fides-et-ratio.it<\/a> 09\/09\/2016<\/p>\nAutore Francesco Lamendola<\/span><\/strong><\/span><\/p>\nAdaequatio rei et intellectus<\/em>: tale \u00e8 la celebre definizione della verit\u00e0 secondo san Tommaso d\u2019Aquino; la verit\u00e0 consiste nella corrispondenza fra l\u2019intelletto e la cosa: cio\u00e8, una proposizione \u00e8 vera quando la mente coglie nella realt\u00e0 ci\u00f2 che effettivamente vi \u00e8 in essa, e non altro. Dunque, \u00e8 la mente che deve adeguarsi, nel senso di porsi nel giusto rapporto di corrispondenza, con la cosa, e non il contrario. Cos\u00ec hanno creduto gli uomini, da sempre: sia i pensatori di professione, sia le persone comuni, nelle normali faccende della vita di ogni giorno. Per secoli, per millenni: la cosa era intuitivamente evidente.<\/span><\/p>\nPoi \u00e8 arrivata la filosofia moderna, la rivoluzione antropologica della modernit\u00e0. D\u2019un tratto, qualcuno ha pensato che non deve essere pi\u00f9 la mente ad uniformarsi alle cose, ma le cose alla mente: merito di Fichte e di Hegel, e di tutta la ideosofia<\/em>, come la chiamava Maritain, negando all\u2019idealismo la qualifica di sistema filosofico, dato che esso non riconosce le regole universali della filosofia, e, in particolare, della metafisica. Ecco, dunque, la pensata geniale, il colpo d\u2019ala del pensiero moderno, dopo secoli di impantanamento nelle paludi della metafisica e di vano girovagare nei labirinti dell\u2019ontologia. L\u2019essere, l\u2019essere: ma che altro volete che sia l\u2019essere, se non la cosa pensata dalla mente? Et voil\u00e0<\/em>, il gioco \u00e8 fatto: il prestigiatore toglie il velo da sopra il cappello a cilindro, e un bellissimo coniglietto salta fuori, vivo e ruspante, guardandovi fisso e un po\u2019 stupito, con i suoi occhioni splendenti e le orecchie ritte.<\/span><\/p>\nIncredibile che si sia perso tanto tempo a lambiccarsi il cervello sull\u2019essere quale garanzia del principio di verit\u00e0; la cosa era molto pi\u00f9 semplice: non occorreva andare cos\u00ec lontano, bastava guardare vicino, vicinissimo; la risposta l\u2019avevamo proprio sotto il naso, anzi, dentro di noi: in noi stessi. La risposta \u00e8 l\u2019io, o meglio, l\u2019atto del pensare. Il pensiero \u00e8 l\u2019essere e l\u2019essere \u00e8 la manifestazione del pensiero. Allora non \u00e8 pi\u00f9 l\u2019essere che genera il pensiero, ma il pensiero che d\u00e0 origine all\u2019essere: pazzia suprema eretta a speculazione razionale e spacciata per un immenso progresso del pensiero stesso. Schopenhauer e Kierkegaard lo videro subito e riconobbero il trucco, ma la loro denuncia non venne ascoltata: gli “ideosofi” avevano interpretato cos\u00ec bene lo spirito dei tempi, spirito antifilosofico quale mai si era visto sino ad allora, che le loro voci\u00a0 rimasero sostanzialmente isolate e non scalfirono il paradigma dominante; e anche quando, un po\u2019 pi\u00f9 tardi, vi fu una rinascita dell\u2019interesse nei loro confronti (per Schopenhauer quand\u2019era gi\u00e0 vecchio, per Kierkegaard molto tempo dopo la sua morte), tale rinascita fece perno sulle ragioni sbagliate e travis\u00f2 in maniera radicale il loro pensiero.<\/span><\/p>\nNoi, uomini del XX e del XXI secolo, siamo figli di quella pazzia: legalizzata, istituzionalizzata, perfino banalizzata. Non ci si deve pertanto stupire pi\u00f9 di nulla: la quotidiana, sistematica, scientifica opera di distruzione e ricostruzione del linguaggio, per sostituire, una ad una, le parole del vocabolario, o per dare loro un significato completamente nuovo e diverso dall\u2019antico, \u00e8 la logica e diretta conseguenza di quella prima follia. Quando si nega che \u00e8 la mente a dover cogliere le cose come esse sono, e che a lei spettano la ricerca e il dovere della verit\u00e0, e a nessun altro; quando si capovolge il rapporto fra l\u2019intelletto e il mondo, e si pretende che sia il mondo a doversi adeguare all\u2019intelletto, non pu\u00f2 derivarne che la codificazione e la benedizione del caos pi\u00f9 totale, dell\u2019anarchia pi\u00f9 scatenata. Ciascuno ha la sua verit\u00e0, ciascuno ha il suo linguaggio, ciascuno ha il suo mondo: e chi siamo noi per giudicare? Pirandello sarebbe rimasto superfatto nel vedere quale successo strepitoso hanno avuto le sue teorie, anche se taluni esiti pratici, crediamo, lo avrebbero del pari indignato. Cos\u00ec \u00e8, se vi pare<\/em>: ecco la filosofia del nuovo millennio; ciascuno a suo modo<\/em>; uno, nessuno e centomila<\/em>. Il guaio \u00e8 che nessuno dice, come immaginava Pirandello: sar\u00f2 come tu mi vuoi<\/em>; ma tutti pensano, al contrario: voi dovrete essere come voglio io<\/em>.<\/span><\/p>\nEd \u00e8 molto pi\u00f9 logico; nella misura in cui la pazzia pu\u00f2 essere logica, beninteso. Se a fare da legislatore non \u00e8 pi\u00f9 il principio di realt\u00e0, ma il suo esatto contrario, ossia la soggettivit\u00e0 pura, perch\u00e9 mai la soggettivit\u00e0 dovrebbe mettersi a disposizione degli altri? Perch\u00e9 dovrebbe preoccuparsi di venire incontro ai loro desideri? Non \u00e8 per nulla logico. Se il legislatore \u00e8 il mio io, allora il mio io vorr\u00e0 rifare il mondo secondo i suoi gusti: chi potr\u00e0 porgli un freno, chi vorr\u00e0 dargli dei limiti? E, soprattutto, chi potrebbe farlo? Nessuno: gli altri io non esistono come soggetti, sono solo funzioni del mio io; \u00e8 il mio io quello che conta, ed \u00e8 compito del mondo adeguarsi a me. Chi me lo fa fare di adeguarmi al mondo, se il mondo \u00e8 quello che io voglio che sia? Se mi basta desiderare che una certa cosa sia in un certo modo, perch\u00e9 essa sia tale e quale io la desidero? Be\u2019, s\u00ec, effettivamente, nel mondo concreto, non sempre le cose vanno proprio cos\u00ec; ma insomma, non sottilizziamo troppo: l\u2019importante \u00e8 il principio. E il principio \u00e8 che il pensiero crea il reale. Ora, siccome io conosco solo il mio pensiero, e non so nulla di altri pensieri, ne deriva che il Pensiero, in se stesso, non pu\u00f2 essere che il mio pensiero: il mio pensiero \u00e8 il Pensiero; e siccome tutta la realt\u00e0 \u00e8 Pensiero, allora tutta la realt\u00e0 \u00e8 me. O meglio, Me (con la maiuscola).<\/span><\/p>\nE ora veniamo alla questione della verit\u00e0. Chi garantisce l\u2019esistenza, anzi, la possibilit\u00e0 della verit\u00e0, in un mondo siffatto? Evidentemente, nessuno: nessuno al di fuori di me. Garantisco io; ed \u00e8 pi\u00f9 che sufficiente. La verit\u00e0 \u00e8 io, la verit\u00e0 \u00e8 me. Io sono la verit\u00e0. In teoria, anche tu sei la verit\u00e0, tutti sono la verit\u00e0; ma, in pratica, sono io. Sono io, perch\u00e9 io conosco solo me, penso solo il mio pensiero e non so null\u2019altro al di fuori di me. Ma anche tu, probabilmente, farai quel che faccio io: penserai, e pensando creerai la realt\u00e0; e allora anche tu avrai la tua verit\u00e0. Io avr\u00f2 la mia e tu avrai la tua. E lui avr\u00e0 la sua. E loro, avranno la loro. Che bello. Tutti avranno, anzi, tutti hanno, la loro bella, cara, perfetta verit\u00e0. Chi ha detto che il mondo moderno ha smarrito il concetto della verit\u00e0? Niente affatto: ha fatto qualcosa di pi\u00f9 e di meglio: lo ha democratizzato. Lo ha spezzettato in milioni di parti e ha distribuito le briciole a tutti, affinch\u00e9 nessuno rimanesse privo della sua parte. E adesso tutti ce l\u2019hanno, tutti, nessuno escluso. Nessuno \u00e8 talmente povero da non avere il suo pensiero, la sua verit\u00e0, il suo mondo. Cio\u00e8 la sua pazzia. Perch\u00e9 un mondo dove ciascuno ha la sua verit\u00e0, \u00e8, semplicemente, un gigantesco, irredimibile, delirante manicomio. Ma niente paura: va bene cos\u00ec. Basta farci l\u2019abitudine. Si fa l\u2019abitudine a tutto, specialmente se si ha la sorte di vivere in questi tempi moderni, protesi verso le magnifiche sorti e progressive<\/em>. Ci si abitua ai rumori, alla pubblicit\u00e0 televisiva, al rombo degli aerei a reazione, ai martelli pneumatici, all\u2019inquinamento, alle zanzare, alla criminalit\u00e0, alle tasse, all\u2019imperversare dei politici disonesti e cialtroni: per tutti questi inconvenienti, ci sono i rimedi, i vaccini, le strategie difensive. Non bisogna scoraggiarsi.<\/span><\/p>\nE poi, al pericolo del caos, c\u2019\u00e8 un rimedio di carattere generale: la neolingua. La neolingua \u00e8 la lingua decisa e stabilita dai poteri occulti: \u00e8 universale, a prova di querela e sempre politicamente corretta. La neolingua nasce da un pensiero che non \u00e8 mio, o tuo, o suo: non si sa da chi nasca, esattamente: una mattina ci si accorge che c\u2019\u00e8, e lo si adopera. Di solito, a dare il “la” \u00e8 la stampa, con il telegiornale di rincalzo (o viceversa). Una mattina ci si trova ad usare questa o quella parola, che prima non c\u2019era, o che aveva un significato completamente diverso. Una mattina si scopre che, se il sindaco \u00e8 una donna, bisogna dire “la sindaca”; se il ministro \u00e8 donna, “la ministra” (non la minestra, Pierino: ho detto “la ministra”; stai pi\u00f9 attento!); se l\u2019assessore \u00e8 donna, “l\u2019assessora” (s\u00ec, \u00e8 bruttissimo, anzi, fa schifo: dura lex, sed lex<\/em>). Si rispetta la dignit\u00e0 femminile e si scansa il pericolo di una denuncia per sessismo: paghi uno e prendi due. Oppure, una mattina scopri che i “clandestini” sono diventati “migranti”, e un\u2019altra mattina, che i migranti sono diventati “profughi”: l\u2019importante \u00e8 saperlo, aggiornarsi. Per evitare querele e per evitare figuracce. Pensare che c\u2019\u00e8 ancora qualcuno che dice, se non proprio “negro”, almeno “nero”: e non si vergogna. Non lo sa che \u00e8 come andare in giro col berretto sportivo in testa e il frontino girato all\u2019indietro? Era una moda di parecchi anni fa; oggi fa ridere. Chi non si aggiorna continuamente con la neolingua, fa delle figuracce ancor peggiori. Non sarai mica cos\u00ec rozzo e incivile da dire: “invertito” quando parli di un omosessuale, spero. Anzi, anche “omosessuale” non va pi\u00f9 bene: bisogna dire: “gay”. Perch\u00e9 “gay” significa allegro, e gli omosessuali sono tutti allegri e felici, \u00e8 noto, lo sanno tutti. Se non li chiami cos\u00ec, fai la figura di non saperlo. Solo tu. T\u2019immagini che cosa succederebbe? Roba da diventare rossi per la vergogna e da aver voglia di sparire sottoterra. Come presentarsi in smoking ad un concerto rock, o come andare tutti vestiti su una spiaggia di nudisti. Come mettersi le dita nel naso durante una festa di matrimonio, sotto gli occhi di tutti gli invitati, e perfino degli sposi e del prete. Sono cose che non si fanno, lo capisci bene, tra persone civili. Se ci tieni a essere considerato una persona civile, beninteso. Altrimenti, peggio per te. Fai come ti pare, io ti ho avvertito. Preferisci fare a modo tu, vuoi lasciarti andare alla deriva? Benissimo: ti ridurrai come un barbone, come un vagabondo, come un clochard<\/em>. Nessuno vorr\u00e0 avere nulla a che fare con te; eviteranno perfino di stringerti la mano. Sar\u00e0 la morte sociale, la morte civile. \u00c8 questo che vuoi? S\u00ec? Allora accomodati pure, ma da solo. Io non ti seguo di certo. Ho famiglia, io; ho moglie e figli a cui pensare. Se tu vuoi rovinarti con le tue mani, sono affari tuoi. Ho sempre pensato che sei un idealista da strapazzo, un donchisciotte da quattro soldi; un testardo e un presuntuoso. Ma non un “idealista” nel senso hegeliano; al contrario: un povero scemo che crede ancora alla verit\u00e0 oggettiva. Vuoi proprio che ti dica cosa penso che tu sia? Sei uno stronzo, ecco cosa sei. Un imbecille, un mentecatto, un fallito. Qui le nostre strade si dividono: tu va\u2019 pure a rovinarti, ch\u00e9 io non ti conosco. Ma guarda un po\u2019 se devo farmi carico di questa testa dura, di questa testa di legno. Vuole andare alla malora? E che ci vada, dunque; alla fine, sono affaracci suoi.<\/span><\/p>\nIo, qualche sospetto, gi\u00e0 lo avevo. Una volta l\u2019ho sentito dire: “il genocidio degli Ebrei”. Quale genocidio? Non \u00e8 mica uno dei tanti: \u00e8 il<\/em> genocidio, il Male Assoluto, l\u2019Olocausto, la Soah. Uno che non dice: la Shoah, secondo me deve essere un po\u2019 nazista; o, quanto meno, deve avere delle tendenze antisemite. Un\u2019altra volta, poi, ho udito che diceva: “Gli handicappati”; oh, non ne parlava male, affatto: diceva che bisogna andar loro incontro, che la societ\u00e0 deve farsi carico delle difficolt\u00e0 delle famiglie. Per\u00f2, chi \u00e8 che dice ancora “gli handicappati”? Ma dove vive? Non lo sa che una simile espressione \u00e8 brutale, offensiva? E poi, \u00e8 inesatta, oltre che ingiusta: sottolinea il negativo, ignora il positivo. Si dice: “diversamente abili”, lo sanno tutti, anche i bambini. Se uno non lo sa, significa che non vuole saperlo. E allora si merita una bella stangata. Cos\u00ec forse imparer\u00e0 a parlare da persona civile: se non li bastoni, non capiscono, \u2018sti trogloditi. Bisogna rieducarli: rieducarli a pensare, e quindi anche a parlare, nel modo giusto. Sono le loro teste ad essere sbagliate; ma noi siamo buoni, non tagliamo le teste come facevano i giacobini. Invece di tagliarle, le cambiamo: un poco alla volta, partendo dalla neolingua. I risultati gi\u00e0 si vedono. \u00c8 bastata una generazione e gi\u00e0 si vedono, eccome. Cambiando le parole, cambiano i pensieri. La gente incomincia a pensare come \u00e8 giusto che si pensi: adeguando le cose al pensiero. Al pensiero di chi? Al pensiero politically correct.<\/em> E chi \u00e8 il soggetto che pensa codesto pensiero? Eh, via, qui si fanno un po\u2019 troppe domande. Il pensiero che pensa se stesso, no? E ora basta con la teoria; mettiamoci al lavoro. Abbiamo un compito urgente: costruire il mondo nuovo. Un mondo nuovo, pi\u00f9 bello, pieno di solidariet\u00e0 e amore; un mondo gioioso, un mondo arcobaleno.<\/span><\/p>\nA proposito: ricordati che non si deve dire: “famiglie omosessuali”; bens\u00ec: “famiglie arcobaleno”. Arcobaleno, senti che bella parola? Te lo vedi davanti, no, quell\u2019arco di cielo dai sette colori dell\u2019iride, che brillano dopo la pioggia? Perch\u00e9 questa, appunto, \u00e8 l\u2019idea che si vuol trasmettere: una cosa fresca, bella, luminosa. Due uomini che sia amano, con tanti bei bambini: due splendidi pap\u00e0 coi loro figli. Insomma, “loro”: non facciamo i complicati. Loro, s\u00ec, perch\u00e9 li amano. Anche se li hanno ac\u2026, cio\u00e8, anche se li hanno ottenuti con la pratica dell\u2019utero in affitto. Ecco un\u2019altra brutta espressione: bisogner\u00e0 cambiarla, sostituirla. Utero in affitto! No, non va bene, \u00e8 inaccettabile. Bisogna trovare un altro modo di esprimersi: bisogner\u00e0 dire, per esempio: bambini ottenuti mediante la donazione volontaria. Cosa c\u2019\u00e8 di pi\u00f9 bello che donare un bambino, per la gioia di due maschi villosi in fregola di esse padre e madre, pardon<\/em>, di essere genitore uno e genitore due? Chiss\u00e0 che le maestre perdano il viziaccio di chiedere ai bambini chi sono il pap\u00e0 e la mamma: \u00e8 una forma di omofobia bell\u2019e buona. Genitore 1 e genitore 2, cos\u00ec \u00e8 perfetto. Tutti uguali davanti alla legge, senza pi\u00f9 discriminazioni. Chi lo dice che non c\u2019\u00e8 pi\u00f9 adequatio rei et intellectus<\/em>? L\u2019importante \u00e8 sapere come si chiamano le cose, che nome dare loro. Una volta stabilito il nome, la corrispondenza con l\u2019intelletto sorge immediata. Per esempio: che bisogno c\u2019\u00e8 di spiegare cos\u2019\u00e8 il matrimonio omosessuale? Basta chiamarlo cos\u00ec, e l\u2019idea di esso si presenta spontanea alla mente\u2026<\/span><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"fonte fides-et-ratio.it 09\/09\/2016 Autore Francesco Lamendola Adaequatio rei et intellectus: tale \u00e8 la celebre definizione della verit\u00e0 secondo san Tommaso […]<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":1405,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[35,38],"tags":[50],"avopt_banners_inside_post":true,"avopt_banners_on_page":true,"av_copy_from":"","av_sharing_message":"","av_sharing_allowed":true,"av_sharing_on":{"fb":[],"tw":[]},"av_allow_affiliate_banner":false,"av_allow_affiliate_multi_banner":false,"av_post_rating":true,"av_have_post_rating_value":false,"spellchecker_performed_today":false,"yoast_head":"\n
ADAEQUATIO REI ET INTELLECTUS? - San Michele Arcangelo<\/title>\n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n