conto ovviamente di quanto al riguardo possan dare la Chiesa e gli stessi cristiani. Da questo coacervo di tematiche filosofiche, psicologiche, sociologiche, politiche e teologiche, si fa dipendere la qualificazione pastorale<\/i> della GS. Ma di che cosa, in realt\u00e0, si tratta? Sarebbe bello se fosse possibile dirlo. Non lo fu nemmeno per i Padri conciliari. Avevan faticosamente elaborato un testo per il quale non trovavan n\u00e9 un titolo, n\u00e9 una qualificazione sintetica\u00bb584.<\/span><\/div>\nPer il titolo, prevalse la dizione \u201ccostituzione pastorale\u201d, di fronte per\u00f2 a ben 541 proposte di titoli diversi. C\u2019era un accordo solo sulla qualificazione di \u201cpastorale\u201d585. Si dovette apporre una nota al Proemio<\/i> della costituzione per delucidare il significato del documento<\/i>. Esso constava di due parti: una dottrinale e una pastorale. Questa seconda esponeva \u201cl\u2019atteggiamento della Chiesa di fronte al mondo ed agli uomini d\u2019oggi\u201d. E questo sarebbe allora il significato \u201cpastorale\u201d della GS: un atteggiamento di apertura e comprensione per le esigenze del mondo d\u2019oggi. Per\u00f2 la nota diceva anche che la parte dottrinale era pastorale e quest\u2019ultima anche dottrinale. Chiosa mons. Gherardini: la nota \u201cnon sembrava uno squarcio di scrittura trasparente\u201d586.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
Nella discussione in Aula prevalse un modo pragmatico di intendere la \u201cpastorale\u201d: la preoccupazione non tanto del suo fondamento dottrinale quanto della \u201capertura pastorale\u201d che i testi dovevano testimoniare perch\u00e9 \u00aballa base di tutto c\u2019era il problema dell\u2019uomo, che in s\u00e9 \u00e8 paradossalmente plurale; \u00e8 la concrezione di tutt\u2019i problemi umani<\/i> \u2014 religiosi, storici, giuridici, sociali \u2014 e quindi \u00e8 variabilit\u00e0, mutevolezza, contingenza. Ma anche alternativa di bene e di male. Di fronte a tale alternativa, la GS perfino nella sua parte dottrinale, obbedisce alle esigenze sempre mutevoli dell\u2019approccio pastorale<\/i>. Ad esso si dette il nome d\u2019umanesimo cristiano: non un\u2019antropologia teoretica, ma un atteggiamento di simpatia<\/i>, d\u2019apertura, di comprensione verso l\u2019uomo, la sua storia e \u201cgli aspetti della vita odierna e della societ\u00e0 umana\u201d, con particolare attenzione ai \u201cproblemi che sembrano pi\u00f9 urgenti\u201d\u00bb587.<\/span><\/div>\nL\u2019approccio \u201cpastorale\u201d, dunque, come atteggiamento di simpatia, apertura e comprensione nei confronti dell\u2019uomo moderno. Certo, questo atteggiamento non sembrava affatto riflettere quello di Nostro Signore quando inizi\u00f2 la sua missione, che consisteva nel convertire i peccatori con l\u2019annuncio della Buona Novella: \u00abpentitevi e credete al Vangelo poich\u00e9 il Regno dei Cieli \u00e8 vicino\u00bb (Mc 1,15). Di invito al pentimento<\/i> e alla conversione<\/i> non c\u2019\u00e8 traccia in questa \u201cpastorale\u201d. Simile \u201cpastoralit\u00e0\u201d disponeva comunque di un suo apparato dottrinale, rintracciabile nei testi, che non per questo diventano dogmatici. Si tratta sempre della dottrina sottostante alla peculiare pastorale del Concilio. Questo aspetto \u00e8 stato a mio avviso colto molto bene da mons. Gherardini.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
Egli osserva che \u00abla nota con cui s\u2019intese illuminar e guidare la lettura del documento, non indic\u00f2 criteri ermeneutici fissi\u00bb cio\u00e8 stabiliti ad hoc per il documento, ma si rifece ad una frase contenuta (vedi supra<\/i>) nella Nota praevia<\/i> aggiunta alla LG, che diceva: \u00abLa Costituzione dovr\u00e0 esser interpretata secondo le norme generali dell\u2019interpretazione teologica\u00bb con l\u2019aggiunta: \u00abtenendo conto… delle circostanze mutevoli, cui son intrinsecamente connesse le materie trattate\u00bb588. E questo \u201cspecie nella seconda parte\u201d, quella pi\u00f9 propriamente pastorale<\/i>. L\u2019impiego di questa frase, che dimostra \u201cl\u2019identit\u00e0 dei princ\u00ecpi ermeneutici\u201d del Concilio, \u00abconferma una volta ancora che la qualifica di pastorale<\/i> non \u00e8 esclusiva della GS ma \u00e8 di tutt\u2019il Concilio, sulla cui dimensione pastorale<\/i> anche la GS viene coestesa\u00bb. La conseguenza essenziale di ci\u00f2, in relazione al dibattito sulla effettiva qualificazione teologica del Concilio, \u00e8 la seguente, di estrema importanza: \u00abCi\u00f2 comporta nel Vaticano II non l\u2019assenza del profilo dottrinale, ma l\u2019assenza dell\u2019intento definitorio e, di conseguenza, di nuove formulazioni dogmatiche\u00bb589.<\/span><\/div>\nLa presenza di una dottrina peculiare al Vaticano II non deve far gridare all\u2019infallibilit\u00e0: cosa impossibile a ritrovarsi in questo Concilio a causa dell\u2019assenza dell\u2019\u201cintento definitorio\u201d, che sarebbe pertanto assurdo considerare implicitamente esistente a causa dell\u2019esistenza di questa dottrina. Nel \u201cpastorale\u201d Vaticano II il \u201cprofilo dottrinale\u201d c\u2019\u00e8 e come. L\u2019Autore ne individua molteplici aspetti. \u00abCome riesumazione di precedenti Concili; come attenzione ai dati della tradizione filosofico-teologica; come preoccupazione per l\u2019esegesi biblica; com\u2019esigenza della stessa metafisica; come segnalazione dei traguardi culturali ultimamente raggiunti\u00bb590.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
Ma questo \u201cprofilo dottrinale\u201d \u00e8 sempre in funzione della \u201cpastorale\u201d, che riporta il sopravvento, talch\u00e9 il Vaticano II, nella storia dei Concili Ecumenici, si segnala \u00abnon per una sua incidenza dottrinale \u2014 ed ancor meno dogmatica \u2014 ma per le novit\u00e0 d\u2019atteggiamento, di valutazione, di movimento e d\u2019azione, introdotte nei gangli vitali della Chiesa, senza un evidente e necessario nesso con le sue verit\u00e0\u00bb591. Naturalmente, i Padri conciliari tentarono di \u201cassicurare\u201d la pastorale del Concilio \u201csu un consistente fondamento scritturistico, storico e teologico\u201d. Tuttavia, all\u2019atto pratico, conclude l\u2019Autore, \u00abdiventa difficile giudicare la bont\u00e0 non tanto del loro intento, quanto del risultato globale da essi conseguito\u00bb592.<\/span><\/div>\n\n
3. Rilievi sul<\/i> \u201cprofilo dottrinale<\/i>\u201d della<\/i> \u201cGaudium et spes<\/i>\u201d\u00a0<\/span><\/p><\/blockquote>\n<\/div>\nA questa analisi di mons. Gherardini, a mio avviso esemplare, mi permetto di aggiungere qualche considerazione concernente il \u201cprofilo dottrinale\u201d della Gaudium et spes<\/i>, senza pretesa di completezza. La GS mostra indubbiamente un suo modo di intendere \u201cil mondo contemporaneo\u201d, una sua filosofia della storia, che non \u00e8 affatto quella cristiana tradizionale, di un sant\u2019Agostino, di un Bossuet, ma quella laica dei Kant e dei Condorcet, incentrata sull\u2019idea di un progresso dell\u2019umanit\u00e0 dovuto all\u2019uomo stesso, verso il perfezionamento e l\u2019unione dell\u2019intero genere umano (vedi supra<\/i>, cap. III, \u00a7 5). In questo schema la GS inserisce elementi di pensiero cristiano, che non modificano l\u2019impostazione laica ed antropocentrica dell\u2019insieme ed anzi deformano la componente \u201ccristiana\u201d o \u201ccattolica\u201d stessa.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
Il discorso del documento si sviluppa per cerchi concentrici, in 93 articoli. Dopo essersi soffermato sull\u2019\u201cintima unione della Chiesa con la famiglia umana\u201d (GS 1-3), nozione che tende ad identificare la Chiesa con l\u2019umanit\u00e0 stessa, esso affronta la \u201ccondizione dell\u2019uomo nel mondo contemporaneo\u201d (4-10), vista in preda a profondi mutamenti \u201cpsicologici, sociali, religiosi\u201d: mutamenti che da un lato creavano una profonda \u201ccrisi d\u2019identit\u00e0\u201d, dall\u2019altro spingevano verso una migliore conoscenza di s\u00e9 grazie anche all\u2019apporto delle scienze. In ogni caso i mutamenti in corso stavano realizzando l\u2019unit\u00e0 del genere umano, per il Concilio un dato di fatto irreversibile: \u201cunico diventa il destino dell\u2019umana societ\u00e0, senza diversificarsi pi\u00f9 in tante storie separate\u201d (GS 5.6). Anche la \u201cvita religiosa\u201d era coinvolta in questo processo e il Concilio ne deduceva che erano \u201cnumerosi coloro che giungono a un pi\u00f9 vivo senso di Dio\u201d, guardando con \u201cun pi\u00f9 acuto senso critico\u201d alle concezioni magiche del mondo e alle \u201csopravvivenze superstiziose\u201d. Questa tendenza era controbilanciata da una crescente tendenza all\u2019ateismo (GS 7). Chi fossero coloro che erano giunti \u201ca un pi\u00f9 vivo senso di Dio\u201d, liberandosi delle \u201csopravvivenze superstiziose\u201d, non era chiaro.<\/span><\/div>\nComunque sia, nonostante \u201csquilibri\u201d di ogni tipo nel mondo contemporaneo (GS 8), il Concilio credeva di individuarvi \u201caspirazioni sempre pi\u00f9 universali\u201d, anche di ordine sociale e coinvolgenti i popoli e anche le donne (\u00abche rivendicano, l\u00e0 dove ancora non l\u2019hanno raggiunta, la parit\u00e0 con gli uomini, non solo di diritto, ma anche di fatto\u00bb \u2014 GS 9). Era questa una prima apertura del Concilio al femminismo, in uno dei suoi documenti pi\u00f9 importanti. Le \u201caspirazioni\u201d molteplici celavano, secondo GS, \u201cun\u2019aspirazione pi\u00f9 profonda e universale\u201d, quella di \u00abuna vita piena e libera, degna dell\u2019uomo, che metta al proprio servizio tutto quanto il mondo oggi gli offre cos\u00ec abbondantemente. Anche le nazioni si sforzano sempre pi\u00f9 di raggiungere una certa comunit\u00e0 universale\u00bb (GS 9.3).<\/span><\/div>\n<\/div>\n
Quest\u2019analisi pu\u00f2 sembrare ancor oggi valida. In realt\u00e0, pur contenendo delle verit\u00e0, si fermava alle apparenze, edulcorando alquanto le \u201caspirazioni\u201d degli individui e delle masse di allora, conferendo loro una nobilt\u00e0 di intenti che raramente avevano. Sotto le esigenze della giustizia sociale e del riconoscimento della dignit\u00e0 della persona (una retorica che gi\u00e0 allora ammorbava l\u2019aria) non era molto difficile scorgere la violenta spinta eversiva ed edonistica, nichilista che cominciava ad affermarsi nelle nostre societ\u00e0: eversiva<\/i>, intendo, non solo in senso politico ma anche sul piano dei valori e dei princ\u00ecpi, sul piano morale. E quella spinta non si \u00e8 certo affievolita in seguito alla \u201ccooperazione\u201d offerta al mondo dalla Chiesa cattolica \u201criformata\u201d grazie al Concilio; anzi, si \u00e8 enormemente accentuata, come possiamo constatare amaramente ogni giorno. L\u2019analisi soffriva poi di una grave lacuna, tacendo, come faceva, del Comunismo, che rappresentava indubbiamente una delle \u201cquestioni\u201d fondamentali dell\u2019epoca. Il marxismo-leninismo, con la sua pretesa di essere una verit\u00e0 omnicomprensiva ed assoluta, non rappresentava anche una sfida intellettuale di estrema gravit\u00e0 per la Chiesa e la concezione cristiana della vita? Il Concilio non aveva nulla da dire, in proposito, ai fedeli? La montagna della Gaudium et spes <\/i>riusc\u00ec solo a partorire il topolino di tre piatti ed ambigui articoli sull\u2019ateismo (GS 19-21) e una condanna generica del totalitarismo, da reperire con il lanternino, in GS 73.9.<\/span><\/div>\nNello stesso tempo, la Gaudium et spes<\/i> non nascondeva il suo apprezzamento per la democrazia vigente in Occidente, espressione del Progresso dell\u2019umanit\u00e0 (GS 31, 34). L\u2019individualismo esasperato e l\u2019edonismo che questa<\/i> democrazia, fondata su istanze materialistiche e su una nozione tendenzialmente assoluta di libert\u00e0 individuale, gi\u00e0 cominciava a far vedere, venivano completamente ignorati. Voglio ricordare ai lettori che lo schema di costituzione dogmatica De ordine morali<\/i>, anch\u2019esso tra quelli sabotati in Aula dai Novatori, conteneva un\u2019analisi lucidissima dei mali morali e delle degenera423 zioni incipienti nelle nostre societ\u00e0593. E non da meno era lo schema di costituzione De deposito fidei pure custodiendo<\/i>, anch\u2019esso scomparso nel naufragio iniziale di tutti gli schemi in Concilio. In questi schemi, al Marxismo si dedicavano solo fuggevoli cenni e sappiamo perch\u00e9. C\u2019era, tuttavia, la critica radicale e ragionata del principio di immanenza, dell\u2019antropocentrismo posto dall\u2019uomo moderno e contemporaneo a fondamento delle sue societ\u00e0, democratico- borghesi o comuniste che fossero. Per esser all\u2019altezza del suo compito storico, il Concilio non avrebbe dovuto elaborare una critica obiettiva, razionale e se necessario impietosa, sia della democrazia liberale americana che della democrazia popolare sovietica, ossia comunista? Non se ne fece nulla e la pappa del cuore che risult\u00f2 alla fine essere la Gaudium et spes<\/i> si pu\u00f2 considerare, io credo, l\u2019emblema di un colossale fallimento intellettuale594.<\/span><\/div>\nLa GS si limitava a riconoscere che in generale c\u2019era il pericolo, per le aspirazioni e le energie dell\u2019umanit\u00e0, di prendere una brutta direzione: bisognava scegliere tra \u00abla strada della libert\u00e0 e della schiavit\u00f9, del progresso o del regresso, della fraternit\u00e0 o dell\u2019odio\u00bb (GS 9.4). Si noter\u00e0 che la scelta era vista sempre dal punto di vista di una concezione del tutto terrena della scelta stessa. Quale allora il compito della Chiesa? Intervenire in questo mondo in rapida e pericolosa evoluzione con tutta la forza di una rinnovata attivit\u00e0 missionaria, al fine di convertirlo a Cristo, indirizzando cos\u00ec il suo (supposto) progresso verso l\u2019unica meta compatibile con la vocazione divina della Chiesa Cattolica? Cos\u00ec avrebbe dovuto essere, pensarono in molti, ma cos\u00ec non fu, come risulta, ad esempio, dall\u2019art. 10 della GS, che chiude l\u2019esposizione introduttiva, sulla condizione dell\u2019uomo nel mondo contemporaneo.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
L\u2019articolo si inizia con il richiamo all\u2019origine interiore degli \u201csquilibri\u201d contemporanei, nel cuore dell\u2019uomo \u201cdebole e peccatore\u201d, in contraddizione con s\u00e9 stesso, alla ricerca di una spiegazione definitiva del senso della vita, che non riesce a trovare. L\u2019uomo di allora si interrogava sulla sua natura, ansiosamente: \u00abche cos\u2019\u00e8 l\u2019uomo? Qual \u00e8 il significato del dolore, del male, della morte […] Cosa ci sar\u00e0 dopo questa vita?\u00bb (GS 10).<\/span><\/div>\nPer chi ricorda quegli anni, erano solo in pochi a porsi davvero quegli interrogativi, la scena essendo occupata dagli ottimistici miti del progresso in versione democratico-americana o marxistico-sovietica e dalle conseguenti spinte eversive ed edonistiche di cui sopra. A meno di un anno dalla fine del Concilio il capo del Partito Comunista Cinese, Mao Tse Dong, scaten\u00f2 la giovent\u00f9 cinese contro i quadri del partito, iniziando una sanguinosissima guerra civile che sarebbe durata anni. Poco dopo, nel Maggio del 1968 esplosero nell\u2019Europa Occidentale, a partire dalla Francia, i \u201cmoti studenteschi\u201d di infausta memoria, con la loro contestazione del principio di autorit\u00e0, in ogni campo, morale, politico, estetico. Fu l\u2019inizio evidente di quel rovesciamento di tutti i valori che ha portato in pratica alla decomposizione dell\u2019Occidente, della quale stiamo forse vivendo l\u2019ultima, tenebrosa fase. Nel frattempo, la Chiesa era squassata dalla tempesta postconciliare; stava vivendo, come poi si \u00e8 detto, il suo \u201cSessantotto\u201d. L\u2019ottimismo del Concilio e in particolare della Gaudium et spes<\/i>, che si riprometteva un grandioso avvenire di pace e progresso grazie alla collaborazione della Chiesa con il mondo, si rivelava del tutto fallace. Anzi, nella Chiesa il \u201cSessantotto\u201d cominci\u00f2 ancor prima di quello esploso poi sulle piazze ed in un certo senso l\u2019anticip\u00f2; l\u2019anticip\u00f2 gi\u00e0 con la traumatica contestazione del principio d\u2019autorit\u00e0 da parte del cardinale Li\u00e9nart, il 13 ottobre 1962, dentro la Basilica di S. Pietro, all\u2019apertura del Concilio.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
Anche con i suoi limiti, che erano quelli di rappresentare un\u2019umanit\u00e0 in sostanza astratta, l\u2019analisi di GS 10 coglieva ancora una parte di verit\u00e0 e poteva comunque apparire come uno sguardo pi\u00f9 profondo sulla reale situazione esistenziale della condizione umana. Ma era nel delineare lo scopo che la Chiesa voleva prefiggersi per contribuire a risolvere i problemi di questa condizione umana, che appariva di colpo la svolta antropocentrica<\/i>. Appariva, in sostanza, l\u2019elemento eterodosso<\/i> che sviava il discorso in una direzione non cattolica, secolaristica.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
La risposta ai problemi dell\u2019umanit\u00e0 poteva venire solo da Cristo. Giusto. Ma in che modo? Con il pentimento e la conversione? No. Solo da Cristo perch\u00e9 solo la Parola di Cristo, per il tramite della Chiesa, permetteva all\u2019uomo di trovare la forza \u201cper rispondere alla sua altissima vocazione\u201d. Ecco il passo, per me uno dei testi chiave per capire il vero spirito del Vaticano II: \u00abEcco: la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, d\u00e0 sempre all\u2019uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione [ut ille summae suae vocationi respondere possit<\/i>]; n\u00e9 \u00e8 dato in terra un altro nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati\u00bb (GS 10.3). Il richiamo finale al famoso testo di Atti 4,12 nulla toglie, mi sembra, al taglio antropocentrico di questa \u201cvocazione\u201d, taglio che, come si \u00e8 visto, diverr\u00e0 pi\u00f9 evidente negli articoli successivi della GS (vedi supra<\/i>, capp. da XI a XIV). L\u2019articolo si conclude dichiarando che Cristo \u00e8 la \u201cchiave\u201d e \u201cil centro\u201d di tutta la storia umana, che \u00e8 \u201cimmagine del Dio invisibile, primogenito di tutte le creature\u201d (secondo il famoso passo di Col 1, 15, richiamato pi\u00f9 volte dal Concilio); \u201cimmagine\u201d, comunque, della quale non si ricorda mai la consustanzialit\u00e0 con il Padre, la sua natura divina. Sulla base di questa centralit\u00e0 di Cristo nella storia, \u00abil Concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell\u2019uomo e per cooperare nella ricerca di una soluzione ai principali problemi del nostro tempo\u00bb (GS 10.3).<\/span><\/div>\nLa Chiesa, dunque, non ha pi\u00f9 la missione di convertire ma quella nuova di \u201ccooperare\u201d al fine di risolvere \u201ci problemi del nostro tempo\u201d unitamente al resto dell\u2019umanit\u00e0 e in modo da far realizzare all\u2019uomo la sua \u201caltissima vocazione\u201d. Certo, se Nostro Signore avesse proposto un messaggio del genere agli Apostoli, costoro se ne sarebbero tornati senza indugio alle loro case e alla loro vita di prima. Cooperare<\/i> per aiutare l\u2019uomo nel rispondere alla sua \u201caltissima vocazione\u201d, dunque. Non ripeter\u00f2 quanto ho gi\u00e0 detto su questo tema nei capitoli precedenti di questo lavoro. Ritorno solo sul concetto di \u201cvocazione\u201d. Vocazione<\/i>, ma quale? Trattandosi della costituzione di un Concilio Ecumenico della Chiesa Cattolica, non avrebbe dovuto, quest\u2019idea di vocazione, ricollegarsi sempre alla \u201cvocazione\u201d dei peccatori di cui al Vangelo di Marco, 2, 17? Narrando la vocatio<\/i> di Levi l\u2019esattore delle imposte (san Matteo) da parte di Nostro Signore, san Marco, che raccoglieva, come sappiamo dalla pi\u00f9 antica Tradizione, i ricordi di san Pietro, riporta la risposta che Ges\u00f9 diede ai Farisei, scandalizzatisi con i suoi discepoli per il fatto che Egli si era recato con loro ad un pranzo dato in suo onore dal suddetto Levi, al quale partecipavano diversi suoi colleghi, considerati dalla purit\u00e0 legale farisaica contaminati e peccatori per via dei loro contatti con i Romani: \u00ab\u2014 dissero ai suoi discepoli: \u201cPerch\u00e9 mangia e beve coi pubblicani e i peccatori?\u201d. Ges\u00f9, avendo sentito, disse loro: \u201cNon i sani han bisogno del medico, ma i malati: non son venuto a chiamare i giusti ma i peccatori [non enim veni vocare iustos sed peccatores<\/i>]\u201d\u00bb.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
Questa dunque \u201cla vocazione\u201d, la vera chiamata cristiana, che in primo luogo ci chiama all\u2019umilt\u00e0, al pentimento, alla conversione del cuore verso Dio, al mutamento effettivo della nostra vita, improntandola all\u2019amore del Prossimo per Amor di Dio. La \u201caltissima vocazione\u201d di cui a GS 10.6 mi ricorda invece Die Bestimmung des Menschen<\/i> di Fichte, dell\u2019anno 1800, il pi\u00f9 illuminista tra i filosofi idealisti, il pi\u00f9 sensibile al delirio rivoluzionario. Questa la Missione dell\u2019Uomo<\/i>, che era anche la sua vocazione<\/i>: rompere tutte le barriere, innalzandosi nella propria coscienza di s\u00e9 sino ad identificarsi nel pensiero con l\u2019Assoluto, con la Divinit\u00e0 stessa. E difatti, nel gi\u00e0 visto art. 22 della GS, che chiude appunto il capitolo dedicato alla \u201cdignit\u00e0 della persona umana\u201d non si assiste ad una vera e propria divinizzazione dell\u2019uomo? Prima si afferma che Cristo \u201csvela anche pienamente l\u2019uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione\u201d, poi che la natura umana (per l\u2019occasione solo \u201cdeformata\u201d dal peccato originale) \u00e8 stata innalzata dall\u2019Incarnazione \u201canche in noi ad una dignit\u00e0 sublime\u201d, ed infine che ci\u00f2 \u00e8 avvenuto perch\u00e9 \u201ccon l\u2019Incarnazione il Figlio di Dio si \u00e8 unito in certo modo ad ogni uomo\u201d (GS 22). Per tacere dell\u2019inciso dell\u2019art. 24.4 della GS, sull\u2019uomo \u201csola creatura che Dio abbia voluto per s\u00e9 stessa\u201d.<\/span><\/div>\nStabilita la \u201cvocazione\u201d dell\u2019uomo come \u201caltissima vocazione\u201d a realizzare la sua dignit\u00e0 e personalit\u00e0, tale concetto \u2014 chiaramente estraneo al giusnaturalismo sempre insegnato dalla Chiesa \u2014 viene applicato nella susseguente prima parte del documento: nella prima sezione, che si occupa appunto de \u201cLa Chiesa e la vocazione dell\u2019uomo\u201d, artt. 11-45. Questa sezione \u00e8 divisa in quattro capitoli, che trattano rispettivamente de: \u201cla dignit\u00e0 della persona umana\u201d (12-22); \u201cla comunit\u00e0 degli uomini\u201d (23-32); \u201cl\u2019attivit\u00e0 umana nell\u2019universo\u201d (33-39); \u201cla missione della Chiesa nel mondo contemporaneo\u201d (40-45). Questi quattro capitoli procedono anch\u2019essi per cerchi concentrici. Si passa dall\u2019uomo considerato singolarmente, come persona, all\u2019uomo in comunit\u00e0, all\u2019attivit\u00e0 umana nel mondo e addirittura nell\u2019universo, inquadrata quindi in una prospettiva cosmica [sic]; al compito specifico della Chiesa in simile quasi faustiano scenario, di \u201cvocazione\u201d e \u201cattivit\u00e0\u201d individuale e collettiva dell\u2019umanit\u00e0, che dovrebbe concludersi nella visione millenaristica di GS 39, dedicato a \u201cTerra nuova e cielo nuovo\u201d.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
A questo punto, proposta la visione utopica finale, la GS non avrebbe dovuto concludersi? Il quadro non era completo? E invece no. Come nota mons. Gherardini, la costituzione voleva occuparsi anche di tutti i problemi dell\u2019uomo contemporaneo e dare un\u2019indicazione precisa per risolverli tutti! Parlare di documento megalomane<\/i> sarebbe forse eccessivo? Si rischia di commettere peccato? E difatti, sotto la dizione in apparenza modesta di \u201cAlcuni problemi pi\u00f9 urgenti\u201d si inizia la seconda parte del documento, che mette in pratica i concetti generali, il \u201cprofilo dottrinale\u201d proposto nella prima e sempre nella forma dell\u2019approccio pastorale, del discorso aperto e pieno di simpatia, dal taglio sociologico-narrativo, minimalista per quanto riguarda i riferimenti alle verit\u00e0 di fede. Questa seconda parte \u00e8 divisa in cinque capitoli, a loro volta divisi in sottosezioni per un totale generale di sette. Non tedier\u00f2 il lettore con una descrizione accurata di questa pachidermica struttura. Mi limiter\u00f2 a ricordare che essa tratta del matrimonio e della famiglia (cap. I); della \u201cpromozione del progresso della cultura\u201d (II) ove si propone come modello una \u201ccultura integrale\u201d di tipo appunto neoilluminista, umanistico e non cristiano; della \u201cvita economico-sociale\u201d, dove ci si occupa anche di \u201cinvestimenti e moneta, latifondi\u201d (III); della \u201cvita della comunit\u00e0 politica\u201d (IV) ove non si ripropone affatto l\u2019ideale dello Stato cristiano ma si propugna la \u201cgiusta separazione\u201d tra lo Stato e la Chiesa; della \u201cpromozione della pace e la comunit\u00e0 dei popoli\u201d (V), ove sono gettate le basi del \u201cpacifismo\u201d tipico della Chiesa uscita dal Concilio, funzionale non alla conversione bens\u00ec al dialogo ecumenico. Questa seconda parte rappresenta dunque \u201cla prassi\u201d rispetto alla \u201cteoria\u201d. Che la teoria dovesse concludersi in una prassi del genere, risulta da tutto il contesto della parte introduttiva e in particolare dall\u2019incipit della sua parte prima, dove si dice all\u2019art. 11, che \u201cil popolo di Dio\u201d deve cogliere \u201ci veri segni della presenza del disegno di Dio\u201d nel mondo, nella storia, \u00able intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell\u2019uomo, orientando cos\u00ec lo spirito verso soluzioni pienamente umane\u00bb (GS 11.1). \u201cUmane\u201d, non \u201ccristiane\u201d. In conseguenza di ci\u00f2, \u00abil Concilio si propone innanzitutto di esprimere un giudizio su quei valori che oggi sono pi\u00f9 stimati e di ricondurli alla loro divina sorgente. Questi valori infatti, in quanto procedono dall\u2019ingegno umano che all\u2019uomo \u00e8 stato dato da Dio, sono in s\u00e9 ottimi, ma per effetto della corruzione del cuore umano non raramente vengono distorti dall\u2019ordine richiesto, per cui hanno bisogno di essere purificati\u00bb (GS 11.2).<\/span><\/div>\nIn questo, che a mio avviso \u00e8 un altro testo chiave del Concilio, si dichiara apertamente che lo scopo del Concilio \u00e8 quello di \u201cpurificare\u201d i valori nei quali crede l\u2019uomo del Secolo e \u201cdi ricondurli alla loro divina sorgente\u201d. Ma forse che i valori mondani professati dal Secolo hanno tutti una \u201cdivina sorgente\u201d? Che concetto ha il Secolo del matrimonio? Lo sappiamo: sensuale ed egoistico, con la procreazione della prole tenuta sullo sfondo, un mero optional. Allora, nel ricondurre l\u2019imperante concezione laica del matrimonio alla sua \u201cdivina sorgente\u201d, il Concilio non avrebbe dovuto ribadire l\u2019insegnamento tradizionale della Chiesa, quello della Casti connubii<\/i> di Pio XI, tanto per capirci? Invece all\u2019art. 48 della GS, che si occupa della \u201csantit\u00e0 del matrimonio e della famiglia\u201d, cosa troviamo? Troviamo, come \u00e8 stato pi\u00f9 volte rilevato (vedi supra<\/i>, Cahier de dol\u00e9ances<\/i> 20), una concessione esiziale allo spirito del Secolo. Infat427 ti, non vi si dice con chiarezza che la procreazione e l\u2019educazione della prole \u00e8 il fine primario del matrimonio<\/i>, al quale \u00e8 subordinato l\u2019arricchimento personale reciproco degli sposi, anche per ci\u00f2 che riguarda il soddisfacimento della concupiscenza carnale naturale, come sempre insegnato dalla Chiesa; si scrive, invece, che: \u00abl\u2019istituto del matrimonio e l\u2019amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento\u00bb (GS 48.2). La procreazione \u00e8 il \u201ccoronamento\u201d dell\u2019unione e dell\u2019amore coniugale, non pi\u00f9 il suo fine primario. Il termine non sembra chiarissimo. Perch\u00e9 non si \u00e8 voluto scrivere, in modo chiaro e netto, che l\u2019istituto del matrimonio e l\u2019amore coniugale hanno il loro fine primario<\/i> nella procreazione ed educazione dei figli? Il \u201ccoronamento\u201d di qualcosa pu\u00f2 anche apparirne un\u2019appendice, non collegata in modo necessario al fine per cui quel qualcosa \u00e8.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
E chiudo qui i miei sintetici rilievi, che avrei potuto benissimo estender a tutto l\u2019insieme della GS, sicuro di trovarvi praticamente in ogni articolo la presenza di una \u201cdottrina\u201d che viene dallo Spirito del Secolo e non dallo Spirito Santo. \u00c8 proprio la presenza di un \u201cprofilo dottrinale\u201d del genere la causa principale della confusione messa in rilievo nelle sue implicazioni teologiche da mons. Gherardini. Essa risulta di una ripetuta commistione di elementi della vera dottrina cattolica con le concezioni profane, con quei \u201cvalori\u201d del Secolo che si volevano ricondurre alla loro \u201csorgente divina\u201d, \u201csorgente\u201d partorita in realt\u00e0 dalla fervida mente dei settatori della Nouvelle Th\u00e9ologie<\/i>.<\/span><\/div>\n _______________________<\/span> \n580) P. Cantoni, Riforma nella Continuit\u00e0<\/i>, cit., p. 29.<\/span> \n581) Ivi, p. 31.<\/span> \n582) Ivi, p. 30.<\/span> \n583) B. Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II<\/i>, cit., p. 62.<\/span> \n584) Ivi, pp. 62-63.<\/span> \n585) Ivi, p. 63.<\/span> \n586) Ibidem.<\/span> \n587) Ivi, p. 64.<\/span> \n588) Ibidem.<\/span> \n589) Ibidem.<\/span> \n590) Ivi, p. 65.<\/span> \n591) Ibidem.<\/span> \n592) Ibidem.<\/span> \n593) Schema di costituzione dogmatica De ordine morali<\/i>, AD\/II, 2,2, pp. 28-58.<\/span> \n594) Il giudizio di Congar sullo schema De ordine morali<\/i> mi sembra indicativo del modo di sentire contraddittorio ed irrazionale dei \u201cnuovi teologi\u201d. Da un lato, come tutti gli altri schemi, gli sembrava troppo \u201cscolastico\u201d, appiattito [sic] sui documenti ufficiali dei Papi, poco \u201cecumenico\u201d (Mon journal du Concile<\/i>, cit., I, p. 57); dall\u2019altro lo lodava come \u201ctesto vigoroso, che risponde bene agli errori attuali\u201d, testo che tuttavia lui avrebbe riscritto da cima a fondo (ivi, p. 63: \u201cMais il e\u00fbt fallu tout refaire et composer autrement\u201d). Il \u201crifacimento\u201d sarebbe stato per l\u2019appunto la Gaudium et spes<\/i>. Mi chiedo: se il testo dello schema era \u201cvigoroso\u201d e \u201crispondeva bene agli errori attuali\u201d, che bisogno c\u2019era di riscriverlo? Non sarebbe bastato qualche ritocco?\u00a0<\/span><\/div>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" fonte chiesaepostconcilio.blogspot.com 11\/03\/2024 Riprendo il Cap. XX (pp. 417-430) di Unam Sanctam (qui) di Paolo Pasqualucci, che contiene una sintesi […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":4557,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[39,12],"tags":[655,61,142],"avopt_banners_inside_post":true,"avopt_banners_on_page":true,"av_copy_from":"","av_sharing_message":"","av_sharing_allowed":true,"av_sharing_on":{"fb":[],"tw":[]},"av_allow_affiliate_banner":false,"av_allow_affiliate_multi_banner":false,"av_post_rating":true,"av_have_post_rating_value":false,"spellchecker_performed_today":false,"yoast_head":"\n
La neoilluministica 'Gaudium et Spes' specchio della pastoralit\u00e0 confusa del Vaticano II - San Michele Arcangelo<\/title>\n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n