In altre parole, 176 pagine di plastico puro, la prima traduzione italiana dell\u2019introvabile Libro Bianco che Emanuele Brunatto, presidente dell\u2019associazione per la difesa di padre Pio, fece preparare allo scopo di denunciare la seconda persecuzione del santo cappuccino e ottenerne la liberazione. Una bomba, insomma.<\/span><\/p>\nNella lettera allegata al documento, il monaco che me lo aveva spedito diceva: \u201cBrunatto aveva minacciato la pubblicazione di questo \u2018Libro Bianco\u2019 a Vescovi e Cardinali e di fatto la persecuzione a padre Pio cess\u00f2 in virt\u00f9 di questa minaccia. Questo \u2018Libro Bianco\u2019 tutti lo conoscono, ma nessuno l\u2019ha mai letto, sia perch\u00e9 \u00e8 introvabile, sia perch\u00e9 \u00e8 esplosivo. Quei pochi esemplari che sono rimasti sono in francese. Questa \u00e8 la prima traduzione in italiano, che io sappia. Certo, pubblicarlo \u00e8 temerario (\u2026) \u00e8 vero che sono passati cinquant\u2019anni e tutte le persone qui citate sono morte, ma in effetti si alza il sipario su uno scenario poco edificante davvero. (\u2026) Certo \u00e8 che questo documento deve essere conosciuto da coloro che vogliono studiare padre Pio o che comunque lo amano\u201d.<\/span><\/p>\nMORTE SOSPETTA DI UN PUBBLICANO <\/span><\/p>\nIl nome di Emanuele Brunatto, che amava definirsi \u201cil Pubblicano\u201d per la sua vita matta prima della conversione e per le intemperanze cui non sempre seppe resistere neppure dopo, \u00e8 poco familiare persino a molti frequentatori delle biografie di padre Pio. Eppure, fu il primo figlio spirituale del santo cappuccino, davanti al quale si convert\u00ec a 28 anni nel 1920. Visse a lungo nel convento di San Giovanni Rotondo nella cella numero 6, accanto a quella del santo, la numero 5, servendogli la Messa tutte le mattine e sedendo in coro al suo fianco. E fu, soprattutto, il pi\u00f9 efficace e infaticabile difensore del Padre durante le due persecuzioni patite per volere della chiesa.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
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Si \u00e8 parlato pochissimo, quasi niente, del \u201cPubblicano\u201d, specie nei libri con il crisma dell\u2019ufficialit\u00e0. Si \u00e8 detto che evitare di evocarne la figura, per via della sua vita e dei metodi energici con cui sapeva muoversi in caso di necessit\u00e0, avrebbe giovato alla riabilitazione e al processo di canonizzazione di padre Pio. <\/span> \nGi\u00e0 non \u00e8 proprio onorevole l\u2019idea che per provare la santit\u00e0 di un cristiano serva tacere una porzione cos\u00ec grande di verit\u00e0 sulla sua vita. Ma in realt\u00e0, per i bravi figli di santa romana chiesa, il problema \u00e8 un altro: evocare Emanuele Brunatto significa raccontare quanto venne portato alla luce dall\u2019uomo che padre Pio chiamava \u201c\u00f9 poliziottu\u201d per le sue doti investigative: una sequela infernale di turpitudini, malaffare, tradimenti della fede e della morale a ogni stazione della via dolorosa che da San Giovanni Rotondo arriva fino al cuore cristianit\u00e0.<\/span><\/p>\nE, magari, significa anche ricordare che la sua morte, avvenuta tra il 9 e il 10 febbraio 1965, sbrigativamente catalogata come conseguenza di un collasso cardiaco lascia pi\u00f9 di un dubbio. <\/span> \n\u201cQualcosa, e forse pi\u00f9 di qualcosa, non quadra\u201d dice Alberindo Grimani, studioso devoto di padre Pio e attuale direttore dell\u2019Archivio Emanuele Brunatto. Grimani, come ha fatto pi\u00f9 volte pubblicamente, mi racconta che la ricostruzione della vicenda resa dalla figlia del \u201cPubblicano\u201d \u00e8 molto diversa da quella ufficiale: <\/span> \n\u201cLo studio era in disordine. La grande credenza a vetrate che conteneva la vastissima documentazione di Brunatto era aperta e il materiale, quello che rimaneva, sparpagliato per terra o sulla vecchia scrivania. \u00c8 stato detto che Emanuele fosse morto nella notte tra il 9 e il 10 febbraio. Ma, da quanto si \u00e8 saputo nei giorni successivi, pare che tra le 8,20 e le 8,30 del mattino del giorno 10 avesse ricevuto una telefonata da un familiare e che i due fossero rimasti a parlare per circa un paio di minuti, o forse pi\u00f9. Quella persona voleva passare a trovarlo, ma lui la dissuase dicendo \u2018No, sar\u00e0 per un\u2019altra volta\u2019. Dal tono della voce comprese che era un po\u2019 in ansia. In attesa di qualcuno o qualcuno era gi\u00e0 nella stanza? Un amico confid\u00f2 alla moglie Yvonne, rimasta a Parigi, di avere le prove che Emanuele fosse stato ucciso con l\u2019arsenico, avendo fatto analizzare un bicchiere sottratto nello studio senza che gli inquirenti se ne accorgessero\u201d.<\/span><\/p>\nForse \u00e8 solo una coincidenza, ma la mattina di quel 10 febbraio Brunatto aveva appuntamento con l\u2019amico Luigi Peroni, direttore dei Gruppi di preghiera di padre Pio e biografo del santo, per consegnargli parte della documentazione raccolta durante le sue ultime inchieste in modo che venisse messa al sicuro. Peroni arriv\u00f2 quando in casa c\u2019era gi\u00e0 la polizia.<\/span><\/p>\nGiuseppe Pagnossin, altro devoto del santo, ha scritto nel libro Il calvario di padre Pio che il 7 febbraio ricevette in presenza di testimoni una telefonata in cui Emanuele si diceva spaventato: \u201cSono molto preoccupato e abbattuto; abbandono la causa perch\u00e9 i cappuccini vogliono la mia pelle\u201d. Una telefonata di uguale tenore e contenuto fu ricevuta a San Giovanni Rotondo anche da Francesco Morcaldi, l\u2019uomo che fin dal principio fu al fianco di Brunatto nella battaglia per difendere il Padre.<\/span><\/p>\nREAZIONE A CATENA <\/span><\/p>\nIl Libro Bianco, sunto dei documenti che Brunatto aveva raccolto in decenni di investigazione e opportunamente messo al sicuro, ora stava sulla mia scrivania, tradotto in bell\u2019italiano con quell\u2019innocuo titolo da santino agiografico, Padre Pio. <\/span> \nIl contenuto, a saperlo leggere e conoscendo un po\u2019 di storia recente della chiesa, e soprattutto del suo retrobottega, \u00e8 veramente una bomba, ma di quelle che servono a innescare una reazione a catena con l\u2019esplosione di ordigni ancora pi\u00f9 potenti. La sua trama \u00e8 costruita sulla continua allusione a fatti e personaggi che Brunatto aveva messo esplicitamente in scena con date, circostanze, nomi e cognomi in due precedenti pubblicazioni, Lettera alla Chiesa, stampato nel 1929 e firmato da Francesco Morcaldi, e Gli Anticristi nella Chiesa di Cristo, stampato nel 1933 e firmato con lo pseudonimo di John Willoughby. Due libri dallo strano destino, scritti per ottenere la liberazione di padre Pio dalla carcerazione a cui era condannato, temutissimi dai carcerieri del povero frate senza essere mai arrivati in libreria e oggi introvabili. Quasi introvabili, a voler essere pi\u00f9 precisi.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
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Questi due libri possono farci ipotizzare quale fosse la vera natura della missione affidata dal Cielo a padre Pio. Un compito ancora pi\u00f9 terrificante della convivenza con le sofferenze fisiche e spirituali provocate dalle stigmate. E ancora pi\u00f9 radicale rispetto a quello gi\u00e0 grande di salvare la vera Messa, cos\u00ec come me lo ero figurato una decina di anni fa, al tempo in cui stavo scrivendo con Mario Palmaro L\u2019ultima Messa di padre Pio. Oggi, penso di poter dire che la difesa del Divino Sacrificio fosse solo l\u2019estrema propaggine di un mandato conferito da Cristo al giovane fra Pio per affrontare il male nella sua origine pi\u00f9 profonda.<\/span><\/p>\nSecondo Grimani, almeno nelle linee essenziali, la missione \u00e8 gi\u00e0 delineata a pagina 77 del primo libro di Brunatto, pubblicato nel 1926 con il titolo di Padre Pio da Pietrelcina, immediatamente messo all\u2019Indice dal Sant\u2019Uffizio ed esaurito in libreria perch\u00e9 la curia romana ne compr\u00f2 tutte le copie per evitarne la diffusione: <\/span> \n\u201cPadre Pio taceva. L\u2019altro temette di aver detto troppo. Ma Egli invece intervenne allora molto gravemente: \u2018Se a noi sacerdoti aspetta un castigo e terribile \u00e8 precisamente per non aver fatto nulla per riconquistare a Dio quelle anime. E io penso, s\u00ec, che un castigo aspetta noi sacerdoti, un grave castigo\u2019\u201d. <\/span> \nNon disse che il castigo sarebbe spettato ai sacerdoti indegni, ma \u201ca noi sacerdoti\u201d e lui lo stava provando nel suo corpo, nella sua anima e nel suo spirito. Stava soffrendo nel suo sacerdozio lo sfregio portato dai suoi stessi fratelli al sacerdozio di Cristo, proprio come Ges\u00f9 soffriva sulla croce i peccati degli uomini.<\/span><\/p>\nQuesto \u00e8 confermato da quanto il giovane frate scrisse al suo confessore il 7 aprile 1913: \u201cVenerd\u00ec mattina ero ancora a letto, quando mi apparve Ges\u00f9. Era tutto malconcio e sfigurato. Egli mi mostr\u00f2 una grande moltitudine di sacerdoti regolari e secolari, fra i quali diversi dignitari ecclesiastici; di questi, chi stava celebrando, chi stava parando e chi stava svestendo delle sacre vesti. La vista di Ges\u00f9 in angustie mi dava molta pena, perci\u00f2 volli domandargli perch\u00e9 soffrisse tanto. Nessuna risposta n\u2019ebbi. Per\u00f2 il suo sguardo si riport\u00f2 verso quei sacerdoti; ma poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritir\u00f2 lo sguardo ed allorch\u00e9 lo rialz\u00f2 verso di me, con grande mio orrore, osservai due lagrime che gli solcavano le gote. Si allontan\u00f2 da quella turba di sacerdoti con una grande espressione di disgusto sul volto, gridando: \u2018Macellai!\u2019\u201d.<\/span><\/p>\nIL GIORNO IN CUI CIELO E TERRA SI INCONTRARONO <\/span><\/p>\nQuando profondo fosse lo sfregio e fin dove arrivassero le responsabilit\u00e0, Brunatto lo document\u00f2 nelle sue inchieste successive. Ma ora bisogna fare un passo indietro.<\/span><\/div>\n<\/div>\n
Nel santuario di Santa Maria del Monte a Campobasso, si trova un quadro che raffigura la Vergine Maria mentre appare a un giovane fra Pio indicandogli Ges\u00f9 caricato della Croce sulla salita del Calvario. Fu padre Pellegrino da Sant\u2019Elia a Pianisi, il frate che rimase vicino a padre Pio fino agli ultimi istanti della sua vita terrena, a volere che il pittore Amedeo Trivisonno la dipingesse. Era il 1971: \u201cAmedeo qui la Madonna \u00e8 apparsa a padre Pio molte volte. Tu, che sei tanto religioso, devi dipingere un quadro per ricordare l\u2019apparizione pi\u00f9 importante, quella del giorno dell\u2019Assunzione del 1905, il giorno in cui il padre accetto di essere l\u2019Alter Christus\u201d.<\/span><\/p>\nDopo la visione del 1903, che gli prospettava una vita in perenne lotta con il demonio, nel 1905 veniva chiesta al giovane frate l\u2019associazione al Sacrificio della Croce fino a patire le sofferenze del Salvatore. \u201cLa mia missione\u201d avrebbe confidato molti anni pi\u00f9 tardi il Padre a Luigi Peroni \u201cfinir\u00e0 quando sulla terra non si celebrer\u00e0 pi\u00f9 la Messa\u201d. E poi, in altre occasioni: \u201cIl mondo potrebbe stare anche senza il sole, ma non senza la Santa Messa\u201d, \u201cLa mia missione comincia dopo la mia morte\u201d. <\/span> \nChe cosa aveva mostrato il Cielo a fra Pio nel giorno dell\u2019Assunzione del 1905 e nelle successive visioni celesti se i messaggi che lui consegnava all\u2019umana comprensione erano tanto inquietanti?<\/span><\/p>\nPenso che Alberindo Grimani sia stato tra i primi a porsi queste domande davanti al quadro di Santa Maria del Monte e per questo motivo \u00e8 arrivato per primo pi\u00f9 lontano di altri. La conclusione che ne trassi io dieci anni fa era solo una parte della risposta. Forse, allora, stavo cercando solo quel frammento, ma soprattutto mi mancavano una serie di informazioni di prima mano che ora ho trovato facendo esplodere nel chiuso del mio studio la bomba del Libro Bianco, che ha innescato una reazione a catena da Romanzo Infernale.<\/span><\/p>\nLA MACCHINA DEL FANGO CLERICALE <\/span><\/p>\nGi\u00e0 prima della stigmatizzazione del 20 settembre 1918, padre Pio era diventato un punto di riferimento spirituale che irradiava il suo influsso oltre i confini locali. <\/span> \nIl clero del posto, una quindicina di canonici e il loro arciprete, si legge nel Libro Bianco, <\/span><\/p>\n\u201ctraevano dalla situazione un beneficio diretto per l\u2019aumento dei loro profitti di stola bianca e nera. Siccome la maggior parte di loro si mostravano pi\u00f9 attenti alle cose della terra che a quelle del cielo, avrebbero dovuto rallegrarsi dell\u2019apostolato silenzioso di questo monaco che, restando completamente al di fuori della citt\u00e0, portava loro dei vantaggi reali senza toglier loro niente, se non un po\u2019 della loro influenza morale, gi\u00e0 fortemente in declino. Ma questa \u2018compensazione materiale\u2019 non cancellava il fatto che padre Pio, la sua purezza, la sua povert\u00e0, questa testimonianza soprannaturale che egli portava costituivano una pietra d\u2019inciampo, un ostacolo alla loro influenza. I pi\u00f9 attivi di questi canonici avevano dei costumi per niente conformi al loro abito sacerdotale e conducevano, dunque, un\u2019esistenza ben diversa da quella del cappuccino e della sua comunit\u00e0 religiosa. A partire dal 1919, i canonici Michele De Nittis, Giovanni Miscio e Domenico Palladino cominciarono a manifestare la loro ostilit\u00e0 con insinuazioni tendenziose contro padre Pio. L\u2019arciprete Giuseppe Prencipe si fece loro portavoce e, coperto dal segreto del Sant\u2019Uffizio, mand\u00f2 alla Suprema Congregazione una serie di rapporti dove padre Pio era descritto come un impostore, un corruttore, un sensuale, uno scroccone ambizioso, insomma una specie di Rasputin. Seguendo la via gerarchica, queste calunnie passavano per l\u2019ordinario dei luoghi, Mons. Pasquale Gagliardi, arcivescovo di Manfredonia, che d\u2019altra parte era il pi\u00f9 accanito. In una riunione di vescovi a Roma aveva dichiarato sotto giuramento di aver scoperto egli stesso, nella cella di padre Pio, una piccola bottiglia di acido nitrico con il quale il cappuccino aveva provocato le sue stigmate e un flacone di acqua di Colonia con le quali le profumava. A questo concerto veniva ad aggiungersi la voce di un personaggio importante, padre Agostino Gemelli, dell\u2019ordine dei frati minori francescani, medico, ex socialista, rettore dell\u2019Universit\u00e0 cattolica di Milano, confidente e amico di Pio XI, consigliere tecnico del Sant\u2019Uffizio. Padre Gemelli, che si era dato la missione di combattere, per motivi scientifici, il falso soprannaturale nella Chiesa, dichiar\u00f2 di aver esaminato a San Giovanni Rotondo le stigmate di padre Pio e di aver constatato che si trattava di simulazione volontaria o involontaria\u201d.<\/span><\/div>\nNella relazione sulla visita avvenuta nel 1920, Gemelli scrisse che \u201cPadre Pio ha tutte le caratteristiche somatiche dell\u2019isterico e dello psicopatico (\u2026). Quindi, le ferite che ha sul corpo sono fasulle (\u2026) frutto di un\u2019azione patologica morbosa\u201d. Omise solo un dettaglio: non pot\u00e9 visionare le ferite del frate, che, in assenza di un ordine scritto dell\u2019autorit\u00e0 competente, si oppose all\u2019indagine.<\/span><\/p>\nMa ormai la macchina del fango era in moto, gli ingranaggi del sistema di corruzione e complicit\u00e0 che legava San Giovanni Rotondo con Roma avevano preso a girare a pieno regime oliati da una lunghissima consuetudine. Voci, sospetti, calunnie e diffamazioni sul povero santo si fecero sempre pi\u00f9 grevi e serrate, cos\u00ec il 31 maggio 1923 fu pubblicato il primo documento di censura del Sant\u2019Uffizio. <\/span> \nNe seguirono altri durante un Calvario che dur\u00f2 dieci anni.<\/span><\/p>\nLE PRIME INCHIESTE D\u2019\u00d9 POLIZIOTTU <\/span><\/p>\nIn seguito a questi avvenimenti, nel 1925, Brunatto venne allontanato dal convento in cui aveva abitato per cinque anni e decise di difendere il suo padre spirituale. Raccolse prove e testimonianze sul candore del giovane frate e sul bene spirituale che ne fioriva. Ma, soprattutto, scopr\u00ec chi erano veramente e cosa nascondevano gli accusatori del frate rinchiuso a San Giovanni Rotondo. Con due borse colme di documenti, si mise in viaggio per Roma convinto che in breve tempo sarebbe stata resa giustizia al giusto.<\/span><\/p>\nNon sapeva ancora che la mafia clericale nemica della purezza di padre Pio aveva gi\u00e0 tramato con successo nel 1919, regnante Benedetto XV, che pure non era ostile al cappuccino stigmatizzato. <\/span> \nOra, con il nome di Pio XI, era diventato papa il cardinale Achille Ratti, che non nutriva alcuna benevolenza per il povero frate, e la situazione si era fatta persino pi\u00f9 grave. Il 3 luglio 1922, il nuovo pontefice aveva ricevuto in udienza privata l\u2019arcivescovo di Manfredonia e aveva volentieri dato il via ai primi provvedimenti restrittivi dell\u2019opera spirituale e pastorale del frate stigmatizzato.<\/span><\/p>\nNella congrega avversa al frate di San Giovanni Rotondo, attorno a Pio XI si trovavano, per citare solo gli elementi pi\u00f9 influenti, quasi tutto il Sant\u2019Uffizio, il cardinale Gaetano De Lai, il cardinale Carlo Perosi, il cardinale Donato Raffaele Sbarretti Tazza, il cardinale Luigi Sincero, il Prefetto dei Sacri Palazzi Apostolici monsignor Ricardo de Samper, il Maestro di Camera di Sua Santit\u00e0 monsignor Camillo Caccia Dominioni, l\u2019Osservatore Romano e, naturalmente, padre Agostino Gemelli, grande amico del pontefice. <\/span> \nDavano credito a padre Pio solo il Segretario di Stato cardinale Pietro Gasparri e il Segretario del Sant\u2019Uffizio cardinale Rafael Merry del Val. In mezzo, ondeggianti tra uno schieramento e l\u2019altro a seconda degli interessi del momento, i gesuiti padre Enrico Rosa, direttore della Civilt\u00e0 cattolica molto ascoltato dal pontefice, e padre Pietro Tacchi Venturi, molto ascoltato dal capo del governo cavalier Benito Mussolini.<\/span><\/p>\nA Roma, Brunatto poteva contare sull\u2019aiuto di don Luigi Orione, che conosceva bene la curia e lo indirizz\u00f2 ai cardinali Gasparri e Merry del Val. Pur cos\u00ec diversi e non certo amici, i due prelati, forse, colsero il significato della missione di padre Pio. In ogni caso, compresero come il destino del frate fosse legato alla guerra che entrambi avevano intrapreso nella disperata impresa di fare pulizia dentro le mura leonine.<\/span><\/p>\nRisultati immediati non se ne videro, quindi \u201c\u00f9 poliziottu\u201d decise di forzare la mano pubblicando il suo primo libro, Padre Pio di Pietrelcina. Il volume fu immediatamente messo all\u2019indice del Sant\u2019Uffizio, di cui Merry del Val era Segretario, ma Pio XI il Prefetto, in quel caso non solo nominalmente. <\/span> \nUn primo effetto positivo della pubblicazione si pales\u00f2 comunque di l\u00ec a breve perch\u00e9 a San Giovanni Rotondo venne inviato un Visitatore apostolico, monsignor Felice Bevilacqua, che scelse come coadiutore laico proprio Emanuele Brunatto. I risultati dell\u2019inchiesta sono cos\u00ec riassunti nel Libro Bianco, che omette il contenuto pi\u00f9 scandaloso dei verbali: <\/span><\/p>\n\u201cLa visita apostolica raccolse le prove di simonia, ricatto, sacrilegio e di relazione sessuali continue del canonico (Palladino) con parecchie donne. Informato dell\u2019inchiesta, costui minacci\u00f2 una di loro di \u2018sgozzarla per strada\u2019 se lo denunciava. Palladino aveva condotto questa vita scandalosa per sei anni sotto gli occhi dell\u2019arciprete, senza che ne avesse sanzione, n\u00e9 rimprovero. Il canonico lo teneva sotto la minaccia: \u2018Che Prencipe (l\u2019arciprete) si occupi dei suoi affari, perch\u00e9 ho in mano pi\u00f9 di quanto serve per rovinarlo. Infatti, il Visitatore ebbe a rimproverare all\u2019arciprete parecchi capi d\u2019accusa per simonia, falso e uso di falso, calunnie, rapporti sessuali continui con due donne del paese, eccetera. (\u2026) Per quello che concerne l\u2019arcivescovo di Manfredonia, Pasquale Gagliardi, la visita apostolica dovette stabilire la verit\u00e0 su atti illeciti che ci risulta penoso enunciare: stupro di una suora in clausura, rapporti sessuali continui con un\u2019altra, sacerdozio accordato contro pagamento a noti invertiti, simonie abituali, appropriazione delle offerte delle messe in decine di migliaia di casi, eccetera\u201d.<\/span><\/div>\nIn seguito alla Visita apostolica, Palladino fu sospeso a divinis, l\u2019arciprete Prencipe e il canonico De Nittis incriminati per immoralit\u00e0 e falsa testimonianza, l\u2019arcivescovo Gagliardi deposto dalla sua carica. Ma, secondo una consuetudine mai passata di moda, tornarono presto sulla scena ripuliti nell\u2019onore e protetti nell\u2019agire dalle eminentissime coperture romane. E padre Pio continu\u00f2 a essere perseguitato con ulteriori restrizioni canoniche alimentate dalla calunnia suscitata ad arte.<\/span><\/p>\nINDAGINE AD ALTA QUOTA <\/span><\/p>\nEmanuele Brunatto riusc\u00ec a scoprire il verminaio da cui originava la persecuzione del suo padre spirituale grazie a un incarico riservato affidatogli da monsignor Bevilacqua per conto del cardinale Gasparri. Monsignor Bevilacqua, il 15 dicembre 1927, ricevette una breve lettera su carta intestata della Segreteria di Stato di Sua Santit\u00e0: \u201cIl sottoscritto Cardinale Segretario di Stato, con la speciale approvazione del S. Padre, d\u00e0 incarico a Mons. Felice Bevilacqua di compiere una inchiesta nei riguardi di un ecclesiastico le cui generalit\u00e0 saranno manifestate a voce, autorizzandolo a esaminare quelle persone che egli stimer\u00e0 giovevoli ai fini dell\u2019inchiesta e a sottoporle al giuramento \u2018de veritate dicenda et de secreto servando\u2019; e lo munisce all\u2019uopo di tutte le facolt\u00e0 necessarie ed opportune, ordinando a chiunque, anche costituito in dignit\u00e0 o comunque esente, di prestarsi a quanto potr\u00e0 richiedere. Pietro Cardinal Gasparri\u201d.<\/span><\/p>\nQuattro giorni pi\u00f9 tardi, il 19 dicembre, Bevilacqua scriveva a Brunatto su carta intestata del Vicariato di Roma \u2013 Ufficio II: \u201cDovendo il sottoscritto, per mandato della Superiore Autorit\u00e0, inquirere canonicamente sulla condotta di un ecclesiastico, con la presente d\u00e0 incarico al Signor EMANUELE BRUNATTO di compiere al riguardo alcune investigazioni. Mons. Felice Bevilacqua\u201d.<\/span><\/p>\nIl Libro Bianco non entra dei dettagli dell\u2019inchiesta. Ci entrarono invece la Lettera alla Chiesa, stampato nel 1929, e Gli Anticristi nella Chiesa di Cristo, stampato nel 1933, oggi quasi introvabili. E ci entra anche Il Santo e il Peccatore, uscito nel 2013 a firma di Edoardo Misuraca. Un\u2019attenta comparazione dimostra che i tre volumi, nella parte narrativa, sono sostanzialmente sovrapponibili e c\u2019\u00e8 una ragione. <\/span> \nLa Lettera alla Chiesa fu scritta per minacciarne la pubblicazione e ottenere in cambio la liberazione di padre Pio: ma, una volta consegnata l\u2019intera tiratura alla nunziatura apostolica di Monaco di Baviera, le autorit\u00e0 vaticane non mantennero la promessa. <\/span> \nGli Anticristi nella Chiesa di Cristo, scritto con lo stesso scopo, ebbe l\u2019effetto desiderato e quindi fu ritirato dalla circolazione. <\/span> \nIl Santo e il Peccatore, di non facile reperibilit\u00e0, intende colmare la lacuna storiografica dovuta alla gestione strategica dei precedenti libri, e quindi ne \u00e8 una sorta di riscrittura. Misuraca, nipote acquisito di Brunatto, rende in tal modo possibile capire chi fosse e cosa fece veramente l\u2019uomo che salv\u00f2 il frate recluso a San Giovanni Rotondo. <\/span><\/p>\n\u201cL\u2019ho fatto per mantenere una promessa fatta sulla tomba di Emanuele ben vent\u2019anni fa\u201d dice. \u201cE anche per tutelare tramite copyright le notizie e i fatti che vi sono contenuti e sono suffragati dall\u2019enorme mole documentale e fotografica in possesso esclusivo dell\u2019associazione di cui faccio parte insieme all\u2019amico Alberindo Grimani\u201d.<\/span><\/div>\nLe citazioni che seguono sono tratte da quest\u2019ultima edizione della vicenda. Con la consapevolezza che nomi, fatti e circostanze fanno tremare i polsi, \u00e8 comunque opportuno raccontare almeno una piccolissima parte di quanto emerse dall\u2019inchiesta avviata dal Segretario di Stato di Sua Santit\u00e0, malvista da Sua Santit\u00e0 e condotta da \u201c\u00f9 poliziottu\u201d. Chi preferisce rimanerne all\u2019oscuro pu\u00f2 andare direttamente al capitolo conclusivo. E il papalino d\u2019antan che si chiede se valga la pena di raccontare \u201ccerte cose\u201d dovrebbe invece chiedersi se sia onesto soffiare sul fuoco degli scandali di Bergoglio e coprire quelli dei suoi predecessori.<\/span><\/p>\nC\u2019\u00c8 DEL MARCIO A ROMA. E NON DA OGGI <\/span><\/p>\n\u201cNon si trattava, (\u2026) di perseguire l\u2019uno o l\u2019altro pederasta, ma di smantellare un sistema di perversione che si era inserito nelle stanze superiori della Chiesa. (\u2026) Intorno a questa congrega di invertiti che si contendevano i favori del Santo Padre, un\u2019altra mafia di Gesuiti e di prelati erano lungi dal combattere lo scandalo, e lo utilizzavano solamente per fini personali, al fine di mettere a personale profitto le miserie del Papa\u201d. <\/span> \nForse un po\u2019 dura, della durezza del cattolico romano che scopre il potere del peccato l\u00e0 dove gli hanno insegnato che non pu\u00f2 esservi, questa descrizione di Brunatto fa comprendere immediatamente chi e cosa dominasse sul destino terreno di padre Pio.<\/span><\/p>\nIl pontificato in questione \u00e8 quello di Benedetto XV, ma, per non smarrirsi, serve seguire il filo delle ricerche del \u201cpoliziottu\u201d, che partono dalla corte di Pio XI. <\/span> \nDue dei primi personaggi sottoposti all\u2019attenzione dell\u2019investigatore furono monsignor Ricardo Sanz de Samper y Campuzano, Prefetto dei Sacri Palazzi Apostolici e maggiordomo privato di Sua Santit\u00e0, e monsignor Camillo Caccia Dominioni, Maestro di Camera di Sua Santit\u00e0. Entrambi cos\u00ec vicini al soglio e al potere pontificio grazie a Benedetto XV, erano in odore di cardinalato, ma Gasparri e Merry del Val volevano evitare le nomine sapendo che l\u2019uno e l\u2019altro ne erano indegni.<\/span><\/p>\nNelle sue memorie, Brunatto riassume la situazione con franchezza e sapidit\u00e0 a cui bisogna fare il palato: <\/span><\/p>\n\u201cLa manifestazione storica di questa drammatica realt\u00e0 sotto il pontificato di Pio XI \u00e8 illustrata dalla fotografia che inquadra il suo trono durante le cerimonie: a destra del Papa vi \u00e8 monsignor Ricardo de Samper, alla sua sinistra monsignor Camillo Caccia Dominioni, (\u2026). L\u2019uno e l\u2019altro notoriamente invertiti. Questo inaudito scandalo durava da sei anni e pareva senza rimedio. Il pi\u00f9 elevato in grado \u2013 de Samper \u2013 non poteva essere rinviato dalla sua carica senza essere prima ordinato cardinale, e se per caso il Pontefice avesse voluto passare oltre la tradizione e rinviarlo senza il cappello cardinalizio, costui era in grado di dimostrare che Caccia Dominioni non era certamente meglio di lui e che \u2013 per di pi\u00f9 \u2013 il Pontefice stesso era legato al suo Maestro di Camera da una vecchia e particolare amicizia\u2026 In ogni modo e in ogni maniera la vogliate intendere, Pio XI doveva effettivamente a Caccia Dominioni la sua precedente nomina a cardinale, e quindi la sua ascesa al pontificato\u201d.<\/span><\/div>\nSe la condotta di Caccia Dominioni era pi\u00f9 discreta e accorta, quella di de Samper era di dominio pubblico. Quando, in precedenza, Benedetto XV aveva manifestato l\u2019idea di nominarlo Prefetto dei Sacri Palazzi Apostolici, il cardinale Merry del Val, che era stato il suo pi\u00f9 acceso avversario in conclave, si era gettato ai piedi per papa scongiurandolo di evitare uno scandalo cos\u00ec grande e di risparmiare una simile vergogna alla chiesa.<\/span><\/p>\nBrunatto document\u00f2 la partecipazione di Samper a orge sodomitiche in compagnia del cugino monsignor Peri-Morosini, poi sospeso a divinis per pederastia abituale. Accert\u00f2 anche la complicit\u00e0 del cardinale Luigi Sincero. \u201cOttenni inoltre la confessione di sei seminaristi che avevano preso parte \u2013 due alla volta \u2013 alle orge sodomitiche del de Samper, ogni giorno e per parecchi mesi, nel suo appartamento in Vaticano, e raccolsi le testimonianze del (\u2026) domestico \u2013 il quale fu indotto a commettere degli atti il cui carattere osceno oltrepassa l\u2019immaginazione\u201d. <\/span> \nRisparmio al lettore la testimonianza.<\/span><\/p>\nAnche sulla condotta di monsignor Caccia Dominioni si trovarono testimoni e prove. Il giovane che ne aveva parlato, quindicenne all\u2019epoca dei fatti, innesc\u00f2 uno scandalo che, tra maggio e agosto del 1928, mise a rumore Roma, tanto che \u201cPio XI si vide allora costretto ad allontanare \u2013 per qualche tempo \u2013 monsignor Caccia Dominioni dalla sua corte. Lo invi\u00f2 al Congresso Eucaristico di Sidney, in Australia, a portarvi il dono pontificale di un calice d\u2019oro massiccio: il calice del Divino Sacrificio! Per qualche anno ancora, il cardinalato doveva essere precluso al Maestro di Camera, poi come potete ben immaginare\u2026\u201d.<\/span><\/p>\nIn effetti, Caccia Dominioni, da Pio XI in gi\u00f9 lungo tutta la gerarchia, aveva protezioni molto potenti. Intervenne in suo favore padre Rosa, direttore di Civilt\u00e0 Cattolica, moralizzatore selettivo, uso a perseguire la condotta scandalosa solo quando tornava utile alla causa gesuita.<\/span> \nMonsignor Bevilacqua, che pure aveva affidato l\u2019indagine a Brunatto, chiese all\u2019investigatore di attenuare e persino falsare il suo rapporto. Si mise in moto la solita macchina del fango per screditare l\u2019inquisitore e scagionare l\u2019inquisito. E se de Samper fu costretto a lasciare il suo posto senza la berretta cardinalizia, Caccia Dominioni invece l\u2019ebbe. Fu lui, in qualit\u00e0 di cardinale protodiacono di santa romana chiesa, ad annunciare il 2 marzo l\u2019elezione di Pio XII e poi a incoronarlo nella cerimonia del 12 marzo. Quasi a voler dire a chi sapeva intendere che, ancora pi\u00f9 della Sicilia, la terra del gattopardo dove tutto cambia perch\u00e9 nulla cambi, \u00e8 quell\u2019isola territoriale che sta di l\u00e0 dal Tevere, e non \u00e8 una porzione di Cielo sulla terra.<\/span><\/p>\n\u00a0<\/span> \nBENEDETTO TRA LE SPIE <\/span><\/p>\nUna volta pescato il filo giusto, l\u2019inchiesta del \u201cpoliziottu\u201d di padre Pio, cominci\u00f2 a dipanare una matassa infernale deposta nel cuore di pi\u00f9 di un pontificato e nella quale erano impigliati figuri di vario genere, dai pervertiti che si facevano beffe della fede e della morale agli insospettabili difensori del rigore dottrinale recalcitranti a praticarlo in proprio. Un campione di questa razza gaglioffa fu \u201cRudolph Gerlach, che faceva parte del sistema allo stesso titolo di Caccia Dominioni, de Samper, Diana\u2026 sin dall\u2019inizio del pontificato di Benedetto XV\u201d.<\/span><\/p>\nAspirante ufficiale espulso dall\u2019armata tedesca in quanto esecutore di un falso, nel 1907 Gerlach entr\u00f2 nel collegio salesiano di Friburgo, pass\u00f2 poi al Capranica di Roma e venne ordinato sacerdote. \u201cPrest\u00f2 il suo servizio alla corte pontificale in qualit\u00e0 di Cameriere Secreto Partecipante. Bel giovane, fu per un certo tempo il preferito da Benedetto XV\u201d. Oltre a questo, Gerlach svolgeva l\u2019attivit\u00e0 di spia tedesca e, mentre il pontefice condannava l\u2019inutile strage, lui contribuiva alle sconfitte e al massacro dei militari italiani. Tra l\u2019altro, nel 1916, fu l\u2019organizzatore dell\u2019affondamento della corazzata Leonardo da Vinci. Una volta scoperto il gioco, riusc\u00ec a salvarsi grazie ai buoni uffici del papa e di tutta la sua corte. Scrive Brunatto: \u201cGerlach, avvertito, fece subito operare le pi\u00f9 gravi minacce dal Pontefice e la Segreteria di Stato negozi\u00f2 febbrilmente con il governo italiano, ottenendo di far partire \u2013 sotto adeguata scorta \u2013 la spia in abito talare in Svizzera\u201d.<\/span><\/p>\nMolto interessante, e soprattutto inquietante, la ricostruzione dell\u2019apparato difensivo della spia messo in campo dalla curia vaticana al processo che si apr\u00ec 12 aprile 1917 davanti al Tribunale militare di Roma: <\/span> \n\u201cIl padre Massaruti (gesuita), il cardinale Bisleti, il cardinale Vannutelli, monsignor Tedeschini (che era il corriere diplomatico vaticano attraverso il quale venivano spedite le lettere private del Gerlach), monsignor Ciccone, il Prefetto della Biblioteca Vaticana (monsignor Achille Ratti), l\u2019ammiraglio e marchese Antonio della Chiesa, il comandante Hirschb\u00fcl della Guardia Svizzera, il principe Aldobrandini, il conte Camillo Pecci, il commendatore Angelini (direttore dell\u2019Osservatore Romano), il marchese Gaetano de Felice (per il Corriere d\u2019Italia e dell\u2019Avvenire d\u2019Italia, dei quali era redattore), il farmacista vaticano, l\u2019onorevole Valenzani, il dottor Filiziani (direttore di Vera Roma)\u2026 nessuno manc\u00f2 all\u2019appello per difendere la spia, ma nonostante ci\u00f2 il Tribunale italiano condann\u00f2 mons. Gerlach \u2013 contumace al processo \u2013 all\u2019ergastolo. (\u2026) Il giorno dopo la sentenza, monsignor Gerlach dedicava a suo padre una fotografia in cui faceva sfoggio delle sue recenti decorazioni: Croce di Ferro, Gran Cuore di Francesco Giuseppe, Ordine di Baviera, Merito Civile Bulgaro, Croce a collare dei Castellani Tedeschi, Croce di Ludovico di Baviera, Ordine Kontur di Baviera, ecc\u2026\u201d.<\/span><\/p>\nChiunque nutra dubbi su quanto ha letto fino a qui pu\u00f2 controllare l\u2019inoppugnabile veridicit\u00e0 di nomi, fatti e circostanze su libri di storia e giornali dell\u2019epoca. Oppure pu\u00f2 gettare un occhio sulla documentazione che ne sta alla fonte, scoprendo verit\u00e0 ancora pi\u00f9 tremende. O, ancora, leggere la testimonianza resa da padre Carmelo da Sessano per la causa di beatificazione di padre Pio, del quale fu diretto superiore dal 1953 al 1959 come guardiano del convento di San Giovanni Rotondo. Nella Positio, IV-A1, padre Carmelo dice: \u201cQuando, per la prima volta, molti anni fa, ebbi la fortuna o, meglio, la sfortuna di leggere \u2018Gli anticristi nella Chiesa di Cristo\u2019, non potei prendere sonno per parecchio! Vi erano medaglioni biografici di alte personalit\u00e0 ecclesiastiche, avvalorati da documenti, che si sarebbero detti\u2026 romanzati. Pagine oggi che farebbero il giro del mondo, se pubblicate su \u2018Men\u2019, \u2018Stop\u2019 o \u2018Playboy\u2019!\u00bb.<\/span><\/p>\nMa, forse, la prova pi\u00f9 convincente sta nel fatto che, dopo la beffa della Lettera alla Chiesa del 1929, consegnata alle autorit\u00e0 vaticane senza che padre Pio venisse liberato, con Gli Anticristi nella Chiesa di Cristo Brunatto si mostr\u00f2 deciso ad andare fino in fondo. Non lo convinse neppure una lettera estorta al suo padre spirituale per convincerlo a desistere. \u201c\u00d9 poliziottu\u201d, o il \u201cPubblicano\u201d se preferite, replic\u00f2 che non si sarebbe fermato: e la persecuzione di padre Pio, dopo dieci anni, improvvisamente cess\u00f2. Miracoli delle indagini condotte come Dio comanda.<\/span><\/p>\nLa seconda via crucis del povero frate inizier\u00e0 il 2 luglio 1959, esattamente come inizi\u00f2 la prima, con un vescovo ricevuto in udienza privata da un papa. Questa volta sar\u00e0 monsignor Girolamo Bartolomeo Bortignon, ordinario di Padova, a portare a Giovanni XXIII le sue accuse contro il frate stigmatizzato e il movimento di preghiera legato alla sua cura d\u2019anime. Per liberare padre Pio sar\u00e0 necessaria una nuova inchiesta. Un nuovo capitolo del Romanzo Infernale.<\/span><\/p>\nSOLO LA SANTIT\u00c0 CI POTR\u00c0 SALVARE <\/span><\/p>\nHo scritto queste pagine cercando di immaginare tutto il dolore e lo sconcerto dell\u2019uomo che, per volere della Provvidenza, svel\u00f2 la trama perversa dietro il ricamo dorato esibito alla venerazione, se non all\u2019adorazione, dei fedeli di santa romana chiesa. E, soprattutto, ho cercato di afferrare almeno una particella del dolore provato dall\u2019uomo che si fece carico di sopportare l\u2019alfa e l\u2019omega di un simile disegno infernale.<\/span><\/p>\nDavanti alla mia scrivania, sugli scaffali coperti di libri, ci sono le immagini di alcuni dei santi che venero con pi\u00f9 devozione e amore. Al centro, c\u2019\u00e8 il Crocifisso di San Benedetto, quello che ho messo nelle mani di mia mamma mentre stava morendo qui nel mio studio, dove ora sto lavorando. Crux Sancti Patris Benedicti, Crux Sacra sit mihi lux, non draco sit mihi dux, vade retro, Satana! Numquam suade mihi vana, sunt mala quae libas, ipse venena bibas.<\/span><\/p>\nDavanti a questo Crocifisso e a questi santi, \u00e8 venuto il momento di trarre qualche conclusione, o almeno qualche considerazione, da ci\u00f2 che si \u00e8 narrato. Tutto potrebbe essere riassunto in una parola sola: \u201cMacellai!\u201d, quel giudizio terrificante emesso da Ges\u00f9, per bocca di padre Pio, sui sacerdoti che lo chiamavano presente nell\u2019ostia consacrata e subito dopo lo profanavano.<\/span><\/p>\nE, bisogna avere l\u2019onest\u00e0 di ammetterlo, allora non si celebrava ancora la cosiddetta messa nuova. Dunque, non c\u2019era la sola questione di mutamento del rito alla radice del male. Al fondo si trovava, e si trova, ci\u00f2 che precede e presiede la profanazione del rito, di qualsiasi rito, derubricandolo a semplice cerimonia o tributandolo al Nemico: la volont\u00e0 di sfregiare e invertire il sacerdozio.<\/span><\/p>\nNon si pu\u00f2 neanche ridurre tutto a una semplice, per quanto importante, questione di dottrina, perch\u00e9 molti degli uomini coinvolti nell\u2019interminabile scandalo, di cui non si sono fatti nomi eminenti e venerati, erano fior di difensori della Lettera. <\/span> \nQualcuno obietter\u00e0 che lo scandalo personale viene attenuato, o addirittura cassato dalla proclamazione della vera fede. Argomento la cui sottospecie suona in questo modo: \u201c\u00c8 sempre stato cos\u00ec, chi si scandalizza \u00e8 un moralista\u201d. Ma \u00e8 un povero argomento da bar o da universit\u00e0 della terza et\u00e0, perch\u00e9 se non si vive come si crede, si finisce sempre per credere come si vive e per fare della dottrina moneta di scambio. Proprio il fatto che sia sempre stato cos\u00ec e nessuno si sia scandalizzato ci ha portato alla manifestazione planetaria di una chiesa invertita.<\/span><\/p>\nNon \u00e8 neppure una semplice questione di morale retta. Se la morale non \u00e8 pratica della vera fede, si finisce sempre per predicare il male pur razzolando bene. E il danno \u00e8 tanto pi\u00f9 grande quanto pi\u00f9 il male \u00e8 testimoniato dalla rettitudine del maestro e del pastore.<\/span><\/p>\nMeno ancora si pu\u00f2 ridurre la soluzione del dramma al malinteso concetto taumaturgico di Tradizione, visto che la chiesa di Benedetto XV e Pio XI, per limitarsi al caso trattato, era identica nei suoi scandali a quella di Bergoglio. Troppo spesso chi si alimenta di Tradizione finisce per accontentarsi di un peccato che \u00e8 solamente un po\u2019 pi\u00f9 vecchio di quello del suo tempo. La Tradizione bisogna avere il coraggio di cercarla ritrovandone la fonte e seguendo il suo corso l\u00e0 dove non si \u00e8 mai prosciugato.<\/span><\/p>\nL\u2019unica risposta cristiana al male, che poi \u00e8 l\u2019unica vera e praticabile, \u00e8 quella di padre Pio: la santit\u00e0. Quell\u2019uomo ha accettato di soffrire per mano della chiesa proprio come i primi martiri accettarono di soffrire per mano dell\u2019impero. In un caso e nell\u2019altro, al potere iniquo e invertito viene opposta solo la rinuncia alla propria vita per amore di Cristo: la santit\u00e0.<\/span><\/p>\nPer quanto ci si possa avvicinare al mistero immenso del frate stigmatizzato, si pu\u00f2 immaginare che la missione a cui si \u00e8 donato fosse quella di salvare il sacerdozio di Cristo da coloro che hanno il potere gerarchico di trasmetterlo e la volont\u00e0 infernale di profanarlo. <\/span> \nIn memoria dell\u2019ammonimento profetico secondo cui la sua vera missione sarebbe iniziata solo dopo la sua morte, i buoni sacerdoti che non vogliano essere soltanto bei fiori recisi senza radici dovrebbero baciare ogni giorno il lembo del suo saio. Come faceva dopo avergli servito la Messa il povero \u201cPubblicano\u201d.<\/span><\/div>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"Fonte unavox.it 28\/09\/2018 (Romanzo Infernale)\u00a0 di Alessandro Gnocchi La bomba \u00e8 arrivata per posta qualche mese fa. 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Padre Pio crocifisso dalla chiesa degli anticristi - San Michele Arcangelo<\/title>\n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n