confederazionetriarii.it <\/a>23\/12\/2018<\/p>\nEdward Feser<\/strong><\/span> \u00e8 uno scrittore statunitense e docente di filosofia presso il Pasadena City College. Autore di numerose pubblicazioni di orientamento conservatore su temi attinenti alla morale, alla politica e alla religione, si distingue tra l\u2019altro per il suo impegno a favore della rinascita di un\u2019apologetica cattolica radicata nella tradizione tomista. Informazioni biografiche tratte da Internet<\/span><\/p>\nCINQUE LEZIONI DA SAN GIUSTINO (originale qui: http:\/\/www.catholicworldreport.com\/2018\/04\/22\/the-unapologetic-apologist-five-lessons-from-st-justin-martyr\/) Traduzione a cura di Stefano Dal Lago<\/em> <\/span><\/p>\n \nNel II secolo d.C. la religione cristiana si era ormai diffusa oltre l\u2019originale contesto ebraico, in un mondo pagano che molto spesso la fraintendeva e la odiava. La situazione era, da quel punto di vista, molto simile alla nostra. Solo peggiore, naturalmente. Perch\u00e9 in quei giorni farsi cristiano voleva dire qualcosa di pi\u00f9 che attirarsi il disprezzo degli intellettuali o divenire oggetto di scherno da parte della sottocultura popolare. Significava esporsi al rischio di trovare la morte per mano dello stato. Tuttavia, nonostante la loro condizione fosse assai pi\u00f9 precaria sul terreno sia politico che culturale, i nostri predecessori nella fede erano molto pi\u00f9 forti di noi moralmente e spiritualmente. Il lassismo formale e il sentimentalismo sdolcinato tipici del cristianesimo dei nostri tempi non facevano per loro. Al contrario, la risposta alle difficolt\u00e0 in cui si dibatteva la Chiesa nel II secolo comport\u00f2 le sfide pi\u00f9 impegnative che siano mai state poste alla volont\u00e0 e all\u2019intelletto dei suoi membri. Innanzitutto, un\u2019aderenza rigida alla morale cristiana e all\u2019insegnamento dei teologi, a costo della vita se necessario. In secondo luogo, la dimostrazione razionale della superiorit\u00e0 dell\u2019ortodossia cristiana rispetto agli errori degli infedeli e degli eretici. In breve, martirio e apologetica. Quello era il loro programma e funzion\u00f2. Lentamente, ma inesorabilmente, la Chiesa conquist\u00f2 l\u2019impero che aveva cercato di conquistarla. Soprattutto, salv\u00f2 le anime dei perseguitati e dei persecutori ad un tempo. Prima o poi questo programma sar\u00e0 anche il nostro. Perch\u00e9 \u00e8 il solo programma che funzioni e l\u2019unico che – con l\u2019inflessibilit\u00e0 che lo contraddistingue sia sul piano pratico che teorico – possa recare testimonianza autentica della verit\u00e0 della fede cattolica. Non possiamo aspettarci che il mondo accetti questa fede se non riusciamo a sostenerla con prove concrete e non siamo disposti a vivere e a morire per lei. San Giustino martire ha tracciato il cammino. \u00c8 unanimemente considerato il primo filosofo cristiano e il primo grande apologeta. Come rivela il suo titolo, difese la fede fino alla morte. Vissuto all\u2019incirca tra il 100 e 165 d.C., fu temporalmente contiguo all\u2019et\u00e0 apostolica, tanto da possedere una comprensione non mediata dell\u2019ethos e degli insegnamenti della Chiesa delle origini. Pertanto le sue credenziali sul piano intellettuale, morale e teologico sono fuori discussione. Che cosa mai potrebbe insegnarci sul modo in cui la Chiesa dovrebbe affrontare un mondo ostile? Prima lezione: la fede non ammette il fideismo Nel corso di tutta la sua Prima apologia, Giustino sottolinea il fatto che i cristiani possono e devono fornire \u201cla pi\u00f9 forte e vera prova possibile\u201d a sostegno della loro religione e che \u201cnon facciamo mere affermazioni senza essere in grado di provarle\u201d. Il lettore moderno potr\u00e0 forse trovarlo sorprendente. Perch\u00e9 non \u00e8 forse vero che Giustino parla anche di \u201cprofessione di fede\u201d cristiana? E la fede non consiste proprio nel credere qualcosa in assenza di prove? No, affatto. Secondo la tradizione teologica cattolica, la fede consiste essenzialmente nel credere qualcosa perch\u00e9 \u00e8 stata rivelata da Dio. E quando parliamo di \u201cfede cattolica\u201d o di \u201cdeposito della fede\u201d, si intende quel corpus di dottrine morali e teologiche divinamente rivelate che ci \u00e8 stato trasmesso dal tempo degli apostoli. Ma come possiamo sapere che qualcosa \u00e8 stato davvero divinamente rivelato e non \u00e8 solo un\u2019invenzione umana? Come sappiamo che il deposito della fede viene realmente da Dio? Per questo, la Chiesa lo ha sempre riconosciuto, abbiamo bisogno di argomentazioni razionali. In particolare, ci servono quelli che vengono chiamati \u201cpreamboli della fede\u201d – ragionamenti filosofici che stabiliscono l\u2019esistenza e la natura di Dio e la possibilit\u00e0 che ci sia stata una rivelazione divina confermata per mezzo di miracoli. E abbiamo bisogno dei cosiddetti \u201cmotivi di credibilit\u00e0\u201d – argomentazioni di natura filosofica e storica che provano l\u2019autenticit\u00e0 di tale rivelazione divina in quanto associata ad eventi che non avrebbero potuto accadere senza uno speciale intervento soprannaturale (ad esempio, la resurrezione di Cristo). Solo se queste cose possono essere accertate per via razionale e in modo indipendente si pu\u00f2 iniziare a parlare di fede, perch\u00e9 soltanto una volta che sappiamo, grazie alla ragione, che una vera rivelazione ha avuto luogo, abbiamo qualcosa in cui credere. Nella sua accezione corretta, dunque, la fede non \u00e8 in conflitto con la ragione, ma presuppone argomentazioni razionali. E, come mostra il caso di Giustino, questa fondamentale idea non \u00e8 un ritrovato della scolastica medievale, ma pu\u00f2 esser fatta risalire ai primordi della storia della Chiesa. Come Giustino stesso riporta nel suo Dialogo con Trifone, fu lo studio della filosofia neoplatonica a creare i presupposti per la sua conversione al cristianesimo. Nello specifico, la formazione filosofica di Giustino avvenne nell\u2019ambito della corrente che i moderni storici della filosofia chiamano medioplatonismo, scuola che aveva incorporato nel sistema platonico elementi aristotelici, come la celebre argomentazione a favore di un motore immobile dell\u2019universo. Ovviamente, Giustino e gli altri apologeti delle origini, nelle loro riflessioni su Dio e sulla sua natura, furono profondamente influenzati anche dalla sacra scrittura e dall\u2019enfasi data in essa a Dio come padre celeste da Cristo stesso. Tuttavia, secondo quanto riporta W. Barnard nel suo saggio Justin Martyr: His Life and Thought (pp. 76-77): \u201cI primi scrittori cristiani erano specialmente interessati a Dio nella sua qualit\u00e0 di creatore e molto meno agli attributi della sua paternit\u00e0. Questo era assolutamente naturale a fronte dell\u2019eclettismo tipico dell\u2019epoca, diffuso anche a livello popolare, che indirizzava il culto a una pluralit\u00e0 di divinit\u00e0… Le loro idee, sebbene derivino dal retroterra biblico della Chiesa delle origini, riflettono anche la speculazione filosofica del tempo. Cos\u00ec i riferimenti di Clemente di Roma a Dio ordinatore del cosmo echeggiano credenze proprie del tardo stoicismo. Simili influssi si fanno pi\u00f9 pronunciati negli scritti degli apologeti greci, come \u00e8 logico attendersi se si considera la loro formazione filosofica. Aristide di Atene apre la sua Apologia con una dimostrazione schematica dell\u2019esistenza di Dio basata sulla nota argomentazione aristotelica a partire dal moto… Questo doppio retroterra \u00e8 evidente anche negli scritti di Giustino martire… Giustino rimase un seguace di Platone anche dopo la sua conversione al cristianesimo. Mantenne l\u2019idea di un Dio inconoscibile e trascendente, prima causa immobile…\u201d Pu\u00f2 sembrare sorprendente che un apologeta cristiano esordisca mettendo l\u2019accento su nozioni come queste piuttosto che sul concetto di Dio come padre, ma a pensarci bene non lo \u00e8 affatto. Come nota Barnard, il contesto pagano in cui operavano i primi apologeti rifletteva un \u201ceclettismo\u201d che \u201cindirizzava il culto a una pluralit\u00e0 di divinit\u00e0\u201d. Di conseguenza, gran parte del pubblico di Giustino non aveva nemmeno una comprensione corretta di che cosa Dio fosse. Non serve predicare che Dio \u00e8 padre e Ges\u00f9 suo figlio a interlocutori che quasi certamente interpretano questa affermazione assimilandola a quella per cui, ad esempio, Zeus \u00e8 padre di Apollo. Perci\u00f2, Giustino e gli altri apologeti dovettero prima di tutto dimostrare l\u2019esistenza di Dio inteso come causa trascendente, immutabile e incausata di tutto, ad eccezione di se stesso. Solo una volta fondata questa base concettuale risulta chiaro che parlare di Dio come padre non significa semplicemente parlare del signore supremo di qualche nuovo pantheon. Ci\u00f2 implica un tipo particolare di ragionamento filosofico, che anche qualche esponente della filosofia pagana aveva gi\u00e0 contribuito notevolmente a sviluppare. Gli apologeti poterono dunque utilizzare il lavoro di questi filosofi a un duplice scopo: fare appello alle concezioni di Platone, di Aristotele e degli stoici come parte di un comune quadro di riferimento intellettuale nell\u2019ambito del quale cristiani e pagani potessero comunicare; far leva sulle buone idee prodotte dalla cultura pagana per sottoporre a critica quelle nocive, politeiste. Ora, mentre i pagani avevano troppe divinit\u00e0, il problema dell\u2019occidente moderno \u00e8 che non riconosce neppure l\u2019unico vero Dio. Ma, per altri versi, la nostra situazione non \u00e8 dissimile da quella di Giustino. Perch\u00e9, come accadeva per il pubblico di Giustino, anche al moderno interlocutore secolarizzato occorre fornire una prova razionale dell\u2019esistenza di Dio, prima di potersi ragionevolmente aspettare che prenda sul serio una qualsiasi rivendicazione cristiana. Oggi, non meno che ai tempi di Giustino, la filosofia deve stabilire i \u201cpreamboli della fede\u201d prima che la fede possa risultare un\u2019opzione reale. Una volta posti tali preamboli, per\u00f2, il lavoro \u00e8 solo a met\u00e0, perch\u00e9 bisogna fornire anche i cosiddetti \u201cmotivi di credibilit\u00e0\u201d. Giustino lo fece a modo suo, sottolineando il compimento delle profezie – in particolare, citando i diversi passi dell\u2019antico testamento in cui si anticipano i dettagli della vita e della morte di Ges\u00f9 di Nazareth – come prova dell\u2019autenticit\u00e0 della rivelazione divina. Ci\u00f2 equivale a fare appello ai miracoli e del resto niente di meno che un miracolo – il verificarsi di un avvenimento che in linea di principio non ammette spiegazione naturale e che quindi pu\u00f2 essere solo il prodotto di uno speciale intervento divino – pu\u00f2 giustificare l\u2019affermazione che una rivelazione divina abbia effettivamente avuto luogo. L\u2019apologetica vecchio stile, quella che poneva l\u2019accento sulle prove filosofiche dell\u2019esistenza di Dio, sulle argomentazioni storiche a favore dei miracoli, ecc., costituiva una colonna portante della teologia neoscolastica, dominatrice del pensiero cattolico nel periodo precedente al Concilio Vaticano II. Negli ultimi decenni \u00e8 stata per\u00f2 scartata da molti cattolici come troppo \u201crazionalista\u201d e si \u00e8 fatto ricorso al suo posto ai moti del cuore, al fascino della fede, ecc., per persuadere un uditorio moderno a prendere sul serio il cattolicesimo. Com\u2019era prevedibile, simili approcci, intellettualmente deboli e soggettivisti, sono riusciti unicamente a rafforzare l\u2019accusa dei neoatei, secondo cui il cristianesimo \u00e8 frutto di pii desideri e manca di ogni fondamento razionale. Come mostra il caso di Giustino (per non parlare di Aristide, Clemente e altri padri), l\u2019apologetica vecchio stampo dei neoscolastici \u00e8 l\u2019approccio che si ispira davvero all\u2019esempio della Chiesa delle origini. Il fenomeno del neoateismo e quello dell\u2019apostasia diffusa provano come tale approccio sia tanto indispensabile oggi quanto ai tempi di Giustino. Seconda lezione: scopo del dialogo \u00e8 la conversione Come indicano la familiarit\u00e0 che mostrava e il rispetto che nutriva nei confronti dei risultati migliori della filosofia pagana, Giustino non era un bigotto. Il Dialogo con Trifone d\u00e0 conto del suo personale programma di ricerca volto ad attingere alle diverse scuole di pensiero esistenti all\u2019epoca e di come egli si sforzi sempre di ragionare con gli oppositori piuttosto che ricoprirli di insulti. D\u2019altra parte, Giustino non temeva di criticare la cultura pagana quando appariva superstiziosa e degenerata e non si faceva scrupolo di chiamare eretico un eretico. I cristiani del tempo di Giustino venivano accusati di ateismo perch\u00e9 ripudiavano le divinit\u00e0 delle religioni politeiste. Giustino non gira diplomaticamente intorno alla questione. Al contrario, nella Prima apologia ammette con franchezza: \u201cNoi confessiamo di essere atei, finch\u00e9 si tratta di dei questa fatta\u201d; condanna simili false divinit\u00e0 come \u201cdemoni empi e malvagi\u201d e ridicolizza gli idoli in quanto \u201cprivi di anima e morti\u201d; loda pensatori come Socrate perch\u00e9 criticarono a loro volta le superstizioni dei contemporanei pagani. Giustino, poi, condanna la sessualit\u00e0 impura e l\u2019infanticidio che imperversavano in alcune parti del mondo pagano e stigmatizza l\u2019opinione che bene e male siano una mera questione di punti di vista come \u201csommamente empia e malvagia\u201d. In questo consisteva per Giustino il \u201cdialogo interreligioso\u201d: riconoscere e apprezzare quanto vi \u00e8 di giusto nelle confessioni non cristiane; denunciare e condannare senza mezzi termini gli errori che contengono. Il suo approccio all\u2019ecumenismo fu ancor pi\u00f9 intransigente. Nella Prima apologia, Giustino condanna aspramente gli eretici come Simon Mago e Marcione, lamentando il fatto che da quando a questi falsi maestri \u00e8 stata affibbiata l\u2019etichetta di \u201ccristiani\u201d le loro dottrine erronee hanno spesso finito per venire attribuite a tutti i cristiani indistintamente, cosa che ha contribuito a screditare la Chiesa presso i pagani (si pensi al modo in cui oggi il fideismo e altre dottrine e tendenze che la Chiesa cattolica ha sempre combattuto tendono ad essere attribuite indiscriminatamente al cristianesimo in quanto tale dai neoatei e dagli altri suoi avversari). L\u2019alternanza fra discussione posata e razionale da un lato e critica aperta dall\u2019altro potr\u00e0 apparire contraddittoria a qualche lettore moderno, ma in realt\u00e0 \u00e8 perfettamente coerente. A Giustino interessa arrivare alla verit\u00e0, non conversare amabilmente. Proprio per questo, mentre loda i pagani quando giungono a qualche conclusione corretta, li critica quando cadono nell\u2019errore. E giacch\u00e9 \u00e8 convinto che il cristianesimo sia vero, ma anche dimostrabile razionalmente, si prefigge di persuadere i pagani a convertirsi e gli eretici a cessare di distorcere il messaggio cristiano. Oggid\u00ec, il termine \u201cdialogo\u201d \u00e8 diventato una sorta di parola d\u2019ordine presso chi si propone di evitare il proselitismo o di cancellare le condanne degli errori dottrinali. Costoro non riverranno alcunch\u00e9 in Giustino o negli altri padri a giustificazione di un simile atteggiamento. Oggigiorno, quando un cristiano tenta di fare \u201capologia\u201d, di solito parla male della Chiesa del passato e dei suoi presunti errori. L\u2019apologetica di Giustino mirava invece a dimostrare che la Chiesa era nel giusto. Terza lezione: salvati o dannati La convinzione che il cristianesimo fosse vero non era l\u2019unico motivo per cui Giustino era tanto ansioso di convertire i non cristiani, sebbene ovviamente avesse la sua importanza. Lo scopo principale era quello di salvare le loro anime. Pi\u00f9 e pi\u00f9 volte nella Prima apologia Giustino avverte i suoi lettori che se non si pentono dei loro peccati vanno incontro alla dannazione. Parla di \u201ccastigo eterno\u201d, \u201ccastigo per mezzo di un fuoco inestinguibile\u201d e del destino del \u201cmalvagio, dotato in eterno di sensibilit\u00e0 fisica, gettato nel fuoco inestinguibile coi diavoli malvagi\u201d. Ancora una volta, Giustino si appoggia in parte agli stessi autori pagani – in questo caso, Pitagora, Platone e affini – che avevano prodotto argomentazioni filosofiche a favore della sopravvivenza dell\u2019anima dopo la morte del corpo e dell\u2019esistenza di una ricompensa o punizione ultraterrena. Ma ha in mente anche l\u2019insegnamento di Cristo, che mette inequivocabilmente in guardia contro la dannazione eterna. E, data la sua vicinanza al tempo degli apostoli, non vi pu\u00f2 essere dubbio alcuno che, una volta di pi\u00f9, Giustino stia semplicemente reiterando l\u2019insegnamento comune della Chiesa delle origini. Anche su questo aspetto i cristiani moderni si sono allontanati assai dall\u2019esempio dei padri come Giustino. Tendono al contrario a sostenere che tutti saranno salvati, o quantomeno ad esprimersi come se fosse lecito coltivare la ragionevole speranza che tutti saranno salvati. Giustino, come la Chiesa delle origini nella sua generalit\u00e0 che, di nuovo, era assai pi\u00f9 prossima nel tempo a Cristo e agli apostoli e deteneva quindi una conoscenza molto pi\u00f9 diretta di ci\u00f2 che essi avevano davvero insegnato – non scorgeva evidentemente base alcuna per un simile ottimismo. Quarta lezione: quel che ci uccide ci rende pi\u00f9 forti Con una posta tanto alta in gioco, non c\u2019\u00e8 da sorprendersi che Giustino e molti altri fra i primi cristiani fossero disposti a subire il martirio piuttosto che abiurare alla loro fede. Scrive Giustino nella Prima apologia: \u201cPoich\u00e9 se ricercassimo un regno umano, dovremmo anche rinnegare il nostro Cristo, cos\u00ec da non rischiare di essere uccisi… Ma dal momento che i nostri pensieri non sono fissi alla realt\u00e0 presente, non ci preoccupa quando gli uomini ce ne vogliono separare.\u201d Nella Seconda apologia, Giustino spiega che la fermezza cristiana persino di fronte alla morte ha contribuito ad avvicinarlo alla fede quando ancora era pagano: \u201cGiacch\u00e9 io stesso, quando ancora mi beavo delle dottrine platoniche e udivo calunniare i cristiani e li vedevo impavidi di fronte alla morte e a tutte le altre prove normalmente annoverate tra le pi\u00f9 spaventose, sentivo che era impossibile che vivessero nella malvagit\u00e0 e nel piacere,\u201d Convivere col rischio quotidiano di una morte violenta rendeva i primi cristiani seri. Se si \u00e8 disposti financo a farsi massacrare per amore di Cristo, consapevoli del fatto che si tratta di un\u2019evenienza reale, allora seguire i suoi precetti \u00e8 relativamente facile. La risoluzione pi\u00f9 ardua \u00e8 stata gi\u00e0 adottata. Le tentazioni quotidiane della carne e la prospettiva di essere fatti oggetto di scherno da parte della cultura dominante appaiono cose di poco conto se confrontate con la crocifissione, le belve feroci o il rogo. Una tale seriet\u00e0 morale risulta attraente e ha generato un gran numero di proseliti, tra cui Giustino stesso. Per usare una famosa espressione di Tertulliano, altro grande apologeta cristiano dei primi tempi: \u201c\u201dIl sangue dei martiri \u00e8 il seme della Chiesa.\u201d Noi cattolici occidentali moderni diamo un ben misero spettacolo al confronto. Mentre per la fede i nostri predecessori erano pronti a morire, intere schiere di contemporanei non sono disposti neppure a vivere secondo la fede. Snobbano gli insegnamenti solenni di Cristo e della Chiesa, come se non fossero essenziali per salvarsi. Persino tanti cattolici ortodossi minimizzano il significato di dottrine sempre pi\u00f9 impopolari ed evitano addirittura di parlarne, pur non giungendo al punto di sconfessarle apertamente. Mentre i pastori delle comunit\u00e0 cristiane dell\u2019epoca di Giustino andavano incontro alla pena capitale con compostezza, molti esponenti della Chiesa di oggi vivono nel terrore di essere criticati dai media o di venire esclusi dai circoli intellettuali. Al cospetto dell\u2019imperatore in carica al tempo della Prima apologia Giustino proclam\u00f2, con una nobilt\u00e0 d\u2019animo che appare oggi del tutto fuori della nostra portata: \u201cPuoi ucciderci, ma non puoi farci alcun male.\u201d Sapeva che ci\u00f2 che conta \u00e8 il nostro destino eterno e che assolutamente nulla di quanto patiamo in questa vita – n\u00e9 il diprezzo del mondo, n\u00e9 la persecuzione, n\u00e9 la malattia o la povert\u00e0 e neppure la morte stessa – rivestono un briciolo di importanza fintantoch\u00e9 rimaniamo fedeli a Cristo. Quinta lezione: andate e fate come me Mentre Giustino e la sua generazione si mantenevano rigorosi sul terreno intellettuale, noi siamo incerti e sentimentali. Mentre loro insistevano sulla conversione e l\u2019ortodossia, noi tolleriamo gravi errori e immoralit\u00e0, per timore di urtare la sensibilit\u00e0 altrui. Mentre loro ammonivano severi a proposito della dannazione eterna, noi fingiamo che tutto vada bene e cos\u00ec facendo mettiamo in pericolo le anime. Mentre loro non temevano nemmeno la morte, noi siamo terrorizzati dalla cattiva stampa. Mentre loro si conquistavano il rispetto dei persecutori, noi ci siamo guadagnati il disprezzo della cultura secolarizzata che aduliamo e con cui scendiamo costantemente a patti. Loro convertivano il mondo, il mondo converte noi. Le cose, difficili per loro in questa vita, erano facili in quella ventura. Noi vogliamo tutto facile in questa vita e troveremo tutto difficile in quella che ci aspetta, Loro, insomma, agivano bene, noi agiamo male. Dobbiamo rivolgerci indietro al loro esempio. Questo richiede, sulla scorta di Giustino, una maggior quantit\u00e0 di vigore intellettuale, rigore morale, coerenza dottrinale e santa intransigenza. Meno scuse e pi\u00f9 apologia. Meno comodit\u00e0 e pi\u00f9 sofferenza. Dobbiamo, in parole povere, essere meno effeminati e pi\u00f9 decisi, come i nostri padri.<\/span><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"fonte confederazionetriarii.it 23\/12\/2018 Edward Feser \u00e8 uno scrittore statunitense e docente di filosofia presso il Pasadena City College. Autore di […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":3974,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[4,120],"tags":[586],"avopt_banners_inside_post":true,"avopt_banners_on_page":true,"av_copy_from":"","av_sharing_message":"","av_sharing_allowed":true,"av_sharing_on":{"fb":[],"tw":[]},"av_allow_affiliate_banner":false,"av_allow_affiliate_multi_banner":false,"av_post_rating":true,"av_have_post_rating_value":false,"spellchecker_performed_today":false,"yoast_head":"\n
LA VERA CHIESA DELLE ORIGINI - San Michele Arcangelo<\/title>\n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n